IL Conflitto Delle Interpretazioni PDF

Title IL Conflitto Delle Interpretazioni
Author Denise Maffeis
Course Storia della filosofia
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Summary

appunti sul conflitto delle interpretazioni...


Description

IL CONFLITTO DELLE INTERPETAZIONI DI RICOEUR Ricoeur si propone in questo libro di esplorare la filosofia contemporanea dall’innesto del problema ermeneutico sul metodo fenomenologico. Inizialmente si limita a un breve accenno storico per dare un senso accettabile alla nozione di esistenza. L’origine dell’ermeneutica Il problema ermeneutico (=problema di interpretazione) si è posto prima della fenomenologia di Husserl e infatti è per questo che si parla di innesto. Questo problema si è posto inizialmente nei limiti dell’ESEGESI ovvero della disciplina che si propone di comprende un testo a partire dalla sua intenzione (sulla base di ciò che esso vuole dire). Questa disciplina ha suscitato questo problema perché la lettura di ogni testo se fa sempre all’interno di una comunità, tradizione e corrente di pensiero che sviluppano presupposti (per esempio la lettura dei miti greci nella scuola storica o l’interpretazione dell’antico Testamento). L’esegesi implica una teoria della significazione: se un testo può avere parecchi sensi bisogna far ricorso a una nozione di significato che richiede una logica di argomentazione. L’interpretazione serve per vincere la lontananza culturale. L’ermeneutica pone il problema della comprensione. E il legame tra interpretazione e comprensione è attestato dal significato di Aristotele: l’ermeneutica non si limita all’allegoria ma riguarda ogni discorso significante che interpretala realtà; si ha l’ermeneutica quando si coglie il reale per mezzo di espressioni significanti. Dunque l’ermeneutica mette i problemi tecnici dell’esegesi testuale in contatto con i problemi più generali della significazione e del linguaggio. Con Schleirmacher e Dilthey il problema ermeneutico diventa problema filosofico. Infatti il titolo “l’origine dell’ermeneutica” fa riferimento al saggio di Dilthey del 1990 per cui il suo problema che era ti origine epistemologico era quello di conferire alle una validità comparabile a quella delle scienze naturali nell’epoca della filosofia positiva. Trattava una critica alla conoscenza storica a cui subordinava i processi dell’ermeneutica classica. Il problema ermeneutico si trova trascinato verso la psicologia e la comprensione storica mette in gioco tutti i paradossi della storicità. Tuttavia qual è il rapporto tra la forza e il senso, tra la vita portatrice di significati e lo spirito capace di connetterli in una successione coerente? Se la vita non è significante, la comprensione è impossibile e per farlo è necessario il CONCETTO. L’innesto dell’ermeneutica sulla fenomenologia Esistono due modi per fondare l’ermeneutica sulla fenomenologia: -

Ontologia della comprensione (la via corta) Epistemologia dell’interpretazione (via lunga)

La via corta si colloca sul piano dei un’ontologia dell’essere finito per ritrovarvi il comprendere, non più come un modo di conoscenza ma come un modo d’essere. In questa ontologia della comprensione ci si trasporta con un improvviso capovolgimento della problematica. Questa via è tipica della filosofia di Heidegger. La sua Analitica dell’essere non è l’altro termine di un’alternativa che ci costringe a scegliere tra una ontologia della comprensione ed una epistemologia dell’interpretazione. La via lunga ambisce a portare la riflessione al livello di un ontologia per gradi seguendo prima la semantica e poi la riflessione.

