Il mondo nella bocca di Pantagruele PDF

Title Il mondo nella bocca di Pantagruele
Author Beatrice Equizi
Course Letterature comparate
Institution Università degli Studi dell'Aquila
Pages 2
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Summary

riassunto capitolo del libro Mimesis di Aurebach...


Description

Il mondo nella bocca di Pantagruele Rabelais racconta come l'esercito di Pantagruele nella sua campagna contro gli Almirodi venga sorpreso per strada da un acquazzone e di come Pantagruele offra riparo ai soldati sotto la sa lingua; L'autore - Alcofribas - non trova posto e decide di ripararsi proprio nella bocca del gigante. Li trova un nuovo mondo e non è stupito tanto di questa scoperta, quanto de fatto che questo "altro mondo" è del tutto uguale alla sua Francia. Rabelais prende lo spunto per la vicenda fondendo a suoi modi due modelli, i Gargantua e Storia Vera di Luciano. Rabelais costruisce nella bocca del gigante il paesaggio ed il mondo immenso che troviamo nel romanzo lucianesco anche se, le dimensioni di tale universo, non sono conciliabili con il resto del racconto (Alcofribas ci mette infatti troppo poco tempo per terminare il suo viaggio di ritorno-uscita dalla bocca). L’autore non si trova davanti esseri strani o mostruosi ma uomini organizzati in una società civile, non c'è proprio nulla di diverso dal mondo consueto. Il motivo "tutto come da noi" rimane immutato durante il racconto, c'è perfino la scena in cui, all'ingresso, gli si chiede l'attestato di sanità per via della peste (peste che nel 1532-33 c'era davvero nel nord della Francia). In Rabelais si intrecciano continuamente scenari diversi, esperienze diverse e diversi livelli stilistici e questa mescolanza degli stili viene dalla tradizione cristiana del Medioevo e dalla sua gioventù da francescano. La cornice grottesca e di gigantezza non viene mai dimenticata, anzi è ricordata di continuo ma, come cambiano i luoghi cambiano i motivi: lo stile dominante è basso-grottesco, come la cornice, ma vi appaiono intercalate e intrecciate nozioni positive, vi lampeggiano pensieri filosofici, e in mezzo a questo andirivieni grottesco si leva l'orrore di fronte alle vittime della peste. Rabelais acquista la possibilità di sviluppare una scena di realismo quotidiano, un altro motivo aggiunto alla grottesca farsa dei giganti e alla scoperta di un nuovo mondo uguale a quello di provenienza. Nella scena Rabelais fa accogliere Alcofribas da un contadino "del posto" che si comporta come farebbe un contadino europeo che accoglie un ospite straniero con ingenuità. Non vi è nulla di particolare nella scena in sé, soltanto la cornice grottesca. Per Rabelais le varie categorie degli avvenienti, dell'esperienza, del sapere e dello stile si muovono e risuonano l'una dentro le altre; gli avvenimenti del primo libro si svolgono entro il raggio di poche miglia da una proprietà della famiglia di Rabelais e il motivo delle proporzioni gigantesche, buttate in un luogo preciso, serve allo scrittore per ottenere contrasti di prospettiva che scuotono il lettore, continuamente sballottato tra forme di vita provinciali e piacevoli ed eventi mostruosi e grotteschi. Quasi tutti gli elementi che si uniscono nello stile di Rabelais erano già noti nel tardo medioevo ma il suo intento è completamente opposto al modo di sentire medioevale. Le opere dell'ultimo medioevo hanno cornici ben delineate nei riguardi sociali, cosmologi, religiosi e morali, danno un solo aspetto alla volta alle cose esaminate; invece lo sforzo di Rabelais si volge a giocare con le cose e con tutte le possibili visuali che vi si connettono. La sua concezione è rivoluzionaria per l'incitamento a guardare, a sentire, a pensare, che è racchiuso in questo continuo giocare con le cose, invitando il lettore ad entrare in rapporto immediato con il mondo e con la ricchezza dei suoi fenomeni. Per lo scrittore è buono l'uomo che segue la sua natura, e buona è la vita naturale. Ciò che deriva dalla sua visione creaturale dell'uomo non ha più, come nel realismo medievale, un tono di lamento sulla caduta del corpo e di ciò che è terreno; il realismo creaturale di Rabelais è opposto, è vitale e dinamico; non esiste peccato originale e nemmeno giudizio finale, quindi non esiste una paura metafisica della morte. Nella sua visione del mondo, aperta a tutte le possibilità e che gioca con tutti gli aspetti, l'uomo è più libero di prima nei suoi pensieri e nell’attuazione dei suoi istinti e desideri; esalta i tratti comuni agli uomini, quelli sovraindividuali, soprattutto quelli istintivi e animaleschi. Però non tratteggia sempre una personalità compatta nei suoi personaggi, essi tendono a cambiare (Panurgo nell'episodio con il mercante di bestiame Dindenault: ci appare calmo e sottomesso mentre Dindenault lo deride ma alla fine si vendica crudelmente). Non si preoccupa molto dell'unità della persona quando mescola insieme furbizia, intelligenza, umanismo e crudeltà.

