Il lavoro nella sociologia cap 10-12 PDF

Title Il lavoro nella sociologia cap 10-12
Course Sociologia del lavoro
Institution Università degli Studi di Verona
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riassunto cap. 10, 11 e 12...


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Capitolo 10: qualità totale, qualità del prodotto, qualità del lavoro e nuove tecnologie: fine di una antinomia? Introduzione: Sono due i fattori che decretano un forte momento di discontinuità in questi anni più recenti relativamente all’organizzazione del lavoro e della produzione. 1) il mutamento sostanziale del quadro rivendicativo e delle relazioni industriali, e la prospettiva della automatizzazione e della automazione 2) imporsi dell’implementazione delle nuove tecnologie, le quali per loro stessa natura furono considerate quali fattori risolutori in molti sensi e direzioni. Si inizia a parlare di qualità del lavoro nelle sue diverse dimensioni ; Mentre negli USA si inizia ad approfondire il tema della qualità della vita lavorativa, in Europa si mettono per la prima volta in gioco una serie di fattori non strettamente connessi con l’ambito delle condizioni lavorative. Tali trasformazioni mutarono completamente l’organizzazione del lavoro, ridefinendo le mansioni, inizialmente riaccordando ciò che prima Taylor aveva diviso. Nascono i nuovi modi di produrre, nuove forme di organizzazione del lavoro che iniziano a realizzare quel superamento del taylorismo fino a questo momento solo formale/illusorio (processo tuttora in piena evoluzione, il futuro è legato al progresso scientifico). Superamento della contrapposizione fra: - qualità del lavoro (per il lavoratore) - efficienza e profitto (per l’impresa) -Tecnologia (nuove tecnologie), è insieme strutturata e strutturante il processo produttivo e come quindi il futuro dipende sia dalla logica del processo di ricerca scientifica , sia dal governo effettivo delle tecnologie stesse. Automazione e conseguenze sociali - Pollock Pollock (1970) definiva l’automazione: “determinati metodi propri alla fase dello sviluppo tecnico, di produzione di lavorazione automatica di beni di produzione; tecnica di produzione che ha come scopo la sostituzione mediante macchine della forza lavoro umana, nelle funzioni di servizio, comando e sorveglianza delle macchine, finché al limite non una mano tocchi il prodotto dall’inizio alla fine del processo produttivo”. L’automazione può essere parziale (processi parziali di lavorazione),o completamente automatica (impiegata per un ciclo di produzione completo). Quando viene applicata al lavoro di ufficio, sostituisce l’uomo nelle attività di calcolo registrazione, elaborazioni statistiche e controllo delle informazioni desiderate. Metodologicamente il principio fondamentale dell’automazione è l’integrazione dei singoli processi della produzione finora discontinui in un processo complessivo continuo, concatenato, che viene eseguito per mezzo di sistemi combinati di macchine speciali e utensili di estrema precisione tecnica. Scopo→ processo lavorativo completamente automatico. Tale procedimento completamente automatico ha 4 caratteristiche: 1. Tutti i procedimenti di lavorazione,montaggio, imballaggio..sono integrati e si automatici. 2. I singoli processi lavorativi sono accordati in modo che il processo scorra uniformemente. 3. I simil-lavori vengono passati automaticamente da macchina a macchina. 4. Dopo ogni fase importante, il semilavorato viene collaudato automaticamente, per accertare se risponde ai requisiti qualitativi prescritti. In caso negativo automaticamente vengono intraprese le necessarie correzioni nella macchina o nel processo lavorativo . Il sistema di produzione completamente automatica e il processo di meccanizzazione della produzione, potrebbero significare una ripetizione delle devastazioni provocate sul mercato del lavoro dalla prima rivoluzione industriale e dal movimento di razionalizzazione. I mutamenti della situazione sociale da un lato sono un logico sbocco di un’evoluzione (iniziato con sostituzione del tessitore a mano con telaio meccanico), dall’altro l’ingresso della macchina in un campo di attività umana che finora le era precluso significa la scomparsa di un numero ancora imprevedibile di professioni. Il movimento di razionalizzazione tende a sviluppare il principio della scomposizione dei singoli processi lavorativi, suddividendo ogni lavoro di fabbricazione in processi parziali sempre più piccoli, intensificando al massimo la loro esecuzione. L’uomo diventa un accessorio della macchina, condannato a ripetere sempre le stesse operazioni. In tutti i settori della comunicazione umana si sono levate proteste contro questa disumanizzazione del lavoro umano.

