Giovanni Verga - Riassunto Profilo storico della letteratura italiana PDF

Title Giovanni Verga - Riassunto Profilo storico della letteratura italiana
Author Chiara Pallone
Course Letteratura italiana
Institution Università della Calabria
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Summary

Riassunto completo e dettagliato della vita e delle opere di Giovanni Verga. ...


Description

Giovanni Verga Il Verismo Movimento letterario italiano della seconda metà dell’Ottocento, il verismo porta in primo piano la tensione degli scrittori per una maggiore aderenza alla realtà sociale del tempo. I veristi rappresentano situazioni regionali fatte di povertà, miseria, sfruttamento. I loro personaggi sono contadini, pescatori, minatori: insomma, umili lavoratori di cui si cerca di rendere l’universo psicologico e linguistico. Sviluppatasi in Italia negli ultimi trent’anni dell’Ottocento, la corrente letteraria del verismo è il corrispettivo italiano del naturalismo francese. Mentre, però, in Francia il naturalismo si sviluppa in una società industrializzata e in un contesto cittadino, il verismo ha a che fare con una realtà, quella italiana, ancora arretrata dal punto di vista economico, povera e con uno sfondo soprattutto rurale. In altre parole, mentre i naturalisti francesi rappresentano soprattutto la vita del proletariato urbano, i veristi concentrano la loro attenzione sulle condizioni di miseria e di sfruttamento nelle quali viveva un sottoproletariato fatto di contadini e di pescatori. Inoltre, mentre gli scrittori naturalisti manifestano una certa fiducia nel progresso, l’ideologia dei veristi è molto più pessimistica. Un miglioramento delle condizioni di vita dei ceti subalterni sembra impossibile: quando, nelle opere veriste, un personaggio di umile condizione cerca di salire nella scala sociale, il suo sforzo finisce quasi sempre in tragedia. Gli scrittori siciliani Siciliani sono i massimi esponenti del verismo: Giovanni Verga, Luigi Capuana e Federico De Roberto; quest’ultimo nacque a Napoli, ma visse a Catania, città natale di Verga e Capuana. Il caposcuola riconosciuto del movimento è Verga, con i romanzi I Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo (1889) e le raccolte di novelle Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883). Ancora più di Verga, il vero teorico del verismo italiano fu però Capuana, anche per il suo ruolo di docente all’Università di Catania che lo portava, per statuto professionale, alla riflessione critica oltre che all’attività creativa. Nei suoi libri, soprattutto nei romanzi Giacinta (1879) e Il marchese di Roccaverdina (1902), ai temi rusticani propri di Verga si alterna l’interesse per le psicologie tormentate dei personaggi, studiati nelle più intime risonanze interiori, spesso ai limiti del morboso. Diversa anche la cifra stilistica e contenutistica di De Roberto – di una generazione più giovane rispetto a Verga e Capuana –, che nel romanzo I vicerè (1894) narra la decadenza di un’antica famiglia della nobiltà siciliana, gli Uzeda di Francalanza, nel passaggio dal regime

borbonico a quello del Regno d’Italia. Un libro da cui, nel Novecento, trarrà spunti d’ispirazione Giuseppe Tomasi di Lampedusa per il suo Gattopardo. La realtà siciliana è dunque il principale oggetto di rappresentazione dei romanzi e racconti veristi. Tuttavia il verismo non si esaurisce in Sicilia. Fuori di questa regione possono infatti essere ricordati altri scrittori veristi: Mario Pratesi e Renato Fucini in Toscana; Matilde Serao in Campania, anche se l’interesse per la realtà urbana, come si vede nel libro di racconti Il ventre di Napoli (1884), è un tratto distintivo che la avvicina ai naturalisti francesi. Analoga attenzione al sottoproletariato urbano, ma questa volta nel capologuo lombardo, troviamo in Paolo Valera, scrittore di spiriti socialisti, autore, tra l’altro, di Milano sconosciuta, del 1879. In Sardegna, il verismo ha un’esponente di prestigio in Grazia Deledda, premio Nobel per la Letteratura nel 1926: anche se in seguito perderà il carattere regionalistico, la narrativa della sua prima fase, da Anime oneste, il romanzo che nel 1895 la rese famosa, a L’edera, del 1908, rappresenta con crudezza esseri primitivi e un mondo del peccato e del male sentito come fatalità. La letteratura verista intrattiene ampi rapporti con il melodramma a essa contemporaneo: la novella di Verga Cavalleria rusticana divenne, nel 1890, un’opera lirica in un atto di Pietro Mascagni.