Viene ad essere quindi considerato il capovolgimento della problematica che mette una ontologia della comprensione al posto di una epistemologia dell’interpretazione. Si tratta di rinunciare all’idea che l’ermeneutica sia un metodo degno di lottare ad armi pari con quello delle scienze naturali. Dare un metodo alla comprensione significa restare dentro i presupposti della conoscenza oggettiva e quindi da bisogna uscire da questo cerchio della problematica del soggetto e dell’oggetto e interrogarsi sull’essere. Per interrogarsi sull’essere bisogna prima interrogarsi su quell’essere che è l’esserci di ogni essere cioè su quell’essere che esiste come modo di comprendere l’essere. Comprendere non è più una forma di conoscenza ma è la forma di questo essere che esiste nell’atto di comprendere. Qual è il contributo della fenomenologia di Husserl? Per farlo bisogna riprendere la domanda in termini heideggeriani ma in Husserl bisogna cercare il fondamento fenomenologico di questa ontologia. Il suo apporto all’ermeneutica è duplice: -

-

Critica all’oggettivismo che concerne il problema ermeneutico indirettamente (contesta la pretesa dell’epistemologia delle scienze naturali di fornire alle scienze un modello metodologico valido) e direttamente (mette in discussione il tentativo di Dilthey di fornire alle un metodo oggettivo quanto quello delle scienze naturali) Critica all’oggettivismo in modo positivo spianando la via ad una ontologia della comprensione che ha per tema “il mondo della vita” cioè uno strato dell’esperienza anteriore al rapporto tra soggetto e oggetto

L’ultimo Husserl mira a sostituire una ontologia della comprensione ad una epistemologia dell’interpretazione. La prima fenomenologia appare come la primissima contestazione dell’oggettivismo poiché ciò che essa chiama fenomeni sono i correlati della vita intenzionale, le unità di significazione. È contro il primo Husserl che si indentifica la teoria della comprensione mentre l’ultimo Husserl punta verso questa ontologia. Il problema della storicità non è più quello della conoscenza storica concepita come metodo, essa designa il modo in cui l’esistente è con gli esistenti. La comprensione non è più la replica delle scienze dello spirito alla spiegazione naturalista, essa riguarda un modo di essere accanto all’essere. La possibilità di vita diviene una struttura dell’essere finito. Il comprendere diviene un aspetto del “progetto” dell’essere e della su apertura all’essere. Il problema della verità non è più il problema del metodo ma il problema della manifestazione dell’essere. Tuttavia Ricoeur propone di seguire un’altra strada e di non ritirarsi davanti all’Analitica dell’essere per due ragioni: -

Con il metodo di interrogare usato da Heidegger, i problemi restano non risolti e vengono persi di vista La comprensione è il risultato dell’Analitica dell’essere e quella stessa per cui e in cui questo essere si comprende come essere

Queste due obiezioni contengono contemporaneamente una proposta positiva: sostituire alla via corta dell’Analitica dell’essere la via lunga che prende avvio dalle analisi del linguaggio. Così conserveremo il contatto con le discipline che cercano di praticare l’interpretazione in modo metodico e resisteremo alla tentazione di separare la verità dal metodo. Dunque si deve poter elaborare una nuova problematica dell’esistenza dalla elucidazione semantica del concetto di interpretazione comune a tutte le discipline ermeneutiche. Questa semantica si organizza attorno al tema centrale delle significazioni a senso multiplo o multivoche

