Il Cubismo - Libro: Arti Visive - Protagonisti e Movimento - Il Novecento, vol. 3A, di Gillo - STORIA DELL\'ARTE PDF

Title Il Cubismo - Libro: Arti Visive - Protagonisti e Movimento - Il Novecento, vol. 3A, di Gillo - STORIA DELL\'ARTE
Author Manuela Liò
Course Storia dell'Arte Quinto Liceo Scientifico
Institution Liceo (Italia)
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Libro: Arti Visive - Protagonisti e Movimento - Il Novecento, vol. 3A, di Gillo Dorfles e Angela Vettese, Casa Editrice ATLAS...


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4. IL CUBISMO La rivoluzione scientifica annunciata dalle scoperte di Albert Einstein, che nel 1905 propose la prima versione della teoria della relatività, si presentava devastante, poiché l’uomo del Rinascimento aveva un’idea più chiara e ordinata del cosmo in cui viveva rispetto all’uomo del XX secolo, il cui habitat andava configurandosi come un insieme di frammenti. Tutti i ponti col Rinascimento sono stati tagliati perché i valori che interessano gli artisti, ritmo, velocità, deformazione, plasticità, mutamenti, transferts, coincidono con le forme attuali dell’attività fisica e intellettuale e contrastano nettamente con le aspirazioni della società del Rinascimento: stabilità, obiettività, permanenza. È con il movimento normalmente denominato Cubismo che la cesura con il passato si presenta irreversibile e netta. Le caratteristiche sono:  L’imitazione diretta della natura non è necessaria all’arta;  La somiglianza della pittura al vero non ha più alcun valore;  Il soggetto dell’opera non conta più o conta appena;  La pittura non deve rappresentare nulla;  Il Cubismo è una scuola artistica diversa dalle precedenti e adatta alla propria epoca. Vi sono state anche delle articolazioni interne:  Cubismo scientifico: è l’arte di dipingere composizioni nuove con elementi presi dalla conoscenza, più che dalla visione. I protagonisti furono Picasso, Merzinger...  Cubismo fisico: s’ispira a elementi tratti dalla visione. I protagonisti furono Le Fauconnier…  Cubismo orfico: è indirizzato soprattutto alla resa della luce. I protagonisti furono Delaunay, Léger, Duchamp. La scrittrice Gertrude Stein scrisse che vi erano tre ragioni per la nascita del cubismo: 1. La composizione: cambiato il modo di vivere, la composizione dell’esistenza si era allargata. 2. La fede nella realtà della scienza: il principio di base era stato capito fin in fondo, l’ebbrezza della scoperta era ormai finita. 3. La cornice della vita: adesso i quadri cominciavano a volere lasciare le loro cornici. Il Novecento è un secolo che vede la terra come non l’ha mai vista nessuna; nel Novecento tutto si distrugge e niente continua.

L’EREDITA’ DI CEZANNE

“Fra gli Impressionisti un solo pittore, Cézanne, comprese pienamente che cosa c’era d’incompleto nell’Impressionismo. Egli sentì la necessità di rinnovare forma e disegno”. Così disse nel 1913 Fernand Léger, uno dei protagonisti principali del movimento cubista, avvertendo la necessità di ritornare a guardare le cose con minore eccitazione rispetto agli Espressionisti. Il Cubismo ha avuto il suo punto di riferimento in Cézanne; esso trovò stimolo formidabile nella restrospettiva che gli venne dedicata al Salon d’Automne di Parigi nel 1907. Cézanne aveva cercato di ridurre il visibile alle sue componenti geometriche semplici, infatti le braccia dei suoi giocatori di care diventano cilindri, le mele delle sue nature morte diventano pure sfere. Nessuno prese alla lettera Cézanne poiché i Cubisti non dipinsero mai sfere e cilindri, cioè forme curve, privilegiando, invece forme che appunto vennero definite “cubi”. Cézanne aveva anche cercato di costruire un nuovo tipo di retrospettiva, lo spazio non veniva reso secondo la convergenza delle linee verso un solo punto di fuga, ma a prescindere dalle linee, creando un tessuto di pennellate. Inoltre aveva anche abbassato il tono del colore e aveva ridotto la sua tavolozza ai soli blu, ocra, verde; la riduzione del colore è un procedimento tipico di chi cerchi una ricerca razionale. Tra le tante scoperte del periodo, il calcolo combinatorio introdusse anche nella matematica il concetto di tempo, assai difficile da rappresentare. Gli artisti si appassionarono ad argomenti suggestivi come quello della quarta dimensione, definito nel 1913 da Apollinaire. Altri artisti interpretarono la quarta dimensione come la possibilità di ritrarre il movimento attraverso un’immagine ferma e di mettere in evidenza, sovrapponendoli nell’immagine, i molti punti di vista da cui un oggetto o una persona possono essere visti, da posizioni diverse dell’osservatore, quindi in momenti successivi del tempo. La quarta dimensione (tempo) sarebbe generata dalle tre dimensioni conosciute ( altezza, larghezza, profondità) e rappresenta l’immensità dello spazio, che si eterna in tutte le direzioni in un momento determinato. Essa dà plasticità agli oggetti, conferisce all’oggetto le sue giuste proporzioni nel complesso dell’opera.

