Il-colloquio-motivazionale- Miller, Rollnick PDF

Title Il-colloquio-motivazionale- Miller, Rollnick
Course Psicologia della riabilitazione
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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IL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE

PARTE 1 – CHE COS’È IL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE?

CAPITOLO 1 – CONVERSAZIONI SUL CAMBIAMENTO UN CONTINUUM DI STILI È possibile immaginare le conversazioni di aiuto distribuite su un continuum: ad un estremo vi lo stile direttivo con il quale l’operatore fornisce informazioni, istruzioni e consigli (“so quello che dovresti fare e ti dico come farlo”). Per la persona che lo riceve, uno stile direttivo riveste altri significati come obbedire, aderire e rispettare le indicazioni (es. Il medico che spiega come assumere correttamente i farmaci). All’altro estremo vi è lo stile del seguire: i buoni ascoltatori sono interessati a quello che le altre persone dicono, cercano di capire ed evitano rispettosamente (almeno temporaneamente) di dire la loro opinione. Alcuni ruoli complementari a tale stile sono il prendere l’iniziativa, andare avanti ed esplorare. Al centro del continuum si colloca lo stile del guidare: una brava guida è un buon ascoltatore che ti offre la sua esperienza. Il Colloquio Motivazionale si colloca tra lo stile direttivo e lo stile del seguire, integrando alcuni aspetti dell’uno e dell’altro.

Dirigere

Il riflesso a correggere

Guidare

Seguire

è il desiderio di correggere quello che appare sbagliato nelle persone, indirizzandole

nella direzione giusta. Si collega allo stile direttivo. Ambivalenza

la maggior parte delle persone che hanno bisogno di cambiare sono ambivalenti sul farlo.

Vedono sia le ragioni di farlo sia quelle di non farlo. Si tratta di una normale fase del processo di cambiamento ed è il punto dove più spesso si rimane bloccati sulla strada del cambiamento. L’ambivalenza è volere e, allo stesso tempo, non volere qualcosa, o volere due cose che sono incompatibili fra loro. Quando una persona è in ambivalenza, è normale sentirla pronunciare due tipi di affermazioni mischiate insieme: -

affermazioni orientate al cambiamento: sono affermazioni della persona a favore del cambiamento, dette anche affermazioni auto-motivanti 1

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affermazioni orientate al mantenimento dello Statu quo: argomenti che la persona porta per non cambiare, che sostengono lo statu quo

Lo schema classico è che si pensa una ragione per cambiare, poi si pensa a una ragione per non cambiare e poi si smette di pensare a quel cambiamento. Il modo per uscirne è scegliere una strada e continuare a seguire quella direzione. In una situazione di incontro fra una persona che si trova in ambivalenza e un professionista che presenta un riflesso spontaneo a correggere, quest’ultimo lo condurrà ad esaltare gli aspetti positivi del cambiamento, a spiegare perché è importante e a dare consigli sul modo in cui realizzarlo. La persona che prova ambivalenza sul modo di affrontare qualcosa, sentendo enfatizzare solo una faccia della medaglia, formulerà una risposta prevedibile: “Sì, ma…”. Lo sviluppo di questa controversia potrebbe apparire terapeutico – una sorta di rappresentazione, da parte della persona, della propria ambivalenza, con il professionista che evidenzia solo il lato positivo del cambiamento – se non fosse che, per un altro fondamento della natura umana, le persone tendono a credere in se stesse e a fidarsi più delle proprie opinioni che di quelle degli altri. Stimolare qualcuno a verbalizzare un lato della questione tende a far pendere la bilancia delle sue opinioni in quella direzione. Se il professionista si schiera a favore del cambiamento e il cliente si schiera contro, si otterrà l’effetto opposto. Idealmente è il cliente che dovrebbe esprimere le ragioni per cambiare. Miller, lavorando nei centri di trattamento per le dipendenze, osservò che l’atteggiamento aperto o difensivo dei pz, come le sue affermazioni orientate al cambiamento o al mantenimento dello statu quo, erano un prodotto della relazione terapeutica. La resistenza e la motivazione al cambiamento emergevano nella relazione e, dal modo in cui essa veniva gestita, era possibile aumentare o diminuire la motivazione del cliente. Relazionarsi in un modo che aumenta la resistenza e gli argomenti che vanno contro il cambiamento rende meno probabile che le persone cambiano. Da ciò evinse che doveva essere il cliente a dare voce alle ragioni per cambiare.

