Bixio Riassunto Profilo storico del pensiero sociologico PDF

Title Bixio Riassunto Profilo storico del pensiero sociologico
Author Vittoria Anna
Course Scienze politiche e relazioni internazionali
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

​Profilo storico del pensiero sociologico1. Il senso autentico della sociologia come scienza positivaLa positività è un atteggiamento conoscitivo diretto a lasciare che i fatti si mostrino così come si danno, senza che essi siano descritti sotto l’influenza di ciò che vorremmo che fossero in base a ...


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Profilo storico del pensiero sociologico 1. Il senso autentico della sociologia come scienza positiva La positività è un atteggiamento conoscitivo diretto a lasciare che i fatti si mostrino così come si danno, senza che essi siano descritti sotto l’influenza di ciò che vorremmo che fossero in base a nostre convinzioni precostituite. Questo concetto ha anche ispirato una corrente di pensiero che ne ha fatto un principio polemico diretto a combattere altri indirizzi che finivano per agire attivamente sui dati di esperienza mediante quadri concettuali ad essa precedenti. Questo indirizzo cercò di eliminare qualsiasi influenza del tipo descritto attraverso una serrata critica della metafisica e dell’empirismo che lo aveva preceduto.

2. Sociologia e scienza nella società giusnaturalistica La scienza della società del giusnaturalismo voleva superare il feudalesimo, cioè l’assetto storicamente prevalente. Dunque doveva essere orientata alla positività virtuale e non effettuale, alla società come avrebbe dovuto essere e non a quella effettivamente vigente. Doveva essere orientata alla razionalità ideale e non a quella effettuale. All’opposto, la sociologia nasce nel momento in cui la razionalità ideale (il modello ipotizzato) viene realizzata. I rapporti capitalistici portatori di una nuova razionalità prevalgono su quelli di origine feudale; il mondo del diritto si riorganizza su base razionale e sistematica grazie alle codificazioni, alle carte dei diritti, alle costituzioni. I rapporti tra individui eguali diventano dominanti rispetto a quelli fondati sulla differenza di valore e rilevanza sociale. La società cessa di costituire un concetto generico per divenire un'istituzione specifica. La sociologia si presenta come proiezione sul piano conoscitivo del primato della nuova società che si è ormai istituita e del prevalere della positività effettuale e della subordinazione a questa di quella virtuale. Mentre i giusnaturalisti lottano contro gli assetti feudali per dissolverli totalmente, un pensiero come quello di Marx assume un atteggiamento differente. Egli lotta contro lo sfruttamento capitalistico ma allo stesso tempo ne conserva alcuni elementi costitutivi, come ad esempio l’accumulazione del capitale, il primato della scienza, il primato del lavoro inteso come principio e fine della socializzazione. Ciò che va superato è semmai l’uso di questi elementi da parte dei proprietari privati. La forma della società è il risultato di un dualismo strutturale: da un lato è il prodotto delle condizioni contingenti in cui si trova a svilupparsi, dall’altro è l’effetto di un’azione di trascendimento ascetico di quelle stesse condizioni che ci consente di renderle compatibili con le esigenze etiche della nostra costituzione umana.

3. Socialità e società Mentre la scienza sociale giusnaturalistica finiva per assegnare per certi aspetti un qualche primato pratico e teorico allo Stato, la sociologia ribalta quest’ottica: i diritti degli individui diventano il fondamento istituzionale primo del pubblico potere. Dunque ora è lo Stato e non la società a doversi presentare come una variabile dipendente.

4. Le origini della sociologia nella tradizione culturale francese In Francia, per affermare il primato di una società intesa come un’entità complessa connotata da rapporti funzionali, bisognava che fossero dissolte le istituzioni e le concezioni sociali tipiche del feudalesimo, compito a cui fece fronte l’egualitarismo, che dissolse l’idea di stratificazione sociale, facendo emergere il concetto di comunità. Si comprese che la nuova società francese si stava strutturando con una razionalità propria. La sociologia francese pone il primato dei rapporti effettuali.