GLI ESORDI DEL GRUPPO Il Cubismo non cercò adepti e non produsse manifesti programmatici ma si può parlare di un movimento unitario solo in relazione alle grandi mostre che lo presentarono al pubblico di Parigi, il Salon des Independants del 1911, il Salon d’Automne del 1911, il Salon de La Section d’Or del 1912. A queste parteciparono tutti gli artisti che, a partire dal 1909, si erano avvicinati alle ricerche di Pablo Picasso e Georges Braque. Il gruppo dei cubisti comprese:  Juan Gris  Fernand Léger  Albert Gleizes  Jean Metzinger  Francis Picabia  Auguste Herbin  Le Fauconnier  André Lhote  Robert  Roger de la  Marcel  Louis Delaunay Fresnaye Duchamp Marcoussis A nessuna delle mostre principali cubiste parteciparono i due inventori del movimento, Pablo Picasso e Georges Braque, probabilmente su suggerimento del loro mercante Daniel-Herry Kanhweiler. Questi promuoveva i suoi artisti presso musei e collezionisti, ma che non desiderava che questi si mescolassero ad un gruppo più vasto. Egli voleva fosse chiaro che Picasso e Braque avevano inventato il nuovo stile, mentre gli altri lo avevano solo approfondito. Il termine Cubismo venne inventato a proposito della pittura di Braque. L’atto di nascita di questo movimento come maniera di dipingere piatta, geometrica, tendente ad una forte deformazione del soggetto viene comunemente spostato al 1907; lo s’identifica con le Demoiselles d’Avignon di Picasso. Il quadro rimase nello studio dell’artista, dove colpì Braque. I due artisti lavorarono insieme dal 1908 al 1912.

PABLO PICASSO

Pablo Picasso nato nel 1881 a Malaga era dotato di un talento per il disegno. In Catalogna erano anche arrivate notizie e suggestioni del Postimpressionismo francese, che spinse il giovane a partire per Parigi, dove vi tenne la sua prima mostra nel 1901. Nel 1904 trovò casa a Montmartre. Alcune mostre lo impressionarono profondamento come la retrospettiva di Seurat, i pastelli mistici e decorativi di Redon, la mostra di Van Gogh e soprattutto le retrospettive di Toulouse-Lautrec al Salon des Indépendants.

Tutte queste suggestioni si assommano a ciò che vedeva per strada e che dipingeva con vena malinconica nei quadri del periodo blu, nel quale dipingeva un’umanità povera e dove la descrizione dell’essenzialità passa attraverso il colore: la tavolozza non accoglie che il blu in tutti i suoi toni. Quando cambiò colore, scelse il rosa con qualche tocco di marrone e di bianco. La famiglia dei saltimbanchi (1905) vi è la figura del giullare che è sempre stata anche un simbolo di libertà dalle regole sociali più opprimenti, di anarchia, di protesta pacifica.

Riguardo alla tecnica nel periodo rosa Picasso affievolì la flessuosità quasi liberty delle figure “blu” e gli sguardi profondamente espressivi, è così che incominciò quel processo per cui l’artista andò progressivamente eliminando dai quadri ogni aspetto decorativo o anche attraente. I dipinti si fanno sempre più secchi, con linee fortemente geometriche e riduzione dei volumi, lo dimostra il Ritratto di Gertrude Stein (1906), in cui l’artista evitò la prospettiva e rese i tratti del viso volutamente asimmetrici. I busti di donna e soprattutto gli autoritratti sono ancora più piatti e semplificati; scompare l’effetto di luce e volume che animava la fronte di Stein, compare il primo tributo all’arte africana.