LE DINAMICHE DELLA CONVERSAZIONE SUL CAMBIAMENTO Il Riflesso a correggere è sostenuto dalla convinzione che bisogna convincere o persuadere la persona a fare le cose giuste. Bisogna solo porre le domande giuste, affrontare gli argomenti adatti, fornire le informazioni essenziali, stimolare le giuste emozioni o perseguire una logica corretta per far sì che la persona prenda consapevolezza e cambi. In questi casi però, la persona che viene “aiutata” prova uno o più dei seguenti atteggiamenti: rabbioso, difensivo, a disagio, impotente. In tali situazioni spesso le persone che vengono aiutate, giungono alla conclusione che in realtà non vogliono cambiare e normalmente non è questo l’obiettivo del professionista. Le persone reagiscono così al Riflesso a correggere, quando viene detto loro cosa fare, perché farlo e cosa dovrebbero fare. Quando però il professionista ascolta rispettosamente il cliente, senza dare consigli ma ponendo le seguenti domande: 2

-

Perché vorresti fare questo cambiamento?

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Come pensi di procedere per realizzarlo?

-

Quali sono le tre ragioni più importanti per farlo?

-

Quant’è importante per te fare questo cambiamento e perché?

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Quindi, cosa pensi di fare? generalmente le persone si sentono coinvolte, sostenute, aperte e comprese.

UNA DEFINIZIONE INIZIALE Miller e Rollnick propongono tre livelli di definizione del Colloquio motivazionale. La prima si focalizza sui propositi del Colloquio Motivazionale ed è una definizione per non esperti: il Colloquio Motivazionale è uno stile collaborativo di conversazione, volto a rafforzare la motivazione e l’impegno al cambiamento di una persona. È una conversazione sul cambiamento; può essere breve o prolungato e applicato a diversi contesti, con singole persone o gruppi. In questo caso si tratta di adottare lo stile del guidare più che del dirigere e ha come obiettivo rinforzare la motivazione, propria della persona, al cambiamento.

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CAPITOLO 2 – LO SPIRITO DEL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE Lo spirito del Colloquio Motivazionale è il complesso emozionale e cognitivo (“cuore e mente”) che contiene tale colloquio. Si compone di 4 elementi chiave, ognuno dei quali ha una componente esperienziale e comportamentale: 1) Collaborazione 2) Accettazione 3) Propensione all’aiuto 4) Evocazione

LA COLLABORAZIONE Collaborazione: colui che conduce il colloquio si pone come partner o un compagno, in un atteggiamento di cooperazione con il cliente, ritenuto competente di sé. Il Colloquio Motivazionale viene fatto “per” o “con” una persona, ossia è una collaborazione attiva tra due esperti. La persona è senza dubbio la massima esperta di se stessa e, nel Colloquio Motivazionale, il professionista è un partner che normalmente parla meno della metà del tempo. Il metodo del Colloquio Motivazionale prevede più un’esplorazione che un’esortazione, più interesse e sostegno che persuasione e disputa. La collaborazione è importante poiché se l’obiettivo è il cambiamento di una persona, l’operatore non può agire da solo. Il cliente possiede una competenza fondamentale che si integra con quella dell’operatore: rendere attiva tale competenza è una condizione fondamentale per far sì che il cambiamento si realizzi. Nel Colloquio Motivazionale, un’insidia da evitare è la trappola dell’esperto, ossia quando l’operatore, sulla base della sua competenza, pensa di avere tutte le risposte ai dubbi della persona. Per evitare questa trappola bisogna abbandonare tutte le ipotesi che si suppone di avere, per fornire tutte le risposte giuste. Un elemento chiave dello spirito di Collaborazione del Colloquio Motivazionale sta nella capacità di astenersi dal riflesso a dispensare conoscenze. La natura collaborativa del Colloquio Motivazionale implica l’essere consapevoli e in sintonia con le proprie aspirazioni e quelle del cliente. Il colloquio motivazionale non è un modo per indurre le persone a cambiare, ma un modo per attivare la loro motivazione e le loro risorse per cambiare. In molti ambiti è il cliente a definire il percorso da seguire per il cambiamento, ponendo problemi ed esprimendo preoccupazioni specifiche. Capita che le priorità del percorso di cambiamento, individuate dall’operatore, differiscano da quelle del cliente. Questo aspetto della Collaborazione implica un rispetto profondo per il prossimo. Ogni tanto l’operatore pone delle domande, ma soprattutto ascolta, perché si tratta della storia della persona. L’obiettivo è capire la vita che c’è stata prima dell’incontro e guardare il mondo attraverso gli occhi di quella persona, senza imporre la visione dell’operatore.

