Il disturbo dello spettro autistico- eziologia ed approcci terapeutici PDF

Title Il disturbo dello spettro autistico- eziologia ed approcci terapeutici
Author ANTONIO ROMANO
Course Psicologia generale
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO: EZIOLOGIA ED APPROCCI TERAPEUTICI 1 Indice Introduzione pag. 4 Capitolo primo: Eziopatogenesi 1. Il disturbo dello spettro autistico: linee generali pag. 7 2. Eziologia e patogenesi pag. 11 2 Le teorie relazionali pag. 12 2 Le teorie genetiche pag. 14 2 Le teorie...


Description

IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO: EZIOLOGIA ED APPROCCI TERAPEUTICI

1

Indice Introduzione

pag. 4

Capitolo primo: Eziopatogenesi dell’autismo 1.

Il disturbo dello spettro autistico: linee generali

pag. 7

2.

Eziologia e patogenesi dell’autismo

pag. 11

2.1 Le teorie relazionali

pag. 12

2.2 Le teorie genetiche

pag. 14

2.3 Le teorie ambientali

pag. 18

2.4 Le teorie sociali

pag. 21

2.5 Le teorie genetico-bio-psico-sociali: una nuova prospettiva

pag. 23

Capitolo secondo: Approcci terapeutici e metodi di trattamento nell’autismo 1.

Introduzione

2.

L’approccio psicodinamico: la psicoanalisi e la terapia delle psicosi infantili

3.

5.

pag. 28

L’approccio sistemico-relazionale: la terapia familiare sistemica

4.

pag. 27

pag. 30

L’approccio cognitivo-mentalista. La teoria della mente

pag. 32

L’approccio organicista

pag. 34

5.1 Metodo neuro-motorio-sensoriale (organizzazione 6.

neurologica) di C. H. Delacato

pag. 34

L’approccio etologico

pag. 36

6.1 L’Holding Therapy

pag. 38

6.2 Sistema A.E.R.C.

pag. 39

7.

pag. 40

L’approccio cognitivo-comportamentale

7.1 Portage

pag. 41

7.2 T.E.A.C.C.H.

pag. 43

7.3 A.B.A. (Applied Behavior Analysis) – cenni

pag. 46

8. Altri approcci e metodi di trattamento

pag. 47

Capitolo terzo: L’analisi comportamentale applicata (A.B.A.) 1.

Principi base dell’Analisi Comportamentale Applicata

pag. 57

2.

Tecniche di rinforzo di comportamenti

pag. 59

3.

Tecniche di punizione ed estinzione di comportamenti

pag. 63

4.

Insegnamento e sue strategie

pag. 66

5.

La gestione efficace dei comportamenti problema

pag. 70

6.

Il Verbal Behavior

pag. 74

7.