Nel Les Demoiselles d’Avignon (1906-07) vi sono cinque

Il nodo dell’opera è l’incrocio della

ragazze nude, in posa davanti ad un pittore, appaiono sfigurate tradizione pittorica antica del gruppo di da lineamenti asimmetrici. Il quadro è conservato al MOMA di nudi femminili, con il tema del bordello; lo dimostra il fatto che i primi studi per il New York ed è considerato l’opera più innovativa di Picasso. quadro mostrano anche due figure maschili: probabilmente un marinaio e uno studente di medicina; secondo alcuni questa figura sarebbe il simbolo del rapporto inquieto dell’artista con la corporeità in generale; ciò sarebbe confermato dal fatto che, in uno studio ancora precedente, la figura reggeva un teschio: il quadro sarebbe diventato simbolo della vanità della carne rispetto allo spirito. Il più vicino antenato del dipinto è il Bagno turco di Ingres (1869), un gruppo di concubine di un harem, da cui Picasso rimase molto impressionato. Picasso scelse questo tema perché gli consentiva di affrontare il corpo femminile in maniera innovativa, ma fortemente legata all’arte dell’antichità. Un accenno alla pittura antica potrebbe essere anche la natura morta con frutta; stilizzando il piatto di frutta, Picasso volle dichiarare il suo definitivo discostarsi dalla copia dal vero. Nel quadro, che riprende un bordello di Barcellona, visi e corpi Nell’opera vediamo le ragazze in una appaiono taglienti e segnati da molti angoli acuti. I nasi sono scena teatrale come suggerisce la tendaaguzzi, i seni appuntiti, persino il melone sembra una falce. sipario di sinistra, così come si offrono ai clienti prima di essere scelte. Non vi sono più ombreggiature, né trucchi prospettici. I piani sono incastrati uno nell’altro, la ragazza accovacciata I clienti siamo noi: attraverso questo espediente Picasso mette gli spettatori guarda avanti anche se il suo corpo è di schiena. Quella di sinistra ricorda l’arte egiziana, le due di destra sono dentro il quadro e crea uno spazio a un riferimento alle maschere africane. Il pittore denunciava quattro dimensioni. così un ritorno alle origini dell’arte occidentale. I colori sono Rimasto nello studio di Picasso fino al ridotti a due: l’ocra e il blu. L’opera è stata definita secondo 1916, il quadro fu pubblicato per la prima volta nel 1925. numerosissimi bozzetti preparatori.

La riscoperta sistematica della cultura africana ebbe inizio con la campagna napoleonica in Egitto nel 1798; la colonizzazione del XIX secolo diede in seguito un impulso decisivo alle ricerche etnografiche, con la nascita a Parigi del Museo Etnografico del Trocadero. Qui gli artisti appresero il linguaggio della scultura nera. Va ricordato che all’inizio del Novecento si considerava “ primitiva” tutta l’arte che precedeva quella greca. Nelle culture africane non vi era alcun posto per l’arte come la concepisce l’Occidente, cioè come espressione di un individuo, libera nelle forme e priva di utilità pratica. Soprattutto se si trattava di maschere, quegli oggetti nascevano per essere usati in riti magici o medici e per essere mossi dalle danze o dal corpo di uno sciamano. Dal punto di vista formale, ciò che interessò particolarmente il gruppo cubista fu la capacità degli oggetti africani di sostituire una prospettiva ottica realista con una prospettiva simbolica.

