La Metafisica - Libro: Arti Visive - Protagonisti e Movimento - Il Novecento, vol. 3A, di Gillo - STORIA DELL\'ARTE PDF

Title La Metafisica - Libro: Arti Visive - Protagonisti e Movimento - Il Novecento, vol. 3A, di Gillo - STORIA DELL\'ARTE
Author Manuela Liò
Course Storia dell'Arte Quinto Liceo Scientifico
Institution Liceo (Italia)
Pages 6
File Size 701.1 KB
File Type PDF
Total Downloads 93
Total Views 116

Summary

Libro: Arti Visive - Protagonisti e Movimento - Il Novecento, vol. 3A, di Gillo Dorfles e Angela Vettese, Casa Editrice ATLAS...


Description

9. LA METAFISICA La Pittura Metafisica precede, da un punto di vista cronologico, sia il Dadaismo sia il Surrealismo. I suoi caratteri estetici sono:  Descrizione di una realtà che va al di là delle apparenze sensibili;  Immagini che conferiscono un senso di mistero, di allucinazione o di sogno;  Costruzione prospettica del quadro secondo molteplici punti di fuga incongruenti tra loro;  Immagini molto statiche, a indicare una scena che si svolge al di fuori del tempo;  Assenza della figura umana se non sotto la forma di manichino, statua, ombra;  Riferimenti filosofici a Nietzsche e alla mitologia greca antica.

GIORGIO DE CHIRICO Giorgio De Chirico è stato l’artista italiano più influente nell’ambito delle Avanguardie storiche. Nato in Grecia nel 1888, la sua vocazione per la pittura fu precoce, approfondita dagli studi presso il Politecnico di Atene. Nel 1905, alla morte del padre, la madre lasciò la Grecia per l’Italia dove pensava vi fosse un contesto culturale più stimolante per l’educazione dei figli. De Chirico studiò presso la rinomata Accademia fondata da Franz Von Stuck. La cultura di De Chirico si nutrì della passione per la mitologia greca, e come Nietzsche vedeva nella grecità la cultura dell’Occidente. Nel 1910 De Chirico fece ritorno in Italia, risiedendo prima a Firenze e poi a Torino, infatti fu l’anno delle use prime opere mature. Un esempio è L’enigma dell’oracolo, compare nel titolo per la prima volta la parola “enigma”, ricorrente in tutta la sua pittura successiva. Molti particolari del quadro sono volti a dare una sensazione di mistero:  Ulisse viene isolato e dipinto di spalle;  Al centro compare un muro impenetrabile allo sguardo;  A destra una tenda, dalla cui sommità appare la testa di una statua. Nel 1911 venne dipinta una delle prime opere dedicate alle piazze d’Italia, L’enigma dell’ora. La tecnica è molto semplificata, con campiture che non lasciano spazio a velature; tutta l’attenzione è rivolta alla scena descritta, dove l’assenza di movimento dà l’impressione di un tempo fermo, di un luogo silenzioso. Confermano queste sensazioni la presenza di un’architettura classica, non databile, nonché l’assenza della figura umana. L’intera serie delle “ piazze d’Italia” è connotata da spazi teatrali. Gli spazi sono definiti da prospettive multiple con punti di fuga incongruenti tra loro, così l’occhio di chi osserva è impegnato in un’inquieta ricerca del giusto ordine in cui disporre le immagini. Fatta eccezione per gli autoritratti e i volti dei Dal 1913 comparvero, nei primi piani dei quadri,

familiari, la figura umana non compare se non in sotto forma di manichino, di statua, di automa, non di soggetto ma di oggetto. Come accade in Ettore e Andromaca, il corpo può essere anche rappresentato sotto forma di macchina. La negazione del valore del progresso è rappresentata dall’immobilità delle figure.

carciofi, banane e altri oggetti assurdi, la vecchia natura morta si rinnova con amaro umorismo, come ne L’incertezza del poeta, che prende spunto da una natura morta di Van Gogh.

