G. Tellini, Metodi e protagonisti della critica letteraria PDF

Title G. Tellini, Metodi e protagonisti della critica letteraria
Author Veronica Lusso
Course Storia della critica e della storiografia letteraria
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Riassunto dettagliato del manuale di Tellini, esclusi i brani antologici....


Description

METODI E PROTAGONISTI DELLA CRITICA LETTERARIA- GINO TELLINI

Francesco De Sanctis e il realismo etico-civile Nell’opera desanctisiana si fondono realismo romantico-positivista e passione civile risorgimentale. Nasce a Morra Irpina nel 1817, dedica tutta la sua attività all’azione politica e al ruolo di insegnante di letteratura, oltre che di critico letterario. Si forma sotto l’insegnamento di Basilio Puoti e dal 1839 insegna per nove anni (scuola militare di San Giovanni a Carbonara, collegio della Nunziatella e agli stessi allievi di Puoti in Vico Bisi) lezioni della cosiddetta “prima scuola”, superamento della nozione puramente grammaticale del fatto letterario. Partecipa ai moti insurrezionali del 1848  la scuola si disperde, De Sanctis è costretto a rifugiarsi in Calabria dove viene arrestato dalla polizia borbonica nel 1850 e deportato al carcere di Caste dell’Uovo (Napoli). Con tutte queste esperienze il suo orientamento moderato e cattolico si orienta in senso democratico e razionalista, anche in seguito all’assimilazione della dialettica storica hegeliana. Dopo il periodo del carcere si trasferisce a Torino e poi a Zurigo, dove insegna dal 1856 al 1860 (Letteratura italiana al Politecnico) contatto con la cultura tedesca e francese consolidano in senso europeo le basi oggettive del suo realismo interpretativo. Tiene corsi su Dante, sul poema cavalleresco e soprattutto sul Petrarca (Saggio critico sul Petrarca, 1869). Torna a Napoli nel 1860, alle porte dell’Unità d’Italia: viene eletto deputato al primo parlamento nazionale, ministro della pubblica istruzione nel 1861-62 e nel 1878-80. -

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1870-71 uscita dei due volumi della “Storia della letteratura italiana” Dal 1872 è professore di letterature comparate a Napoli celebre prolusione (16 novembre 1872) dal titolo “La scienza e la vita”. Tiene inoltre quattro corsi importanti, pubblicati dall’allievo Francesco Torraca: 1) su Manzoni 2) sulla Scuola cattolico-liberale 3) su Mazzini e la Scuola democratica 4) su Leopardi. Importanti anche le raccolte dei “Saggi critici” (1866) e dei “Nuovi saggi critici” (1872), nonché gli interventi dedicati a Zola e al naturalismo francese (es. “Il principio del realismo”, 1876; “Studio sopra Emilio Zola”, 1877). Negli ultimi anni pubblica delle memorie autobiografiche, stampate postume da Pasquale Villari con il titolo “La Giovinezza”.

Muore a Napoli nel 1883. Innovativa è la concezione che De Sanctis ha della “forma”, intesa come connubio di ideologia ed espressione: quest’idea lo porta a staccarsi sia dal moralismo che dal formalismo scolastico ed esclusivamente retorico. La sua ideologia si manifesta soprattutto nella “Storia della letteratura italiana”, che ad oggi rappresenta il primo organico ritratto, sia etico che estetico, della storia letteraria nazionale italiana. L’opera fu concepita come testo scolastico e il progetto originario prevedeva tre tomi, anche se in seguito fu sacrificata la parte dell’Ottocento e la pubblicazione avvenne in due tomi. Si compone di venti capitoli, dai “Siciliani” alla “Nuova letteratura” ripercorre l’intero corso della letteratura italiana in stretta connessione con gli eventi della vita sociale e civile, fondandosi anche sulla concezione del dialettismo storico di Hegel. Il tema ordinatore è quello del riscatto intellettuale e civile, a cui si oppongono le epoche di asservimento politico e dunque di decadenza artistica. Dopo Dante, nell’opera si affronta la figura di Petrarca come portavoce di un’epoca di transizione, che attesta la crisi di quegli stessi ordinamenti etici e filosofici medievali che risultano poi del tutto superati nell’orizzonte “comico” e “caricaturale” del Decameron. Con l’Umanesimo e il Rinascimento, venuta meno ogni convinzione morale, si assiste progressivamente alla piena manifestazione del “puro sentimento dell’arte”. Massimo rappresentante di questa linea è Ariosto, con la separazione tra vita politica e magistero artistico. Machiavelli è invece considerato come il fondatore di un nuovo mondo spirituale, non più teocratico come quello medievale ma empirico e terreno. Con la Controriforma, il Barocco e l’Arcadia nasce