Nell’applicazione del principio dell’automazione, viene introdotto alle sue estreme conseguenze uno sviluppo che si è delineato chiaramente con movimento di razionalizzazione: la trasformazione di una parte sempre maggiore della popolazione in una specie di surplus della popolazione =Nei grandi Stati industrializzati la maggior parte degli uomini possono facilmente essere permutati con chiunque altro e quindi sono costantemente minacciati di disoccupazione. Un’altra tendenza dall’epoca della razionalizzazione nella produzione--> l’approfondirsi dell’abisso fra l’istruzione tecnica di uno strato relativamente esiguo di manager altamente qualificati da una parte, e la grande massa di mani che eseguono istruzioni di cui non serve intendano il significato (società autoritaria gerarchica). Verso l’automatismo sociale – Naville L’uomo è riuscito a far eseguire dalla natura da sola ciò che egli voleva che essa eseguisse. Nella misura in cui gli oggetti tecnici che tendono alla produzione, al consumo ad utilizzazioni miste, hanno origine da leggi dominate dall’automatismo, non ci si avvia forse verso una società essa stessa funzionalmente automatica? Sistemi meccanici dei quali si deduce: • la loro autonomia non fa che aggiungere gradi di meccanizzazione al livello precedentem. raggiunto • Questa autonomia introduce un elemento strutturale decisamente nuovo. Tutti ammettono che la messa in opera di questi sistemi comporta delle modifiche caratteristiche dell’occupazione: queste sono legate ai sistemi di utilizzazione dello strumento la cui portata è molto estesa: ▲ operazione in stretta sequenza e non additiva : flusso; ▲ operazioni permanente : flusso continuo; ▲ operazione programmata e più o meno autocontrollata: flusso continuo autonomo. Questi metodi di impiego sono bivalenti: riguardano il materiale tecnico nella sua intrinseca struttura e il materiale umano nella propria. La loro reciproca autonomia si armonizza grazie ai nuovi metodi di comunicazione: ogni sistema lavora in base ad informazioni proprie che esso raccoglie ed elabora. Questi sistemi di informazione vengono ordinati nel tempo e così il sistema operativo nel suo insieme (uomini, macchine,apparecchiature) rappresenta un linguaggio le cui comunicazioni domineranno la produzione. Ogni sistema automatico riguardante la materia morta può funzionare isolatamente, ma è fatto per combinarsi con altri.L’autonomia implicita nell’automatismo si applica ad un complesso crescente di mezzi umani materiali. Lavoro umano→ funzione subordinata. Effetti che si fanno immediatamente sentire: liberazione e riconversione di manodopera, ristrutturazione dei costi, intensificazione degli studi e ricerche. Siamo alla vigilia di un momento in cui la scienza diventerà capace di dare un contenuto a questo pensiero. -interferenze dell‟automazione nei rapporti, nei costi, investim.----> es. Il Telepas -dallorologio al sistema omeostatico: prima c’era del sentimento, oggi il mondo del lavoro sembra un sistema omeostatico: sistema in cui in maniera dinamica e flessibile la fabbrica cambia (diminuisce lavoratori, introduce tecnologia, si dinamizza), cerca un punto di equilibrio non in modo lineare come un orologio sempre uguale a se stesso. Il nuovo job design – Chiaromonte: La maggior parte degli esperimenti di job design effettuati in America negli anni 60 sono basati sulle tecniche di job Rotation: rotazione del lavoratore nell’ambito di una stessa area attraverso un certo numero di posti di lavoro differenti. Si hanno due tipi diversi di rotazione: Rotazione verticale: i ≠ compiti che ruotano sono sovraordinati l’uno all’altro quanto all’abilità e alle conoscenze richieste per svolgerli; Molto più significativa. Rotazione orizzontale: i ≠ compiti che ruotano sono qualitativamente sullo stesso piano ma richiedono conoscenze differenziate (uso elastico della f.lavoro) In ognuno dei due casi l’organizzazione del processo produttivo e la tecnologia non cambiano, Cambia solamente il contenuto dei compiti affidati a ciascun lavoratore. job enlargement = processo di ristrutturazione del posto di lavoro per cui il lavoratore che prima svolgeva un’operazione, svolga anche una serie di operazioni collegate alla prima dal punto di vista tecnico professionale. Ampliamento dei compiti→ ottenuto attraverso la modifica del suo posto di lavoro. Aumenta la durata del ciclo di lavoro, si incrementa l’autonomia e la discrezionalità all’interno della fase, despecializzazione del lavoratore.