Programmi di insegnamento nelle sessioni di terapia pag. 78

Conclusioni

pag 84

Bibliografia

pag. 87

Introduzione

Nell’ambito dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, assume un’importanza sempre più marcata l’Autismo infantile. Negli ultimi anni si è rilevato un enorme incremento dei casi, da attribuire, con ogni probabilità, sia alle migliori diagnosi del disturbo, sia alle diverse problematiche connesse all’ambiente. Con il presente studio si è effettuato un esame della letteratura ad oggi disponibile e delle principali caratteristiche cliniche e comportamentali dell’autismo, con riferimento agli aspetti medici e alla presunta eziologia del disturbo. Sono state successivamente approfondite le più aggiornate metodiche di intervento, con maggiore riguardo a quelle di tipo cognitivo- comportamentale, tra cui la metodica dell’Analisi Comportamentale Applicata (A.B.A.). Il lavoro di tesi si articola in tre capitoli. Nel primo capitolo si affrontano le linee generali dello spettro autistico, con particolare riguardo all’eziopatogenesi ed alle principali teorie eziologiche dello stesso. Si indicano le principali caratteristiche cliniche e comportamentali dei soggetti affetti da disturbi di Asperger, di Rett, di Autismo infantile e dal disturbo disintegrativo dell’infanzia. Dopo un breve excursus storico sulla letteratura relativa all’autismo, si esaminano in particolare le caratteristiche comportamentali e sintomatiche, nonché gli indicatori di autismo nella prima infanzia, necessari per una diagnosi precoce della malattia. È ormai opinione condivisa che l’autismo sia conseguenza di più fattori (organici, genetici, ambientali, psicologici), si è pertanto ritenuto di illustrare, in termini essenziali, anche il punto di vista più strettamente medico, sia per quanto attiene l’eziologia del disturbo, sia per quanto riguarda alcuni trattamenti di tipo psicofarmacologico e bio-medico. Nel secondo capitolo vengono presentati i principali approcci utilizzati per il trattamento dell’autismo. In particolare si è soffermata l’attenzione sull’approccio psicodinamico (con riferimento alla psicoanalisi); l’approccio sistemico-relazionale; l’approccio cognitivo-mentalista (ed in particolare la teoria della mente); l’approccio organicista (in cui in particolare si sono individuati il metodo neuro-motorio-sensoriale di organizzazione neurologica di C. H. Delacato, l’approccio etologico (e in particolare l’Holding Therapy),

l’approccio cognitivo-comportamentale (Portage, T.E.A.C.C.H, A.B.A.); sono stati infine presentati sommariamente altri approcci presenti nel panorama riabilitativo italiano, ovvero la Musicoterapica, la Psicomotricità, la Pet Therapy, l’approccio Logopedico e l’Ergoterapia. Un’attenzione

maggiore

è

stata

rivolta

all’approccio

cognitivo-

comportamentale, ed in particolare al Sistema T.E.A.C.C.H. e all’A.B.A.. Quest’ultimo è stato ulteriormente approfondito all’interno del terzo capitolo. L’A.B.A. (Analisi Comportamentale Applicata), è una delle più recenti metodiche di trattamento all’autismo, e si sta rivelando una delle più complete ed esaustive. Numerosi studi ne hanno confermato, e continuano a confermarne, la validità scientifica. Dopo un breve inquadramento dei principi teorici alla base del metodo (il comportamentismo), sono presentate le principali tecniche (di rinforzo e di punizione) per l’insegnamento e la gestione dei comportamenti. Un’attenzione particolare è riservata alla gestione dei comportamenti problema, ovvero quei comportamenti dannosi per il soggetto o per chi gli sta intorno, e all’insegnamento del comportamento verbale (verbal behavior). Infine sono presentate alcune indicazioni pratiche di gestione delle sedute di terapia “uno ad uno” con metodo A.B.A., facendo riferimento ai principali target e programmi di lavoro previsti dal curriculum di insegnamento.

CAPITOLO PRIMO EZIOPATOGENESI DELL’AUTISMO

1.

Il disturbo dello spettro autistico: linee generali L’autismo rappresenta una delle più gravi manifestazioni che colpiscono il

bambino nella sua capacità di comunicare e di instaurare relazioni con il mondo esterno. Esso, quindi, delinea uno sviluppo anormale o un blocco che avviene prima del compimento del terzo anno di vita, colpendo tre aree importanti: comunicazione, comportamento e integrazione sociale. L’autismo ha richiamato su di sé molte attenzioni da parte di esperti e studiosi che si occupavano di sviluppo infantile e tutto ciò che questo comprende (Baron-Cohen, 1997). Il primo studio effettuati su un bambino con patologia autistica fu nel 1801 quando, Jean Itard, medico all’Istituto per Sordomuti di Parigi, si prese carico di educare un “ragazzo selvaggio”, Victor, che aveva vissuto fino ad allora in una foresta, assumendo tutti i comportamenti tipici di un animale (Itard, 1805). Itard, quindi, cercò di aiutarlo a ‘costruirsi’ una base per un comportamento sufficientemente umano per poter vivere in società e una base comunicativa che gli permettesse di interagire con gli altri. Ma in passato, non si era ancora a conoscenza di questa patologia, tant’è che i bambini, che oggi vengono diagnosticati come autistici, venivano trattati come bambini con ritardo mentale. Fu solo nel 1943, grazie agli studi dello psichiatra infantile Leo Kanner, che si arrivò a parlare di ‘autismo infantile’, anche se, inizialmente, si parlò più propriamente di Sindrome di Kanner (Kanner, 1935). Le cause della manifestazione di questo disturbo, ad oggi, appaiono ancora sconosciute, nel senso che non si conosce una causa universale. C’è chi parla di cause genetiche e organiche o chi dà la colpa negli ultimi anni, alle vaccinazioni. Kanner descrive alcuni dei tratti più dominanti nell’autismo: scarsa o quasi nulla socialità, limitazione nelle attività spontanee, il desiderio di immutabilità dovuto al cambiamento della routine o all’introduzione in nuovi ambienti che provocano angoscia.