un nuovo gusto elegiaco e formalistico, a cui ha reagito la “Nuova scienza” di Galileo e di Campanella, Muratori e Vico. Con Goldoni il “vero” riceve legittima cittadinanza letteraria e con Parini il senso dell’arte si congiunge a una consapevolezza etica e civile. Su questa linea, di rivendicazione anche politica, la letteratura del periodo romantico è vista come necessario antefatto al movimento unitario nazionale. Per chiarire il concetto desanctisiano di forma e quali siano le sue implicazioni, è utile anche guardare alla polemica tra De Sanctis e Cesare Cantù: nel 1865, anno delle celebrazioni dantesche, viene pubblicata la “Storia della letteratura italiana” di Cantù e De S. pubblica un saggio critico a riguardo (“Una storia della letteratura italiana” di Cesare Cantù, raccolta poi nei “Saggi critici” del 1866), chiarendo quelli che sarebbero stati poi i tratti peculiari della sua opera. Accusa Cantù di non aver pienamente compreso il concetto di “letteratura”, che sarebbe ridotta al mero contenuto. Quando parla di “forma”, Cantù si riferisce alla lingua e allo stile, come veste accessoria dei contenuti. Egli si preoccupa anche della “fedeltà storica” (accusando anche le opere di Tasso e di Alfieri) e della “moralità” (che secondo De S. non ha nulla a che vedere con il valore estetico e letterario di un’opera). De S. sostiene che tutti questi elementi siano estranei alla letteratura stessa, che ha in se stessa il suo fine e il suo valore e dev’essere giudicata secondo criteri propri. La polemica si instaura soprattutto a proposito dell’Orlando Furioso, opera che Cantù giudica zeppa di errori storici, immorale e priva di sentimento patrio e di serietà, salvandone solamente lo stile (“vario e arguto”). Per De Sanctis anche l’idea stessa di stile di Cantù non è adeguata, ovvero il concepirlo come un elemento accessorio e quasi “appiccicato” rispetto al contenuto. Cantù sosteneva che nel poema Ariosto avrebbe dovuto “rialzare la coscienza nazionale ed elevarsi nelle serene regioni dell’eterna bellezza” reazione di De Sanctis, si accanisce contro il fatto che, in veste di critico, Cantù non si preoccupi di prendere l’opera in se stessa e fornirne un’analisi per come effettivamente si presenta ma cerchi addirittura di cambiarne lo scopo e le caratteristiche, immaginando una nuova opera ideale. Cantù voleva che Ariosto cantasse “la serietà” e che rappresentasse altri tempi, ma basterebbe guardare all’epoca ariostesca per capire che non sarebbe potuta nascere, a quel tempo, un’opera dai connotati voluti da Cantù. De S. riconosce come veri i difetti imputati da Cantù all’opera (inverosimiglianze, imprecisioni storiche ecc..) ma sostiene che essi non abbiano nulla a che vedere con un giudizio di valore sull’opera d’arte. Quello che importa è intendere “nella sua integrità organica e vivente il mondo creato dall’artista”. L’apparente superficialità, l’inverosimiglianza e le imperfezioni del Furioso, nonché quel suo genio demolitore del “riso” sono, in realtà, caratteristiche peculiari di Ariosto, sono delle virtù del cosiddetto “mondo ariostesco”. L’opera si adatta perfettamente al suo tempo ed esprime “ciò che allora v’era di più intimo e di più nascosto nella coscienza dell’Italia e dell’umanità”. Scuola storica È un indirizzo di studi detto anche “metodo storico” o scuola “positiva” che si diffonde tra Ottocento e Novecento per un cinquantennio, dai primi anni dopo l’Unità alla Prima Guerra Mondiale (parallelamente alla diffusione dell’idealismo contrario). L’orientamento è diverso da quello desanctisiano e si fonda, più che sull’interpretazione della poesia, sulla ricerca storica, sulla filologia, sulle ricerche d’archivio e di testi inediti. La letteratura viene indagata con gli strumenti sicuri della filologia, dell’erudizione e della documentazione storica: al campo della ricerca letteraria vengono applicati gli stessi metodi del positivismo scientifico. Manifesto del positivismo italiano si può considerare il saggio dello storico Pasquale Villari, “La filosofia positiva e il metodo storico” (1866, su “Il Politecnico”). -