La vita Giovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre 1840 da una famiglia della media borghesia. La prima formazione di Verga avvenne alla scuola privata di don Antonino Abate, che stimolò in lui interessi politici e letterari e lo sollecitò nella stesura del romanzo Amore e patria, che però il giovane rinunciò a pubblicare in seguito al parere negativo di Mario Torrisi. Iscrittosi nel 1858, con scarsa convinzione alla facoltà di giurisprudenza, il giovane Verga nel 1860 abbandonò gli studi per far parte della Guardia Nazionale, istituita dopo l’arrivo di Garibaldi a Catania. In questi anni collaborò a riviste letterarie e politiche e pubblicò i romanzi patriottici I carbonari della montagna e Sulle lagune e fondò insieme ad altri il settimanale politico “Roma degli Italiani”. Nella primavera del ’65 compì un viaggio a Firenze, dove ebbe modo di conoscere artisti e soprattutto scrittori e letterati. Aveva già pubblicato il romanzo Una peccatrice (1866), ma il successo lo toccò nel 1870 con Storia di una capinera: intanto tentava anche esperimenti teatrali e lavorava al romanzo Eva. Conosciuta la giovane maestrina Giselda Foianesi, viaggiarono insieme nel settembre del 1869 da Firenze a Catania, dove lei iniziò a insegnare nel Convitto provinciale: la ragazza sposò nel ’72 il Rapisardi, ma un nuovo incontro con il Verga nel 1880 fece nascere tra loro un’intensa relazione amorosa, scoperta nel 1883 dallo stesso Rapisardi, che scacciò Giselda di casa. Nel novembre 1872 Verga si trasferì a Milano. A Firenze A Milano, Verga entra in contatto con gli ambienti della Scapigliatura; frequenta salotti prestigiosi e instaura una forte amicizia con Capuana. Alla realtà culturale milanese si intrecciava la componente mondana, l’elegante vita dei salotti borghesi: e a questo universo sono collegai i nuovi romanzi, Tigre reale ed Eros, pubblicati nel ’75. Ma intanto, con la pubblicazione di Nedda, lo scrittore aveva inaugurato una intensa produzione di novelle e insieme quell’interesse per il mondo popolare siciliano che doveva poi convertirlo al verismo: dal vario lavoro nascevano le raccolte di novelle Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1882), la progettazione del ciclo romanzesco de I vinti, la pubblicazione de I Malavoglia (1881). Verga pubblicava anche opere che non avevano un’ambientazione siciliana, come il romanzo Il marito di Elena (1882) e le novelle Per le vie (1883), e iniziava la stesura di Mastro don Gesualdo. Convinto dell’importanza delle sue opere, egli decise di intraprenderne la diffusione internazionale, iniziando la corrispondenza con Edouard Rod, che compì dunque importanti traduzioni francesi di opere italiane. Nel 1882 Verga compì un viaggio a Parigi e a Londra. Lo scrittore rimase deluso per lo scarso successo dei Malavoglia ma, la sua delusione fu attenuata nel 1884 da un grande successo a teatro con il dramma Cavalleria Rusticana che venne rappresentato a Torino il 14 gennaio, grazie all’interessamento di Giuseppe Giacosa e per opera della compagnia di Cesare Rossi, della quale faceva parte la giovane Eleonora Duse. In quell’anno compì un altro viaggio a Parigi, incontrando Zola, Edmond de Goncourt, il Rod, e lavorò ad altre novelle (nell’87 uscirà la raccolta Vagabondaggio) e al Mastro don Gesualdo. Difficoltà economiche e psicologiche

