Filming food - cultural practices in Camerun- Ivan Bargna PDF

Title Filming food - cultural practices in Camerun- Ivan Bargna
Author Alice Manzoni
Course Antropologia dei media
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
Pages 8
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Summary

Riassunto del testo che tratta il lavoro di unione tra etnografia ed arte nel girare un film sulle pratiche culinarie nel Camerun in particolare. Scritto e girato dall'antropologo Bargna con la collaborazione dell'artista Paola Anziché...


Description

FILMING FOOD: CULTURAL PRACTICES IN CAMERUN Un lavoro artistico ed entografico L'OCCASIONE : EXPO MILANO 2015 Il film “Il faut donner à manger aux gens. Food Cultural Practices in Cameroon” è il risultato di ricerca effettuato in Camerun (dalla città di Douala a Grassfields ) → dall'artista Paola Anzichè e me stesso. - tra maggio e giugno 2014 - nei posti in cui ho lavorato per + di un decennio. > progetto di ricerca concepito per l'esposiszione universale di Expo Milano 2015 – il cui concetto era Nutrire il pianeta: energia per la vita. > il video evidenzia alcune esperienze col cibo delle persone in Camerun: vita quotidiana, difficoltà, i piaceri e le diverse relazioni create intorno al cibo, tra inclusione ed esclusione. Attenzione speciale: alla cucina , commercializzazione e il consumo – ma anche toccando la produzione. Altre attività nell'Expo hanno contribuito all'ampia serie di argomenti e domande sul cibo , legate a questo film: un seminario in Camerun ( nel Museo delle Civilizzazioni ) e uno in università Bicocca ( “Estetica del cibo e culture dei sensi”, e altri progetti con artisti a Milano.

LO SCENARIO TEORICO: PRATICHE CULTURALI IN CAMERUN E ALTROVE L'attenzione del film e di tutti i lavori mezionati: è stata il collegamento tra politiche del cibo e l'esperienza estetica-sensoriale che abbiamo di esso. - Il cibo raggruppa le persone, ma le divide anche; non comporta solo convivialità, ma anche violenza predatoria, distribuzione ineguale, consumo competitivo e regali che rinforzano e avvelenanno relazioni sociali. Intorno ad esso si giocano le questioni fondamentali di vita e morte in tutti gli aspetti materiali e immaginari → per questo, pratiche culturali suk cibo sono sempre incorporate in politica. - Jean-François Bayart: trattando l'Africa ( Camerun in part.) parlò di politique du ventre = politica della pancia, formatosi intorno allo spazio semantico e pratico del “mangiare” → riferito a brevi filmati sul cibo del continente, pratiche accumulative, corpulenza, e attività sessuali, dinamiche familiari e differenze di genere (problematiche spesso espresse tramite pratiche di cannibalismo magico) - Appadurai: riferendosi al Sud-est Asiatico, parla di gastro-politiche = conflitto riguardo certe risorse culturali od economiche, come emerge nelle transazioni intorno al cibo. → aspetto comune in molte culture. → Questa virtuosità semiotica del cibo, ha 2 risorse generali: 1. il cibo è un bisogno costante ma un bene deteriorabile (pressione costante x acquisto/ produzione/ cucina) 2. capacità di mobilitare forti emozioni. - Nel Grassfields: persone spesso esprimono la visione della vita con “le ventre c'est le combat de la vie” = “stiamo combattentendo per i nostri stomaci”. La lingua giornaliera e politica del Camerun ha molte metafore che passano tramite lo stomaco → lo stesso titolo del fim “Il faut donner à manger aux gens” = invito popolare ai ricchi a donare alla comunità ( e poi, nei meeteing politici:“c'è qualcosa da bere?”, “hai parlato bene, ma noi mangiamo le parole?” “ se vuoi che siamo con te, parla bene = dacci da bere e mang “) - L'esperienza del cibo non è comunque solo una questione di linguaggio: oltre che metafore, coinvolge pratiche materiali. Se il cibo può essere uno strumento politico, è perchè inscrive potenti relazioni nel nostro corpo:gusto edisgusto tracciano limiti, impongono esclusione, definiscono appartenenza e acconsentono a discriminare e collocare fuori/dentro ogni gruppo sociale in termini di buono/cattivo gusto. → piaceri/ disgusti sono strumenti culturali che operano in termini di attrazione e repulsione verso cose e persone, causando azioni ancora prima che noi comprendiamo. → Da questo background: la dimensione sensoriale ed estetica delle pratiche nutritive emerge in primo piano. - La dimensione estetica ( corporale, sensitiva ed emozionale) è la connesione di tutte le società e il cibo è una delle sue maggiori espressioni.