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Al metodo della scuola storica si sono ispirate due importanti storie letterarie, entrambe pubblicate a Milano presso l’editore Vallardi per mano di più autori: 1) Storie letteraria d’Italia (v. suddivisioni a pag. 16) 2) Storia dei generi letterari italiani. L’ambito di diffusione della scuola storica è soprattutto quello delle università (in particolare Torino, Bologna, Pisa, Firenze, Napoli). Negli anni del 1870-71, dopo il crollo del secondo impero in Francia e la nascita di un impero tedesco nel cuore dell’Europa, compito dell’Italia è quello di far fronte

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all’indiscussa supremazia tedesca con i suoi stessi strumenti  erudizione storica e accurata ricerca filologica, campi particolarmente sviluppati all’interno della cultura tedesca. I campi d’indagine privilegiati sono l’area medievale e la tradizione della cultura popolare, poiché la Scuola storica mira a recuperare con le armi della filologia e dell’erudizione il passato “remoto” e non vuole che il recupero sia disturbato dalle preoccupazioni del “passato prossimo e del presente”.

BOLOGNA. E’ attivo soprattutto Giosuè Carducci, insegnante di letteratura italiana e autore di studi letterari di taglio storico-erudito e tecnico-linguistico. Alla sua scuola si formano generazioni di ricercatori e docenti indispensabili nell’Italia da poco unita per l’insegnamento della lingua nazionale. Sotto la guida di Carducci l’editore Sansoni di Firenze pubblica la “Biblioteca Carducciana”, ovvero la “Biblioteca scolastica di classici italiani”, dove compaiono edizioni fornite di commenti a varie opere letterarie. Sempre a Bologna, va segnalato il bimestrale “Il Propugnatore”, fondato nel 1868 da Francesco Zambrini, responsabile fino alla morte nel 1887: la direzione passa poi a Carducci, fino al 1893. Lo stesso Zambrini è presidente della Commissione per i Testi di Lingua (Bologna, 1860) e direttore di due importanti, la “Collezione di opere inedite o rare dei primi tre secoli della lingua” e la “Scelta di curiosità letterarie inedite o rare dal secolo XIII al secolo XVII”. TORINO. Importante la figura di Rodolfo Renier, allievo di Carducci a Bologna e fondatore, nel 1883 (insieme a Francesco Novati e ad Arturo Graf), del “ Giornale storico della letteratura italiana”. Renier si occupa dell’edizione critica delle “Liriche” di Fazio degli Uberti (1883) e delle “Novelle inedite” di Giovanni Sercambi; Novati è cultore dell’area medievale (“Indagini e spostille dantesche”, 1899; “Attraverso il Medioevo”, 1905); Graf è autore di alcuni studi piuttosto originali (“Miti, leggende e superstizioni del Medioevo”; “Il Diavolo”, “L’anglomania e l’influsso inglese in Italia nel secolo XVIII”). MILANO. Regna la disciplina della glottologia, su spinta di Isaia Graziadio Ascoli, fondatore dell’ “Archivio glottologico italiano” nel 1873 (nel primo volume appare il famoso “Proemio”, che prende posizione contro la dottrina linguistica manzoniana). PISA. Emerge la figura di Alessandro D’Ancona, studioso della letteratura medievale e della poesia popolare. FIRENZE. Presso l’Istituto di Studi superiori (fondato nel 1859), insegnano insieme a Pasquale Villari alcuni docenti insigni per scienza filologica, quali Domenico Comparetti (docente di letteratura greca, autore di “Virgilio nel Medio Evo”, pubblicato in 2 voll. Nel 1872  ampia storia della letteratura occidentale da Augusto a Dante. Figura centrale è quella di Virgilio, ritenuto il fondatore del pensiero medievale e anticipatore del messaggio cristiano). A Firenze insegna anche Girolamo Vitelli, papirologo e filologo classico nonché fondatore della rivista “Studi italiani di filologia classica” (celebri le sue lezioni). Importante è anche la figura di Pio Rajna, tra i fondatori della filologia romanza in Italia e docente a Firenze dal 1884 di Letterature neolatine (è il primo a insegnare in Italia questa nuova disciplina). Egli svolge un accurato lavoro di comparazione tematica e ricerca delle fonti. Celebri i suoi studi sul Morgante (“La materia del Morgante in un ignoto poema cavalleresco del sec. XV) e il ricco lavoro de “Le fonti dell’Orlando Furioso” (1876), nonché l’edizione critica del “De vulgari eloquentia” (1896). V. citazione pp. 18-19  si parla di una “scienza delle letterature” e si incoraggia il metodo “storico-comparativo” anche per gli studi letterari. Si dice che la ricerca può portare a dissotterrare anche documenti “privi di bellezza”, poiché la ricerca non deve affidarsi unicamente al gusto ma anche a criteri più oggettivi. L’attenzione specifica è rivolta al “vero”, prima ancora che al “bello”. All’Istituto fiorentino di Studi superiori insegna anche Adolfo Bartoli (dal 1874), autore di una “Storia della letteratura italiana” (1878-1889, 7 voll.), interrotta a Petrarca. Nel 1891 gli succede Guido Mazzoni, importante soprattutto per gli studi sull’Ottocento (“L’Ottocento”, 1911-13, 2 voll, all’interno della Storia letteraria d’Italia di Vallardi).

