Il sale nell'economia del Mediterraneo PDF

Title Il sale nell'economia del Mediterraneo
Author Silvano Pierini
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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA “GIORGIO FUÀ” Corso di Laurea triennale in ECONOMIA E COMMERCIO IL SALE NELL’ECONOMIA DEL MEDITERRANEO Relatore: Rapporto Finale di: Prof. Augusto Ciuffetti Silvano Pierini Anno Accademico 2012/2013 Indice INTRODUZIONE.............................


Description

UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA “GIORGIO FUÀ” Corso di Laurea triennale in

ECONOMIA E COMMERCIO

IL SALE NELL’ECONOMIA DEL MEDITERRANEO

Relatore:

Rapporto Finale di:

Prof. Augusto Ciuffetti

Silvano Pierini

Anno Accademico 2012/2013

Indice

INTRODUZIONE............................................................................................................................I PARTE PRIMA .............................................................................................................................. 1 CAPITOLO I .................................................................................................................................. 1 - NELLE SOCIETÀ PRIMITIVE -................................................................................................. 1 CAPITOLO II ................................................................................................................................. 8 - IL PERCORSO DEL SALE -....................................................................................................... 8 PARTE SECONDA ...................................................................................................................... 20 -IL SALE NEL MEDITERRANEO-............................................................................................. 20 CAPITOLO III ............................................................................................................................. 21 -IL COMMERCIO DEL SALE NELLA REPUBBLICA VENETA-........................................... 21 TRA IL VII E IL XV SECOLO. ....................................................................................................... 21 IL MERCATO DEL SALE NEL XV SECOLO. .................................................................................... 24 LA POLITICA ECONOMICA DELL’UFFICIO DEL SALE..................................................................... 26 CAPITOLO IV.............................................................................................................................. 31 -LE SALINE DI COMACCHIO E DI CERVIA- ......................................................................... 31 SALINE DI COMACCHIO ............................................................................................................... 31 SALINE DI CERVIA ...................................................................................................................... 34 PRODUZIONE E COMMERCIO........................................................................................................ 37 CAPITOLO V ............................................................................................................................... 39 -MARGHERITA DI SAVOIA-...................................................................................................... 39

DAI TEMPI ANTICHI AL XIV SECOLO. .......................................................................................... 39 LA PRODUZIONE ED IL COMMERCIO DEL SALE............................................................................. 43 CAPITOLO VI.............................................................................................................................. 45 -LE SALINE DI TRAPANI-.......................................................................................................... 45 DAI TEMPI ANTICHI AL SEC. XVIII.............................................................................................. 45 DAGLI INIZI DEL SEC. XVIII AL 1950.......................................................................................... 47 CONCLUSIONE........................................................................................................................... 52 RIFERIMENTI............................................................................................................................. 53 BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................................... 55

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Introduzione

Questa tesi scaturisce da un voler percorrere un viaggio alla riscoperta, se non proprio per scoprire, alcuni degli aspetti che giacciono dietro ad un semplice alimento che assimiliamo un numero indefinito di volte nell’arco della giornata, il sale. Nella sua conformazione più conosciuta (cloruro di sodio, NaCl, per chi ha qualche nozione di chimica) possiamo decidere di consumarlo o meno, aggiungendolo alle nostre pietanze ma i suoi usi nell’industria moderna sono i più disparati che, qualunque sia la nostra scelta di vita a tavola, non possiamo non venirne a contatto. Eppure nelle società arcaiche nonché in quelle con una conformazione sociale preistorica, il sale ha ricoperto e ricopre un’importanza unica tanto da essere stato uno dei primi beni ad assumere la funzione di moneta di scambio. Molti scrittori greci e latini, financo Dante, ne parlarono e menzionarono la sua importanza sociale, rituale ed economica. Nel corso del Medioevo il sale accresce la sua importanza economica e diviene fonte di profitto e speculazione; è il periodo della nascita delle gabelle attraverso le quali i signori locali esercitavano i loro interessi sul sale che raggiunge prezzi spesso esorbitanti (da qui il termine “un conto salato”), proprio a causa della

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tassazione che vi gravitava attorno, tanto che spesso il prezzo finale era il 400 % del costo di produzione iniziale. E’ per questa ragione che mi accingo qui, ad approfondire gli aspetti di quello che un tempo veniva chiamato “l’oro bianco”. Oggi per oro bianco si pensa all’oro nella sua lega di ¾ oro ed ¼ rame e palladio, oppure potremmo anche pensare al “vecchio e caro” avorio, ma un tempo per oro bianco si intendeva il sale: merce che oggi siamo abituati a comprare a pochi centesimi.