Nel 1912 De Chirico espose le proprie opere a Parigi, dove venne notato da Apollinaire. Ne nacque un legame di cui fu frutto un celebre ritratto (1914), in cui il teorico del Cubismo compare sotto forma di profilo nero con un cerchio bianco sulla tempia, come se si trattasse di un bersaglio. In basso è dipinto un gesso con gli occhiali neri tipicamente attribuiti ai non-vedenti e dunque a coloro che vedono attraverso altri sensi, l’allusione è al cantore Orfeo e in generale ai veggenti e agli indovini citati in altre opere dell’autore. A destra troviamo stampi per cucinare a forma di pesce e di conchiglia. L’insieme è ambientato in una piazza d’Italia, come dimostra l’arcata in ombra a destra. Apollinaire vi risulta ritratto come il nuovo cantore di una tradizione nata in Grecia e in Italia.

Nel 1916 De Chirico venne internato nell’ospedale militare psichiatrico, dove incontrò Carlo Carrà, fu a questo punto che i due adottarono il termine di pittura metafisica . Questa denominazione venne scelta perché indicava un preciso riferimento filosofico ad Aristotele e a quella parte del pensiero greco antico che descrive una realtà che trascende quella conoscibile ai sensi (meta = oltre; fisica = natura percepibile dai sensi). All’insegna di tale definizione si riunirono De Chirico, Carrà, Savinio, Filippo De Pisis e dal 1918 anche Giorgio Morandi e Ardengo Soffici.

Verso gli Anni Venti De Chirico volse al termine, incominciò a copiare Raffaello, Michelangelo, invocando la tradizione. Iniziò a preferire la tempera su tavola all’olio su tela, la sua pennellata si sarebbe fatta più virtuosa, cercando l’effetto di gessetti o pastelli. Alla metà degli Anni Venti si spostò a Parigi, lusingato dalle esaltanti dichiarazioni dei Surrealisti sul suo operato. La relazione giunse ad una frattura perché André Breton non apprezzava l’ultima produzione de chirichiana. De Chirico dopo continui spostamenti di residenza morì a Roma nel 1978. La produzione successiva agli Anni Trenta si può dividere in vari filoni, tra in quali emergono due tipologie di lavoro:  Classicismo baroccheggiante;  Repliche e variazione dei suoi capolavori metafisici. L’opera Le muse inquietanti (1917) mostra una piazza sul cui fondo compare il castello estense di Ferrara, una fabbrica con due ciminiere e altri caseggiati bassi. Sulla destra, un palazzo ad arcate rievoca l’architettura classica, Medioevo, Rinascimento e tempi recenti si mescolano tra loro, allo stesso modo in cui si uniscono sempre, nelle opere di De Chirico, i riferimenti alla storia dell’arte e alla vita comune. De Chirico si lasciò colpire da Ferrara, da una parte la vide come città metafisica, capace di mostrare lembi della grande notte medievale, con le mura teatralmente e romanticamente tenebrose; dall’altra parte fu attratto dalle vetrine dei negozi ferraresi. In primo piano troviamo una scatola multicolore che ricorda quelle fatte per contenere dolciumi. L’immagine è costruita per dare una sensazione d’irrealtà, per proporsi come lo spazio di una rappresentazione mentale. A scomparire non è solo il giorno, ma un’intera cultura, simboleggiata dalle sculture. Le due figure in primo piano appaiono come incroci tra differenti tradizioni e ambiti d’azione, quella in piedi mostra una testa da manichino sartoriale innestata su una schiena muscolosa da statua classica e su una veste che ricorda le scanalature di una colonna dorica; le cuciture di quella seduta suggeriscono un fantoccio di pezza, anziché di marmo. La sua testa è svitata e accostata alle gambe.