Job enrichment= ristrutturazione della mansione, nella direzione di un approfondimento della stessa. Realizzato con una delega al lavoratore svolgeva compiti puramente esecutivi,di funzioni di programmazione, organizzazione e controllo del proprio lavoro. Modifica del ruolo dei capi di primo livello. Modificazione della tecnologia Una prospettiva unificante: le diverse tecniche vanno valutate in una prospettiva unificante delle diverse tecniche e le differenze che si riscontrano nella pratica applicazione sono molto più sfumate di quanto risulti dalle astratte definizioni. La prospettiva unificante → aumento della soddisfazione dei dipendenti e quindi maggiore motivazione al lavoro determinata da una riduzione della ripetitività e monotonia, anzi arricchimento reale o presunto.

Cap.11- Il lavoro tra flessibilità e qualità totale: verso il modello giapponese? Sulle trasformazioni in atto si è innestata improvvisamente alcuni anni addietro la sfida giapponese, vincente dal punto di vista concorrenziale ed economico. La contesa tra modello giapponese e modello europeo è in pieno svolgimento; Mentre vengono presentati esperimenti di giapponizzazione , in Giappone inizia a riconsiderarsi modello dello stesso per ragioni economiche-sociali e culturali. Capisaldi del modello giapponese: il just in time e la produzione snella, che si combinano con articolazioni di collettivo virtuoso, relazioni industriali e sindacati di livello aziendale; un sistema occupazionale che garantisce un’occupazione a vita. E’ arrivato anche da noi, anche nella Fiat, la realtà è mischiata e mai netta. Attorno all’enigma giapponese – Guizzetti: Il modello giapponese è un modello di società di frontiera. Prevalgono al tempo stesso il senso della vulnerabilità e la logica della risposta forte. Forte etica del collettivo che supera il concetto di interesse individuale ; valori normativi che armonizzano autorità e potere. Per la sua specificità, il modello è difficilmente inimitabile. Il Giappone di oggi, per quanto appaia tradizionalista dispone di un’economia le cui caratteristiche non sono riconducibili a schemi capitalistici convenzionali. Si parla di capitalismo istituzionale: si avvale di severe regole di controllo e di autodisciplina a livello di sistema, ma anche di capitalismo postindustriale in quanto applica modalità originali realmente innovative. Il sistema può raggiungere livelli di efficienza solo in virtù di comportamenti individuali e collettivi che si ispirano al concetto di essenza nazionale(regola etica che privilegia gli interessi collettivi su quelli individuali). L’aver fornito di un ordine e una pressione demografica al limite di rottura, ha richiesto una disciplina e una forma di consenso pari a nessun paese occidentale per sopperire ai propri squilibri interni. Un luogo comune presenta il Giappone come un paese economicamente progredito e socialmente arretrato, espressione di un sistema a due velocità . Non è il più alto reddito pro capite del mondo, eppure qualche misura deve pur valere .O efficienza del sistema frutto solo del “complesso imperiale” e dell‟uso della “forza. ”La crescita del sistema ha comportato dei notevoli costi sociali trasferiti a carico della collettività in particolare delle classi più deboli. Lo Stato ha contribuito in misura inadeguata alla formazione di un progredito sistema di sicurezza sociale. Sotto questo profilo non si può di certo parlare di un modello stato sociale, almeno nel significato occidentale di welfare State. Scelta politica che ha privilegiato la dinamica dell’accumulazione a svantaggio dei primi immediati bisogni sociali, favorendo il massimo utilizzo di risorse per le attività produttive. Per capire una realtà così complessa non può dunque servire una chiave di lettura esclusivamente ricavata da categorie logiche proprie della cultura occidentale. Il Giappone di oggi non è l’antitesi ma il proseguimento del Giappone di ieri. La sua storia recente nasce dalla ricomposizione dopo la frattura interna. Nessun paese moderno, travolto da un così drammatico mutamento della propria storia, ha saputo ricostruirsi come il Giappone. Concetti e prassi nel modello giapponese – Coriat Lo spirito Toyota – Ohno attraverso Ohno Il metodo Toyota si fonda su due pilastri: produzione just in time e l'auto-attivazione della produzione. Tale metodo non deve essere confuso con una tecnica di produzione a zero stock (che è uno dei risultati a cui esso perviene). ''Il metodo Toyota nasce dal bisogno del Giappone di produrre piccole quantità di numerosi tipi di prodotti (diversificazione).'' Sistema funzionale alla produzione di piccole serie di prodotti differenziati e disparati. Obiettivo: produrre a buon mercato delle piccole serie di numerosi modelli differenti. Ohno si domanda: come aumentare la produttività quando le quantità prodotte non aumentano? ricercare, dal punto di vista della piccola serie e della produzione simultanea di prodotti differenziati e disparati, delle fonti e una natura degli incrementi di produttività inedite ed estranee al patrimonio delle economie di scala e della standardizzazione taylorista e fordista.