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Parte prima CAPITOLO I - Nelle società primitive -

Il sale è un elemento essenziale per il corretto funzionamento dell’organismo dell’uomo e dell’animale. Una necessità di cui anche le popolazioni primitive ne erano a conoscenza. La vita di queste si è sempre sviluppata in zone dove il sale era presente o facilmente reperibile; è così possibile considerare questo elemento non meno importante dell’acqua per lo sviluppo degli insediamenti. È interessante sapere che il nostro sangue è una soluzione idrosalina identica a quella del mare primigenio e con questo ha in comune anche la concentrazione. Il corpo umano non è fatto che di acqua e sale. Nel sale, allo stato genuino, sono contenuti tutti gli elementi dell’organismo; è l’unico elemento che viene assimilato dall’organismo così come si presenta, senza alcuna trasformazione chimica. La rivoluzione agricola che si ebbe circa 10.000 anni fa spinse l’uomo a passare da una vita profusa alla caccia ed al nomadismo ad una radicata nella stazionarietà, legata all’agricoltura ed all’allevamento. Tuttavia questa nuova

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organizzazione portò con sé il problema della conservazione delle derrate alimentari che si venivano a creare. Problema che venne risolto soltanto intorno al VI-V secolo a.C. con la comparsa delle prime civiltà stabili: i Sumeri e gli Egizi. Queste furono le prime civiltà che compresero che la carne ed il pesce potevano essere conservate se coperte con il sale; gli stessi egizi impiegarono il sale quale strumento cardine per il processo di conservazione dei corpi dei defunti, la mummificazione. Il primo motivo per cui il sale iniziò ad essere ampiamente usato nelle popolazioni arcaiche fu proprio per questa capacità di conservare gli alimenti; ciò gli consentì di porsi come il bene attraverso il quale si regolarono gli scambi. In questa veste, di regolatore delle attività di scambio tra le popolazioni, ritengo interessante introdurre il caso di una popolazione tribale: i Baruya. Essi sono stati attentamente studiati dall’antropologo Maurice Godelier, del cui lavoro ho fatto prezioso strumento di studio. I Baruya sono una tribù della Nuova Guinea scoperti nel 1951, 1500 individui distribuiti in una dozzina di villaggi. Fino al XX secolo la loro economia era essenzialmente stazionaria; la tribù produceva ciò che era necessario alla sussistenza, niente di più. Gli strumenti che avevano sempre utilizzato per produrre erano primitivi (un’ascia di pietra levigata, un bastone da scavo, un coltello di bambù ed un punteruolo di osso), con bassa produttività, la quale dipendeva quasi totalmente dalla forza fisica degli uomini e dalle condizioni

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ambientali. L’alimentazione di questa tribù era caratterizzata essenzialmente da tuberi; sebbene avessero degli animali, non erano impiegati nell’alimentazione quotidiana. Come molte altre popolazioni avevano necessità di reperire sodio per il loro organismo che nelle zone costiere veniva estratto dall’acqua del mare ma, quasi mai, da queste zone veniva trasportato fin nell’entroterra, spesso per via dei conflitti tra le tribù. Le tribù interne dovettero quindi attrezzarsi in altro modo al fine di sopperire a questa mancanza; esse ricavavano il sale necessario estraendolo dalle ceneri di una pianta, raccolta o coltivata: la Coix gigantea Koenig ex Rob. Si tratta di una modalità di estrazione di tipo evaporidica, in quanto alle ceneri viene aggiunta l’acqua la quale cattura i minerali presenti nella cenere e viene poi fatta evaporare in appositi forni. Il sale prodotto assume forme oblunghe, si creano delle lastre di sale. Era una modalità di estrazione piuttosto lunga e complicata rispetto alla classica evaporazione dell’acqua marina ed aveva una durata pari a 21 giorni per la produzione di 75 lastre di sale. Nei Baruya la produzione del sale è un atto che spetta solo ed esclusivamente agli uomini e si conclude sempre con un pranzo collettivo (tsamune), dove tutti gli appartenenti della tribù possono consumare patate dolci e pezzetti di sale. All’interno della società il sale prodotto trova due modi per circolare: la redistribuzione e lo scambio “commerciale” (mumbie). Non bisogna dimenticare che i territori adatti alla coltivazione della pianta da cui estrarre il sale sono

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sempre oggetto di contesa tra le tribù, vista l’importanza dell’alimento nella società. Il capo della tribù che riesce a prevalere sulle altre nel controllo del territorio designato alla coltivazione delle piante ha la facoltà di ridistribuire il 50% della produzione del sale ai suoi familiari materni. Il restante sale viene scambiato con le persone che gli hanno offerto un servizio, soprattutto il proprietario del forno che ha messo a disposizione la propria conoscenza ed il proprio mezzo per la produzione del sale, oppure può essere scambiato all’interno della tribù o con gli stranieri, per ottenere altri beni necessari. E’ interessante notare come ad ogni gruppo straniero e per ogni prodotto spetti un preciso saggio di scambio, una sorta di primitiva borsa valori tra tribù e merci.