o simboliche (le equivalenze saranno giustificate al momento opportuno). Queste sono un momento della comprensione di sé: l’approccio semantico si collegherà ad un approccio riflessivo e il soggetto che interpreta interpretando i segni è un esistente che scopre mediante l’esegesi della sua vita che è posto nell’essere prima ancora di porsi e di possedersi. Soltanto la riflessione può ricondurre alle radici ontologiche della comprensione. Il piano semantico Ogni comprensione ontologica viene ad esprimersi sempre nel linguaggio. L’esegesi ci ha insegnato che il senso spirituale è “trasferito” dal senso storico o letterale e Schleirmacher e Dilthey ci hanno insegnato a considerare i testi come espressioni di vita fissati dalla scrittura. Ricoeur vede delimitarsi l’analisi del linguaggio nel campo della semantica delle espressioni multivoche e in questo modo da alla parola simbolo un senso più ristretto. Egli chiama simbolo ogni struttura di significazione in cui un senso diretto, primario, letterale, designa per sovrappiù un altro senso indiretto, secondario, figurato, che può essere appreso soltanto attraverso il primo. Questa doppia delimitazione (simbolo e interpretazione) costituisce il senso ermeneutico. Di rimando, l’interpretazione è il lavoro mentale che consiste nel decifrare il senso nascosto nel senso apparente, nel dispiegare i livelli di significazione impliciti nella significazione letterale. Simbolo ed interpretazione divengono concetti correlativi. Da qui derivano i compiti delle espressioni simboliche e dell’interpretazione. Le espressioni simboliche hanno il compito di procedere ad un enumerazione il più complessa possibile delle forme simboliche e ha anche il compito di fissare la costruzione semantica di forme quali la metafora, l’allegoria e la similitudine. L’interpretazione parte dalla denominazione dei simboli e dalla loro sovradeterminazione e traduce il simbolo secondo una griglia di lettura che gli è propria. Il suo compito è quello di mostrare che la forma dell’interpretazione è relativa alla struttura teorica del sistema ermeneutico. L’ermeneutica a livello semantico comincia con una investigazione sull’estensione delle forme simboliche e con un’analisi sulla comprensione delle strutture simboliche, continua con un confronto fra gli stili ermeneutici e con una critica dei sistemi di interpretazione mettendo in relazione la diversità dei metodi ermeneutici con la struttura delle teorie corrispondenti. Mostrando ogni metodo esprime la forma di una teoria e giustifica ogni metodo nei limiti della circoscrizione teorica che gli è propria. I vantaggi sono: 1. L’approccio semantico mantiene l’ermeneutica a contatto con le metodologie pratiche e non corre il rischio di separare il suo concetto di verità con il concetto di metodo. 2. Assicura che l’ermeneutica si installi nella fenomenologia al livello della teoria della significazione. La semantica delle espressioni multivoche si oppone alle teorie del metalinguaggio perché vorrebbero riformare i linguaggi esistenti in funzioni di modelli ideali. Il piano della riflessione L’analisi dedicata alla struttura delle espressioni è la porta che l’ermeneutica deve superare se non vuole escludersi da quelle discipline che metodicamente usano l’interpretazione e che sono l’esegesi, la storia e la psicoanalisi. Come si fa a reintegrare la semantica nell’ontologia senza cedere nelle obiezioni dell’Analitica

dell’essere? Attraverso la riflessione cioè il legame tra la comprensione dei segni (linguaggio simbolico)e la comprensione di sé (in questo sé abbiamo la possibilità di riconoscere un esistente). Attraverso la comprensione dell’altro si amplia la propria comprensione di se stessi ed è per questo che ogni ermeneutica viene così ad essere comprensione di se stesso per la via mediata dalla comprensione dell’altro. Perché il sé che guida l’interpretazione non può recuperare se stesso altrimenti che come risultato dell’interpretazione? Per due ragioni: 1. Il Cogito cartesiano è una verità invincibile ed inutile, è una verità che si pone da se stessa che non può essere né verificata né dedotta. 2. Il Cogito cartesiano è una verità falsa, una falsa coscienza. La prima ragione (IO ESISTO IN QUANTO PENSO) si tratta di una verità vana. La riflessione è un’intuizione cieca se on viene mediata dalle espressioni in cui la vita si oggettiva in quanto è l’approvazione del nostro atto di esistere e del nostro desiderio di essere. La seconda ragione (LA FALSA COSCIENZA) pone la questione che una filosofia della riflessione deve essere tutto il contrario di una filosofia della coscienza perché l’esegesi del testo della coscienza urta contro le prima “cattiva interpretazioni” della falsa coscienza. L’esistenza non è testimoniata che nei documenti della vita ed è in un primo momento falsa coscienza. La giustificazione dell’ermeneutica può essere radicale soltanto se si cerca il principio di una logica del doppio senso della natura stessa del pensiero riflessivo e in questo senso viene chiamata logica trascendentale. Esiste pertanto una duplice distinzione di equivocità: -

L’equivocità per sovrabbondanza dell’essere L’equivocità per confusione dell’essere

