Esercitazioni 1-2 EGI - Appunti di lezione 1 PDF

Title Esercitazioni 1-2 EGI - Appunti di lezione 1
Course Economia e gestione delle imprese
Institution Università degli Studi di Brescia
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Esercitazione 1 – per teoria completa sull’argomento: https://www.disag.unisi.it/sites/st07/files/allegatiparagrafo/01-04 2014/05_analisi_per_indici.slides.pdf

La lettura del bilancio 1. Riclassificare il conto economico a valore aggiunto e valore della produzione: Fonte teoria: https://studiofazzini.it/ricerche/analisi-di-bilancio-la-riclassificazione-del-contoeconomico-a-valore-aggiunto/ La riclassificazione del Conto economico è essenzialmente tesa a suddividere le aree della gestione in base alla loro pertinenza gestionale. Lo schema più utilizzato è quello a valore aggiunto, che permette di evidenziare alcuni risultati operativi intermedi quali l’Ebitda e l’Ebit.

I valori presenti nell’area operativa sono legati all’attività svolta dall’impresa, come ad esempio i ricavi per la vendita di prodotti o erogazione di servizi, costi per materie prime, per personale, per locazioni, per ammortamenti, etc. I valori afferenti all’area finanziaria riguardano invece i proventi e gli oneri derivanti dagli investimenti e dai debiti finanziari, come ad esempio i dividendi, gli interessi passivi, le variazioni dovute alle oscillazioni dei cambi, etc. Conto economico a valore aggiunto prevede che l’area operativa contenga tre margini intermedi:  il valore aggiunto;  il MOL (margine operativo lordo), che prende anche il nome di EBITDA (earnings before interests, taxes, depreciation and amortization);  il MON (margine operativo netto), che prende anche il nome di EBIT (earning before interests and taxes). Lo schema è il seguente: Nel nostro caso: Copio il valore “ricavi netti” da A1, questo è uguale al “fatturato netto”. Copio il valore “variazione rimanenze” da A2+3, sommato al fatturato netto mi dà il “valore della produzione”. Copio “acquisti” da B6, “variazione rimanenze mp” da B11, “prestazioni e servizi” da B7, “costi beni di terzi” da B8. Sottraendo la somma di questi valori dal valore della produzione otteniamo il “Valore aggiunto”. Copio “costo del lavoro” da #X3, sottraendolo al valore aggiunto ottengo il “margine operativo lordo (MOL)”. Copio “ammortamenti” da B10a+b e “accantonamenti” da B13+B12. Sottraendo la somma di questi due dal margine operativo lordo ottengo il “reddito operativo della gestione caratteristica (MON)”. Sottraendo i “risultati gestioni complementari e accessorie” copiati da ottengo il “reddito operativo aziendale”, a cui sottraggo gli “oneri finanziari” copiati da C15+C16+C17 per ottenere il “risultato di competenza”. Sottraendo dal risultato di competenza il “risultato della gestione straordinaria” copiato da ottengo il “reddito lordo”, a cui sottraggo le “imposte” copiate da 20 per ottenere il “reddito netto” (coincide con quello trovato nel CE). 2. Riclassificare lo stato patrimoniale secondo il criterio finanziario: Fonte teoria: https://studiofazzini.it/ricerche/analisi-di-bilancio-la-riclassificazione-dello-stato-patrimoniale/

Lo Stato patrimoniale può essere riclassificato sulla base di due criteri: uno finanziario e uno funzionale. Il criterio finanziario consiste nell’evidenziare l’attitudine che ogni singolo bene ha di trasformarsi in liquidità entro un termine congruo (convenzionalmente di un anno). Esso si prefigge dunque di attestare la capacità di fare fronte agli impegni nel breve periodo. Il criterio funzionale si basa invece sulla connessione che i singoli beni presentano con lo svolgimento dell’attività aziendale e su come essi si collocano rispetto alle diverse aree gestionali. L’obiettivo, in questo caso, è quello di rilevare il rapporto che intercorre fra impieghi di capitale e fonti di finanziamento in termini di composizione e di equilibrio. Il criterio funzionale non prescinde affatto da una logica di tipo finanziario, cosicché, per certi versi, può risultare il più completo fra i due, in quanto associa entrambe le chiavi di lettura. Entrambi i criteri sono dunque utili a sviluppare un diverso livello di analisi e ad acquisire più accurate informazioni sulle dinamiche aziendali, secondo quanto sintetizzato nella seguente tabella:

Secondo la riclassificazione finanziaria, le attività sono raggruppate in funzione della loro attitudine ad essere trasformate in mezzi liquidi, mentre le passività sono esposte in base alla loro scadenza. La riclassificazione in questione è propedeutica a fornire una risposta alla seguente domanda: in caso di necessità, la società è in grado di fare fronte agli impegni (ovvero ai debiti) a breve, liquidando la parte dell’attivo più facilmente monetizzabile (ovvero le attività a breve)? Il termine convenzionale per distinguere una prospettiva di breve termine da una di medio-lungo sono dodici mesi, anche se potrebbero esservi settori, caratterizzati da cicli gestionali più estesi, come ad esempio l’edilizia o la cantieristica navale. Il concetto di liquidabilità dovrebbe poggiare sulla possibilità effettiva di trasformare in denaro un’attività corrente; in altre parole, non è sufficiente la volontà manifestata dall’organo di governo di liquidare una risorsa, ma occorre che essa presenti caratteristiche tali da poter essere effettivamente concretizzata nei dodici mesi successivi. Ciò premesso, la riclassificazione finanziaria consiste nell’aggregare le attività e le passività in due macro-gruppi che accolgono: a) i valori non correnti (liquidabili o esigibili oltre i dodici mesi) e b) i valori correnti (liquidabili o esigibili entro i dodici mesi), così come schematizzato nella seguente figura:

La riclassificazione finanziaria degli impieghi tende ad individuare le componenti del capitale investito, distinguendole secondo la loro attitudine ad essere trasformate in denaro liquido. Nel dettaglio, è possibile individuare due aggregati:  le attività non correnti, costituite dagli investimenti destinati a rimanere vincolati al patrimonio aziendale per un orizzonte temporale medio-lungo e la cui realizzabilità (nel senso di vendita e non di “svendita”) richiede tempi relativamente estesi. Fanno tipicamente parte di tale ambito: le attività immateriali, materiali e finanziarie, nonché i crediti con scadenza superiore a dodici mesi;  le attività correnti sono formate dagli impieghi di capitale che manifestano l’attitudine ad essere liquidati in un arco temporale inferiore ai dodici mesi. Rientrano in questo gruppo: le immobilizzazioni destinate alla vendita; i crediti con scadenza entro dodici mesi; le rimanenze; la liquidità propriamente detta (valori in banca e in cassa).

La riclassificazione finanziaria delle fonti avviene in base alla loro esigibilità, assumendo i dodici mesi come riferimento temporale. La “durata” delle passività è di solito accertabile con maggior attendibilità rispetto a quella delle attività, in quanto basata su clausole contrattuali (un mutuo o un debito commerciale) o su norme imperative (il versamento dei contributi previdenziali, il pagamento delle imposte etc.). Nel dettaglio, è possibile circoscrivere tre aggregati:  il Patrimonio netto, che non è soggetto ad alcuna riclassificazione e corrisponde a quello previsto dall’art 2424 c.c.;  le passività non correnti, costituite da debiti o fondi con scadenza superiore a dodici mesi;  le passività correnti, formate dai debiti che devono essere rimborsati nell’arco dei dodici mesi successivi. Nel nostro caso:

Attivo/Impieghi: Copio “Immob. Immateriali” da BI,” “Immob. Materiali” da BII, “Fondi” da B, “Immob. Finanziarie” da BIII, “Crediti m/l” (in attivo circolante) da CII e “Partecipaz. e titoli” da CIII; sommano questi valori trovo il “Totale attivo immobilizzato”. “Disponibilità” è data dalla somma tra: “immob da vendere” copiato da e “Rimanenze” copiato da CI. “Liquidità differite” è dato dalla somma di: “risconti attivi” da D e “Crediti b/t” da CII. Copio “Liquidità immediate” da CIV. La somma di “disponibilità”, “liquidità differite”, e “liquidità immediate” è il “Totale attivo corrente”. Sommando il Totale attivo corrente e il Totale attivo immobilizzato trovo il “Totale capitale investimento”, questo dovrà essere uguale al “Totale fonti di finanziamento”. Passivo/Fonti: Copio “Patrimonio netto”, che è uguale alla somma di AI, AII, AIII, AIV, AVI, AIX. Trovo le “passività consolidate” sommando “TFR” copiato da C e i vari debiti a m/l termine, copiati da D. Trovo le “passività correnti” sommando i vari debiti a b termine e i “ratei e risconti” copiati rispettivamente da D ed E.

La somma di passività consolidate e correnti mi fornisce i “Mezzi Terzi”, che sommati al Patrimonio netto danno il “Totale fonti di finanziamento”, che come previsto è uguale al Totale capitale investimento. 3. Indici per la valutazione della reddittività e delle solidità patrimoniale e finanziario: Fonte teoria: https://farenumeri.it/indici-di-redditivita-pmi/ Per poter calcolare gli indici di reddittività è quasi sempre necessario mettere a rapporto dati provenienti da CE riclassificato ed SP riclassificato.

Esistono numerosi indici di redditività, che sono anche detti indicatori economici. È opportuno sapere che lo stesso indice può assumere denominazioni diverse. In pratica si usano nomi diversi per definire la stessa grandezza. Ciò è dovuto in particolare all’uso di acronimi e all’ampia diffusione di termini anglosassoni che ha contagiato tutte le discipline di gestione aziendale. Per fare un esempio: MOL, EBITDA e margine operativo lordo esprimono la stessa misura, in altre parole sono dei sinonimi. Qui di seguito trovi elencati gli indici di redditività più diffusi:  ROE: return on equity, rendimento del capitale proprio  ROI: return on investment, rendimento del capitale investito  ROS: return on sales, redditività delle vendite  Consiglio  MOL: margine operativo lordo, EBITDA  Reddito operativo: EBIT  ROCG: reddito operativo gestione caratteristica  Indice di copertura degli oneri finanziari  Costo del venduto su fatturato  ROD: return on debt, costo del debito  Indice di efficiente produzione Per quanto gli indici di redditività possano essere importanti, essi devono essere sempre inseriti in una riflessione più ampia di analisi delle attività aziendali. Un singolo indice non è infatti in grado di rappresentare la situazione in modo completo. È dunque importante che l’analisi di redditività avvenga in relazione agli altri indici di bilancio, come quelli finanziari e patrimoniali. Non è indispensabile valutare un gran numero di indici. Meglio sceglierne pochi, ma quelli più adatti per il tipo di osservazione che si va a effettuare, inserendoli in un contesto di analisi più esteso. Altrettanto importante è osservare le variazioni degli indici nel tempo, attraverso il calcolo e l’analisi dello stesso indicatore eseguita su bilanci di annualità differenti (almeno 3) in modo da studiarne l’evoluzione e le variazioni da un periodo all’altro, per poi risalire ai fattori che li hanno determinati. Nel nostro caso: (approfondiremo solo gli indici usati nell’esercitazione, per gli altri fare riferimento al sito citato) Indici di reddittività:

1. Il ROE è l’acronimo di return on equity, ovvero redditività del capitale proprio aziendale. Si calcola mettendo a rapporto:  risultato di esercizio (reddito netto)  Patrimonio netto In questo modo, si ottiene la seguente formula: (utile / patrimonio netto) X 100. Il risultato si esprime in forma percentuale (%). Si tratta di un indice che si utilizza in particolare per l’analisi delle società quotate. La differenza di queste ultime rispetto alle PMI è di avere una valorizzazione di mercato. In questi casi come valore del patrimonio netto è utilizzato il valore di capitalizzazione di borsa. Nel caso delle società non quotate si utilizza invece il valore di libro, ovvero il dato del patrimonio netto che si può ricavare dal bilancio. Quest’ultimo però non è una quantificazione fedele del reale controvalore dell’azienda che dovrebbe invece essere utilizzato nella misurazione del rendimento. Il ROE diventa importante in caso di acquisizione di un’impresa. Infatti, può aiutare a capire in che misura investire in tale azienda sia profittevole. 2. Il ROI è un indice di redditività molto importante, perchè analizza quanto gli investimenti effettuati siano in grado di generare reddito. Il suo acronimo contiene la definizione anglosassone di return on investments, ritorno degli investimenti. Si calcola mettendo a rapporto questi due valori:  reddito operativo  totale attivo di stato patrimoniale La sua formula è dunque la seguente: (reddito operativo / totale attivo) X 100. Il risultato si esprime in forma percentuale (%). 3. Il ROS è uno degli indici di redditività più importanti, che permette di calcolare quanto l’azienda guadagni direttamente dalle vendite. In qualche modo rappresenta una media dei margini sulle

vendite. Il suo acronimo proviene dall’inglese return on sales, ritorno dalle vendite. Il ROS si ottiene mettendo a rapporto i seguenti valori di bilancio:  Reddito operativo  ricavi da vendite e prestazioni Così facendo, la formula che si ottiene è questa: (reddito operativo / ricavi da vendite) X 100. Il risultato si esprime in forma percentuale (%). Un ROS minimo deve essere superiore al peso degli oneri finanziari sul valore della produzione. In altre parole, il reddito operativo deve essere in grado di ripagare almeno gli interessi passivi. Il ROS, dal momento che è strettamente collegato al ciclo produttivo e commerciale dell’azienda, dovrebbe essere monitorato almeno una volta ogni trimestre. 4. Il Turnover o C.T.O. (dall’inglese Capital Turn Over) è un indice di “rotazione” che fornisce informazioni su quante volte si “rinnova” il capitale investito per effetto delle vendite. Il CTO ed è un indice di redditività che misura l’efficienza della gestione ed è dato dal rapporto tra  ricavi  capitale investito la formula che si ottiene è questa: (ricavi / capitale investito). In questo caso non si tratta di un valore percentuale ma di un numero senza percentuale. [Fonte: https://www.businessplanvincente.com/modello-di-business-plan/analisi-economica-gliindici-di-redditivita#:~:text=(dall'inglese%20Capital%20Turn%20Over,ricavi%20e%20il%20capitale %20investito.] Indici di solidità finanziaria:

Fonte: https://www.skuola.net/economia-ragioneria/indici-liquidita.html Gli indici di liquidità sono quattro: Capitale circolante netto (CCN): Attivo corrente - Passività brevi (Ac - Pb) Tale margine indica la situazione riguardante la liquidità in quanto un suo eventuale valore negativo può essere sintomo di una difficoltà nel far fronte ai pagamenti di breve termine; anzi emergerebbe anche uno squilibrio impieghi-fonti in quanto parte delle immobilizzazioni risulterebbero finanziate con debiti a breve. È la differenza tra tutto ciò che può essere trasformato in denaro in breve periodo. Se è negativo significa che una parte dell'attivo immobilizzato è finanziato con passività a breve. Quoziente di disponibilità (o corrent ratio; indice di liquidità corrente): Attivo corrente / Passività brevi (Ac / Pb) Risulta evidente che ci si trova davanti allo stesso valore di cui sopra semplicemente espresso in forma di rapporto anziché di margine. Il valore ottimale è logicamente quello che supera l'unità, quando si può far fronte al pagamento dei debiti in modo regolare. Margine di tesoreria: Liquidità immediate + Liquidità differite – Passività a breve (Li + Ld – Pb)