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Nel 1888 viene fondata a Firenze la Società Dantesca Italiana, per promuovere lo studio di Dante oltre che l’edizione critica delle sue opere. Il “Bullettino della Società Dantesca Italiana” è diretto dal 1890 al 1905 da Michele Barbi, dal 1906 al 1923 da Ernesto Giacomo Parodi. Michele Barbi è fondatore, nel 1920, degli “Studi Danteschi”: è un grande dantista e innovatore del metodo filologico della scuola storica, come si evince dal saggio “La nuova filologia e l’edizione dei nostri scrittori da Dante al Manzoni” (1938). Un’altra iniziativa importante è quella della catalogazione dei manoscritti delle biblioteche italiane, avviata da Giuseppe Mazzatinti: “ Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia” (1891-1906, 12 voll.).

NAPOLI. Il metodo storico è rappresentato soprattutto da Francesco D’Ovidio, docente all’Università di Napoli e studioso di linguistica storica; Francesco Torraca, autore di ricerche sulla lirica medievale/Dante/Teatro italiano dei primi secoli e biografo di Boccaccio. La scuola storica ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della ricerca archivistica e filologica: il declino della scuola si deve alla riscossa dell’Idealismo crociano e all’insofferenza della nuova letteratura giovanile militante, che apre una frattura con il mondo accademico. L’idealismo si concentrerà sull’INDIVIDUALITA’, sulla LIBERA CREAZIONE dell’artista e sull’originalità della sua intuizione e della sua poesia. L’attacco sistematico di Croce al metodo storico si concretizza nel saggio “La critica letteraria” (1895), che parla con rammarico dello scientismo storico attribuendone la causa all’”infelicità dei tempi”. Benedetto Croce e la critica idealistica Critica idealistica: filone di pensiero che si sviluppa dai primi anni del Novecento fino agli anni della Seconda guerra mondiale, attorno alla figura centrale di Benedetto Croce. Egli nasce a Pescasseroli (l’Aquila) nel 1866, da una ricca famiglia dell’alta borghesia terriera. Compie i suoi primi studi a Napoli, tra il 1876 e il 1883, anno in cui perde entrambi i genitori e la sorella nel terremoto di Casamicciola, nell’isola di Ischia. Dopo una permanenza a Roma presso un cugino paterno, si stabilisce definitivamente a Napoli. -