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ACCETTAZIONE L’atteggiamento di profonda Accettazione di ciò che il cliente esprime è connesso allo spirito di Collaborazione: accettare una persona non vuol dire necessariamente approvare le sue azioni. Tale concetto affonda le proprie radici nel pensiero di Carl Rogers e comprende quattro aspetti specifici: 1) Assoluto valore della persona: l’accettazione implica apprezzare il valore e le potenzialità innati di ogni essere umano. Rogers definisce tale atteggiamento come presa in carico non possessiva o considerazione incondizionatamente positiva: “un accettare la persona come un individuo a sé stante, un rispetto dell’altro che attribuisce valore alle sue ragioni. Una fiducia di base: la convinzione che, fondamentalmente, la persona è affidabile”. È una delle condizioni necessarie e sufficienti della relazione terapeutica finalizzata al colloquio. Secondo Rogers le persone, quando non si sentono accettate, si bloccano, diminuendo la loro capacità di cambiare. D’altra parte, quando le persone si sentono accettate per quello che sono, diventano libere di cambiare. Rogers accolse questa visione della natura umana, la Menschenbild, ipotizzando che le persone, in una particolare condizione terapeutica, cambieranno spontaneamente in modo positivo. Questa tendenza all’ “autorealizzazione” è spontanea: è come se ognuno avesse uno stato di maturazione finale o scopo verso il quale, in date condizioni favorevoli, tenderà a crescere. 2) Accurata empatia: interesse attivo e sforzo di comprensione della prospettiva intrinseca dell’altro, di vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Essa è la capacità di comprendere il quadro di riferimento dell’altro e di essere convinti che sia importante comprenderlo. È percepire il significato del mondo interno del cliente come se fosse il proprio, ma senza mai dimenticare la caratteristica del “come se”. Il contrario dell’Accurata empatia è l’imposizione della propria prospettiva, presupponendo che la visione degli altri sia irrilevante e fuorviante. 3) Valorizzazione dell’Autonomia: significa valorizzare e rispettare l’Autonomia individuale di ogni persona, il suo irrevocabile diritto e la sua assoluta capacità di autodeterminarsi. Al suo opposto si colloca il tentativo di far fare le cose alle persone, obbligandole ed esercitando un controllo: dire a qualcuno che non può o costringerlo a fare una scelta, normalmente fa emergere la reattanza psicologica, ossia il desiderio di riaffermare la propria libertà. D’altra parte, riaffermare esplicitamente la libertà di scelta di una persona normalmente fa diminuire le difese e può facilitare il cambiamento. 4) Sostegno: implica la ricerca e il riconoscimento delle risorse e degli sforzi della persona. Il suo opposto è cercare ciò che le persone hanno sbagliato e, dopo aver individuato l’errore, dire loro come fare per correggerlo. Quindi per Accettazione si intende onorare l’Assoluto valore della persona e il potenziale della persona intesa come essere umano, sostenere e valorizzare l’Autonomia nello scegliere il proprio modo di essere e, attraverso un’Accurata empatia, si cerca di comprendere la sua prospettiva e si Sostengono le sue risorse e i suoi sforzi.

