La città del XX secolo - B. Secchi PDF

Title La città del XX secolo - B. Secchi
Author Roberta Mantelli
Course Progettazione dell'architettura
Institution Politecnico di Milano
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Summary

Warning: TT: undefined function: 32 Warning: TT: undefined function: 32LA CITTA’ DEL VENTESIMO SECOLO - Bernardo Secchi Capitolo I : “Tre racconti”, pp. 3- Capitolo II : “Crescita e dissoluzione della città”, pp 13- Capitolo III : “La fine della città moderna”, pp. 63- Capitolo IV : “Città, individu...


Description

LA CITTA’ DEL VENTESIMO SECOLO - Bernardo Secchi -

Capitolo I : Capitolo II : Capitolo III : Capitolo IV : Capitolo V : Capitolo VI :

“Tre racconti”, pp. 3-12 “Crescita e dissoluzione della città”, pp 13-62 “La fine della città moderna”, pp. 63-107 “Città, individuo, società”, pp. 108-147 “Eventi, processi, periodi”, pp. 148-168 “Raccontare il presente”, pp. 169-176

CAP.1 - I TRE RACCONTI Un secolo può essere breve o lungo in base al modo in cui viene letto. Sul ventesimo secolo ci sono due ipotesi: si può considerare come un secolo breve oppure lungo in base agli eventi che vengono considerati. L’utilità di riflettere su che tipo di secolo sia, è che diverse visioni mettono in luce aspetti diversi del secolo, diversi centri tematici. La difficoltà nel determinare una “giusta” temporalità del secolo sta nel fatto che molti fenomeni del XX secolo sono sovra-determinati, esito cioè di un numero sovrabbondante di cause concorrenti. Per fare un esempio pratico, Musil parla della prima guerra mondiale come un fatto sovra-determinato, perché esito di numerose cause tra le quali non è possibile stabilire un ordine gerarchico. Analogamente sovra-determinate sono le trasformazioni della città e dei territori europei. La storia del XX secolo è ricca di biforcazioni, di percorsi prescelti e sentieri abbandonati, oltre che di improvvise rotture. I tre racconti che seguono hanno lo scopo di dimostrare come si possa considerare diversamente il XX secolo sulla base di centri tematici differenti. 1 – Espansione e dissoluzione della città (secolo lungo) Il XX secolo è collocato tra due estremi: l’attesa angosciosa di una crescita indefinita e smisurata della città e il timore della sua scomparsa o sella sua trasformazione in forme di cui è impossibile prevedere il destino. La crescita demografica è un fenomeno che ha colpito, negli anni 60, tutti i paesi europei e occidentali, i quali hanno sfruttato questo fenomeno per trasferire buona parte della popolazione di campagna nelle città. Il timore della dissoluzione della città, riguarda invece, gli ultimi decenni del secolo, quando i più elevati livelli di benessere sono la causa dei grandi spostamenti di popolazione al nord verso le aree urbane. Attesa e timore non sono però separati da una cesura netta, ma si sovrappongono lungo tutto il secolo. 2 – La fine della città moderna (secolo breve) Il secolo è dominato dall’idea della nascita di una “grande generazione” di intellettuali, e si diffonde l’idea che la costruzione della città possa far parte di un più vaso progetto di edificazione di una nuova società. La città e il territorio divengono oggetto di proposte radicali, attraverso le quali il secolo afferma la propria alterità rispetto ad epoche precedenti. L’urbanistica e l’architettura diventano, in questa logica, la rappresentazione del sistema di valori di una società protesa al cambiamento, nonché il concreto strumento di una più ampia politica di suo rinnovamento, progresso e liberazione. Si parla così di un secolo breve, durato per un lasso di tempo pari ai cinque decenni successivi alla seconda guerra mondiale, durante i quali si era rappresentata la modernità. 3 – Città, individuo e società (secolo lungo ma discontinuo) Questo secolo registra una chiara rottura con il passato, segnata dalla costruzione del Welfare State. Il XX secolo appare costituito da tre periodi, sovrapposti, con differenti centri tematici: un primo periodo in cui si esaurisce l’esperienza della società disciplinare e durante il quale si cerca di ripristinare una correttezza (moralizzazione) rispetto al XIX secolo (es. Vienna e Amsterdam); un secondo periodo in cui si ricerca il Welfare; un terzo periodo in cui domina la progressiva estetizzazione della vita individuale.