➔ Comte: ritiene che i rapporti intersoggettivi si siano venuti a qualificare come un sistema integrato fondato sull’interdipendenza dei soggetti (una società). In Comte, tra il procedere dei tipi di società e il susseguirsi dei tipi di pensiero vi è un perfetto parallelismo che mostra come l’una non possa esservi senza l’altra. La svolta del pensiero sociologico comtiano è proprio l’aver compreso la relazione tra le strutture sociali e le strutture mentali. ➔ Bergson: ritiene che la realtà è qualcosa di dinamico, in via di attuazione e si risolve tutta nel suo farsi. Essa non può essere interpretata mediante l’individuazione di regolarità precedenti l’azione creativa messa in atto dai soggetti. La realtà dei soggetti è nella loro stessa vitale produzione di novità. Per Bergson l’unica cosa a cui possiamo riferirci per comprendere la società è il puro farsi della vita. E’ la società da intendersi come atto nel suo farsi che da’ luogo alla società autenticamente intesa. Per cogliere come si pone in essere una società non basta riferirsi solo a ciò che è già posto ma è necessario far appello a ciò che costantemente si pone. L’essenza di una società sta nel suo mutamento. ➔ Le Bon: rivendicava il primato del momento psicologico-sociale che esprime il concreto realizzarsi della socialità, il suo porsi in essere. La socialità si manifesta nell’azione ed è lo stato psicologico ciò che la determina. La psicologia è l’unico strumento utile per interpretare lo sviluppo dei fenomeni sociali. La folla studiata da Le Bon fonda la propria azione sugli impulsi improvvisi e sui sentimenti incontrollabili. Essa diviene il punto di riferimento delle élite politiche ed è la psicologia politica che diviene il sapere più idoneo a fornire gli strumenti adatti all’esercizio della stessa politica nell’età del protagonismo delle masse. ➔ Sorel: sottolinea, come Le Bon, l’importanza del momento dell’azione e del momento dinamico, mediante il quale il sociale viene posto in essere. A differenza di Le Bon, collega l’azione alla violenza, come strumento per rivoluzionare gli assetti sociali esistenti. Dunque, non è sul piano del momento psicologico dell’agire che il sociale si determina ma all’opposto sul piano dell’espressione della potenza e della violenza che nell’azione si sprigiona. ➔ Tarde: come Durkheim rifiuta il primato del momento del porre in essere, l’individuazione dell’effettività del sociale nell’agire, per rivalutare l’analisi di ciò che è già posto, della società intesa come dato. Sul piano della realtà psicologica vi sono due forze fondamentali, cioè la croyance e il desir, ovvero il costituirsi di una credenza ed il tendere del desiderio. La credenza fa comprendere che nell’esperienza ci si trova dinanzi un qualcosa che si istituisce mentre il desiderio fa intendere che ciò che si istituisce tende, in un movimento incessante, ad altro. Insomma, la credenza è il desiderio consolidato in entità mentre il desiderio è il costante superamento della condizione data e la sua istituzione in forma nuova. ➔ Durkheim: ritiene che il soggetto sociale sia la società ed afferma il primato del sociale. La divisione del lavoro è l’essenza dello sviluppo della società, la quale viene ridotta a qualcosa che costringe ad essere interdipendenti i soggetti, venendosi a configurare come un sistema complesso fondato sulla dipendenza dei soggetti. I soggetti, sentendo il venir meno delle ragioni della propria esistenza, della solidarietà sociale, vengono tentati dal suicidio. Se la base della condizione esistenziale è la società autentica e se essa viene meno causa della differenziazione e dell’individualismo, se tutto ciò produce il suicidio a causa della soppressione del proprio essere più autentico, allora la società come costruttività è insufficiente; essa è costrizione e totalità, assolutizzazione della positività effettuale ed esigenza di porre in essere una società diversa.