GEORGES BRAQUE Georges Braque, nel 1907, conobbe il gallerista Kanhweiler, che gli presentò Apollinaire e Picasso. Nell’estate del 1908 incominciò ad applicare al paesaggio la frammentazione “analitica” della visione che aveva visto in Cézanne. Di qui il termine Cubismo analitico. Nella Grande Guerra, Braque riportò ferite gravi; forse anche a causa delle menomazioni, acquisì una tendenza a ripetersi in modo poetico e poco suggestivo, più che a rinnovarsi. Nel 1910 Braque e Picasso cominciano insieme ad introdurre nei quadri la piattezza dei volumi, la perdita degli effetti di chiaroscuro, la progressiva riduzione dei colori e il principio della simultaneità, che divenne il marchio di fabbrica del Cubismo, ovvero la sovrapposizione in una stessa immagine di molti punti di vista; una sintesi di molti punti di vista e non una sola immagine, fissata come in una fotografia. Le opere, dunque, iniziarono ad essere concepite per piani sovrapposti. Questo sguardo analitico sulle cose allontanava i loro quadri dal realismo comunemente inteso e dal rapporto con la natura. Il Cubismo è frutto proprio di questo consapevole distacco. Insieme Braque e Picasso si dedicarono alle nature morte in spazi interni, riducendo la tavolozza ai soli toni del bruno e die grigi. Entrambi portarono il soggetto del quadro a livello di un semplice pretesto per la scomposizione delle forme. Nel 1911 Braque iniziò ad introdurre nel quadro anche lettere dell’alfabeto; a partire da ciò Braque e Picasso introdussero altre invenzioni come imitazioni di legno e di marmo perfettamente illusionistiche, titoli di giornali appiccicati sulla tela invece che ridipinti, corde al posto della cornice. Così giunsero al collage, cioè ad appiccicare sulla tela del legno, della carta da parati, delle stoffe. Così il “vero” si mescolava al “finto”, il “reale” al “dipinto”; il quadro diventava un oggetto anch’esso, fatto di materiali diversi, spesso dotati di una qualità tattile precisa e di un loro rilievo. Tutto il Cubismo si sviluppò attorno a due poli:  La descrizione dell’oggetto rappresentato, visto da ogni angolazione;  L’astrazione rispetto all’oggetto stesso. L’attenzione si sposta sul metodo, non sul cosa ma piuttosto sul come.

La pratica del collage e più in generale quella del bricolage è un aspetto fondamentale dell’agire umano. Essa, a lungo, è stata dominio dell’artigianato e delle donne, in quanto legata all’atto del rammendare vestiti, decorare scatole, costruire oggetti. Alcuni tra i primi fotografi si resero conto, alla metà dell’Ottocento, della possibilità di combinare tra loro più immagini fotografiche attraverso sia immagini incollate, sia esposizioni multiple della stessa pellicola. Nel XX secolo, il collage e il bricolage hanno fatto irruzione nel linguaggio dell’arte grazie al papier collé cubista e poi con gli esperimenti poetici e figurativi dei Futuristi, i ready-mades dadaisti e con la pratica postbellica degli assemblages. La differenza tra bricolage minore e quello artistico risiede nella finalizzazione a cui è indirizzata la scelta del materiale da recuperare, nel fatto che il risultato non è semplicemente decorativo o casuale e nella sua capacità di portare nell’arte un po’ del mondo quotidiano.

LA MATURITA’ DI PICASSO Il furore creativo ha condotto Picasso a creare circa 20.000 opere tra quadri, sculture, ceramiche, incisioni, illustrazioni.

L’incontro con l’Italia portò Picasso a una pittura più classicista, che si espresse soprattutto in figure femminili monumentali, dolci, dipinte con senso del volume. Un esempio ne sono le Donne che danzano sulla spiaggia (1924), una scenografia ispirata al tema classico delle Baccanti.

L’impegno sociale del primo Picasso si trasformò in un coinvolgimento anche politico, culminato nel 1944 con l’iscrizione al Partito Comunista. Dal 1946 Picasso si trasferì da Parigi al sud della Francia, dove iniziò una intensa attività di ceramista, d’incisore, di illustratore e si dedicò ai rifacimenti di opere dei maestri del passato. I ritratti rimasero un punto fermo, in cui profuse soprattutto quell’attitudine di colorista che si era negato riguardo ad altri soggetti.

Un altro grande settore di ricerca fu la scultura, nella quale spaziò senza confini tecnici, passò dalla manipolazione della ceramica, alla più classica lavorazione in bronzo, fino alla realizzazione di alcune opere con oggetti trovati, come la Testa di Toro (1942), ottenuta con un sellino e un manubrio di bicicletta. L’ultima parte della sua produzione, che alcuni critici hanno ritenuto decadente, ruotò soprattutto intorno al rapporto tra pittore e modella e dunque ad una riflessione sull’identità e il ruolo dell’artista.