Un anno dopo la scoperta di Kanner, anche Hans Asperger fornì una sua descrizione di questa patologia che chiamò ‘psicopatia acustica’, la quale si differenziava dalla precedente in quanto Asperger prendeva in considerazione tutti i casi, dai soggetti con evidente danno organico fino a quelli con situazioni molto vicine alla normalità (Asperger, 2007). Si è arrivati, così, alla individuazione di due tipologie di sindrome: la sindrome di Kanner, usata per definire i casi di autismo più vicini alle classiche caratteristiche identificate, come: isolamento, ripetitività, disturbo della comunicazione ecc, e la sindrome di Asperger riferita invece ai soggetti con minori compromissioni e con una buona comunicazione verbale, un buon livello intellettivo e con un lieve disturbo dell’interazione reciproca. Dagli anni ‘50 fino ad oggi, le ricerche e le scoperte scientifiche effettuate sulla sindrome autistica hanno permesso di giungere ad una classificazione completa e puntuale che comprende tutti i criteri diagnostici e gli aspetti descrittivi che costituiscono il disturbo. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM IV, APA, 1994) individua, quali caratteristiche fondamentali del disturbo autistico, la presenza di uno sviluppo decisamente atipico o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione e una grande limitatezza del repertorio di attività. Nelle persone affette da questo disturbo si riscontrano, inoltre, modalità ripetitive di comportamento che mettono in evidenza una dedizione totale verso uno o più interessi stereotipati. I soggetti autistici possono comportarsi sempre nella medesima maniera e mostrare resistenza o malessere in seguito a cambiamenti anche banali. Alcuni esempi di azioni compiute frequentemente sono: mettere in fila giocattoli sempre nello stesso numero per più e più volte; mimare i gesti di un attore della televisione; avere una reazione esagerata di fronte ad una piccola modifica nell'ambiente casalingo o nell’abituale percorso per recarsi in qualche luogo. Per quanto riguarda i movimenti corporei stereotipati messi in atto, i più diffusi sono: battere le mani o schioccare le dita; dondolarsi oppure oscillare. Inoltre possono essere presenti anomalie della postura, come camminare in punta

di piedi, o espressioni insolite del corpo (DSM IV, APA, 1994). Essendo il livello di interazione sociale fortemente compromesso, le persone autistiche possono essere del tutto indifferenti nei confronti degli altri bambini o dei loro fratelli stessi e possono anche non rendersi conto della sofferenza di chi li circonda. Poiché la comunicazione è assai limitata, le capacità verbali e non verbali di questi soggetti sono profondamente alterate e le strutture grammaticali costituite di vocaboli ripetitivi o allegorici, si va da un totale inutilizzo di ogni forma linguistico comunicativa, ad un utilizzo ridotto e/o bizzarro del linguaggio. Nel disturbo autistico sono spesso assenti il gioco di immaginazione così come altri tipi di divertimenti ancor più semplici tipici dell’infanzia o della prima fanciullezza. Si può quindi parlare di questo disturbo evolutivo quando l'anomalia si presenta con ritardo o funzionamento atipico entro i 3 anni di età del soggetto e in almeno una delle seguenti aree: l’interazione sociale; il linguaggio utilizzato per l'interazione sociale; il gioco simbolico o quello di immaginazione. Circa il 75% dei bambini affetti da autismo presenta anche un ritardo cognitivo che va da lieve a grave. Inoltre, l’autismo si presenta molte volte in comorbidità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell'attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. L’autismo può includere anche alcuni disturbi mentali associati, come per esempio anomalie nello sviluppo delle capacità cognitive, anomalie nell'alimentazione o nel sonno, anomalie dell'umore o dell'affettività, assenza di paura davanti ai pericoli concreti e agitazione smisurata di fronte ad oggetti inoffensivi. Inoltre, accanto a questo disturbo si possono rilevare altre condizioni neurologiche o mediche associate, come per esempio l’encefalite, la sclerosi tuberosa, la sindrome dell'X fragile, la rosolia materna. Tali bambini in età infantile possono essere sfavorevoli all'affetto e al contatto fisico, oltre che privi di risposte alle attenzioni dei genitori, tutti segnali che inizialmente potrebbero far pensare alla sordità (DSM IV, APA, 1994). Il livello del disturbo autistico è decisamente più alto nei maschi piuttosto

