Imparare A Rischiare PDF

Title Imparare A Rischiare
Course Sociologia economica
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Summary

Riassunto del libro "Imparare a rischiare. Come prendere decisioni giuste"...


Description

IMPARARE A RISCHIARE (COME PRENDERE DECISIONI GIUSTE) Gerd Gigerenzer è uno dei grandi della psicologia cognitiva. È un famoso psicologo di Berlino dove dirige un gruppo di ricercatori che si dedica a studiare come l’uomo prende decisioni in condizioni di incertezza. I temi principali affrontati in questo libro sono 3:  Come intendere il rischio;  Come affrontare l’incertezza;  E come non confondere l’uno con l’altro. Partiamo subito dalla distinzione di questi due concetti:  RISCHIO: comunemente inteso nella sua accezione negativa di “possibilità di subire un danno, una perdita, come eventualità generica o per il fatto di esporsi a un pericolo”, viene infatti definito anche come la “condizione in cui si trova un soggetto economico quando a ogni sua scelta sono associabili diverse conseguenze, ognuna con un determinato grado di probabilità”.  INCERTEZZA: certi rischi non sono conosciuti. Quante persone sono state uccise dai terroristi dell'11 settembre? Secondo Gerd Gigerenzer sono più di 4.500 gli individui morti per effetto diretto degli attentati: oltre ai quasi 3mila massacrati negli aerei di linea e nei loro obiettivi a terra, ce ne sono altri 1.600 che hanno perso la vita in incidenti stradali avvenuti negli Stati Uniti nei dodici mesi successivi, perché avevano scelto di andare in macchina invece di rischiare la sorte volando. L'analisi statistica di Gigerenzer sull'aumento del traffico stradale nel 2001-2002 – e le sue conseguenze letali – è uno dei tanti, efficacissimi esempi che propone in Imparare a rischiare: Come prendere decisioni giuste per dimostrare come le persone prendano decisioni sbagliate per scarsa conoscenza del rischio. Il problema non è solo l’ottusità degli esseri umani, ma il fenomeno di una società non alfabetizzata al rischio. Usiamo il termine “alfabetizzati” per indicare quegli individui in grado di leggere e scrivere. Tutti noi, quando sfogliamo un articolo di giornale, i nostri News Feed sui social network o le previsioni meteo dall’App del nostro cellulare non esiteremmo un istante prima di definirci “alfabetizzati”. Ma, nella società moderna, c’è un’alfabetizzazione che fatica a entrare nelle nostre vite ed è, probabilmente, una di quelle che affligge di più la nostra quotidianità e il modo in cui essa si ripercuote sulla collettività: l’alfabetizzazione al rischio. E se qualcuno pensa che i fondamenti dell’alfabetizzazione al rischio vengano insegnati (nei licei o nelle facoltà di medicina) un simile insegnamento lo cercherebbero invano.

Qualche anno fa il Regno Unito fu scosso da una novità. Il rischio di trombosi per le donne che prendono la pillola anticoncezionale di terza generazione era cresciuta del 100 per cento rispetto a quello della pillola di seconda generazione. Panico. Molte donne smisero di prendere la pillola. Risultato? Molte gravidanze non volute, spesso ragazzine, e molti aborti (13 mila in più), anche per cause naturali – gravidanze a aborto per ironia sono associate a rischio trombosi. Il 100 per cento fa paura, ma è un valore relativo, e quindi Gigerenzer si chiede: qual è quello assoluto? Gli studi su cui si basava la notizia mostravano che per la pillola di seconda generazione una donna su settemila aveva avuto una trombosi, mentre per quella di terza, due donne su settemila. Il valore relativo è 100 per cento ma quello assoluto è 1. Il 100 per cento spaventa (e mette in funziona il bias della disponibilità) 1 invece non spaventa. Gigerenzer propone, in sostanza, di costruire un nuovo vestito della festa (per tutti, intellettuali e fruitori), con un tessuto molto semplice, impariamo a riconoscere i bias velocemente, per esempio, chiedi sempre il rischio assoluto e non quello relativo. Come impariamo a gestire i rischi? Secondo Gigerenzer:  Ognuno può imparare a gestire il rischio;  Gli esperti sono un aspetto del problema non la soluzione (molti esperti hanno loro per primi delle difficoltà a capire i rischi;  Meno è più (difronte a un problema complesso noi cerchiamo una soluzione complessa, e quando non funziona, ne cerchiamo un’altra ancora più complessa. In un mondo incerto questo è un grosso problema. I problemi complessi non richiedono sempre soluzioni complesse). Gigerenzer è l’ideatore della «regola del pollice» (o euristiche) e chiunque si addentri nelle sue ricerche ne rimarrà non solo affascinato, ma rassicurato. Nel mondo del XXI secolo, dove tutto vira verso la complicazione più estrema, le sue teorie – e i consigli che ne scaturiscono – hanno lo straordinario pregio della concretezza. L’autore fa una distinzione tra errori buoni ed errori cattivi. Tra gli errori buoni (quelli che abbiamo bisogno di fare) rientrano le euristiche. Con il termine euristica si intende dei procedimenti mentali intuitivi, veloci e immediati, delle “scorciatoie” grazie alle quali il nostro cervello ci permette di elaborare un pensiero o un’idea a riguardo di un determinato argomento senza eccessivo sforzo cognitivo. Fra le diverse classi di euristiche ci sono:  E. del riconoscimento: se una di due alternative è riconosciuta e l’altra no, deducine che l’alternativa riconosciuta ha più valore.