Il senso dei tre racconti Questi tre racconti dividono l’asse del tempo diversamente. Il primo si concentra su aspetti fenomenici e si scontra con una questione quasi insolubile: riusciamo a conoscere la realtà solo attraverso le sue rappresentazioni. Tenta di mostrare come la città si è trasformata servendosi di studi e ricerche. Il secondo si concentra sul ruolo del progetto e cerca di mostrare che la città del XX secolo si è trasformata anche perché immaginari e pratiche costruttive sono mutati e che, in questo cambiamento, il ruolo del progetto urbanistico e di architettura non è stato irrilevante. Il secondo si concentra sul ruolo dell’individuo: egli è alla continua ricerca del benessere individuale e collettivo; è il racconto di come questa ricerca abbia influito sulle trasformazioni dello spazio abitabile europeo e, in particolare, sulle trasformazioni della città. Le linee temporali dei tre racconti non coincidono con eventi che hanno segnato la storia economica, sociale e politica del secolo, perché la città non cambia immediatamente a seguito di questi evento. Questi tre racconti costruiscono tre differenti bacini semantici nei quali il futuro della città è disegnato rispettivamente dalla paura, dall’immaginazione, mentre il passato è disegnato da nostalgia e dalla volontà di separarsene. Al cuore dei tre racconti c’è, secondo Secchi, il problema della libertà individuale e collettiva. Esempi: - Siena è costituita da spazi urbani e di significati che il passato ci ha trasmesso; è il mito di una città e di una comunità perduta. - Les Hauts de Rouen propongono un tema diverso: quello della distanza che intercorre tra riflessioni, progetti e realizzazioni della “grande generazione”, tra i grandi esempi dell’architettura e dell’urbanistica moderna nella parte centrale del secolo e la folla oscura delle realizzazioni che cercano di seguirne e interpretarne i risultati. - Milton Keynes propone una riflessione sulla politica delle new towns. Essa vuole essere la rappresentazione di una progettazione ecologicamente corretta e che reinterpreti una tradizione progettuale maturata durante quasi un secolo di esperimenti. - la North Western Metropolitan Area (NWMA) propone un interrogativo. Nella Delta region, compresa tra Amsterdam, Rotterdam, Anversa e Bruxelles, si è venuta formando, creando una città aperta, diffusa dispersa.

CAP. 2 - CRESCITA E DISSOLUZIONE DELLA CITTA’ - Un secolo dominato dall’angoscia Come già detto è un secolo dominato da angoscia e timore. Urbanistica e architettura svolgono un ruolo salvifico di chi libera la società e la città dai fantasmi e dai malanni, assicurando più elevati livelli di benessere e libertà. La macchina urbana del XIX secolo si era dimostrata uno strumento di esclusione, segregazione e impoverimento di ogni esperienza. Questo atteggiamento ha portato le amministrazioni locali, architetti e urbanisti, ad esplorare temi che esorbitavano dai loro tradizionali ambiti di studio e intervento. Nel XX secolo si capisce che la città è un tema che interessa più discipline, che tra loro sono chiamate a dialogare. Negli ultimi decenni architettura, urbanistica e politiche urbane non appaiono più in grado di concettualizzare adeguatamente la nuova situazione della città e del territorio e, come la città, sembrano dissolversi in un nomadismo comunicativo che diviene ostacolo all’accumulo progressivo di risultati in gradi di dare risposte