- Le sensazioni paltali, tattilo, olfattive, visuali, uditorie e cinestetiche dell'atto del mangiare non sono esperienze private/individuali ma piuttosto definiscono la nostra relazione col nutrirsi come una parte del nostro rapportarci al mondo: il potere del cibo va ben oltre il piacere del mangiare.

PRATICHE ESTETICHE NEL CAMPO Tutte queste domande erano presenti nello girare il nostro film: come dare sostanza materiale, tattile e olfattiva alle immagini? Come combinare la distanza critica e la partecipazione sensoriale? E' su questa base che l'antropologo e l'artista può trovare una zona di contatto a avere un mutuo vantaggio dalla loro cvollaborazione. Le relazioni tra film antropologico e arte non sono sicuramente recenti, ma sono divenute + intense come risultato della “svolta sensoriale” dell'altropologia da una parte, e della “svolta etnografica” e “documentarista” dell'arte dall'altro lato. • Paola Anziché non è una videomaker o artista di video, bensì è un'artista profondamente coinvolta col corpo e la materialità degli artefatti ( fibre tessili e vestiti) la sua pratica artistica è prima di tutto una vuia sensoriale di approcciarsi al mondo. Lei stessa descrive la sua arte pratica come un medium ibrido tra azione e comunicazione. Parte dal comporre oggetti da materiali trovati/riclicati → considerati da lei come sculture che devono essere attivate / tramite partecipazione/ dalle persone → si creano così situazioni che permettono di studiare il potenziale della performance. L'interesse è nell'energia che fuoriesce da queste azioni collettive ( e può rimanere anche dopo l'azione). Il suo lavoro esiste grazie alla partecipazione corporale. > Quindi nella sua pratica artistica, gli artefatti sino legati al corpo e alla vita della persone, e sono usati per attivare situazoini di partecipazione. La sua enfasi nell'esperienza materiale e sensoriale influenza anche il modo di girare video, dando uno spessore corporale alle immagini → la camera lavora come una protesi del corpo, che dona consistenza materiale, tattile, olfattiva all'immagine. Utilizza la camera come strumento per costruire relazioni interpersonali. > Spesso favorendo il primo piano, la sua camera corporale trasforma se stessa da naso a orecchie, doandno odori, tocco e sapore alla percezione di chi vede. - Caso particolare: capitolo “ La journéen des filles Todjom” - primo piano della preparazione della ribollente salsa gialla nkui, ingoiando come una placenta. Effetto visivo molto forte, coinvolge anche tatto e stomaco, producendo mix di attrazione/repulsione per questa sostanza sconosciuta e mutante → >In questo modo, la distanza culturale diventa l'oggetto di una esperienza mediata sensoriale ed emozionale → sensazioni + viscerali, legate alla costruzione simbolica della pulizia e dello sporco. – In questi casi la costruzione relazionale non passa solo attraverso le parole ma sopra ogni senso. Quando l'oggetto di studiol è il cibo: devi mangiare insieme ai tuoi interlocutori → partecipazione diventa commensalità e migliora la relazione – Nel film, l'antropologo e l'artista sembrano “non mangiare mai”= mai filmati mentre mangiano, anche se alcune volte viene suggerito. In realtà, essi hanno sempre mangiato con gli interlocutori → questo era il culmine dell'interazione o il suo preludio. – Mangiare insieme non implica solo convivialiltà e divisione, ma anche → contrasto e dibattito. – I camerunesi sono ben consci di come gli occidentali diano attenzione alla sicurezza del cibo e evitino di mischiarli: l'essere invitati a mangiare spesso assume il senso di una sfida : tutti ti osservano per vedere se mangi e gusti, se lo fai dubbiosamente o serenamente.

