Iconoclasmo tra Oriente e Occidente Aspetti storici, politici, religiosi e dottrinali della controversia iconoclastica PDF

Title Iconoclasmo tra Oriente e Occidente Aspetti storici, politici, religiosi e dottrinali della controversia iconoclastica
Author Loris Derni
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Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna Iconoclasmo tra Oriente e Occidente Aspetti storici, politici, religiosi e dottrinali della controversia iconoclastica Esercitazione scritta per il Corso di licenza in Teologia dell’Evangelizzazione ST19z02 Studente Docente Loris DERNI Ubaldo CORTONI Anno Accade...


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Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna

Iconoclasmo tra Oriente e Occidente Aspetti storici, politici, religiosi e dottrinali della controversia iconoclastica

Esercitazione scritta per il Corso di licenza in Teologia dell’Evangelizzazione ST19z02

Studente Loris DERNI

Docente Ubaldo CORTONI

Anno Accademico 2019-2020 1

Indice generale Premessa…………..……………….....……………………………………………3

Prima parte 1. L’inizio della controversia iconoclastica…………………………………..4 2. Il contesto religioso della controversia iconoclastica…………….……..5 3. L’imperatore Costantino e il concilio di Hieria………………………..…..9 4. L’Imperatrice Irene e il II concilio di Nicene……………………..…...…..11 5. I Libri Carolini ed il concilio di Francoforte del 794…….…………...…..12 6. Il secondo periodo iconoclasta……………………………………….……14 7. La vittoria dell’ortodossia e la fine dell’iconoclastia……………....….15

Seconda parte 8. Il contesto storico-politico dell’iconoclasmo…………………..……..…19 9. Alcune controversie teologiche e dottrinali dell’iconoclasmo……………..22 10. La nascita di una teologia delle immagini……………..……...…………26 11. La controversia teologica e la controversia antropologica………..….30 12. Il basileus e la missione petrina nel preambolo della Ekloghé……..…….32 13. Iconoclasmo tra Oriente e Occidente: alcune controversie……..……….36 13.1 La controversia tra l’autocrazia isaurica i monaci, i patriarchi e il raffreddamento dell’amicizia tra Roma e Costantinopoli………......….37 13.2 Le prime ostilità tra Roma e Costantinopoli…………….…………..39 13.3 Carlo Magno e il concilium Francofordiense………….…….…..…40

Conclusioni…………………………….……………………………………...….44

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Premessa Sin dalla fine del secolo IV, la parte orientale dell’impero romano, in seguito divenuto impero bizantino, era stato afflitto da molteplici eresie, che rischiavano seriamente di minare e di compromettere la sua stessa unità. Le più importanti tra queste eresie, erano il nestorianesimo1, il monofisismo2 e il paulicianesimo3. Quest’ultima eresia, era sorta in Armenia e in Siria nel secolo VII. «Sensibili alle accuse di idolatria mosse al cristianesimo da parte dei fedeli dell’Islam, i pauliciani mossero guerra al culto delle immagini. Al movimento pauliciano finì per aderire l’imperatore bizantino Leone III, originario di Germanicea4, il quale si ritiene avesse emanato una serie di editti per eliminare il culto delle immagini sacre (iconoclastia) ormai molto diffuso nell'Impero»5.

