Il gattopardo - Riassunto del libro ricco di commenti e spiegazioni tratte da appunti e lezioni PDF

Title Il gattopardo - Riassunto del libro ricco di commenti e spiegazioni tratte da appunti e lezioni
Author Lucia Bariona
Course Letteratura italiana ii
Institution Università degli Studi di Torino
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Riassunto del libro ricco di commenti e spiegazioni tratte da appunti e lezioni universitarie...


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IL GATTOPARDO – G. TOMASI DI LAMPEDUSA Trama: La casata dei Salina, e in particolare la figura del Principe Don Fabrizio, è la prospettiva da cui vengono guardati i mutamenti portati in Sicilia dalla discesa dei Mille e dall'Unità d'Italia. Il Principe è fiducioso di poter mantenere intatti i propri privilegi sociali, economici e territoriali: si dimostra benevolo verso il rinnovamento, nel tentativo di non esserne travolto (no rivoluzione burrascosa). Il Principe, risoluto a non intaccare le proprie abitudini aristocratiche, non riesce a trovare nella nuova Italia un ambiente a lui favorevole. Mentre Tancredi e Angelica sapranno sfruttare il cambiamento diventandone partecipi, le discendenti di casa Salina rimarranno bloccate in un immobilismo improduttivo. Personaggi: Don Fabrizio: è il patriarca della casata dei Salina. Tutti lo ammirano, lo rispettano, lo temono. Insieme all'attenta e lucida supervisione di quanto gli appartiene – denaro, territori e relazioni sociali – ha un'insolita inclinazione verso la matematica e con una passione per l'astronomia. Non esita a intercalare la relazione con la moglie Maria Stella con qualche «avventura galante di basso rango». Padre Pirrone: è il sacerdote di casa Salina. Accompagna la famiglia nelle preghiere quotidiane, ricorda soprattutto a Don Fabrizio la necessità di confessarsi ed è pronto ad ascoltare e consigliare tutti i Salina. Uomo di origini umili e campagnole, cresciuto però in condizioni economiche relativamente buone. Ha un carattere disponibile, paziente, ma non brillante come quello del Principe. Tancredi Falconieri: è figlio ventenne della sorella del Principe e a lui è stato affidato alla morte dei genitori. Le sue condizioni economiche sono precarie e si trova a gestire un patrimonio male amministrato e ormai ridotto all'osso, scialacquato dal padre; supplisce però alle difficoltà con la sua prontezza e lungimiranza. Nonostante l'insolenza che Tancredi, Don Fabrizio «senza confessarlo a se stesso avrebbe preferito aver lui come primogenito», ritenendolo più simile a sé di quanto non fossero i suoi propri figli. Don Calogero Sedàra: è il sindaco di Donnafugata, un possedimento dei Salina. È un personaggio ricco e influente sul paese da lui amministrato, dove lo si considera «intelligente come il diavolo». Si dimostra rozzo e avaro, ma, calcolatore, sa spendere nelle occasioni da lui considerate utili. È sposato con Bastiana, una donna rustica al cui fianco si rifiuta di apparire. Angelica: Don Calogero compare ad un pranzo presso i Salina accompagnato dalla figlia Angelica. Al presentarsi della ragazza, «la prima impressione fu di abbagliata sorpresa»: era bellissima. È una ragazza vivace, ma avendo studiato in collegio a Firenze ha acquisito un tono raffinato: è orgoglio del padre e figura capace di destare la curiosità di chiunque, avendola conosciuta da bambina, la trova straordinariamente cambiata. Riassunto Maggio 1860. Nella villa dei Salina vicino a Palermo un'aria di turbamento modifica la vita di tutti i giorni (ricordo di un soldato trovato «sbudellato» nel giardino della villa o un «cattivo» e inusuale congedo in un incontro del Principe con il re Ferdinando - a Caserta quest'ultimo aveva rivolto al suo interlocutore l'invito ad essere un tutore maggiormente responsabile, a far mettere la testa a posto al nipote Tancredi, apparentemente immischiato con i piemontesi). A confermare i timori del re, quando Tancredi fa la sua prima apparizione sulla scena è per avvertire il principe della sua imminente partenza («grandi cose» che si stanno preparando”. Davanti all'evidente capovolgersi della situazione politica Tancredi rifiuta di farsi da parte; del resto, restando a casa, sceglierebbe per sé, aristocratico, una posizione abbastanza rischiosa. È il giovane

