Il mercato in concorrenza perfetta ed il suo equilibrio PDF

Title Il mercato in concorrenza perfetta ed il suo equilibrio
Course Matematica Finanziaria
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Il mercato in concorrenza perfetta ed il suo equilibrio...


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Il mercato in concorrenza perfetta ed il suo equilibrio La caratteristica principale che contraddistingue un mercato in concorrenza perfetta è il fatto che i venditori non hanno la possibilità di influenzare il prezzo. Accanto a questa verità principale, ci sono altre condizioni che devono sussistere affinché si possa parlare di concorrenza perfetta:    

molteplicità di imprese sul mercato, ciascuna delle quali costituisce una parte irrilevante della produzione libero accesso nel mercato da parte delle nuove imprese il bene prodotto nel mercato è uguale per tutte le imprese e senza apprezzanti differenziazioni l’informazione sulle condizioni di mercato è diffusa tra tutti gli operatori

Come può desumersi dalle precedenti condizioni, il mercato in concorrenza perfetta esiste solo sui libri di economia politica. E’ difficilissimo trovarne qualcuno nella realtà economica. Il mercato che più si avvicina al mercato in condizioni di perfetta concorrenza è quello dei titoli quotati in Borsa valori, perché nella Borsa molte delle suddette condizioni sono rispettate. L’equilibrio nel mercato si realizza, per la teoria marginalista, quando i 2 valori marginali sono uguali fra loro. Questo è vero anche per il ns. mercato, perché l’equilibrio si avrà quando il costo marginale sarà uguale al ricavo marginale Cm = Rm, dove il Rm è dato da (incremento RT) / (incremento Q). Infatti, solo quando il costo dell’ultima unità prodotta sarà uguale al ricavo dell’ultima unità prodotta, la produzione si fermerà e la quantità corrispondente all’uguaglianza costituirà la Q* d’equilibrio del mercato. Qualsiasi altro livello produttivo, che si allontani da questa Q*, comporterà un peggioramento del Profitto, inteso come differenza fra Ricavo totale (RM x Q) e Costo totale (CM x Q), ovvero Profitto = RT – CT. Quindi, il massimo profitto si realizza sempre quando Cm = Rm Intuitivamente quanto detto può essere compreso pensando semplicemente che, finché la produzione di un’unità in più di un certo bene genera un guadagno (perché il ricavo derivante dalla vendita di quell’unità è maggiore del suo costo di fabbricazione, ovvero Rm>Cm), conviene continuare a produrre ulteriori unità del bene, per aumentare il profitto totale. Quando invece l’ulteriore produzione di un’unità del bene comporta una perdita per quel bene (essendo Cm>Rm), allora conviene fermare la produzione, perché la perdita andrebbe ad incidere sul profitto totale diminuendolo. Ne consegue che il max profitto totale si realizza solo quando la quantità totale di produzione è tale per cui il ricavo dell’ultima unità di prodotto (ovvero il ricavo marginale Rm) è esattamente uguale al suo costo (ovvero al costo marginale Cm). Il fatto che in concorrenza perfetta nessun venditore ha la capacità di influenzare il prezzo, si traduce graficamente in una domanda orizzontale rispetto all’asse delle ascisse. Infatti, in questo mercato ciascun venditore-offerente si trova davanti una domanda sulla quale non è in grado di incidere. Di conseguenza il prezzo è già formato dal mercato ed è un dato costante (per la singola impresa, la domanda dei beni è infinitamente elastica).

Dire che il P è un dato costante equivale a dire che esso è uguale al Rm (ed anche al ricavo medio RM), cioè P = Rm = RM. Pertanto, nel mercato in concorrenza perfetta l’uguaglianza d’equilibrio di cui sopra si avrà quando: P = Rm = Cm, cioè P = Cm.

L’equilibrio è in E (dove P = Cm), cui corrisponde una quantità d’equilibrio pari a Q*. Qualsiasi altro livello produttivo, come p. es. QA o QB, comporta una caduta del profitto imprenditoriale, perché non realizza l’uguaglianza tra P e Cm.