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Scambi essenziali con il sale (GS = grande sbarra di sale; MS = media sbarra di sale)

Per i Baruya lo scambio è un elemento strutturale della società ed il sale è la generale unità di misura per mezzo della quale effettuare gli scambi. Ma cosa ancora più importante il sale è scambiabile perché ha un valore d’uso all’interno delle società, sebbene questo sia legato principalmente ai rituali sacri; come scrive Godelier “il sale è un intermediario obbligatorio per accedere a tutte le merci socialmente disponibili e necessarie”. In questa società il sale è un tipo diverso di moneta che si differenzia dal denaro in quanto rispetto a questo non tende a valorizzarsi ma ad essere. Il sale è un bene d’uso ed è un bene raro. La prima volta che i Baruya vennero pagati con delle monete essi, non comprendendo quale

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fosse l’utilità, le gettarono o le usarono come ornamento; quando nelle isole vicine venne aperto un magazzino che dava loro vestiario e alcuni prodotti conservati in cambio delle monete, essi ne appresero l’uso. In questa società non è contemplata l’accumulazione del sale al fine di scambiarlo con profitto; il meccanismo propulsore degli scambi commerciali è solo il soddisfacimento dei bisogni sociali. Per i Baruya il sale è un oggetto prezioso e come la carne è “buono da mangiare, ma raro ed essenziale”. E’ prezioso perché: viene consumato esclusivamente nei momenti più solenni e più decisivi della vita degli individui e del gruppo, perché la sua produzione richiede sapere tecnico, perché grazie ad esso possono procurarsi ciò che manca loro potendo così varcare le limitazioni delle risorse che l’ambiente gli pone.

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Immagine raffigurante la distribuzione di sbarre di sale

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Capitolo II - Il percorso del sale Nei deserti africani si sono sviluppate le prime “Vie del sale”, delle rotte lungo le quali questo prezioso elemento veniva scambiato tra le varie tribù. Uno dei primi a parlare della correlazione tra il sale e la presenza di insediamenti umani fu lo storico greco Erodoto, nato nel 484 a.C. ad Alicarnasso. Egli ne “Le Storie”, nel libro IV scrive: «Al di là di quella delle fiere si stende un’altura di sabbia, da Tebe d’Egitto alle colonne d’Ercole. In questa zona, all’incirca ogni dieci giorni di cammino, ci sono blocchi di sale e collinette, e sulla sommità di ciascuna collinetta zampilla da mezzo il sale acqua fresca e dolce, e attorno vi abitano degli uomini. […] Per primi si incontrano a dieci giorni di viaggio da Tebe gli Ammonii. […] Dopo gli Ammonii, attraversando il ciglione sabbioso, ad altri dieci giorni di marcia c’è un ponticello di sale, simile a quello degli Ammonii, ed acqua; e vi abitano attorno uomini. […] Poi ad altri dieci giorni di marcia un’altra montagnola di sale ed acqua, e vi abitano attorno uomini. Sta vicino a questa montagnola un monte che ha nome Atlante.». I depositi di sale riportati da “Le Storie”, sono sicuramente evaporidici; questi sono tipici dei climi secchi e sono state le prime fonti per l’assimilazione e la raccolta del sale per le popolazioni dell’Africa settentrionale. Nel deserto il mezzo

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principale con cui, da allora fino ai giorni nostri, veniva e viene trasportato il sale, è il cammello. All’epoca perché questo animale era l’unico in grado di resistere ai climi aridi dei deserti, oggi perché risulta comunque essere il mezzo più economico per il trasporto. Nella città nigeriana di Bilma ad esempio, nota nel medioevo come rotta fondamentale delle carovane dei mercanti africani per accaparrarsi il sale che veniva prodotto nelle saline delle oasi, vengono prodotte 4000 tonnellate di sale l’anno, che richiedono un impiego di 28000 cammelli per il trasporto; calcolando quattro anni effettivi di utilizzo per animale, si avrà un rinnovamento del “parco cammelli” di 7000 capi l’anno. Questo porta agli allevatori un guadagno di circa due milioni di dollari; di conseguenza il potere politico ha un forte interesse a mantenere attiva questa tradizionale forma di trasporto interdicendo i camion ( D.Bagley, Flyaway, Fontana-Collins, Glasgow 1979, p.158.).