Nuove scoperte: Ohno si imbatte nel problema dello stock. La fabbrica minima: idea secondo la quale dietro lo stock ci sono inevitabilmente coloro che hanno concorso a produrlo: l'esuberanza di manodopera, l'eccesso di lavoratori rispetto al livello della domanda solvibile. Se lo stock e’ permanente, c’è una sovraccapacità produttiva in capitale fisso. La scoperta e’ quindi: partire dallo stock e dai prodotti semilavorati generati dalla produzione permette di individuare e di localizzare i mezzi e i punti di interventi in cui e’ possibile ottenere degli incrementi di produttività. Eliminando lo stock, si eliminano la manodopera e la capacità produttiva esuberanti. Fabbrica minima = la fabbrica le cui funzioni produttive, il capitale fisso ed il lavoro impiegati sono ridotti allo stretto necessario per far fronte alla domanda giornaliera e settimanale. Alla Toyota il concetto di economia e’ associato alla ricerca della riduzione degli addetti e alla riduzione dei costi. Far risalire a galla la manodopera esuberante. Ci sono due metodi per aumentare la produttività. Il primo si fonda sullo sviluppo del volume di produzione, il secondo sulla riduzione dell’organico addetto alla produzione. Il metodo Ohno rappresenta la teoria originale e generale, di razionalizzazione del lavoro, nella quale la nozione di organo minimo gioca un ruolo chiave. Questa fabbrica minima dovrà essere flessibile, capace di assorbire con un numero ristretto di addetti le fluttuazioni quantitative e qualitative della domanda. Ohno e’ spinto alla ricerca della produttività non più dal lato della grande serie, ma dall’interno, dal lato della flessibilità del lavoro, nell’assegnazione delle operazioni produttive. Dirigere con gli occhi per eliminare il superfluo→ essere in grado di esercitare in ogni momento e visualmente un controllo diretto sui lavoratori + controllo in tempo reale dell‟andamento della produzione in riferimento agli standard operativi (tabellone indicatore). Coniugando il metodo della ‘’gestione con gli stock’’ e il metodo della ‘’gestione con gli occhi’’ si costituisce la fabbrica snella, trasparente e flessibile. La fabbrica di Ohno si contrappone a quella di Ford-->c.d. fabbrica grassa. L’impresa giapponese: Nel 1986 Aoki mette in evidenza le differenze che considera necessarie per fare un’opposizione tra l’impresa giapponese e americana. modello americano (A)

