Italo Calvino, La giornata di uno scrutatore (scheda) PDF

Title Italo Calvino, La giornata di uno scrutatore (scheda)
Author Anonymous User
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Palermo
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Italo Calvino e la giornata di uno scrutatore. scheda riassuntiva sul romanzo con estratti recuperati sul web....


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ITALO CALVINO, La giornata d’uno scrutatore, Torino, Einaudi, 1963 La giornata d'uno scrutatore è un romanzo pubblicato da Italo Calvino nel 1963. Libro cerniera nell’opera intera di Calvino, contiene nuclei e tematiche appartenenti a diverse fasi, dando così continuità ed integrità alla produzione letteraria calviniana. Racconto (o romanzo breve) certamente pensoso e sofferto (Calvino impiegò dieci anni a realizzarlo - dal ‘53 al ‘63), mostra tutti i sintomi di una crisi su diversi fronti, uno dei quali è quello dell'impegno politico dell'autore. Ci si riferisce ai fatti d’Ungheria del 1956, che mostrano a tutto il mondo la crudezza e la brutalità dell’Urss nei confronti degli Stati “satelliti”, suscitando scalpore in tutti i paesi d'Europa, e scuotendo gli animi degli intellettuali di sinistra di ogni Paese. Molti sono i dissensi e le conseguenti uscite, volontarie o meno, dai partiti comunisti dell’epoca. Calvino risente di questi fatti come ogni intellettuale schierato similmente. Ma la sua, in quegli anni, è anche una crisi di metodo ed un processo alle facoltà conoscitive della letteratura. Tutte queste perplessità convergono nella Giornata, caratterizzandone la natura in maniera complessa e leggibile su vari livelli. La giornata d’uno scrutatore rimane quindi un ricchissimo serbatoio per comprendere un autore ed un’epoca. La trama Il romanzo racconta la giornata che Amerigo Ormea, intellettuale comunista, passa come scrutatore durante le elezioni del 1953 alla Piccola Casa della Divina Provvidenza “Cottolengo” di Torino, un istituto religioso dove sono ricoverati migliaia di minorati fisici e mentali. Lo scopo di Amerigo è quello di impedire che persone incapaci di intendere e di volere siano indotte dai religiosi a votare per la DC; tuttavia la vista di tutti gli infelici che abitano quel mondo parallelo scuoterà profondamente la sua coscienza, mettendo in crisi tutte le sue certezze e rendendolo, forse, alla fine della giornata, un uomo diverso. Già il nome del protagonista è significativo, infatti Amerigo ricorda ovviamente Amerigo Vespucci, Amerigo - come Vespucci - va in un mondo nuovo. Quando il nostro personaggio entra nel Cottolengo ha egualmente la sensazione di entrare in un altro mondo, il suo è un viaggio oltre le frontiere dell’umano. Invece il cognome Ormea è l’anagramma della parola “amore”, infatti ciò che Amerigo capirà, alla fine della giornata, è un nuovo significato di “amore”.

Il racconto si svolge tutto in una sola giornata ed è praticamente ambientato solo all’interno del Cottolengo; lì Amerigo assiste all’incredibile sfilata dei votanti che sono tutti individui “fuori dalla norma”, sono persone malate e con gravi deformità che colpiscono molto il protagonista e lo inducono a una serie di riflessioni e pensieri per lui completamente nuovi. Si chiede se sia giusto che questi uomini possano votare o essere aiutati a votare, si chiede cosa sia l’umano e fino a che punto arrivi l‘umano e l’unica risposta che trova è nell’amore, Lìumano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo. L’idea del libro La giornata di uno scrutatore è per molti versi un libro autobiografico, in quanto l’intellettuale Amerigo Ormea è chiaramente un alter ego dell’autore. È lo stesso Calvino, nella prefazione del libro, ad affermare che l’idea di scrivere La giornata di uno scrutatore gli venne per la prima volta con le elezioni del 7 giugno 1953 (la stessa data in cui è ambientato il romanzo), dopo aver passato alcuni minuti al Cottolengo in qualità di candidato del Partito Comunista. Aveva provato a scrivere subito, ma non ci era riuscito: era stato nell’istituto per troppo poco tempo. L’occasione per ritornarvi, questa volta in veste di scrutatore, si presentò con le elezioni amministrative del 1961. La vista degli infelici abitanti del Cottolengo costretti dai religiosi a votare per la DC (anche se non abbiamo prove di questa costrizione) lo fece però inorridire a tal punto che per i due anni successivi non riuscì lo stesso a scrivere il libro, che se fosse stato scritto non sarebbe stato altro che un violentissimo pamphlet antidemocristiano. La crisi dell’impegno Durante la giornata passata al Cottolengo, Amerigo, e quindi Calvino stesso, deve fare i conti con l’insensatezza della natura generatrice di mostri e alla fine della giornata non sarà più lo stesso. Prima dell’esperienza all’interno dell’istituto, infatti, Amerigo aveva cercato di sfidare la complessità del reale attraverso l’ideologia marxista, cercando cioè di applicare leggi generali alla risoluzione dei problemi sociali e politici. Il drammatico impatto con il Cottolengo tuttavia, lo costringe a riflettere su sé stesso, sul senso della propria azione e della vita stessa. Ideali e programmi politici infatti non hanno nulla a che fare con il dolore e la malattia dei poveri abitanti del Cottolengo e sicuramente non possono essere loro utili. A questa fase corrisponde una “resa al labirinto” del reale, che fa sì che lo