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PROPENSIONE ALL’AIUTO Implica la promozione attiva del benessere altrui, considerando prioritarie le sue esigenze. Tale promozione è uno dei motivi che spinge una persona a intraprendere una professione di aiuto, ma tale atteggiamento non prevede il soffrire insieme al cliente né di provare simpatia per l’altro senza agire per il suo bene.

EVOCAZIONE Colui che conduce il colloquio fa emergere il punto di vista e la motivazione del Soggetto. Si ricollega anche allo stile educativo socratico, maieutico, il ducere, che significa facilitare o far emergere dalla persona. Lo spirito del Colloquio Motivazionale parte dalla premessa che le persone possiedono già, dentro di loro, ciò di cui hanno bisogno, le motivazioni e le risorse, e che il compito dell’operatore è di evocarle e richiamarle. Quindi è importante concentrarsi sul comprendere i punti di forza e le risorse della persona, piuttosto che andare alla ricerca di ciò che le manca, e capire quale sia la sua competenza e il suo punto di vista. Nel loro interno le persone hanno già le motivazioni e le risorse che possono essere richiamate. Questo spirito evocativo ben si integra con il concetto di ambivalenza: nelle persone in ambivalenza riguardo al cambiamento, convivono già le ragioni a favore del cambiamento e a favore del mantenimento dello statu quo. Ciò vuol dire che in gran parte i clienti già ascoltano le voci a favore del cambiamento, che sono molto spesso più persuasive di qualsiasi altra ragione che si potrebbe offrire per cambiare. Il compito dell’operatore quindi consiste nell’Evocare e nel rinforzare le motivazioni al cambiamento che sono già presenti. Lo spirito del colloquio motivazionale si colloca nel punto di intersezione delle quattro componenti collaborazione, accettazione, propensione all’aiuto ed evocazione. Pertanto, la seconda definizione, più professionale, è: il Colloquio Motivazionale è uno stile di counseling centrato sulla persona, volto ad affrontare il comune problema dell’ambivalenza per il cambiamento.

ALCUNI PRINCIPI DELLA PRESA IN CARICO CENTRATA SULLA RELAZIONE 1) I nostri servizi esistono a beneficio delle persone che assistiamo. La priorità sono i loro bisogni. 2) Il cambiamento è fondamentalmente auto-cambiamento. I servizi facilitano il processo spontaneo di cambiamento. 3) Le persone sono le esperte di loro stesse. Nessuno le conosce meglio di loro stesse. 4) Non dobbiamo far accadere il cambiamento. La realtà è che non possiamo farlo da soli. 5) Non dobbiamo offrire delle buone idee. È possibile che le nostre non siano le migliori. 6) Le persone hanno forza, motivazioni e risorse che è fondamentale attivare perché si realizzi il cambiamento. 7) Quindi il cambiamento richiede una Collaborazione tra competenze. 8) È importante capire il punto di vista della persona sulla situazione, le sue esigenze e la sua idea su come realizzare il cambiamento. 6

9) Il cambiamento non è come una lotta per il potere nella quale se si realizza il cambiamento abbiamo vinto. Una conversazione sul cambiamento dovrebbe essere vissuta come una danza, non come una lotta. 10) La motivazione al cambiamento non viene installata dall’esterno, ma evocata. C’è già e bisogna solo richiamarla. 11) La possibilità di scelta sul cambiamento delle persone non è revocabile. Le persone fanno le loro scelte su cosa fare e cosa non fare, e il cambiamento non è un obbiettivo fino a quando non viene accattato dalle persone.