(Le vie del sale in Africa)

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Tra gli altri greci antichi che ben conobbero i benefici del sale abbiamo Ippocrate (460 a.C. – 377 a.C.), il medico che ha dato i natali al famoso giuramento. Ippocrate era a conoscenza del procedimento di estrazione del sale attraverso l’ebollizione dell’acqua marina. Più tardi troviamo il geografo Strabone (58 a.C. – 20 d.C.) fornire una descrizione del porto di Barletta (dove si svilupparono poi le saline di Margherita di Savoia) da cui partivano per lontani lidi lana e sale, merci molto richieste dalle matrone romane. Tuttavia il sale, pur essendo diffuso nelle popolazioni africane da molto tempo, trovò la sua prima forma di estrazione estensiva solo con i Romani. Questi furono il popolo che più di chiunque altro diede lustro a questo prodotto, non solo perché consistette in parte della paga dei legionari romani (da qui il contemporaneo termine “salario” come retribuzione dei lavoratori), ma soprattutto perché lo esportarono in tutti i territori conquistati dove vi impiantarono i loro sistemi di estrazione. I romani infatti, furono i primi a creare nelle zone litoranee delle grandi vasche di raccolta delle acque marine dove l’azione del sole e del vento provvedeva a far evaporare l’acqua, depositando il cloruro di sodio. Lo storico Tito Livio scrisse del quarto re di Roma, Anco Marzio, il quale fu il primo che si concentrò nella ristrutturazione delle saline naturali che esistevano nei litorali vicini alla foce del Tevere; in questi luoghi fin da un'epoca molto

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antica le popolazioni latine e sabine si recavano per fornirsi del sale che necessitava loro.

(Cartina raffigurante le saline di Ostia antica)

Con la creazione delle saline, il sale venne subito dichiarato monopolio di Roma, una prerogativa essenziale visto il potere che aveva acquisito anche grazie all’utilizzo di questo come mezzo di remunerazione dell’esercito. In epoca consolare si assiste poi ad un aumento del commercio del sale. E’ in quest’epoca che vengono costruite le prime vie consolari adibite al trasporto del bene in questione. Venne costruita la Via Salaria che serviva i traffici e gli scambi del sale da Roma fino a Porto d’Ascoli, per diramarsi poi nei rami Via Salaria Gallica, che collegava Asculum (Ascoli) con Forum Sempronii (Fossombrone), e

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Via Salaria Picena che da Castrum Truentinum (Porto D’Ascoli) raggiungeva Fanum fortunae (Fano). La Via Salaria fu la più conosciuta delle numerose “Vie del Sale” che si diffusero in tutta Italia ed Europa.

Queste vie

in

epoche successive a quella romana furono sempre più utilizzate dalle popolazioni locali per il trasporto delle merci. Generalmente, in Italia,

erano

strade

e

sentieri che collegavano le località montane con quelle costiere, tra le quali avvenivano gli scambi. Lana ed armi venivano trasportate verso il mare e da qui i mercanti tornavano indietro con carichi di sale, indispensabili per la produzione di formaggi, insaccati, per la conservazione delle olive, della carne, del pesce ed anche per la concia e la tintura delle pelli. Verso la fine del X secolo d.C., i territori a nord dello Stato Pontificio, ad eccezione della Repubblica di Venezia, risiedevano sotto il controllo del Sacro

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Romano Impero che affidò i diversi territori (lombardi - piemontesi - liguri) a famiglie fedeli all’Impero le quali, come dei buoni feudatari, assicuravano la sicurezza dei territori e dei traffici commerciali dietro la riscossione di gabelle. I paesi che si trovavano su queste vie del sale locali conobbero periodi floridi, divennero importanti centri commerciali coperti da ampie cinte murarie. Il trasporto del sale sulle vie veniva quasi sempre effettuato a dorso di mulo, giacché le strade erano impervie e poco consone allo spostamento dei carri. In Lombardia la più importante via del sale, provvedeva al collegamento di Pavia con Genova ed era controllata dalla famiglia Malaspina. L’attività di riscossione tuttavia generò spesso diversi conflitti tra le diverse amministrazioni locali e le popolazioni; in ogni caso essendo un bene indispensabile per le attività produttive e per la sussistenza, i governi si sono sempre subito interessati al controllo ed alla imposizione daziaria del sale. Interessante è il caso delle Guerre del sale che si svilupparono in Piemonte tra il 1500 ed il 1700, nel Ducato di Savoia. Le rivolte erano territorialmente circoscritte, riguardando generalmente la zona del Monregalese intorno al paese di Mondovì, in quanto la loro causa principale fu la struttura fiscale delle province piemontesi. In quel periodo infatti la finanza pubblica sabauda era composta da una pluralità di imposte che le singole comunità dovevano rendere; nel 1559 si assiste al primo decreto che impose un aumento del prezzo del sale, sicuramente per rimpinguare le casse pubbliche. Ma l...


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