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Il monaco Nestorio, patriarca di Costantinopoli tra il 428 ed il 431 e ideatore di questa concezione, sosteneva le seguenti posizioni dottrinali: Cristo è formato da due nature perfettamente distinte, due persone congiunte l'una con l'altra tramite un'unione puramente morale; la Madonna può essere chiamata soltanto “madre di Cristo” e non "madre di Dio"; non è possibile che il Verbo divino possa essersi effettivamente incarnato e possa essere morto sulla Croce. La dottrina nestoriana fu combattuta duramente da San Cirillo di Alessandria e venne condannata dal concilio di Efeso del 431. I nestoriani si rifugiarono in Persia, fondando la Chiesa Nestoriana, e svolsero una grande attività missionaria in India ed in Cina finché su di loro non si abbatterono le persecuzioni dei principi mongoli musulmani, che ridussero i nestoriani a poche migliaia di fedeli. https://it.cathopedia.org/wiki/Eresie_dei_primi_secoli#Nestorianesimo 2 Il monofisismo è un'eresia cristologica del V secolo, sostenuta dal monaco Eutiche: questi affermava l'esistenza in Cristo della sola natura divina. Il termine deriva dal greco μονος (monos, “solo, unico”) e ϕύσις (phýsis, “natura”). Tale dottrina infatti riconosceva a Cristo la sola divinità e ne cancellava l'umanità. Ciò è stato rigettato dalla Chiesa: essa ha sempre insegnato che in Cristo esistono due nature, quella divina e quella umana. https://it.cathopedia.org/wiki/Monofisismo 3 Setta ereticale, ispirata a un dualismo nettamente manicheo e marcionita che contrapponeva il Dio celeste al Creatore, respingeva il Vecchio Testamento, negava l’Incarnazione ecc. Sorse verso la metà del 7° sec. in Armenia e in Siria e si diffuse poi in Frigia e in Bulgaria: ne fu organizzatore il siro Costantino, detto Silvano, che pretendeva rifarsi direttamente all’azione e al pensiero dell’apostolo Paolo. http://www.treccani.it/enciclopedia/pauliciani/ 4 La città fu fondata attorno al 1000 a.C. come città-stato ittita. Successivamente, all’epoca degli imperi romano e bizantino, la città fu chiamata Germanicia Caesarea (in greco Γερμανίκεια, Germanikeia), dove nel 675 circa, vi nacque Leone III l’isaurico. 5 F.CARDINI e M.MONTESANO, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia, 2006, 225

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Secondo le fonti, il basileus Leone III, incominciò ad appoggiare gli iconoclasti per una serie di motivi: prima di tutto subì le pressioni dei vescovi iconoclasti dell’Asia Minore a favore dell’iconoclasmo; inoltre sembrerebbe che tutta una serie di disastri naturali, ultimo dei quali un devastante maremoto nel mar Egeo, convincesse l’imperatore bizantino, che tali disastri naturali, fossero dovuti all’ira divina contro la venerazione delle icone. Difficile ad ogni modo stabilire quanto di vero ci sia in questi resoconti, e sui reali motivi per cui fu introdotta l’iconoclastia. La riforma religiosa del basileus Leone III, andrebbe verosimilmente iscritta in una più ampia opera volta a rafforzare la stabilità e la solidità dell’Impero, ai fini della quale i pauliciani rappresentavano un pericolo. Fu anche per togliere loro il pretesto di una ribellione che probabilmente Leone III, decise di assecondare le loro richieste.

Prima parte 1. L’inizio della controversia iconoclastica Nel 726, l’imperatore bizantino Leone III iniziò dunque a compiere atti contro la venerazione delle sacre immagini, decidendo di distruggere un’icona religiosa raffigurante Cristo dalla grande porta bronzea che collegava il palazzo imperiale alla città Costantinopoli, la Calchè, sostituendola con una semplice croce, insieme ad una iscrizione sotto di essa. Poiché Dio non sopporta che di Cristo venga dato un ritratto privo di parola e di vita e fatto di quella materia corruttibile che la Scrittura disprezza, Leone con il figlio, il nuovo Costantino, ha inciso sulle porte del palazzo il segno della croce, gloria dei fedeli. Questa immagine per l’imperatore bizantino, era come il simbolo della speciale protezione che il Cristo accordava al piissimo imperatore bizantino Leone III, e attraverso lui all’impero. Il basileus Leone III facendo mettere al posto di questa immagine il segno della croce, voleva contestualmente liberare l’impero dal peccato dell’idolatria e rimetterlo sotto il segno vittorioso di Cristo, con il quale il grande Costantino aveva trionfato: «in hoc signo vinces!»6

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In hoc signo vinces: frase latina, dal significato letterale: «in (sotto) questo segno vincerai».

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Sembrerebbe inoltre che l’imperatore bizantino Leone III, avesse formulato la propria intenzione affermando che come Ozia7, re dei Giudei, il quale dopo ottocento anni aveva tolto il serpente di bronzo dal tempio, così, anche lui dopo ottocento anni aveva fatto togliere gli idoli dalle Chiese. Nell’ideologia dell’impero di quel periodo, infatti, il popolo cristiano era considerato come il nuovo popolo di Dio, e dunque si ricorreva spesso all’Antico Testamento per trovare dei paralleli nel comportamento dei re d’Israele, negli atteggiamenti del popolo eletto. Che c’era di più espressivo di questo parallelo tra il re Ozia che fece distruggere, nel tempio di Gerusalemme, il serpente di bronzo che Mosè aveva fabbricato nel deserto e che gli Israeliti continuavano a venerare tributandogli un culto, e l’imperatore Leone che fece distruggere l’immagine di Cristo sopra il portale del suo palazzo, per farla finita con un costume antico ma che egli riteneva idolatra, quello di venerare con un culto le immagini di Cristo? Liberare l’impero dall’idolatria! Si deve cercare di cogliere la potenza e il dinamismo di un tale motto per capire la forza che avrebbe avuto il movimento iconoclasta a Bisanzio. Leone III (e così pure dopo di lui suo figlio Costantino V) si vedeva come quel re - sacerdote, quel nuovo Mosè che doveva purificare il popolo di Dio, del quale Dio l’aveva in modo così straordinario costituito pastore8.