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CAPITOLO 3 – IL METODO DEL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE I QUATTRO PROCESSI DEL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE 1) Stabilire una relazione: processo con cui entrambe le parti stabiliscono un rapporto proficuo e una relazione collaborativa. La relazione può essere facilitata o ostacolata anche da fattori esterni come il sistema dei servizi dove si svolge il colloquio, lo stato emotivo del professionista, la situazione e l’atteggiamento mentale del cliente quando entra nella stanza del colloquio. Tale processo è la premessa per tutto ciò che avverrà in seguito. 2) Focalizzare: è il processo con il quale si definisce e si mantiene una direzione specifica nelle conversazioni sul cambiamento. Nelle relazioni di aiuto è normale che emergano percorsi che sono orientati a uno o più obbiettivi di cambiamento, i quali possono essere formalizzati nel piano di trattamento. Tali obiettivi potrebbero o meno includere il cambiamento comportamentale oppure potrebbero riguardare delle scelte personali, decisioni su atteggiamenti da adottare, prendere delle decisioni o accettare una situazione. 3) Evocare: implica far emergere le motivazioni al cambiamento proprie del cliente. Si verifica quando si è stabilito un focus di cambiamento e si cominciano a riunire le idee e i sentimenti del cliente sul perché e sul come potrebbe realizzarlo. Evocare vuol dire inoltre far in modo che la persona dia voce alle sue ragioni per cambiare. Seppur in minima parte, alcune persone si presentano al colloquio pronte a cambiare e chiedono consigli su come andare avanti; con queste persone ci si deve rapidamente spostare sul processo del Pianificare. Il processo dell’evocare porta alla formulazione dell’ultima definizione di Colloquio Motivazionale, quella più tecnica, che risponde alla domanda “come funziona?”: il Colloquio Motivazionale è uno stile di comunicazione collaborativo e orientato, che presta particolare attenzione al linguaggio del cambiamento, progettato per rafforzare la motivazione personale e l’impegno verso un obiettivo specifico, attraverso la facilitazione e l’esplorazione delle ragioni proprie della persona per cambiare, il tutto in un’atmosfera di accettazione e aiuto. 4) Pianificare: comporta sia sviluppare l’impegno al cambiamento sia la formulazione di un piano specifico di azione. È una conversazione sulle azioni, che può riguardare diverse problematiche e che viene condotta con una particolare attenzione alle ragioni per cambiare che porta il cliente, valorizzando la sua Autonomia nel prendere le decisioni e continuando a far emergere e a rinforzare le sue Affermazioni Orientate al Cambiamento quando il piano prende forma. Come per gli altre tre processi, il Pianificare è qualcosa che bisogna verificare con il procedere del cambiamento, in quanto è un processo progressivo che potrebbe richiedere delle revisioni: potrebbero emergere problemi o ostacoli che potrebbero indurre la persona a rivedere i piani e gli impegni che ha assunto. Pianificare non è un qualcosa che si realizza una volta per tutte, ma un processo progressivo che potrebbe richiedere delle revisioni. Questi quattro processi sono sequenziali e ricorrenti, ossia non terminano nel punto in cui comincia il successivo. Ogni processo si sovrappone al precedente, che continua a sussistere in quanto fondamento del seguente. 8

IL FLUIRE DEL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE Stabilire una relazione è necessariamente il processo iniziale del Colloquio Motivazionale: se non si stabilisce una relazione, il colloquio non va avanti. Il processo Stabilire una relazione fluisce nel Focalizzare dando al colloquio almeno la direzione e l’obiettivo iniziale. Le abilità cliniche utilizzate per Stabilire una relazione mantengono la loro importanza anche nel Focalizzare, Evocare e Pianificare. Per questo motivo Stabilire una relazione non termina quando inizia il Focalizzare: si può aver bisogno di Stabilire una relazione di nuovo in vari punti del percorso ed è normale che il Focalizzare debba essere cambiato o allargato dopo che si è definito il problema. È possibile evocare solo quando è stato definito un obiettivo di cambiamento: per questo Focalizzare è logicamente il prerequisito per Evocare. Nell’Evocare il professionista utilizza strategie specifiche e il cliente, parlando, segue degli schemi. Diversi modelli di colloquio prevedono uno spazio per Stabilire una relazione e normalmente un processo per focalizzare con il fine di definire gli obbiettivi del trattamento. Con l’Evocare strategicamente la consultazione diventa Colloquio Motivazionale. Il pr...


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