Non possono esistere due logiche allo stesso livello e così soltanto la problematica della riflessione giustifica la semantica del doppio senso. La tappa esistenziale Ricoeur mostra come si potrebbe raggiungere una problematica dell’esistenza. L’ontologia della comprensione rimane implicata nella metodologia dell’interpretazione secondo il “circolo ermeneutico”. Ciascuna ermeneutica scopre ogni volta l’aspetto dell’esistenza che la fonda come metodo. Propone una riflessione filosofia sulla psicanalisi da cui ci si aspetta: -

Una reale destituzione della problematica classica del soggetto come coscienza Una restaurazione della problematica dell’esistenza come desiderio

Attraverso la critica alla coscienza la psicoanalisi punta verso l’ontologia. Il filosofo è condotto a praticare una vera e propria ascesi della soggettività, a lasciarsi espropriare dell’origine del senso. Questa espropriazione è ancora una peripezia della riflessione e perciò la filosofia riflessiva deve perdere il ME per trovare l’IO. Freud ci invita a porre “ex novo” la questione del rapporto tra linguaggio e vita ed è l’indicazione di un possibile superamento della riflessione verso l’esistenza. Per mezzo della comprensione di noi stessi ci appropriamo del senso del nostro desiderio di essere o del nostro sforzo per esistere. L’esistenza è desiderio e forzo; la chiamiamo sforzo per sottolinearne l’energia positiva e il dinamismo, la chiamiamo desiderio per designare la mancanza e la povertà. In questo modo il Cogito appare già come posto nell’essere. Attraverso l’interpretazione si supera la problematica della riflessione in una problematica dell’esistenza. Non si può ipotizzare il desiderio

al di fuori del processo dell’interpretazione: esso resta sempre un essereinterpretato. L’esistenza scoperta dalla psicoanalisi è quella del desiderio ed è rivelata in un’archeologia del soggetto. Opposta alla psicoanalisi di Freud si pone la Fenomenologia dello spirito di Hegel secondo cui ogni figura trova il suo senso non in quella che precede ma i quella che segue. La coscienza è trascinata fuori di sé e quindi all’archeologia del soggetto si oppone una teologia del soggetto ma rimanda all’archeologia del soggetto in quanto anch’essa si costituisce nella dinamica dell’interpretazione, la quale comprende una figura per mezzo di un’altra figura. L’esistenza diviene un “sé” soltanto appropriandosi di quel senso che in un primo momento sta “fuori”. La fenomenologia della religione è una descrizione del mito, della credenza, cioè delle forme di comportamento, di linguaggio e di sentire, attraverso le quali l’uomo si pone come oggetto un “sacro”. Ma se si rimane a questo livello descrittivo, la ripresa riflessiva resta ancora più lontana.: comprendendo se stesso per mezzo dei segni, l’uomo compie un’espropriazione de sé stesso che supera la psicoanalisi e la fenomenologia hegeliana. Il sacro designa simbolicamente l’alfa di ogni archeologia e l’omega di ogni teologia. Il sacro interpella l’uomo e in questa interpellazione si annuncia come ciò che dispone della sua esistenza. L’esistenza scoperta dalla fenomenologia delle religioni e quindi il suo fondamento è quello dei segni del sacro ovvero in una escatologia. L’ontologia non è separabile dall’interpretazione. Nelle tre dialettiche, si annuncia una struttura ontologica capace di riunire le interpretazioni discordanti sul piano linguistico tuttavia però solo i simboli più ricchi assicurano l’unità di queste molteplici interpretazioni. CONCLUSIONI L’esistenza della filosofia ermeneutica resta sempre un’esistenza interpretata. È nel lavoro dell’interpretazione che essa scopre le modalità molteplici della dipendenza del sé, la sua dipendenza dal desiderio percepita in un’archeologia del soggetto, la sua dipendenza dallo spirito percepita nella sua teologia e la sua dipendenza dal sacro percepita nella sua escatologia. È sviluppando un’archeologia del soggetto, una teologia del soggetto e una escatologia che la riflessione annulla se stessa come riflessione. L’ontologia comincia con il linguaggio e con la riflessione....


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