2. Il contesto religioso della controversia iconoclastica All’indomani di questi primi atti di ostilità nei confronti delle icone, la domanda che il monaco siriaco Giovanni Damasceno9 rivolse nel primo dei tre Discorsi apologetici contro i calunniatori delle sante immagini al basileus Leone III l’isaurico10, responsabile della rimozione della icona del Cristo dalla Calchè del palazzo imperiale nel 726 e dell’editto iconoclastico del 730, fu la seguente: E quindi, mentre molti e grandi insegnamenti sono stati trasmessi alla Chiesa senza scrittura e sono stati conservati fino a oggi, perché tu sollevi cavilli per le immagini?11 7

In realtà si trattava del re Ezechia, 716-687. C. SCHONBORN, I presupposti teologici della controversia, in AA. VV., Culto delle immagini e crisi iconoclasta, Atti del Convegno di studi Catania 16-17 Maggio 1984, Edi Oftes, Catania, 1986, 60. 9 665-749. 10 Leone III Isaurico imperatore d’Oriente (675 ca.-741), detto Isaurico da Teofane, da altri scrittori ritenuto siriaco, fu acclamato imperatore nel 717 in sostituzione di Teodosio III. Con la grande vittoria conseguita (717-18) sugli Arabi che, passati in Europa, avevano attaccato Costantinopoli per mare e per terra, Leone III fiaccò definitivamente lo slancio aggressivo dei musulmani. Riportando la guerra in Asia, respinse gli Arabi sino all’Eufrate, sconfiggendoli in pieno ad Akroinòs (740). In un vasto piano di riforma volto a svecchiare lo stato e consolidare l’autorità imperiale vanno inquadrati i due decreti del 726 e del 730 che proibivano il culto delle immagini sacre, suscitando la lunga contesa iconoclastica. Oltre ai decreti pubblicò anche un nuovo codice, detto Ecloga, a modifica della legislazione giustinianea, e generalizzò il sistema dei temi. Gli successe il figlio Costantino V. http://www.treccani.it/enciclopedia/leone-iii-isaurico-imperatore-d-oriente/ 11 I. DAMASCENUS, Contra imaginum calumniatores oratio I, 23, 113. 8

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Giovani Damasceno, presentava dunque l’imperatore bizantino Leone III, come colui che si permetteva ed autorizzava di sollevare sofismi rispetto al lascito di una tradizione ecclesiastica degna di fede e perciò meritevole di rispetto e riverenza. Effettivamente, per quanto accezioni ed obiezioni autorevoli e qualificate fossero già state sollevate nei secoli precedenti all’VIII contro la possibilità di ricorrere all’arte figurativa per rappresentare i volti del Cristo, della Vergine o dei santi12, al tempo del basileus Leone III, la diffusione delle icone poteva ormai richiamarsi ad una tradizione già considerata antica, risalente almeno al secolo IV, e sempre più radicata dalla fine del V secolo, in tutte le province dell’impero romano, comprese quelle di cultura semitica13. Ma non solo, Giovanni Damasceno redige nei suoi Trattati per la difesa delle immagini, una teologia cristologica dell’icona, di cui i teologi si serviranno costantemente. La sua argomentazione è: se noi facessimo un’immagine del Dio invisibile, noi saremmo certamente nell’errore (…), ma non facciamo nulla di ciò; noi infatti non sbagliamo, se facciamo l’immagine del Dio incarnato, apparso sulla terra nella carne, che, nella sua bontà ineffabile, è vissuto con gli uomini ed ha assunto la natura, lo spessore, la forma ed il colore della carne (…). Un tempo Dio, non avendo corpo né forma, non si poteva rappresentare in nessun modo. Ma poiché ora è apparso nella carne ed è vissuto fra gli uomini, posso rappresentare ciò che di Lui è visibile. Non venero la materia, ma il creatore della materia14.