frenarono il suo progetto di frenare il ciclo de I vinti. Compì altri viaggi, specialmente a Roma ma, tra l’88 e il 90, risiedette soprattutto in Sicilia, lavorando con maggiore impegno al Mastro don Gesualdo, che apparve in volumi nell’89, riscoprendo un notevole successo. Soggiornò poi alcuni anni a Milano, dove scrisse e pubblicò varie novelle, confluite nelle ultime due raccolte, intitolate I ricordi del Capitano Arce (1891) e Don Candeloro e C.i . Si recò poi a Francoforte e a Berlino, dove veniva rappresentata Cavalleria rusticana. L’eccezionale successo dell’opera spinse Verga a condurre una lunga azione legale contro Pietro Mascagni, a cui veniva attribuita la paternità dell’opera, e contro il musicista ed editore Sonzogno, affinché venissero riconosciuti i propri diritti; al termine della causa, che vinse, incassò una notevole somma di denaro. Successivamente Verga si ritirò definitivamente a Catania, confortato dall’amicizia della contessa Dina Castellazzi di Sordevolo, conosciuta nell’89. Nella sua vita d’anziano proprietario terriero a riposo, egli si allontanò e ridusse sempre più l’attività letteraria, lavorando soprattutto per il teatro e tornando saltuariamente a romanzo La duchessa di Leyra, che comunque non portò molto avanti. Visse la vecchiaia deluso della sua precedente attività di scrittore, angosciato e negativo di fronte ad ogni forma di mutamento sociale, preoccupato per l’amministrazione del suo patrimonio e allietato solamente dalla frequentazione di amici, come Capuana e De Roberto, il quale curò la sceneggiatura cinematografica sia della Cavalleria rusticana sia Della Lupa. Nel 1920 fu nominato senatore e per tal proposito soggiornò per l’ultima volta a Roma. Colpito da trombosi celebrale, morì a Catania il 27 gennaio del 1922.

Verga prima del Verismo La prima formazione di Verga è di tipo romantico e patriottico, sostenuta e influenzata dalla lettura di romanzi storici e d’appendice, che portò il poeta (ancora giovanissimo) alla composizione dei primi tre romanzi: -

Amore e Patria (scritto e non pubblicato) tratta una serie di complicate vicende sullo sfondo della grande rivoluzione americana.

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I Carbonari della montagna venne pubblicato a sue spese in quattro volumi, utilizzando il denaro destinato all’ultimo anno di università; è un romanzo ambientato in Calabria e parla della lotta di gruppi di carbonari contro il regime francese di Murat.

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Sulle lagune (apparso nel ’63 sul giornale fiorentino ) ambientato nella Venezia contemporanea, ancora sotto il dominio austriaco.

Questi primi tre romanzi erano pieni di patetiche effusioni e di romantiche figure femminili.

Alla successiva produzione narrativa di Verga, fino all’approdo al verismo, sono dedicate situazioni sentimentali inserite nella vita quotidiana contemporanea. A questa fase appartengono cinque romanzi, che spesso vengono designati come , perché pongono in primo piano l’incontro di un personaggio maschile con le attrazioni (pericolose) della femminilità, con l’universo mondano in cui essa viene collocata nella elegante società borghese. Questi cinque romanzi costituiscono una specie di autobiografia fittizia, in quanto, infatti, narrano le vicende di giovani provinciali che, inseguendo la loro vocazione artistica, subiscono la seduzione della vita mondana dei grandi centri borghesi e, al tempo stesso, avvertono il pericolo che quella stessa società può comportare, mettendo a repentaglio la loro esperienza più autentica e originale. Verga, in questi romanzi, mette a confronto le sue ispirazioni artistiche e la bellezza artificiale della vita dei ceti privilegiati, e sembra vedere come unica soluzione di tale confronto la dissipazione e la perdita di tali ideali. A questa perdita può opporsi soltanto il richiamo della famiglia e di un mondo originario completamente estraneo alla banalità e mondanizzazione della vita borghese e cittadina. Questi romanzi presentano personaggi, ambienti, situazioni troppo atteggiate e sovraccariche; la lingua appare spesso incerta, troppo affrettata e disinvolta. Tutto sommato si tratta di romanzi che l’autore compone, in maniera esplicita, per andare incontro ai gusti e alle esigenze dei lettori borghesi del tempo, trattanti la rappresentazione di drammi interni al bel mondo; nonostante ciò essi sono interessanti, poiché l’autenticità e l’originalità non vengono meno ma, anzi, danno voce al fenomeno storico del contatto tra mondo intellettuale provinciale e la società borghese posta al centro della nuova Italia unitaria. -

Una peccatrice venne scritta nel ‘65 e pubblicata nel ‘66. Ha per protagonista un giovane commediografo catanese, il cui rapporto con una seducente contessa lo riduce a una condizione di artista fallito.