Esprime una situazione che possiamo definire più "liquida", in quanto non comprende le rimanenze di magazzino. Per una situazione ottimale deve essere positivo. Quoziente di liquidità (o quoziente di liquidità secco, o indice di liquidità primaria; quick ratio): Liquidità immediate + Liquidità differite / Passività a breve (Li + Ld / Pb) Riguarda l'analisi degli stessi valori del margine di tesoreria, solo espresso come quoziente, per dare indicazioni positive deve essere superiore a 1. Indice di liquidità immediata (non trovato online) si ottiene con il rapporto: Liquidita immediate / passivo corrente. I valori trovati nel nostro caso sono accettabili, anche se la liquidità immediata non copre tutto il passivo corrente (0 ho delle disponibilità liquide) ottengo il “Totale attività (impieghi)”.

Passività: Calcoliamo le “passività correnti e commerciali” sommando “debiti vs fornitori” e “debiti generali”. Il debito vs fornitori si calcola con la formula: costo x (giorni dilazione / 365). Calcoliamo quindi il “Totale altri debiti a breve (termine)”, che saranno uguali ai “debiti per imposte”. Lo “scoperto c/c” si trova guardando la Posizione Finanziaria Netta (vedi in seguito, tabella PFN): se questa è negativa abbiamo lo scoperto di c/c e questo ci dà i “debiti verso banche”. Sommando il valore assoluto (quindi con attenzione ai segni) le passività correnti e commerciali, il totale altri debiti a breve e i debiti verso banche otteniamo il “Passivo corrente”. Calcoliamo le “Passività consolidate” che saranno uguali al “soci c/finanziamenti a lungo termine”. Calcoliamo il “Patrimonio netto (mezzi propri)” sommando “Capitale sociale”, “riserve” e “utile d’esercizio”. La somma di Patrimonio netto (mp), passività consolidate e passivo corrente ci fornisce il “Totale passività e patrimonio netto (fonti)”.

C. Valutiamo il capitale investito e le sue coperture Sommando (il valore assoluto di) “Attività commerciali” e “Passività commerciali (= debiti vs fornitori)” otteniamo il “Capitale circolante commerciale”. Sottraendo il valore trovato alle immobilizzazioni nette (già calcolate in SP) otteniamo il “Capitale investito netto operativo”, che equivale il “capitale investito complessivo”.

Il “Totale coperture CIN” è dato dalla somma di “crediti/debiti tributari (= totale imposte)”, “posizione finanziaria netta (= PFN finale, vedi in seguito à tabella PFN)”, “finanziamento m/l (= soci c/finanziamenti a lungo termine)” e “patrimonio netto (precedentemente calcolato)”.

Per valutare la “variazione dell’esposizione finanziaria netta” dovrò: 1. sommare MOL e “variazione capitale circolante commerciale (= variazione debiti vs fornitori, quindi debiti finali – debiti iniziali)” così da ottenere il “flusso monetario della gestione corrente”.

2. a questo valore dovrò sottrarre gli “investimenti in immobilizzazioni (materiali e immateriali)” e sommare i “disinvestimenti” così da ottenere il “flusso monetario riferibile all’area operativa”. 3. sommando a quest’ultimo: “versamento c/capitale”, “finanziamento soci (= soci c/finanziamenti a lungo termine)”, “interessi attivi (in realtà nel nostro caso sono passivi, quindi vengono sottratti, calcolati nel CE) netti” e “imposte (già calcolate nel CE)” ottengo infine la “Variazione dell’esposizione netta finanziaria”.

Grazie alla variazione finanziaria netta possiamo calcolare la Posizione Finanziaria Netta, iniziale, finale e media per ciascun anno: 2020 2021 2022...


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