che nelle femmine e si stimano da due a cinque casi ogni 10.000 soggetti, anche se, secondo ricerche più recenti, la prevalenza della sindrome risulta essere molto più elevata. Questa malattia si sviluppa ininterrottamente nel tempo, anche se in età scolare e in adolescenza possono presentarsi miglioramenti in alcune aree, come nell’ambito dell’interazione sociale. Solo una bassa percentuale di soggetti autistici arriva a vivere e a lavorare in modo indipendente nell’età adulta, mentre la stragrande maggioranza di loro seguita a manifestare numerose difficoltà nell'interazione sociale e nella comunicazione, oltre ad avere ben pochi interessi e attività. Tra i fratelli di bambini affetti da questa stessa malattia è più probabile che si prospetti il rischio di trasmissione di autismo, il cui periodo di regressione di sviluppo è assai grave e prolungato. È necessario effettuare una diagnosi di tale malattia nel caso in cui non siano reperibili dati sullo sviluppo precoce o non sia possibile verificare il periodo di sviluppo normale voluto. Per quanto riguarda i parametri diagnostici dell’autismo, questi sono pressoché i medesimi nel DSM-IV così come nell'ICD-10, anche se nel secondo il disturbo è stato denominato “autismo infantile”. A questo proposito, esiste oggi una grandissima confusione in merito alla terminologia con cui il disturbo viene definito. E’ presente anche una categoria di autismo, cosiddetto “regressivo” o “tardivo”, che non fa parte di una classificazione formale ed è legata al blocco psichico del soggetto. Esso si presenta dopo un iniziale sviluppo apparentemente normale del bambino, il quale può possedere anche un buon livello linguistico. Purtroppo però di colpo si assiste ad una regressione del soggetto che si caratterizza per i seguenti aspetti: la difficoltà nel gioco, la difficoltà nelle relazioni interpersonali e le espressioni emotive. Tale disordine classificatorio si può riscontrare anche nella descrizione dei sintomi tipici del disturbo che, spesso troppo generici e indifferenziati, possono essere ricondotti ad altre sindromi molto diverse. Questa situazione ha condotto quindi alcuni ricercatori a sostenere di non intendere più l’autismo come sindrome a sé stante, ma come sintomo autistico o appartenente allo “spettro autistico”. Le varie scuole di pensiero si sono così trovate ad adottare ciascuna una propria scala di valutazione per

stimare gli indici di miglioramento più appropriati ad un determinato intervento terapeutico. In particolare, è emerso che l’autismo può essere diagnosticato entro il terzo anno d’età, ma in alcuni casi anche entro i 18 mesi. Altri studi dimostrano ancora come in molti bambini il disturbo possa essere scoperto con esattezza fin dall’età di un anno, o addirittura più precocemente (Lucioni R. e Lucioni L., 2010).

2.