a chiarificare allo zio la necessità di assecondare i mutamenti storici per evitarne il dilagare in esiti ingestibili. È lui a pronunciare la sentenza rimasta emblematica: «se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi». Il Principe appare convinto di come, pur davanti a cambiamenti senza precedenti, lo status dei privilegi e della struttura feudale possa rimanere immutata o essere solo marginalmente scalfita (ottimismo condiviso da pochi). Agosto 1960. Lasciano Palermo per Donnafugata e all'arrivo nel loro feudo rurale i Salina trovano ad attenderli un mondo immutato, dove i fatti politici nazionali sembrano riecheggiare soltanto in scritte ormai sbiadite tracciate mesi prima sui muri delle case. Un indizio di cambiamento non può però essere ignorato se, durante il pranzo ufficiale di benvenuto il sindaco Don Calogero si presenta vestito con un frack accompagnato dalla figlia Angelica, destando in tutti i presenti, e soprattutto in Tancredi, una notevole impressione. Ottobre 1860. Don Fabrizio riceve una lettera in cui il nipote, di cui pure era innamorata sua figlia Concetta, esprime il suo amore per la bella Angelica (intenzione di sposarla). Il Principe va a caccia con Don Ciccio Tumeo con cui si confronta sul tema del Plebiscito in cui anche gli abitanti di Donnafugata erano stati chiamare a votare e sull'evidente broglio elettorale macchinato per garantire il già certo successo del sì all'annessione. Novembre 1860. Il fidanzamento di Angelica e Tancredi procede. La normalizzazione della situazione politica viene espressa dall’ incontro con Chevalley che si reca a Donnafugata per discutere con Don Fabrizio questioni relative al governo e per proporgli di entrare in Parlamento. Se il principe avrebbe accettato un semplice titolo onorifico, questi rifiuta tuttavia una suo più attivo coinvolgimento alle sorti del regno, riflettendo su come adesione non significhi partecipazione. Febbraio 1861. La narrazione racconta del sul ritorno a casa di padre Pirrone (aiuta la sorella Sarina e la famiglia di lei (nipote incinta). Novembre 1962. In occasione di un ballo a palazzo Ponteleone, cui partecipa tutta la famiglia. Per Don Fabrizio l'unica distrazione della serata è costituita da una mazurka ballata con Angelica, raggiante di una felicità da cui l'anziano patriarca sembra essere escluso (tema della morte: è in biblioteca che osserva il quadro “la morte del giusto” di Greuze). Luglio 1883. Don Fabrizio muore in una stanza d'albergo a Napoli, è circondato dalla sua famiglia e sono presenti anche Tancredi e il figlio di lui Fabrizietto. Maggio 1910. Le figlie Salina, rimaste nubili, devono subire un ennesimo scacco con l'ispezione alla cappella familiare, i cui «tesori», voracemente accumulati, vengono dichiarati privi di valore come reliquie. L'atmosfera in villa Salina viene momentaneamente movimentata dall'arrivo della Principessa Angelica e dal senatore Tassoni. Nel dialogo Concetta-Angelica-Tassoni T. racconta la verità e narra che l’accaduto (convento) non è mai successo ma si tratta di un’invenzione di Tancredi ma questo accaduto è molto importante per C. che ha deciso per tale motivo si smettere di frequentare Tancredi essendo molto religiosa. Inoltre, A. dice a T., che trova C. dispiaciuta, Che Tancredi non è mai stato interessato a lei ma è una falsità (“E così una nuova palata diterra vene a cadere