modello giappo (J)

livello delle officine

divisione del lavoro: specializzazione e rigida compartimentazione

divisione del lavoro fluida e flessibile

livello dell‟impresa

modo gerarchico di ripartizione dell‟autorità

procedure snelle e “transfunzionali” di coordinamento

sistema d‟appalto

integrazione rigida (impresa fordista)

deconcentrazione e decentramento (autonomia e snellezza)

struttura finanziaria

vincoli finanziari e redditività a breve termine

partecipazioni incrociate a breve e lungo termine (imprese e istituz. finanziarie)

divisione del potere

massimizzazione del profitto

miglior compromesso fra le componenti dell‟impresa (propr., amministr. e lavorat.), è cooperativa.

Aoki dice che la vera e propria opposizione e’ data dalla ‘’struttura di scambio delle informazioni’’: struttura di scambio delle informazioni verticale e gerarchica (A), ed struttura orizzontale in cui principio gerarchico e’ attuato con raffinate procedure di incentivazione alla realizzazione dei contratti impliciti o espliciti. La struttura dell’impresa J e’ più efficiente secondo Aoki. Per concludere… ostracismo e democrazia Augurarsi il trasferimento del modello giapponese?: l’imitazione del modello J e’ già iniziata tempo fa, il motivo principale è’ che le lezioni giapponesi corrispondono alla fase attuale di un capitalismo caratterizzato dall’ascesa della concorrenza, della differenziazione e della qualità. Essa indica il modo per realizzare incrementi di produttività, modo che corrisponde alle norme attuali della concorrenza e della competitività fra imprese. Con l’ondata di liberalismo di una potenza senza precedenti negli ultimi decenni, a livello internazionale, si prende a pretesto la ‘’giapponesizzazione’’,per arrivare spesso alla pura e semplice individualizzazione dei rapporti di lavoro. Non tutto e’ negativo nel pensare all’inverso giapponese; la rimessa in causa della divisione del lavoro da cui parte per costruire sistematicamente una

flessibilità interna, appare una fase con alcuni bisogni e domande sociali che non hanno cessato di manifestarsi da ormai 20 anni nel mondo delle imprese. Contraddizioni e paradossi: varie considerazioni sul trasferimento: • All’origine della formazione del modello J di gestione della produzione c’è un insieme di condizioni molto specifiche ed è improbabile che queste condizioni possano ritrovarsi nella stessa forma. • Il modello J consiste in una serie di innovazioni che sembrano perfettamente riproducibili. La scuola giapponese e’ riconducibile ad un insieme di innovazioni organizzative e relazionali, la cui particolarità e’ di permettere di coniugare economie di scala ed economie di diversificazione dei prodotti, produttività e flessibilità, assicurando in modo internalizzato a gestione del cambiamento e dell’innovazione. I compromessi sociali che assicurano il funzionamento del sistema, sono ottenuti attraverso una struttura incentivante specifica di contropartite concesse ai dipendenti e che conserva un carattere molto condizionante (sindacalismo d’impresa e’ elemento chiave). Modello giapponese → miscela tra elementi che derivano dall’ostracismo e quelli che derivano dalla democrazia. Ostracismo = importanza e dell’efficacia rivestite dalla pressione esercitata collettivamente da un gruppo sull’elemento di questo gruppo che tenda ad allontanarsi dagli obiettivi che gli sono stati assegnati. E’ quindi una tecnica di controllo sociale. Democrazia=Se si pensa al modello giapponese, la presenza del contratto e della negoziazione e’ indiscutibile.

cap 12 i dilemmi del postfordismo – Dall’Agata Premesse : Il fordismo nasce in America sulle basi di teorizzazioni tayloriste, che prevedevano una forte razionalizzazione dell’...


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