LA DIFFUSA VITA DEL VIDEO Problemi concettuali e tematici e limiti organizzativi sono parte costitutiva del campo etnografico e del film. → quindi la collaborazione tra antropologo e artista deve tenere conto dei mondi da cui derivanoe il contesto istituzionale/pratico in cui ha preso parte la collaborazione. – Tutti questi legami disegnano una cornice aperta che definisce i limiti entro cui il lavoro è nato ed è girato il video , la sua vita sociale. ( In questo articolo: no conto dettagliato della vita sociale del video )

– La produzione di questo video ha coionvolto la collaborazione di differenti professionisti e portatori di interessi. → Il film è un lavoro aperto che dipende solo in parte dalle intenzioni degli autori : è il risultato mai finito di scelte designate e contingenti, opportunità, casi e necessità. Il lavoro artistico non è + libero di quello etnografico, e il Camerun appare nel film in modi che non sono solo determinati da quello che è nelle vicinanze, ma anche lontano; e il film cosi come il lavoro etnografico/ artistico deve essere pensato in un campo di forze che non rimangono legate a loro. - Da questo punto di vista, dato il contesto di Expo, una delle chiavi per capire il video- anche come “device”- si trova nella relazione tra conoscenza e comunicazione. → ogni conoscenza ha bisogno di essere comunicata, soprattutto per un video che non esiste socialmente senza essere mostrato. In ogni caso, tendiamo spesso a pensare alla conoscenza e alla sua comunicazione come a due momenti che si susseguono, distinguendo tra – significati e fini, - forma e contenuto → invece dovremmo pensarli insieme. Bisogna prendere l'apparto di Expo: come intero –-> fornisce occasione e contesto insituzionale in cui è portata avanti l'esperienza e prodotto il film. Ovviamente, Expo è una macchina complessa: ne vediamo solo una piccola parte nella zona di contatto. – Dal lato della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli: la richiesta iniziale era di un corto film che constestualilzzasse il seminario tenuto al Musée des Civilsations de Dschang ( Cameron) con immagini dai colori locali che contornassero i discorsi. → Fine principale = dare resoconto ai sostenitori di Expo per le loro azioni/soldi. L'idea si è poi evoluta dando via a numerosi prodotti, come risultato della mia proposta di coinvolgere un artista ( piuttsto che videomaker) → idea di un film caratteristico e una serie di clip che si potessero usare separatamente, incontrando i bisogni della Fondazione. → si aspettava un video di edutainment= che combinasse intrattenimento e informazione in maniera didattica, capace di correre su + piattaforme media. → La presenza di un antropologo = stampo scientifico + artista = visibilità al prodotto. → anche rischio di cadere in elitismo accademico e criticismo artistico = incomunicabilità. – Tutto questo deve essere pensato nel contesto del grande evento di Expo Milano 2015, con i suoi tempi accelerati dove la “comunicazione” è qualcosa di diverso dalla popolarizzazione. → il prodotto finale è forse meno importante della possibilità della sua realizzazione “live” come un continuo flusso di informazione ( tra internet e social media) che mantiene un alto livello di attenzione e crea una comunità di followers. Eventi distribuiti, collezionare filmati per video da mostrare agli eventi = scopi costanti → rischio: svuotamento del significato per del puro intrattenimento --> che è qualcosa di ricercato nella logica di Expo: per ex. quando parti del nostro video sono assemblate con quelle di altre della Fondazione, con testi e suoni non originali → risultato = “cover” formata da estetiche organizzative per creare il contesto dell'evento, rafforzando il brand istituzionale. ---> L'evento è perciò alla base delle posibilità della produzione del film, ma è nello stesso tempo è una potenziale minaccia al campo etnografico (all'autonomia delle situazioni e al rispetto delle persone che appaiono nel film) e alla coerenza del lavoro artistico. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le relazioni collaborative tra artista e antropologo possa portare a tensioni e disaccordi sull'identità del lavoro e ai contributi dati → in + qui si tratta di un solo prodotto che deve valere come antropologico e artistico – La complessità della situazione suggerì di redigere contratti che regolassero le relazioni tra le parti → riconoscendo il possesso del lavoro agli autori in termini di co-autori del film, con diritto di farne uso no-profit, e allo stesso tempo dando alla Fondazione il diritto di usarlo per noprofit per 10 anni, rispettando lo spirito del lavoro e identità degli autori. → per facilitarlo: struttura del film in capitoli di circa 5 minuti, per poter essere utilizzati senza tagli. > Tutte queste difficoltà non devono essre viste solo come barriere tra l'antropologo e il suo vero obiettivo situato in Camerun: compreso che esse sono gli elementi per aprire a nuove prospettive → invece di provare a difenderci dagli “invasori”, dovremmo espandere nella prospettiva di una etnografia multi-situata che tiene conto del fatti che un film non sia la rappresentazione di ciò che è accaduto “laggiù”, ma qualcosa di aperto che ha la propria vita sociale e strada biografica che è largamente indipendente dalle vite delle persone che appaiono nel video e dalle intenzionidegli autori. Quello che è il film non può essere deciso in termini di adeguatezza alle intenzioni degli autori o al contesto che procura gli “attori” e la location: invece ci richiede di seguire la