sul tumulo della verità). Commento Romanzo storico: Il Gattopardo si pone, con caratteristiche autonome, nella dimensione del romanzo storico ottocentesco e della narrativa siciliana post-risorgimentale. Ma tutti gli eventi storici sono solo l'occasione per una riflessione del Principe. Riflessione a volte amara sotto l'apparente ironia, come quando chiama il Risorgimento una "rumorosa, romantica commedia con qualche macchia di sangue sulla veste buffonesca". Così don Fabrizio assiste senza scomporsi alla lenta sostituzione dei ceti ai quali la storia in quel momento dava origine; e, come già detto, il ceto emergente non aveva in sé i germi di nessun miglioramento, anzi era soltanto

colmo di ambizioni, intrighi, opportunismi. Il massimo rappresentante della classe sociale in ascesa, Calogero Sedara, è presentato con un'ironia che talora sfiora la crudeltà: a lui non vanno né la stima né la simpatia del Principe, perché egli è convinto che don Calogero e gli uomini come lui non saranno capaci di costruire un futuro migliore. Essi sono gli sciacalli che succedono ai gattopardi e ai leoni, a quei nobili che senz'altro non erano privi di colpe. Per questo don Fabrizio non nutre invidia per questi uomini nuovi che raggiungono il potere: egli ha la certezza della propria superiorità, pur nella consapevolezza di una inevitabile rovina. Il suo pessimismo è totale verso questa nuova Italia fatta con l'inganno (a riprova di questo egli pensa al voto negativo di Tumeo non comparso nei risultati finali del plebiscito a Donnafugata). Ma il senso di completa sfiducia nel Risorgimento è posto in evidenza in particolar modo nel colloquio del Principe con Chevalley; colloquio che offre a don Fabrizio l'opportunità di di esprimere la propria amarezza e il proprio pessimismo verso il popolo siciliano, incapace di trarre da venticinque secoli di diverse dominazioni un arricchimento culturale, rassegnato ad accettare tutto e tutti pur di essere lasciato in pace nel suo ambiente così terribilmente immobile e "irredimibile". Don Fabrizio: In questa cornice la figura di Don Fabrizio appare da subito nella propria singolarità (statura imponente, predisposizione alla matematica e all’astronomia, particolare lungimiranza, capacità di discostarsi dal comune e chiuso atteggiamento aristocratico e di osservare con distacco gli avvenimenti nazionali). Don Fabrizio, illeso dopo il momento più burrascoso verificatosi con l'arrivo dei garibaldini, vede tuttavia il proprio potere travolto dal confronto con la dimensione politica e sociale del nuovo Regno. Certamente l'autore si riflette nel protagonista a attribuisce a quest'ultimo suoi sentimenti e pensieri quali l'idea della morte e della nobiltà, la concezione della storia, la coscienza di essere un vinto (dimensione psicologica). Per questo egli è l'unico personaggio compiuto del libro, l'unico cioè di cui si segue un itinerario spirituale e l'unico per il quale il dualismo fra razionalità e irrazionalità è motivo di profonda e lucida meditazione. Un altro modo per fuggire dalla realtà è quello di andare a caccia. Anche questa passione, come l'astronomia lo porta lontano da tutti e lo conduce in un mondo irreale senza tempo né spazio dove nessuno e nessuna cosa può recargli fastidio e dove è presente un costante e quasi rassicurante senso di morte. Gli uomini invece lo infastidiscono sempre con le loro meschinità, tanto che egli non riesce a stabilire una dialogo con alcuno. Tema della morte: Presentata verbalmente fin dalla prima battuta del romanzo nel frammento dell’Ave Maria (“Nunc et in hora mortis nostrae”), si concretizza in immagine visiva nel ricordo del soldato che giace morto nel giardino di villa Salina o in quella del coniglio colpito durante la caccia: quel coniglio dai grandi occhi neri “carichi di un dolore attonito rivolto contro