 E. dello iato: se un cliente non fa acquisti da nove mesi o più, classificalo inattivo; altrimenti classificalo attivo. È usata dai dirigenti d’azienda per prevedere quali clienti fanno acquisti in futuro.  E. dello sguardo: guarda fisso un oggetto e regola la tua velocità in modo che l’angolo sotto cui lo guardi resti costante. È un’euristica veloce ed economica per la navigazione e gli atterraggi, per prendere una palla o intercettare un oggetto. Tra gli errori cattivi rientrano l’illusione del rischio zero (ogni volta che un rischio conosciuto viene scambiato per certezza assoluta, si ha un’illusione del rischio zero) e, l’illusione del tacchino detta anche illusione del rischio calcolabile (scambia l’incertezza per il rischio noto o calcolabile, e il risultato è un’illusione di certezza. Deriva anche dall’errata convinzione che ogni problema vada risolto con la teoria della probabilità, per es. con la regola di Bayes.) Gigerenzer durante una delle sue numerose conferenze, per dimostrare come le persone prendano decisioni sbagliate per scarsa conoscenza del rischio, affronta il tema della medicina e quello che i dottori dovrebbero sapere. È soprattutto la professione medica a essere presa di mira da questo studioso tedesco esperto di comunicazione del rischio, ma non risparmia colpi sporadici anche ad altri settori. Gigerenzer, psicologo dell'Istituto Max Planck per lo sviluppo umano di Berlino, è impietoso nei suoi attacchi contro tutti quelli che inducono in pazienti, clienti e cittadini troppa paura o troppa speranza in una certa terapia o in un certo investimento. A volte dietro a questi consigli fuorvianti c'è anche una deliberata volontà di raggiro, ma Gigerenzer è convinto (basandosi in particolare sul suo lavoro con i medici) che la colpa sia anche della pura e semplice ignoranza dei professionisti. «La causa principale è la sconcertante incapacità delle facoltà di medicina di fornire una formazione adeguata sulla valutazione del rischio», scrive. Gigerenzer, che nei corsi sul rischio che tiene regolarmente ha insegnato a un migliaio di medici affermati, stima che quattro dottori su cinque «non capiscono cosa significa un esame positivo [in uno screening oncologico], nemmeno nei loro campi di specializzazione. Non sono nella posizione per dare consigli appropriati ai loro pazienti e non sono in grado di valutare in modo critico un articolo pubblicato su una rivista di settore nel loro campo». I medici confondono rischi assoluti e rischi relativi, falsi positivi e falsi negativi, prevalenza e incidenza e molto altro ancora. L'effetto complessivo è che si finisce per ingigantire le probabilità che un individuo soffra di una certa malattia a seguito di un esame diagnostico. Tutto questo, esaspera la tendenza dei medici, specialmente negli Stati Uniti, a praticare una «medicina difensiva»: prescrivono un numero eccessivo di esami, farmaci o interventi chirurgici, anche a rischio di danneggiare il paziente, per

paura che il paziente gli faccia causa se si lasciano sfuggire una malattia. Gigerenzer, che per diversi anni ha insegnato psicologia all'Università di Chicago, cita a riprova una stima secondo cui i medici americani prescrivono ai bambini un milione di Tac non necessarie ogni anno, causando in questo modo un numero sostanzioso di tumori dato che i tessuti giovani sono più vulnerabili alle ingenti dosi di raggi X necessarie per effettuare questo tipo di esame. Quando si parla di loro stessi e dei loro parenti più stretti, i dottori sono meno «interventisti». Per questo Gigerenzer consiglia ai pazienti di non chiedere «al vostro medico cosa vi raccomanda, chiedetegli cosa vi raccomanderebbe se voi foste sua moglie, suo fratello, suo figlio». Per il mondo della finanza, la mole di dati a supporto della tesi sull'ignoranza statistica e la manipolazione non è altrettanto imponente, ma non perché Gigerenzer sia del parere che i banchieri di rischio ne capiscano più dei medici, semplicemente perché ha meno esperienza con la categoria. Le prove che fornisce sono comunque sufficienti a mettere sul banco degli imputati i professionisti della finanza, incapaci di comprendere o comunicare i rischi e i benefici dei loro prodotti. Il consiglio di investimento di Imparare a rischiare è di avere un portafoglio titoli semplice e diversificato, riducendo al minimo il coinvolgimento esterno. Sul lungo periodo la soluzione sta nella scuola: Gigerenzer propone di sottrarre un po' di tempo di insegnamento a materie più astratte come l'algebra e la geometria per lasciare più spazio al pensiero statistico, «la branca della matematica più utile nella vita». Non si configura certo come un manuale sull'analisi del rischio, ma potrà aiutare i lettori a prendere decisioni migliori in tutti quei casi in cui i dati sono offuscati dall'incertezza....


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