5. Le origini della sociologia nella tradizione culturale tedesca La modernizzazione nella cultura tedesca si sviluppa attraverso il compromesso tra tradizione e nuova società. La nuova società non può prescindere dalla tradizione perché la trasformazione è processualità storica; essa si presenza come totalità storica e non come società in quanto tale. La società è quindi il soggetto dell’evoluzione storica. ➔ Kant: il soggetto kantiano è un soggetto in evoluzione, in via di socializzazione, che cerca di porsi in essere come un qualcosa di universale per abbattere la soggettività feudale di natura particolaristica; un soggetto che per poter raggiungere il suo fine deve liberarsi dal particolarismo dettato dalle consuetudini feudali. Esso deve arrivare a una morale depurata da qualsiasi contenuto a favore di un dovere per il dovere. Kant rende autonoma la morale dalle influenze dell’eudemonia e arriva a sostituire l’agire con la dialettica del dovere, cioè una razionalità sociale che è anche legge della società. Depurare la morale indica il tentativo di liberarsi da ogni movente soggettivo al fine di porre in questa funzione qualcosa di oggettivo. Gli idealisti come Kant, convinti della mutabilità dei rapporti sociali, ritengono che l’oggetto di tali sia il risultato prodotto attivamente dal soggetto. ➔ Hegel: i fenomeni sociali sono prodotti dalla coscienza (spirito oggettivo) grazie alla sua capacità di produrre mediante cognizione modi di essere che vengono resi effettivi con l’azione. La socialità è eticità, ossia doverosità che si è storicamente concretizzata in ruoli ed istituzioni grazie all’azione produttiva dello spirito, quale si manifesta nel costante relazionarsi reciproco tra gli uomini. Hegel considera la statualità una prerogativa dello stato, senza il quale si dissolverebbe la società. ➔ Marx: crede che il motore della trasformazione sociale sia da rinvenire in un elemento materiale. Per Marx la storia è il prodotto delle forze immanenti nella società. Il fulcro della trasformazione sociale è il bisogno. La società è un sistema determinato dalla dialettica dei bisogni. Marx lo identifica con uno specifico rapporto sociale manifestante una specifica razionalità. Il materialismo storico fa riferimento ad un condizionamento dell’agire dettato dagli elementi sociali, i quali si vengono a determinare nel procedere delle forme storiche. L’etica diviene così un’etica oggettiva, riguardante l’azione collettiva e la società. Il progetto di Marx prevede la liberazione di una società di individui dal particolarismo borghese prima e dal particolarismo proletario poi, per realizzare una società di produttori associati. ➔ Schopenhauer e Nietzsche: solo con il volere si realizza un rapporto puro e semplice e grazie ad esso si può comprendere la natura dei rapporti sociali. Schopenhauer definisce la società come il luogo dove vi è una continua emersione della vita e della socialità. La socialità nulla ha a che fare con la razionalità. I soggetti sono potenze che si espandono nella realtà fino alla dissoluzione. L’orizzonte che profila è dato dalla possibilità di estraniarsi dalla partecipazione del sociale dominata dalla volontà di affermazione. Questo ascetismo lo porta al recupero di tradizioni religiose orientali, che lo conducono alla visione di una socializzazione di abbandono del mondo della salvezza del nulla. Nietzsche ritiene che la realtà sociale sia pura volontà. Egli ambisce al pieno riconoscimento e alla piena attuazione della libera esplicazione del volere per ritornare all’autonomia dell’uomo di se stesso, senza condizionamenti; dunque, non nell'ascesi verso il nulla ma la liberazione dalla morale del gregge. ➔ Simmel e Weber: entrambi negano che il puro rapporto sociale non esiste. Se sul piano sociologico non vi è il primato di una socialità armonica, su quello delle azioni si possono creare sia processi di socializzazione che di desocializzazione. Per Simmel l’eroe sociale è lo straniero che non abbandona i piaceri della società ma ne denuncia l’insoddisfazione mentre Weber lo fa coincidere con il leader carismatico, capace di interpretare l’irrazionale.