tutto l’ordinamento delle cose” (l’animale viene osservato nel momento della morte e si nota il contrasto tra il dolore del coniglio e il cacciatore che trova piacere in questa tipo di attività). Ma il tema tocca il suo vertice nel capitolo del ballo a palazzo Ponteleone, capitolo abilmente costruito sull’antitesi tra il sentimento della morte e un simbolo, il ballo, della vita (prima del ballo incontrano il prete che da l’ultima unzione ad un infermo). Tutto il sesto capitolo è dominato dai pensieri del Principe; e Tancredi, quasi evocato telepaticamente, sintetizza le gravi riflessioni dello zio con la domanda: “Corteggi la morte?”(Fabrizio è nella biblioteca del palazzo ed osserva il quadro “la morte del giusto” e si interroga sulla sua morte) . Tutta la vita del Principe del resto è attesa e preparazione alla morte, tanto che egli giunge a dire “finché c’è morte c’è speranza”. Il motivo trova il suo epilogo nel capitolo VII con la rappresentazione visiva di “lei” nelle forme di una leggiadra e sempre agognata fanciulla (Figura retorica, personificazione). Alla fine del romanzo poi viene descritto il momento in cui il cane Bendicò che viene buttato (polvere)

Interventi dell’autore: L’autore, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, mette nei suoi testi commenti personali, ne abbiamo un esempio quando parla di Donnafugata citata anche in un altro libro, questo indica che in qualche modo nel raccontare mette della realtà e degli avvenimenti reali legati al suo passato. I critici pensano che l’autore abbia usato la Sicilia come un pretesto dove raccontare il suo pessimismo, e la sua analisi storica è molto riduttiva quindi la Sicilia rappresentata non è reale ma solo lo scenario ideale per rappresentare il dramma di Don Fabrizio nel quale si rispecchia. A volte però Tomasi interviene con la propria voce, quasi a voler commentare la narrazione con pacatezza ironica di storico moralista; basti pensare a quando cita Freud e ai lapsus, oppure quando interviene direttamente e spiegare: "Don Fabrizio non poteva saperlo allora, ma una buona parte della neghittosità, dell'acquiescenza per le quali durante i decenni seguenti si doveva vituperare la gente del Mezzogiorno, ebbe la propria origine nello stupido annullamento della prima espressione di libertà che a questi si fosse mai presentata". Altri interventi: ohibò, rincresce dir poco di Tancredi, il vento che va infastidire, alzando la polvere, Garibaldi e i soldati siciliani come allo stesso tempo è presente quel giorno di caccia (collegamento tra luoghi lontani – l’autore supervisiona la storia, conosce tutto e interviene attraverso dei piccoli spiragli). Tema dell’amore: Tomasi inserisce dichiaratamente la dimensione della sensualità, espressa soprattutto dalla coppia Angelica-Tancredi. Questi due giovani avrebbero potuto dare all’autore lo spunto per una compiuta storia d’amore, ma l’amore non è un tema fondamentale del romanzo: lo scetticismo di don Fabrizio investe anche questo sentimento…”l’amore. Certo, l’amore. Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta…”. Questo sentimento risulta marginale, non incide profondamente nella vita dell’uomo, non costruisce, non arricchisce. L’attrazione dei sensi è l’unico elemento che unisce Tancredi e Angelica, che non riescono a costruire un autentico e solido rapporto d’amore. Anche perché Angelica “possedeva troppa ambizione e troppo orgoglio per essere capace di quell’annullamento, provvisorio, della propria personalità senza il quale non c’è amore…”; e Tancredi è troppo arrivista e opportunista per fondare il suo rapporto con la bella Sedara su forti sentimenti. E’ per questo che il loro matrimonio fallisce, come l’autore tiene a precisare, sotto tutti i punti di vista, compreso quello erotico....


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