sua storia di vita, i suoi vari utilizzi tramite i media e contesti di ricezione. → La Fondazione ha riservato la possibilità di riproduzioni parziali in giornali, tv, radio → riproduzione meccanica e digitale spiana la via a esistenze multiple del film oltre se stesso, gli autori e gli attori. La storia di questo film è solo all'inizio e probabilmente continuerà oltre Expo. - L'antropologo e l'artista : produrre un lavoro indirizzato sia a – specialisti –sia pubblico generale. Fino ad ora: mostrato a Milano, Prato, Finandia, Belgrado; il film si sta muvendo + facilmente nel mondo antropologico che artistico → Non solo a causa del formato ( dura un'ora – bisognerebbe ripensarlo diversamente, magarui con multiproiezione dei capitoli), ma è necessario infatti che un curatore decida di includerlo nel suo progetto x poter prendere forma artistica. ---> essendo un lavoro a 4 mani, pone un altro problema = inammisibilità di un estraneo ( antrop.) in un sistema dove la firma dell'artista fa la differenza.

MEDIA E CAMPO ETNOGRAFICO Il film è iniziato da Expo 2015 perchè il progetto è partito da lì, tutte le circostanze non restano esterne al lavoro: il Camerun, anche se non ha bisogno di noi per esistere, è questa cornice che diventa visibile a noi in film come questi. Per trattare questo soggetto bisogna abbandonare il campo della comunicazione media per trovare una realtà + esterna. Camerun fornisce la situazione, come già strutturata, ma non di meno complessa, che sfugge da ogni lato e non può essere ridotta in unità in un film. Al contrario, fare un film ha posto i nostri occhi al livello di “osservazione filmica”= filtrando e ridando forma la realtà in termini della sua filmabilità → luoghi/situazioni in possibili scenari, persone in potenz. attori. - Quello che vedi, e riprendi, è anticipato e reso possibile dalla ricerca di ipotesi, esperienze e precedente conoscenza che sono diverse da antropologo e artista, i finanziatori e attori ecc. → molte figure hanno contribuito al film Comunque, se le situazioni non accadono semplicemente ma sono attivamente prodotte su uno scenario immaginario: non significa che il fllm sia una forzatura di una scena scritta in precedenza. Avendo una rete guadagnata negli anni, sapevo già dove andare, ma ci sono sempre contingenze, sorprese, accidenti → portano a nuove strade da espolare. > In ogni caso: ogni società dà accesso alla realtà tramite interpretazione – che combina concetti di esperienze vicine e lontane – e tutta la conoscenza comporta una costruzione tecnica mediata → quindi la domanda dell'accesso alla realtà diventa quella della distanza/prossimità tra esperienze mediate. I media non sono solo profondamente incorporati nellla realtà, ma ne sono una parte: ogni società produce e si riproduce tramite una processo di mediazione - In uno dei capitoli del film ( il funerle di Madre Nguena), Paola Anziché sta filmando la scena “oltre le spalle” di una donna che sta a sua volta fotografando con un Ipad ciò che accade. → Oggi in Camerun, la “democratizzazione” della cultura media grazie a tecnologie digitali low cost → distribuzione di internet e tv satellite, e pirateria di cavo Tv, Dvd e Vcd: rende il guardare film e talvolta filmare, una esperienza ordinaria. Ovunque eventi pubblici e privati sono ripresi da camera e cellulari, da professionisti e amatori. > Questo significa: i problemi di antropologi e artisti nel loro lavoro sono in un un certo modo simili a quelli delle persone con cui essi hanno a che fare, hanno nelle loro vite. → trovano zona di contatto, basata sulle relazioni differenziate che essi hanno con i media – come utilizzatori e consumatori.