6. Le origini della sociologia nella tradizione culturale inglese In Inghilterra la società nasce da un compromesso, che si sviluppa nelle istituzioni politiche. La nuova società è il frutto della storia della dialettica istituzionale, del confronto politico. La storia si presenta come storia naturale basata sulla selezione delle decisioni. Lo sviluppo deriva dall’empirismo, cioè il risultato di un processo non predeterminato; dunque la società è il risultato di forme di adattamento e di selezione all’interno del processo di evoluzione.

7. Le origini della sociologia nella tradizione culturale americana La società americana trae origine dall’esperienza, intesa come un procedere secondo un orientamento privo di presupposti. Ciò che la caratterizza è il pragmatismo e l’orientamento antidogmatico e anti ideologico. Le influenze del pragmatismo inaugurano l’indirizzo dell’interazionismo simbolico, secondo cui gli esseri umani agiscono nei confronti delle cose in base al significato che vi attribuiscono; cioè le azioni sono relazioni di senso, che non essendo predeterminate, consentono di dare una direzione anche dove i rapporti non sono ancora delineati. L’azione diviene così una comunicazione, una segnalazione e il significato è ridotto a gesto significativo; essa può mostrarsi socialmente virtuosa a prescindere da una precostituita coscienza sociale, la quale è invece presente in Weber, dove l’azione dotata di senso contiene in sé una memoria storica che la qualifica come positiva o negativa.

8. Le origini della sociologia nella tradizione culturale italiana In Italia la nuova società non è già data ma da perseguire. Essa proveniva dall’esperienza del Risorgimento e la razionalità non si era posta in essere e da qui ne derivò il dibattito tra l’idealismo e il positivismo. La società per emergere deve sintetizzarsi nella religione civile in un legame etico-politico. La società come legame etico-politico è ideale, è un processo in divenire. Questa nuova razionalità, essendo in divenire, dunque pura virtualità, non può presentarsi come totalità data ma si presenta come processo, come storicità. L’elemento della virtualità viene intuito come elemento della società nuova ma ancora non è stato posto; esso viene colto nella sua dinamicità di doversi porre. Per cui ciò che si realizza e determina è il frutto di un processo che non esaurisce il dinamismo attraverso cui può istituirsi la società. Paradossalmente, la positività virtuale viene colta dall’idealismo e non dal positivismo. Dal momento che l’elemento societario, che aveva il primato rispetto allo stato, mostrava la propria egemonia attraverso il primato delle proprie élite, la sociologia in Italia si configurò come scienza politica e sociale. La positività in Italia si percepì nella sua virtualità poichè ancora non si era realizzata. Per cui ciò che si realizza e determina è il frutto di un processo che non esaurisce il dinamismo attraverso cui può istituirsi la società. Non bisogna cogliere la società nelle sue istituzioni, che sono solo la realizzazione di un processo di indeterminazione, di virtualizzazione. La dialettica tra il virtuale e l’effettuale permette di capire la società come sistema dinamico.

9. Tra le due guerre: autoregolazione o eterodirezione della società Nel periodo che va tra le due guerre ci si rende conto che la totalità sociale, assunta come data, in realtà è percorsa da fratture. Si era finito per considerare la conoscenza, la socializzazione e l’integrazione come elementi già propri dei rapporti sociali, senza che vi fosse il bisogno di un comportamento attivo per porli in essere. Essi andavano intesi non come l’effetto automatico del manifestarsi dei rapporti sociali, bensì come qualcosa che doveva essere attivamente prodotto e definito. Proprio in questi anni nasce la sociologia della conoscenza. Lo sviluppo del capitalismo e la nascita del comunismo stavano dando luogo all’omologazione della vita sociale attraverso la burocratizzazione ed era necessaria una riforma sociale, attuabile mediante la sociologia, che doveva fornire le risposte necessarie, le quali vengono riassunte in quattro gruppi.