In tal modo la legittimità dell’immagine venne stabilita da Giovanni Damasceno, dall’Incarnazione. Con essa dunque, la proibizione dell’Antico Testamento venne abolita e la relazione tra il Creatore e le creature, risultò essere totalmente cambiata. Indubbiante il culto delle icone, non era stato sempre uguale a sé stesso. Esso era cresciuto per rilevanza e per ampiezza, già a partire dalla seconda metà del secolo VI, mentre dalla fine del secolo VII si era arricchito di nuovi significati, con una graduale equiparazione delle icone alle reliquie.

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Ad esempio dai vescovi Eusebio di Cesarea ed Epifanio di Salamina. A. GRABAR L'iconoclasme byzantin: Le dossier archéologique, Paris, Flammarion ,1984, 96 s. 14 G. DAMASCENO, Adversus eos qui sacras imagines abiciunt, PG 94, 1320, 1245, in AA. VV., Culto delle immagini e crisi iconoclasta, 73. 13

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Tutto ciò significa, che le icone e non soltanto più le sole immagini acheropite, furono riconosciute come compartecipi della santità del soggetto rappresentato, e dunque in grado di proteggere e di intercedere. Se quindi il ruolo culturale e liturgico conferito alle immagini sacre, fu soggetto a cambiamenti nei secoli, la domanda che Giovanni Damasceno rivolse al basileus Leone III, conservò intatta tutta la sua provocazione, perché fino a quel momento, la società romea aveva tenuto verso le icone un atteggiamento fondamentalmente pacifico e benevolo. Il silenzio generale sul tema, da parte dei documenti ufficiali della chiesa anteriori alla crisi iconoclastica, lo dimostra in modo assai evidente. Silenzio che a fronte di una pratica assai diffusa e non certo ignorabile come quella delle icone, può essere benissimo inteso come consenso ed approvazione per le immagini sacre, peraltro interrotta soltanto dal giudizio innegabilmente favorevole formulato dal canone 82 del Concilio Quinisesto15 del 692. Il Concilio Quinisesto, infatti, raccomandò la rappresentazione dei «tratti umani» del Cristo Dio fattosi uomo in luogo della figura dell’agnello, che, pure, anche dopo il superamento dell’età della Legge, poteva continuare ad essere venerato nella categoria degli «antichi tipi e le ombre» del Logos incarnato16. Dunque, per i motivi che vedremo più avanti, son soltanto i concili, cui compete il ruolo di «confessare» la fede, non si soffermarono in maniera approfondita sul tema delle icone prima del 692, ma anche la cd.«speculazione teologica», cui compete invece «spiegare» ciò che la fede confessa, non considerò le icone come oggetti di particolari attenzioni.

Il concilio in Trullo, o Trullano, prende nome dal luogo dove si svolse. E’ anche denominato concilio Quinisesto (Quinisextum), e si tenne a Costantinopoli nel 692. Le disposizioni approvate da questo concilio non sono ritenute, dagli ortodossi, come un nuovo concilio ecumenico, ma come un completamento delle decisioni dei concili ecumenici di Costantinopoli del 553 e del 680-681. In questo concilio Quinisesto, vennero trattati argomenti circa la venerazione delle immagini, ed in particolare il canone 73, richiama l’importanza della Santa Croce e della sua venerazione, mentre il canone 82 prescrive di rappresentare Cristo in forma umana e non simbolica, come l’Agnello. Di un certo rilievo, risulta anche la definizione data dal concilio Quinisesto, in merito al «peccato» come «malattia dello spirito» all’interno del canone 102. Il medesimo canone pone pure le condizioni per la pratica della cosiddetta «akrivìa» e della cosiddetta «oikonomìa», come fondamento della prassi di guarigione del peccatore, all’interno della spiritualità orientale. 16 G. NEDUNGATT, M. FEATHERSTONE, a cura di, The Council in Trullo, Edizioni Orientalia Christiana, 1995, 163. 15