STRUTTURA DEL FILM E MONTAGGIO Il film porta sulla scena alcune tranches de vie che ci permettono di evocare temi sociali + ampi, come le differenze sul cibo tra città e campagna, la relazione tra tradizione e modernità, il ruolo identitario del cucinare, il rituale e l'uso sacrificale del cibo, l'eredità culturare delle politiche sulle pratiche del nutrimento. Dall'altro lato, questi scenari + ampi offrono la cornice in cui queste parti di vita possono essete contestualizzate → così la singolarità delle vite delle persone interagisce con il proprio ruolo sociale, e la ragione per cui sono stati scelti per il film = servono da esempi, concreti ed estendibili ad altre situazioni, senza generalizzazioni. → no approccio sistematico → portare alla luce alcune connessioni tra le esperienze di persone diverse

- Il film è diviso in 2 parti: 1) “Manger à Douala” (4 cap.) 2) “Manger dans les Grassfields” ( 6 cap.): si riferisce alla distinzione tra città e campagna → ogni parte ha una introduzione, che attraverso significati di mappe e immagini scattate dall'auto, evoca la distanza tra di loro. Attraverso l'editing, i frammenti delle 10 storie di vita diventano 10 episodi → divisione in capitoli permette di mantenere unicità di ogni situazion e nel contempo creare un ordine - La classica narrativa della modernizzazione che procede dal villaggio alla città è intenzionalmente rivoltata e destrutturata tramite elementiu che attraversano l'opposizione > tra ruruale e urbano ( es: dadi di brodo e programmi Tv diffusi ovunque) > tra dissonanze che rinnegano le aspettative ( ex. Ironica apparenza del calcio in contesto sacro) - Il film inizia con il trafficio rumoroso della cità di Douala, con immagini girate da un veloce taxi, e finisce con un luogo sacrificale ( Le Lieu sacré de Fovu) fatte di rocce ciclopee, il silenzio rotto solo da canto di uccelli, cicale e saluti da 2 figure enigmatiche. → Tentativo di contrasto di un semplice senso di progressione: capitoli del film non numerati → ma assume comunque il senso dello sviluppo, di un un percorso di elevazione spirituale: transizione dalla città alla campagna, specie di ascesa alle risorse che sembra portare da un ambiente antropico ad uno naturale , dalla modernità alla tradizione, dal profano al sacro. Le due introduzioni che collegano le due parti, con le mappe e immagini dalla retorica del viaggio, rinforzano questo sentimento. - Tutti questi elementi strutturali e narrativi sono + di un semplice strumento retorico: si riferiscono alle “grandi narrative” della modernità e tradizione, ancora in auge anche se nelle forme indebolite della post modernità. Anche se può sembrare solo uno schema conveniente e semplicistico, in realtà esso inidica il materiale , immaginario e luogo discorsivo in cui tutti risiediamo, si in Africa sia ad Ovest. Ancora una volta, gli spazi di comunicazione e pensiero, anche senza coincidere, sono comunque connessi: in questa zona di contatto, che fornisce ponti di contatto con la comprensione dell'audience, si può provare a dare un reconto del punto di vista delle persone del Camerun coinvolte nel film.

RIMUOVERE STEREOTIPI La cornice fornita dal post colonialismo e post modernità è performativa, un orizzonte in relazione al quale è necessario prendere una posizione. Riguardo al cibo in Africa, siamo intrappolati in un immaginario miserabile, fatto di fame e carestia, aiuto umanitario , e progetti di sviuppo. Per il nostro film, c'erano 2 rischi da evitare: 1. cadere in un mis...


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