scrutatore non cerchi di opporsi alle numerose irregolarità alle quali assiste. Tuttavia a un certo punto della giornata, spostandosi tra le corsie come membro del seggio distaccato, Amerigo scorge due figure che lo colpiscono nel profondo: una suora che dedica la propria vita alla cura dei malati e un anziano padre che passa ogni domenica seduto su una sedia a schiacciare mandorle per il figlio deficiente. Da questo momento in poi, Amerigo non si riconosce più nella figura di intellettuale illuminista e marxista. Egli comprende che la complessità del reale è tale che non si può trovare una soluzione nella storia, nella società o nella politica. Una parziale risposta ai suoi dubbi esistenziali potrebbe consistere nell’amore (“l’umano arriva fin dove arriva l’amore”); ma sia l’autore, sia il lettore, sanno che la risposta non è esaustiva, né definitiva e forse più di essa conta il processo che tenta di analizzare la complessità del reale: più che la risposta quindi, conta la domanda e la volontà di tenere acceso quel lumicino che è la ragione. D’ora in poi, Amerigo Ormea non smetterà mai di mettere in crisi le proprie certezze e Italo Calvino proseguirà, attraverso diverse fasi, alla ricerca di un metodo, con una letteratura sempre propositiva e mai nichilistaviscerale-irrazionale. * MARIO DE ANGELIS, recensione, in ‘900 letterario”, online, 15 Dicembre 2013 La giornata d’uno scrutatore di Calvino: politica o amore? Nel 1963 Italo Calvino racconta al Corriere della Sera di aver scritto La giornata d’uno scrutatore in dieci anni: ma il motivo non è stato dettato dalla perizia e dall’ ossessione alla perfezione che possono portare a rimandare di molto il completamento di un’opera. Il motivo è legato alla sua esperienza personale. Nel 1953 era stato candidato con il Partito Comunista: si era cosi trovato a girare tra i seggi, anche in quello del Cottolengo, un istituto di cura gestito da suore. Ebbene, come Calvino stesso afferma, “Passai anche al Cottolengo quasi due giorni e fui anche tra gli scrutatori che vanno a raccogliere i voti tra le corsie. Il risultato fu che fui impedito a scrivere per molti mesi: le immagini che avevo negli occhi, di infelici senza capacità di intendere né di parlare né di muoversi, per i quali si allestiva la commedia di un voto delegato attraverso al prete o alla monaca, erano cosi infernali che avrebbero potuto

ispirarmi solo un pamphlet violentissimo, un manifesto anti democristiano”. Lo scrittore parla di “immagini da girone infernale” e in effetti sono quelle che descrive negli ultimi capitoli del libro. “La giornata d’uno scrutatore” non è però, come si potrebbe pensare, una denuncia politica. O meglio, è anche una denuncia politica, ma non solo: anzi l’aspetto della denuncia è forse quello che traspare di meno, un po’ perché “certe pratiche” erano ampiamente documentate giornalisticamente, quindi erano a conoscenza di tutti, un po’ perché i toni e lo stile della narrazione non sono affatto di intento polemico, né politico. Leggere il libro come una denuncia politica sarebbe una forzatura, e probabilmente neanche Calvino vorrebbe una cosa del genere. Il protagonista Amerigo è in parte calcato sulla figura del suo autore: anche lui fa l’esperienza nei seggi, anche lui è comunista, anche lui ragiona di politica. L’altra metà del personaggio di Amerigo è però staccata dal “calco calviniano”: Amerigo è anche una persona riflessiva, con grattacapi e pensieri soprattutto verso la sua fidanzata, Lia, che aspetta un bambino. Molti pensieri, che lo affliggono quando si trova al seggio, sono proprio dedicati a Lia e alla sua situazione. Il protagonista dedica i suoi pensieri a vari argomenti: Lia è il soggetto che più ingombra la sua testa. Si può scorgere un contrasto tra le azioni al seggio, monotone, ripetitive, asettiche, noiose e i pensieri che lo affliggono, soprattutto per quanto riguarda Lia, che definisce una “donna pre-logica”, “irrazionale”, lui, che si perde in dissertazioni sull’hegelismo. Ci sono anche altri argomenti tra i pensieri che affollano la mente di Amerigo: la situazione politica italiana del tempo, le considerazioni sulla società, cosa vuol dire per lui essere comunista, sul significato di democrazia, sulla legge elettorale (erano gli anni della “legge truffa”), riflessioni sull’amore inteso come principio motore. Le riflessioni, i pensieri che fa, però, non portano a conclusioni, sono solo vaghi fluttui di pensieri che non offrono soluzioni. Un po’ come forse l’animo del protagonista: oscillante, incapace di prendere una posizione netta, e - se lo fa - lo fa con difficoltà, anche in relazione ai suoi colleghi di seggio, nell’imporre suoi punti di vista. Anche con Lia è così: soccombe, è in balìa del carattere imprevedibile della ragazza, come ad esempio quando gli dirà che parte per Liverpool. Un personaggio con contorni cosi opachi