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Storia di una capinera apparve a puntate nel 1870, sulla rivista di moda e poi in volume l’anno dopo con prefazione di Francesco Dall’Ongaro. E’ un romanzo epistolare che si pone dal punto di vista di una figura femminile. E’ la storia di una giovane che, una serie di circostanze familiari e sentimentali, hanno costretto alla monacazione (a diventare appunto come una capinera in gabbia).

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Eva fu iniziato a Firenze nel 1869 e pubblicato a Milano nel ’73. Narra la storia di un pittore siciliano a Firenze, consumato e distrutto dall’amore per una ballerina, in cui ha creduto di vedere un’incarnazione della bellezza suprema, poi però smentita dalla volgarità e banalità dell’esistenza quotidiana. In questo romanzo si nota uno stretto rapporto di Verga all’orientamento della Scapigliatura, impegnandosi in una forte polemica contro una società borghese che mira al godimento materiale.

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Tigre reale (1875): questo romanzo descrive gli effetti distruttivi esercitati sul protagonista Giorgio La Ferlita dalla contessa russa Nata (figura tipica del bel mondo internazionale). Vi sono accenti di erotismo macabro nella rappresentazione della malattia, che conduce la donna alla morte. Il protagonista tocca un approdo di salvezza assicurato dal ritorno all’amore della moglie e al nativo mondo siciliano.

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Eros (1875) tratta con un narrare oggettivo (tendono a sparire tutte le intrusioni personali dell’autore) il progressivo consumarsi fino al suicidio di un uomo di lusso, il marchese Alberti, che brucia in distruttive esperienze erotiche le sue grandi capacità umane e intellettuali.

La strada del verismo Il modo di scrivere di Verga si lega sempre più a modi realistici che, verso la metà degli anni 70, piegano verso il Verismo con uno sguardo verso la realtà siciliana e la ricerca di una narrazione oggettiva, priva di ogni traccia di sentimento dell’autore. Sono diversi i motivi che spingono Verga a questa sorta di conversione:  L’insoddisfazione per i futili ambienti mondani.  La crescente indifferenza nei confronti del sentimentalismo romanzesco.  L’avvicinamento e l’attenzione al Naturalismo francese.  La nostalgia per la terra natale.  L’interesse per la questione meridionale. Il poeta avverte soprattutto il bisogno di narrare una realtà lontana che, seppur ben conosciuta, non coincide affatto con la sua realtà ed esperienza attuale. Con la novella Nedda, pubblicata in opuscoli nel 1874, Verga, per la prima volta, tenta di rappresentare il mondo contadino siciliano, narrando le disgrazie di una povera raccoglitrice di olive. Il racconto, secondo lo schema molto diffuso della letteratura campagnola, nasce come frutto di una fantasticheria dinnanzi al focolare. Sempre seguendo i modi tipici della letteratura campagnola, l’autore propone al pubblico di partecipare alle sventure dell’umile personaggio, inserendo così, ancora, il proprio punto di vista. La novella narra la storia di una povera raccoglitrice di olive, che dopo la morte della madre si lega al bracciante Janu. I due innamorati non hanno i soldi per il matrimonio, ma dalla relazione nasce comunque una bambina. Janu, che è andato a lavorare nella piana di Catania, si ammala di malaria e muore cadendo da un albero. Nedda, rimasta sola, non vuole staccarsi dalla bimba, che muore di stenti. Nedda è costruita come un’antitesi alle