Rabelais gode del capovolgimento che questa visione della personalità comporta: l'unità dell'immagine cristiana del mondo e la conservazione figurale dell'essere terreno, che portavano a far si che la personalità restasse indistruttibile, cosa che appare evidente nella letteratura medievale e che è messa in pericolo per la prima volta, allorché l'idea dell'uomo non è più determinata dal concetto di unità e d'immortalità cristiana. In Rabelais non vi è separazione degli stili: non esiste nessuna norma estetica, tutto si accorda con tutto la realtà quotidiana è inserita nella fantasia più inverosimile, lo scherzo più grossolano è infarcito di erudizione e conclusioni filosofico-morali scaturiscono da parole o storie oscene. Quando mescola erudizione informe con arte popolaresca, l'erudizione non serve più ad appoggiare un dogma o una morale, ma serve al gioco grottesco che di volta in volta ci fa apparire le cose assurde e paradossali. Anche il suo popolarismo è particolare: i veri destinatari della sua opera sono gli appartenenti ad un ceto intellettuale eletto, non il popolo. I suoi scritti erano per la stampa, quindi per una minoranza. A riprova della sua mescolanza degli stili, abbiamo il prologo a Gargantua, che si apre rivolgendo ai suoi lettori chiamandoli "bevitori illustrissimi e impastati pregiatissimi" per poi citare subito dopo il 1l Simposio di Platone. Così facendo, già dalla prima frase, dando un assaggio del Simposio - quasi un testo sacro al tempo - a bevitori ed appestati, R ci dà il tono della sua opera, una mostruosa ed enorme mescolanza delle sfere. A quest'apertura segue una parafrasi allegra e grottesca per dimostrare che "l'abito non fa il monaco": "a cosa miro?...a questo, che voi leggendo i titoli scherzosi di ciò che ho scritto non vi ficchiate in testa di trovar qui soltanto pazzia divertente e sgomento di riso e beffe. Non dovete giudicar cosi alla leggera soltanto l'impressione esteriore." Questa mescolanza degli stili servi perfettamente all'intento di Rabelais, servì cioè ad una fertile ironia, che confonde gli aspetti abituali, fa apparire la realtà nella trascendenza, la saggezza nella pazzia, l'indignazione nella gioia di vivere. Quello che si cela nell'opera, che però si esprime in mille modi, è un atteggiamento dello spirito che lui steso chiama pantagruelismo: un modo di prendere 17 vita che abbraccia a un temo lo spirituale e il carnale e che non si lascia sfuggire nessuna possibilità che gli si offra. Questo gioco di infinite possibilità non sfocia mai in un delirio disordinato, e quindi nemico della vita. In questo studio cerchiamo l'unione del quotidiano e della serietà tragica e quindi la sua tragicità, per forza di cose impedita dalla cornice grottesca, potrebbe qui sembrare fuori luogo, ma ancora una volta la scena tra Panurgo e Dindenault ci viene da esempio: vediamo alternarsi temi lirici, nella descrizione del montone gettato in mare, ad improvvise erudizioni grottesche, nella descrizione della natura del montone con tanto di citazione di Aristotele, la serietà in Pantagruel consiste nella gioia di scoprire, piena di tutte le possibilità e pronta ad osare ogni esperienza, che era propria del suo tempo e che nessuno ha tradotto in termini sensibili come egli ha saputo fare. La sua mescolanza degli stili, la sua buffoneria socratica, si può chiamare stile sublime. Egli stesso ha trovato per lo stile sublime dei suoi libri una definizione incantevole, la quale è da sola un esempio di questo stile....


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