10. Le risposte della sociologia ➔ Marxismo: gli esiti della rivoluzione russa delineano l’affermarsi di un sistema tendente al controllo autoritario. Ciò è dovuto al marxismo, calato in forma positivistica ed economicistica. Il socialismo viene così svuotato dell’autonomia e della libertà delle prassi sociali. Il processo storico è il prodotto di una dialettica in cui dominano elementi oggettivi e soggettivi. La scienza e la coscienza del soggetto sono condizioni per rendere consapevole l’uomo e per guardare all’esigenza rivoluzionaria. La coscienza di classe non deve essere né mero rispecchiamento delle condizioni materiali positive del proletariato, non idoneo a un progetto di trasformazione sociale, né solo una riflessione astratta che non colga le condizioni vere che possano dar vita alla trasformazione. ➔ Critica all’ideologia: l’ideologia rappresenta una dimensione necessaria della prassi sociale per raggiungere gli scopi della società. Manheim rileva come nella società industriale sia difficile raggiungere una unità ideologica, con conseguente tendenza alla disintegrazione sociale. Per evitarla senza rinunciare ai processi di liberazione, è possibile intraprendere una riorganizzazione pianificata e autoritaria oppure perseguire modelli democratici. Geiger coglie come elemento centrale la mentalità, che, a causa della stratificazione sociale, si immobilizza in ideologia. I fattori di disintegrazione derivanti dalle ideologie suggeriscono che l’unita possibile deve essere aideologica, cioè prodotta attraverso procedimenti razionali. Ciò comporta una ripresa dell’elemento critico della sociologia. La sociologia della conoscenza studia le modalità di produzione del sapere; essa assume una posizione biunivoca, concentrandosi sia sugli aspetti di possibilità del conoscere, sia su quelli legati all’introduzione di un particolare sapere nella realtà sociale. Manheim propone di considerare i rapporti tra l’essere situato nel mondo e il pensiero, che è celato dalla struttura sociale nella quale l’essere è gettato. Egli propone che la sociologia della conoscenza sia una scienza tendente ad analizzare la relazione tra conoscenza ed esistenza, come ricerca, analisi delle forme delle relazioni sociali nello sviluppo intellettuale dell’umanità. ➔ Sociologia fenomenologica: la società si rende conto di doversi costruire in maniera attiva a causa dei conflitti e delle forze irrazionali che la mettevano in pericolo e secondo l’indirizzo fenomenologico la storicità non poteva essere il mero trascorrere degli eventi, ma, al contrario, l’epoca, cioè il costituirsi degli eventi in un’unità coerente, il far star insieme un mondo. Nella forma dell’epoca la società si libera dal mero tempo sequenziale, dal dominio di potenze incapaci di costituire un rapporto sociale senza la sopraffazione. La società appare ormai capace di auto-integrarsi anche al di là di ogni evento esterno, tantomeno statale. ➔ Funzionalismo: la società è concepita come un insieme di parti interconnesse tra loro. Nessuna di esse può essere intesa isolata dalle altre ma solamente nel loro contesto. Le relazioni che intercorrono tra le parti della società sono di tipo funzionale, ossia ogni elemento svolge un particolare compito che unito a tutti gli altri concorre a creare e a mantenere funzionante quell’apparato che è la società. Esiste per il funzionalismo uno stato di equilibrio nella società che si ha quando ogni parte svolge correttamente il proprio compito. Il funzionalismo si ispira quindi al modello sociale del sistema organico.

11. Il mutamento sociale e il rinnovamento della sociologia La questione centrale del primo cinquantennio del Novecento era stata la progettazione consapevole dell’integrazione e della socializzazione, conseguita grazie al rapporto esterno dello stato. I problemi del secondo cinquantennio rispondevano ad esigenze diverse, riassumibili nella necessità della liberazione dagli elementi autocratici, di una nuova forma di statualità sociale e di perseguire un rapporto comunicativo da sostituire alla logica strumentale, causa di conflitti, con il presupposto che la società aveva preso consapevolezza della propria capacità di auto-progettazione. ➔ La nuova forma di statualità sociale: Nella seconda metà del Novecento lo stato-autorità doveva porsi al servizio della società, per far emergere la comunità statale come entità capace di regolare i...


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