figure femminili dei romanzi precedenti, un modello di autenticità dei sentimenti e rifiuto delle convenzioni e del perbenismo. La novella non segna la nascita del Verga verista: frequenti sono gli interventi diretti del narratore, e il racconto è intriso di sentimentalismo, con la rappresentazione idillica della campagna. Tuttavia rappresenta un momento significativo nello sviluppo della sua poetica, che rinuncia all’autobiografismo diretto delle figure maschili dei romanzi, per proiettare la propria visione del mondo su una giovane donna di bassa estrazione sociale: è quanto suggerisce la scelta dell’impianto narrativo basato sul ricordo. Nella raccolta di novelle Primavera ed altri raccont (1876-1877) Verga continua ad utilizzare modi e temi romantici, mentre l’attenzione alla realtà siciliana si fa maggiormente sentire nel bozzetto marinaresco Padron ‘Ntoni, primo abbozzo de I Malavoglia (1875), che Verga rifiutò di pubblicare. Il poeta conquista pienamente l’ottica verista progettando un ciclo di romanzi intitolato I vint. Alcuni documenti di questi anni, tra cui poche lettere e la prefazione ai Malavoglia, definiscono il metodo verista di Verga. Da questi documenti risulta chiaro come, per Verga, il canone dell’impersonalità sia necessario e strettamente legato alla narrazione del mondo dei contadini o dei pescatori; Verga è convinto di poter dar forma alla verità di quel mondo solo osservandolo da una certa distanza, come la città di Milano o di Firenze. Il ciclo de I Vinti è costituito da cinque romanzi (I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni, L’uomo di lusso); in un primo momento il ciclo presentava il nome La Marea. In una lettera a Salvatore Paola Verdura del 21 aprile 1878, Verga presenta questo ciclo come una specie di fantasmagoria della lotta per la vita, che egli intende seguire nelle diverse classi sociali, dalle più alte alle più basse. In questa lotta per la vita, un protagonista indiscusso è “il cammino fatale” verso il progresso. Lo scrittore si pone come un osservatore che si interessa (senza esporre il proprio giudizio) dei vinti, cioè di coloro che vengono travolti dalla del movimento sociale.

Verga novelliere: Vita dei campi La raccolta Vita dei campi, pubblicata dall’editore Treves nel 1880, comprende novelle apparse in rivista tra il ’78-’80. Esse sono, nell’ordine in cui sono raccolte, Fantasticheria, Jeli il pastore (1880), Rosso Malpelo (1878), Cavalleria rusticana (1880), La Lupa (1880), L’amante di Gramigna (1880), Guerra dei santi (1880), Pentolaccia (1880). Nella raccolta Vita dei campi l’esperienza veristica si impone pienamente. L’ambientazione è quella della campagna siciliana, in cui si conduce una vita semplice, e i personaggi sono “umili” che vivono in un mondo al di fuori della vita civile dominato da passioni e necessità basilari, per questo motivo vengono chiamati i “primitivi”.

Questa raccolta si apre con la novella introduttiva Fantasticheria, scritta sotto forma di discorso rivolto a una elegante signora che ha soggiornato con l’autore per due giorni nel borgo di pescatori di Aci Trezza. Il testo offre una sintetica descrizione del mondo che sarà poi rappresentato meglio nel romanzo I Malavoglia. Verga paragona i pescatori di Aci Trezza alle formiche; solamente facendoci piccoli come loro potremmo capire perché continuano a vivere in quel luogo una vita di stenti. La frivolezza della donna e della sua vita borghese si contrappone all’autenticità di quest’esistenza ripetitiva e rassegnata, retta dalla e fatta di poche essenziali certezze; qui la sua interlocutrice vedrebbe l’ideale dell’ostrica, in grado di sussistere solo se immobile e attaccata al suo scoglio: come l’ostrica rimane aggrappata allo scoglio per difendersi dalle insidie del mare, così gli abitanti di Aci Trezza restano ostinatamente fedeli al loro mondo e alle loro tradizioni, per difendersi dall’azione distruttrice della natura e della società. Spesso le passioni che dominano questo mondo sono anche violente e lo spirito di sopravvivenza porta ad attaccarsi a quel poco che si ha e all’egoismo. Si vogliono anche conservare le gerarchie sociali e alcuni comportamenti legati alle tradizioni. Verga rispetta il principio di impersonalità attraverso la regressione dell’autore: l’autore tende ad eclissarsi, a far parlare i personaggi con la loro voce. Infatti, nella parte iniziale della novella L’amante di Gramigna, pubblicata nel 1880 e concepita come lettera a Salvatore Farina, Verga manifesta l’intenzione di sviluppare il racconto con parole semplici e pittoresche della narrazione popolare e indica il romanzo come la forma artistica più giusta e completa, capace ...


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