Eziologia e patogenesi dell’autismo Un aspetto rilevante che è necessario tenere in considerazione nell’ambito

dell’identificazione di un disturbo è quello relativo alla distinzione tra “eziologia” e “patogenesi”. Infatti con il termine eziologia, ci si riferisce allo studio dei fattori causali da cui si origina la malattia. Con il termine patogenesi, invece, si intende lo studio dei meccanismi d’insorgenza attraverso i quali si verificano alterazioni dello stato fisiologico in un preciso contesto patologico e il suo successivo sviluppo (Costa e Silva, 2008). Moltissime discipline hanno cercato e stanno cercando, tuttora, di fornire il proprio contributo alla ricerca scientifica e alla conoscenza della sindrome autistica. Tra queste si ritrovano, per esempio, le seguenti: la psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, la psicologia, la comunicazione verbale e non verbale, l’educazione speciale, la genetica, le neuroscienze evolutive, la farmacologia ed una vasta gamma di specializzazioni biomediche relative al funzionamento e allo sviluppo cerebrale. Recentemente, le teorie eziologiche dell’autismo hanno visto dar importanza a diversi fattori che in questa discussione verranno affrontati. In particolare, alcuni riguardano gli aspetti sociali e relazionali e altri gli aspetti genetici e biologici. Esiste, inoltre, un’ulteriore tipologia di cause indagate che si colloca ad un livello intermedio tra le altre due, in quanto non si riferisce né ad aspetti sociali né ad aspetti genetici: si tratta delle cause ambientali (Costa e Silva, 2008). Nel presente lavoro, verranno considerate le ricerche più significative

effettuate nell’arco temporale che si estende dagli anni ’80 ai giorni nostri, in quanto è proprio in questo periodo storico e culturale che nasce una maggiore attenzione nei confronti della base genetica della patologia, cambiando di fatto l’opinione prevalente secondo la quale la causa era da ricercare nel rapporto precoce madre-bambino (Moreno e Parrello, 2011).

2.1 Le teorie relazionali Una prima corrente di pensiero è quella costituita dalle teorie relazionali, che sono le più antiche dal punto di vista storico e che individuano nel rapporto freddo da parte della madre verso il bambino la nascita del disturbo autistico. Queste teorie fanno riferimento a quei ricercatori che associano una o più cause relazionali-psicologiche all’origine dell’autismo. Le teorie relazionali e le teorie genetiche infatti si diversificano proprio nel loro punto di vista, in quanto le prime ritengono che il bambino nasca sano e diventi autistico in seguito a qualche motivo inconscio e psicodinamico; le seconde invece ritengono che il bambino nasca già affetto da malformazioni genetiche. Gli studi effettuati in questo ambito dagli anni ‘80 agli anni ‘90 hanno avuto come riferimento la psicoanalisi, la quale aveva posto l’accento su una delle prime e più importanti teorie che attribuivano una causa di tipo relazionale all’autismo: si tratta dell’ipotesi della cosiddetta “madre frigorifero” (Bettelheim, 1967). Una carenza di calore umano e di affettività possono entrare in gioco nel vissuto di sofferenza di colui che di quel calore si sarebbe alimentato. Queste teorie psicoanalitiche sostenevano quindi che l’infelicità del bambino fosse provocata innanzitutto dalla madre che, oltre a sbagliare spesso, distruggeva psicologicamente il figlio. A partire dagli anni cinquanta e sessanta, le madri sono state considerate dalla psicoanalisi come le principali responsabili e colpevoli dell’insorgenza dell’autismo nei loro bambini (Bettelheim, 1967). Una delle teorie su cui si sono sollevate numerose critiche assai aspre all'interno dello stesso mondo della psicanalisi è stata quella di Frances Tustin, secondo la quale l'autismo era considerato «una fase dell'evoluzione normale

dell'uomo» (Tustin, 1994). Dopo aver ripreso l'ipotesi formulata da Leo Kanner nel 1945 relativa al coinvolgimento della figura materna nel causare l’autismo del figlio, l’autrice aveva fornito una falsa interpretazione dell’eziologia del disturbo. Il pensiero della Tustin era infatti legato al fatto che gli oggetti e gli aspetti autistici fossero una forma di dif...


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