figuriamoci che tipo di posizione possa avere, nella coppia, quando si parla di figli, di procreazione, di costruire una famiglia. La reazione di Amerigo quando la donna gli dice del figlio, o meglio, quando Amerigo lo intuisce, è scomposta, disordinata, per poi sconfinare subito in un senso di colpa verso il suo egoismo e un senso di ammirazione per quella donna che si dimostra coraggiosa, netta, impavida. La giornata di Amerigo al Cottolengo trascorre con lenta monotonia, tra vari battibecchi con i suoi colleghi e il rapporto con la Madre superiora dell’Istituto. Il quadro più vivido è dipinto negli ultimi capitoli, quando Amerigo e altri scrutatori allestiscono un “seggio mobile” per far votare chi non può muoversi dal letto. Qui l’uomo molte volte cerca di far valere la sua opinione, quando vede un malato che non è in grado di riconoscere chi sta votando per lui o se ci sono delle palesi difficoltà di intendere e volere. La Madre superiora e il prete però forzano le decisioni: fanno leva sul fatto che alcuni malati non riconoscono mai la Madre superiora, pur se questa passa tutta la giornata con loro: Amerigo ha un sussulto. Riesce a percepire l’essenza dell’amore puro che ha portato la Madre ad aver deciso di dedicare la sua vita a questo tipo di “amore”: riesce a rendersi conto della sconfinata umanità che c’è negli occhi del contadino che è venuto per salutare suo figlio, ricoverato e costretto al letto. Pensa quindi che questo stesso amore lo può guidare nel suo slancio verso Lia: ora è cambiato, non vuole più essere brusco con lei, si pente di non averle detto nulla su quello che in quella giornata è andato a fare, vorrebbe chiamarla per dirle tutto, per essere affettuoso. Ma lei non risponde, il telefono è occupato. “Siamo come Cappuccetto Rosso in visita alla nonna malata – pensò Amerigo – Forse, aperta la tendina, non troveremo più la nonna, ma il lupo”. E poi: “Ogni nonna malata è sempre un lupo” Questo pensa Amerigo quando vede la Madre superiore scomparire dietro la tendina attorno al letto del malato che deve aiutare a far votare: considerazione che però, è evidente, contrasta coi ragionamenti di poco prima. Giocare su questo doppio binario è u po’ l’essenza del libro di Calvino: le suore che danno amore, ma le suore che sono anche strumento meschino di pratiche clientelari e di mortificazione della democrazia. “Non si può dire niente contro le suore. Come le suore non c’è nessuno” – lo dice l’ultimo votante, che ha due moncherini al posto delle mani ed è sempre vissuto al Cottolengo, dove le suore gli hanno insegnato tutto.

“La città dell’uomo faber, pensò Amerigo, rischia di scambiare le sue istituzioni per il fuoco segreto senza cui le città non si fondano né le ruote delle macchine vengono messe in moto: e nel difendere le istituzioni, senza accorgersene, può lasciare spegnere il fuoco”. In questi ultimi pensieri del protagonista è racchiuso tutta l’archiettettura di pensiero che regge il romanzo: la contraddizione su cui Amerigo impasta continuamente i suoi pensieri. Cosa prevale, l’amore disinteressato o “l’ amore” democristianamente inteso? La giornata d’uno scrutatore è un’opera dal retrogusto amaro, dalle tinte grigie e dallo stile semplice e lineare che non annoia mai il lettore pur affrontando tematiche politiche, sociali , morali e religiose. Attualissimo e riflessivo....


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