Le varie situazioni d’equilibrio nel mercato in concorrenza perfetta L’equilibrio nel mercato in concorrenza perfetta non assicura necessariamente un profitto. Infatti, quest’equilibrio potrebbe originare una perdita per l’impresa, che sarà comunque, in virtù dell’equilibrio, la perdita minima cui essa può andare incontro.

Prima di analizzare le varie situazioni che l’equilibrio può generare, ricordiamo che: Profitto = RT – CT dove RT = RM x Q mentre CT = CM x Q Il ricavo totale RT è uguale al ricavo medio RM (ricavo per ogni unità prodotta) moltiplicato per la quantità prodotta Q. Graficamente il RT è l’area che sta sotto il prezzo P (perché in concorrenza perfetta RM = P) fino alla quantità Q, cioè P x Q. Il costo totale CT è uguale al costo medio CM (costo per ogni unità prodotta) moltiplicato per la quantità prodotta Q. Graficamente il CT è l’area che sta sotto il costo medio CM fino alla quantità Q, cioè CM x Q. Adesso abbiamo gli strumenti per comprendere le varie situazioni d’equilibrio.

Cominciamo dall’equilibrio con profitto

Il profitto nella situazione d’equilibrio è l’area tratteggiata, data dalla differenza fra il RT (area sotto il prezzo, PEQ*0) ed il CT (area sotto il CM, BAQ*0).

Equilibrio con perdita che non comporta la chiusura dell’impresa

La perdita d’equilibrio è l’area tratteggiata, data dalla stessa differenza precedente, ma di segno algebrico negativo, perché il CT supera il RT. L’impresa deve comunque continuare la sua attività, nonostante la perdita, perché così facendo riesce a coprire tutti i CV (la curva CVM è infatti al di sotto del livello del prezzo P) e parte dei CF. Un esempio numerico può chiarire meglio la situazione. Poniamo che: P=100

Q*=50

RT=5000

CM=110

CT=5.500

CVM=80

CFM=30

La perdita è di 500 (RT-CT), ma sempre inferiore alla perdita di 1.500 (CFM x Q*), dovuta ai CF, che l’impresa sosterrebbe se cessasse la produzione (il CF va comunque pagato anche se la produzione è nulla). Quindi, conviene continuare a produrre e rimanere sul mercato, nonostante la perdita imprenditoriale di 500. Equilibrio con perdita che comporta la cessazione dell’impresa

E’ simile al caso precedente, con l’unica differenza che all’impresa conviene chiudere, perché così facendo sosterrebbe una perdita per CF inferiore a quella che sostiene producendo. Infatti, in corrispondenza della quantità d’equilibrio Q*, la curva del CVM è addirittura superiore al prezzo P, per cui si aggiunge alla perdita per costi fissi CF una parte della perdita per costi variabili CV. Anche qui facciamo un esempio numerico. Stessi valori precedenti tranne CVM=105 e CFM=5. La perdita è sempre di 500, ma se l’impresa chiudesse sosterrebbe solo la perdita per CF pari a 250 (CFM x Q*). Prima di concludere questo discorso sull’equilibrio nel mercato in concorrenza perfetta, consideriamo cosa succede se costruiamo l’equilibrio considerando il lungo termine, anziché il breve termine (con i relativi costi fissi) come abbiamo fatto finora. Diciamo subito che le conclusioni sono le stesse, visto che la curva del costo medio CM di lungo periodo ha lo stesso andamento ad “U” di quella a breve, come abbiamo precedentemente precisato. Tuttavia, nel lungo termine c’è una particolarità dovuta ad una delle condizioni della concorrenza perfetta, quella del libero ingresso e della libera uscita dal mercato delle imprese. In conseguenza di queste entrate (delle nuove imprese, se il mercato origina profitti) e di queste uscite (per perdita che comporta la chiusura, se il mercato produce perdite) delle imprese, si può presumere che nel lungo periodo la situazione d’equilibrio tenderà verso la seguente:

Nella quale sussiste (essendo P=CM per la quantità d’equilibrio Q*) la condizione di annullamento dei profitti. In realtà, quelli che si annullano nel lungo periodo sono solamente gli extra-profitti, cioè i vantaggi economici ulteriori rispetto al puro profitto, inteso, quest’ultimo, come remunerazione delle capacità imprenditoriali, oppure come costo del fattore “direzione aziendale” o “managerialità”....


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