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Per questo motivo, dunque, quando ebbe inizio la controversia sulle immagini, né gli iconoduli, cioè chi difendeva il culto delle immagini sacre e neppure gli iconoclasti, cioè i disruttori di immagini sacre, potevano realmente rifarsi ad un’articolata e distinta «teologia dell’immagine», la cui elaborazione fu stimolata ed incoraggiata soltanto allora, dalla contemporanea contestazione di convinzioni e di pratiche già ampiamente presenti e diffuse, riassunte per l’appunto nella frase: «sollevare cavilli» cui alludeva Giovanni Damasceno17. La mancanza di una vera e propria «teologia dell’immagine», non significava tuttavia che mancassero dei riferimenti dottrinali ben individuabili a partire dai quali iniziare ad argomentare, ma soltanto successivamente essi vennero ridefiniti secondo un maggiore grado di consapevolezza razionale e di padronanza concettuale, in maniera analoga a quanto già avvenuto per le dottrine trinitarie e cristologiche. Anzi, probabilmente, da un punto di vista teologico, è proprio a partire da questi riferimenti e da queste precedenti dispute trinitarie avvenute nei secoli III e IV, ma soprattutto dai dibattiti cristologici avvenuti nei secoli V e VI, che ci appare piu’ chiara e manifesta la comprensione e la conoscenza, almeno per quanto riguarda le sue motivazioni e le sue spiegazioni, ben diverse da quelle storiche, come avremo modo di vedere più avanti, in merito alla controversia sulle icone. Da un lato, quindi, il legame tra controversia sulle immagini e dibattito trinitario, concerneva anzitutto la comprensione del Figlio come «immagine del Dio invisibile»18, dall’altra, il legame tra controversia sulle immagini e dispute cristologiche, investiva la comprensione del Cristo come una sola «persona» e «ipostasi», nella quale Calcedonia aveva confessato l’unione «senza confusione» delle due nature.19

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I. DAMASCENUS, Contra imaginum calumniatores oratio I, 23, 113. Cfr.: Col 1, 15; «Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura»; Gv 10,30: « Io e il Padre siamo una cosa sola»; Gv 14,9: «Chi ha visto me, ha visto il Padre»; Gv 16,15: « Tutto quello che il Padre possiede è mio». 19 Il concilio di Calcedonia è il quarto concilio ecumenico della storia del cristianesimo ed ebbe luogo nell’omonima città, nel 451. Esso sancisce che nell’unica persona-ipostasi (sostanza) di Gesù, vi sono le due nature, umana e divina, «senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili». DENZINGERSCHÖNMETZER, n. 302. 18

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Per gli iconoduli e per gli iconoclasti, la sfida teologica consistette quindi nel trarre, in tema di immagini, conseguenze coerenti alle deliberazioni conciliari e alle argomentazioni dottrinali che definiscono e determinano le principali verità di fede del cristianesimo. L’aspetto più prettamente teologico della controversia sulle icone, fu dunque piuttosto marginale durante le prime tensioni del 726 e negli anni di governo del basileus Leone III; mentre, di contro, esso segnò in profondità il regno del figlio Costantino V (741-775), al quale infatti unanimemente si riconduce la svolta dogmatica che la crisi iconoclastica assunse. Costantino V, infatti, nei suoi primi anni di regno proseguì con la propaganda aniconica del padre, il basileus Leone III, muovendosi nella medesima scia dell’esempio paterno.

3. L’imperatore Costantino V e il concilio di Hieria Il nuovo imperatore Costantino V, figlio di Leone III, si mostrò ancor più implacabile iconoclasta di suo padre e nel 753 indisse a Hieria un concilio, per dimostrare l’impossibilità di una rappresentazione di Cristo o dei Santi, attraverso le immagini. Il concilio di Hieria, sostanzialmente affermò che se si rappresentasse la divinità, si confonderebbero le nature e si pretenderebbe di poter «circoscrivere» ciò che è inesprimibile; se si rappresentasse l’umanità, si dividerebbe ciò che deve essere unito nella persona di Cristo e si cadrebbe nel nestorianesimo. Così, in altri termini, con l’immagine materiale, sarebbe sostanzialmente negata l’unione ipostatica, in greco hypóstasis, (ὑπόστασις) usata nella cristologia tradizionale per descrivere l'unione della divinità e dell’umanità di Cristo in una ipostasi definita dal Concilio di Calcedonia20. Inoltre, sempre nel concilio di Hieria, si affermava che nelle immagini, la materia avrebbe potuto degradare la santità originale del «modello». La sola icona possibile, per Costantino V, come vedremo meglio anche in seguito, e l’unica ad essere stat...


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