Alla fase classicista fece seguito un momento di pittura violenta, che ritornò in Guernica (1937):

L’opera è strettamente connessa alla guerra civile spagnola e in particolare al bombardamento franchista della città di Guernica, che venne rasa al suolo in poche ore il 26 aprile 1937. In quel periodo la Spagna era agitata da una guerra civile tra repubblicani e monarchici, capeggiati dal generale Francisco Franco. Il governo repubblicano vide in Picasso un rappresentante d’eccezione e gli affidò la direzione del Prado e gli chiese una grande tela per l’Esposizione Universale di Parigi del 1937. La guerra finì nel 1939, con la vittoria di Franco. Picasso non si era mai espresso in modo tanto esplicito come in quest’opera, concepita come la descrizione di un dramma locale, ma anche come un manifesto universale contro la forza cieca delle guerre. Picasso stesso volle che il quadro divenisse proprietà della Spagna; solo negli anni Ottanta il quadro è ritornato a Madrid dal MOMA di New York. In quest’opera, nata come murale e quindi di dimensioni tali da coinvolgere lo spettatore quasi aggredendolo, facendolo sentire vittima tra le vittime, il pittore crea una sintesi dei suoi risultati. Mette al servizio del racconto tutti i dispositivi stilistici:  L’attitudine a mostrare le cose nel loro aspetto sia frontale che laterale;  La riduzione del colore al monocromo;  Il convivere di una prospettiva costruita dall’incastro delle figure e di un’altra;  La giustapposizione di rappresentazioni piatte e di figure con volume;  La capacità di creare immagini che si spingono verso lo spettatore anziché allontanarsene. Lo spazio descritto è un interno sventrato dai bombardamenti. Leggendo l’opera da sinistra a destra vi si vedono: una madre con bimbo morto in braccio, un toro, un uomo caduto, un cavallo urlante sotto una lampada, una donna che porta una lampada a olio, una donna che si trascina in avanti, un uomo in fiamme. Le figure recano molti rimandi ai classici. La madre con bambino è a tutti gli effetti una pietà: il braccio cadente del bambino ricorda quello di Cristo morto, nella Pietà di Michelangelo. Il toro, segno di forza nella Spagna delle corride, è stato dipinto in modo quasi ossessivo da Picasso nelle sue tauromachie (lotte con il toro). Il cavallo appare come segno di una forza addomesticata dall’intelligenza. In Guernica, le bestie sono concepite come generose compagne dell’uomo e ne condividono lo stesso destino. L’ultima figura a destra, l’uomo in fiamme, ricorda nella posizione la Maddalena di molte crocifissioni. La composizione è ripartita in modo che nella parte alta compaiono, il toro, il cavallo, la donna con lampada e l’uomo in fiamme. Ciascuno di questi elementi è rafforzato da una linea verticale che ne dipende il collo del toro, il bastone del cavallo, la lampada della donna, il braccio sinistro dell’uomo urlante. Si sovrappone a tale divisione anche un raggruppamento delle figure che crea un triangolo isoscele fortemente centrale, evidenziato attraverso il colore chiaro. Il suo vertice è nel polso della donna. Le parti chiare che stanno fuori da questo triangolo assumono l’effetto di frammenti esplosi dal centro, aumentando la drammaticità della scena e quadi creando un rumore visivo. Qui ci troviamo di fronte ad un attimo di panico collettivo; quasi tutte le figure sono descritte come spinte verso sinistra da una sorta di vento, ovvero la forza d’urto della bomba. Il quadro dunque si trasforma in un’allegoria del dolore.

IL CUBISMO CEREBRALE DI JUAN GRIS Una versione cerebrale del Cubismo è stata quella fornita da Juan Gris, il quale giunse a Parigi dopo studi di matematica, fisica ed ingegneria. La sua pittura, che egli definiva un’architettura piatta e colorata, fu fondata essenzialmente sui rapporti di geometria e sulla capacità di trasformare le forme prime del pensiero visivo in forme attuali del mondo esterno. Egli cercava di rendere concreto ciò che era astratto.

Il suo genere preferito era quello della natura morta e seppe fornire versioni molto originali del papier collé. L’appiattimento delle superfici è particolarmente apprezzabile nella visione dall’alto che compare in Chitarra su un tavolo; mentre la costruzione di una prospettiva che corre dal vicino al lontano, dallo spazio chiuso a quello aperto, appare protagonista di Natura morta con la finestra aperta (1915).

FERNAND LEGER F...


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