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1902: viene pubblicato il saggio fondamentale di Croce, “Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale”. 1903: Croce fonda il bimestrale “La Critica”, attivo fino al 1944 e poi dal 45 al 51 con i venti fascicoli dei “Quaderni della critica” punto di riferimento fondamentale per la classe colta italiana e come organo equilibratore della vita intellettuale nazionale. 1910: promozione presso l’editore Laterza della collana degli “Scrittori d’Italia”, con la prima pubblicazione relativa ai “Lirici marinisti”. Nello stesso anno viene nominato senatore. Nel dopoguerra entra nel governo Giolitti, come ministro dell’istruzione negli anni 1920-1921. Inizialmente tollerante verso il fascismo, quando nel 1925 il regime rivelerà il suo vero volto Croce è il promotore dell’agguerrito “Manifesto degli intellettuali anti-fascisti” (pubblicato sul quotidiano “Il Mondo” il 1 maggio 1925), in risposta al “Manifesto degli intellettuali fascisti” (pubblicato il 21 aprile 1925 da Giovanni Gentile). L’idea è quella di combattere un metodo che asservisce il mondo intellettuale, riducendolo a instrumentum regni. Croce si scaglia contro la nuova dittatura, soprattutto negli anni tra 1925 e 1929. Dopo la seconda guerra mondiale è eletto presidente del Partito Liberale e, come deputato dell’Assemblea Costituente, si oppone all’inclusione dei patti lateranensi nella Costituzione repubblicana. 1947: abbandono della politica e ritiro a vita privata. Dal 1951 inaugura la collezione de “La letteratura italiana. Storia e testi”, dell’editore Ricciardi (comprende anche un’antologia della sua opera, pubblicata con il titolo “Filosofia-poesia-storia” e curata da lui stesso). Morte a Napoli, nel novembre 1952.

Il pensiero di Croce prende avvio proprio dal contatto con la scuola storica e dai tentativi di comprendere il significato della scienza storica e i suoi rapporti con il mondo dell’arte. L’indagine filosofica diventa un metodo di comprensione globale delle manifestazioni della vita pratica e spirituale  necessità di classificare il sapere filosofico/concettuale. Croce lo articola in due macro-categorie: “filosofia dello spirito” (che comprende L’estetica- 1902 e la Logica-1909) e “filosofia della pratica” (ovvero “Economia ed etica”1909). Sono dunque quattro le categorie dell’intera realtà storica e spirituale, ciascuna possiede la sua autonomia e si trovano in un quadro di specifiche relazioni: due conoscitive (estetica e logica) e due pratiche (economia ed etica). Le fondamenta di questo sistema concettuale sono di carattere umanistico: la teoria prevale nettamente sulla pratica (opposizione al marxismo) e l’intellettuale viene descritto come “filosofo dello spirito”. Rispetto alla scuola storica, Croce ha avuto il merito di richiamare l’attenzione sulla soggettività dell’artista. 









Nel sistema crociano, l’arte è superiore al giudizio concettuale ed è perciò considerata come un’ intuizione pura, una sintesi a priori di forma e contenuto e di intuizione ed espressione. L’arte è una sorta di conoscenza aurorale del mondo, che esprime il peculiare mondo interiore dell’artista reso nella sua particolare individualità. Quello che conta, per Croce, è riconoscere l’autonomia dell’arte, che è indipendente dai valori intellettuali, economici ed edonistici: l’arte ha un carattere lirico e metastorico. Ci si avvicina all’identità di contenuto e forma proposta da De Sanctis, con la differenza che quest’ultimo considerava indispensabili le implicazioni dell’arte con le circostanze storiche, sociali e morali in cui essa si sviluppa. La “Storia letteraria” di De Sanctis restituiva un panorama della letteratura italiana in stretta relazione con gli avvenimenti della vita sociale e civile. Croce ritiene invece che l’unica storia letteraria di un certo valore debba costituirsi di monografie caratterizzanti, ovvero incentrate soltanto sulle singole personalità letterarie. Inoltre, dato che per Croce le forme espressive sono sempre e soltanto individuali, non si ammette la teoria dei generi letterari o delle forme stilistiche. Anche il lettore, nell’analisi delle opere letterarie, deve saper distinguere ciò che è bello da ciò che non lo è, ovvero l’espressione artistica pura dall’espressione intellettualistica/morale/oratoria, ovvero la “Poesia e non poesia” (titolo di una raccolta crociana di studi ottocenteschi, stampata nel 1923). Esemplare è il saggio crociano del 1921, “La poesia di Dante”, nel quale si riconosce come “dottrinario” e dunque “impoetico” l’impianto strutturale della Commedia, salvando qualche isolato frammento di pura liricità. L’esercizio della critica letteraria non è più esercizio di conoscenza storica ma di accertame...


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