ALBERTO SAVINIO Legata a quella di De Chirico è la figura del fratello Alberto Savinio (pseudonimo di Andrea De Chirico). Affascinato dal fratello maggiore ma più inquieto e raffinato riguardo alla formazione culturale, iniziò la sua carriera come precocissimo musicista e solo dal 1925 si dedicò alla pittura in modo non episodico. La sua pittura appare abbastanza vicina a quella dei Il mare greco e i segni di un’infanzia lontana Surrealisti, soprattutto per le ibridazioni che la compaiono anche ne La nave perduta(1926), cose caratterizzano. I personaggi umani assumono teste di di casa e giocattoli i quali, ammassati, posti fuori animale, come accade ne La sposa fedele (1929), dal loro contesto usuale e aumentati di volume, una Penelope che sembra attendere il suo Ulisse assumono l’aura monumentale che si assegna alle guardando il mare da un balcone. memorie incancellabili. Nella scena compare un essere alato, memore di quell’Hermes a cui l’artista dedicò vari scritti e che per la mitologia greca impersona colui che reca notizie.

Le sue opere si caratterizzano spesso per una completa trasgressione dei rapporti dimensionali, per cui visi, oggetti, navi, possono diventare giganteschi anche se posti in secondo piano. Savinio dichiarò sempre di cercare di dipingere forte, conferendo ai molteplici strati dell’opera un alto grado di concentrazione e una tecnica fatta di sovrapposizioni di segni e di pennellate vicine dai colori diversi. Non può essere dimenticata la sua attività di scenografo e costumista teatrale; nel 1948 il Teatro Alla Scala di Milano gli commissionò regia, scene e costumi di un’opera di Stravinskij.

CARLO CARRA’ Dopo una breve ma intensa carriera futurista, Carlo Carrà si staccò da quel movimento per cercarne l’opposto, l’immagine statica. Nel 1916 dipinse l’ Antigrazioso. Riprende e mostra E dipinse anche il Gentiluomo ubriaco, la realtà è un atteggiamento opposto al dinamismo come bloccata in forme essenziali con mezzi avventuristico. cromatici elementari.

Nel 1917 ricordiamo Il dio ermafrodito, che riprende le tematiche del manichino, dell’uomo senza tempo e della mitologia care ai fratelli De Chirico. Vi è un fantoccio di pezza visibilmente e volutamente sproporzionato; collocato in un ambiente troppo piccolo e quindi opprimente, evoca per la mancanza di genitali e per il saluto benedicente la figura di un angelo. Questa allusione alla sfera divina e all’atto dell’annunciazione si oppongono alla dimessa atmosfera dell’ambiente.

Il Cavaliere dello spirito occidentale è dello stesso anno e mostra un notevole distacco da De Chirico, lo sfondo non è lontano da quelli delle “piazze d’Italia”, ma il manichino diventa dinamico e si colloca su di un cavallo in corsa riprendendo la tematica futurista.

Nel 1919 dipinse Le figlie di Loth, il suo stile era cambiato di nuovo. L’opera riconduce a differenti matrici classiche, oltre che alla Bibbia per il tema suggerito dal titolo; sullo sfondo compare la sagoma di un tempio che ricorda vagamente san Pietro in Montorio, così come la prospettiva del lastricato rievoca quella dello Sposalizio della Vergine di Raffaello. L’impianto è fortemente centrale: la collina più alta incomincia alla metà esatta dell’altezza del quadro e il tempio è collocato quasi precisamente sul suo asse centrale. L’insieme è costruito su due piani netti: 1. Nel primo: le due figure umane, densamente espressive e non più senza volto, sono visivamente congiunte dal gesto accogliente del cane la cui zampa traccia due linee parallele a quelle del braccio della donna a destra. Rappresenta una vicenda ambientata nel passato biblico. 2. Nel secondo: si apre sull’unione romantica di natura e rovine ed è anch’esso distinto in tre elementi che ripetono le dimensioni degli esseri animati, collina piccola, tempio e collina grande. Rappresenta una vicenda del presente....


Similar Free PDFs