efficaci alle domande che emergono dalla società, dall’economia e dal territorio. Questo racconto implica due sequenze: la prima costruita sull’esperienza della progressiva concentrazione urbana, la seconda su quella della frammentazione e dispersione della megalopoli entro territori di sorprendente dimensione. Il punto di passaggio tra le due sequenze si ha tra gli anni 60 e 70, anche se ad uno sguardo più attento si può notare che in realtà le due sequenze corrono parallele lungo tutto il secolo. - Concentrazione L’architettura della città ha cercato di rappresentare la nuova situazione. Movimenti di persone e di cose, di idee ed informazioni, di tendenze artistiche e politiche, inseguendosi con propri differenti ritmi, hanno espulso, da intere parti della città e dei territori ad essa contermini, individui e gruppi sociali, attività, funzioni e immagini meno competitivi sostituendoli con soggetti, attività, funzioni, ruoli e immagini nuovi. Rispetto al passato la città è divenuta un’ancor più imponente macchina produttrice di integrazione, ma anche di esclusione e segregazione. Parti importanti delle città sono state demolite e trasformate. Mano a mano che le tecniche del trasporto e la diffusione dell’automobile lo consentivano, la pressione sulle aree centrali è stata temperata dall’espansione di una vasta periferia, spesso identificata come il più evidente prodotto della crescita urbana del XX secolo. Si creano quindi suburbs e, allo stesso tempo, si producevano anche congestione e inquinamento nelle parti più dense della città . Le infrastrutture assumono una presenza visiva sempre più importante lungo tutta la prima metà del secolo suggeriscono ad architetti e urbanisti immagini, piani e progetti che invitano a dilatare dimensione e scala dello spazio urbano; ma a metà del secolo il rapporto Buchanan giunge alla conclusione che la soluzione dei problemi generati dalla congestione del traffico impone un radicale ridisegno della città. Concentrazione e dispersione nelle grandi periferie metropolitane divengono fenomeni autocontradditori, ciascuno causa del suo opposto. fanno sì che la città sia costantemente alla ricerca di un equilibrio spaziale e temprale tra il proprio ruolo e l’infrastruttura che ne consente un completo svolgimento, che la città sia perennemente instabile. Le reti nella città non saranno più concettualizzate unicamente come composte da tubi e canali, ma anche come insieme di vasi capillari entro tessuti spugnosi; il problema del traffico non sarà più un problema di adduzione e evacuazione ma anche problema di percolazione (metafora del passaggio lento di un liquido entro la massa porosa) entro città e territori porosi. - Città, metropoli, megalopoli I flussi migratori hanno alimentato la concentrazione urbana, già a partire dal XVII secolo. Questo porta a importanti cambiamenti nelle relazioni tra le diverse regioni del continente e del pianeta, modificandone l'ordinamento gerarchico e ritmi di crescita. Alla fine del ventesimo secolo le maggiori città del mondo sono diverse da quelle di un secolo prima. Il centro di gravità della popolazione urbana si è spostato, mentre la concentrazione urbana sembra essersi arrestata laddove si era inizialmente prodotta, cioè in Europa, e ciò ha portato con sé nuove interpretazioni e nuovi atteggiamenti nei confronti del fenomeno urbano. È la dispersione della città europea ed occidentale, via viene interpretata come forma degradata della città moderna e dalle forme urbane che l'hanno preceduta, che suscita nuove inquietudini e angosce e che costruisce la seconda sequenza del racconto. Si cerca durante il ventesimo secolo di studiare, attraverso diverse discipline, la città è il territorio; si registrano tentativi di comprenderli entro l'unico frame stabilendo tra loro nuove gerarchie, quanto ad un diverso e più razionale ordinamento delle politiche che hanno la città è il territorio come proprio oggetto. È messo in evidenza il carattere frammentario della città, l'impossibilità di riferirlo ad una sola immagine. Non sono pochi a pensare che tra gli anni 60-70 la città europea esca dalla modernità per entrare in un periodo nuovo, non ben definito. - Dispersione

Un gruppo di studiosi, Gregotti, Venturi e Rossi, cerca di riconcettualizzare la storia e la situazione della città occidentale. Gregotti mette in evidenza come la dilatazione del fenomeno Urbano su territori di in inusitata dimensione induca a nuovi rapporti con caratteri topografici di ciascuna parte di territorio investita dal progetto Urbano e di architettura. Rossi interpreta la storia della città europea Come continua costruzione Definizione dei caratteri topologici dello spazio urbano. Venturi sostiene che nelle città italiane di antico regime, l'adattamento e la stratificazione prevalgono sulla formazione rigida di un principio. Vanno delineandosi in questo secolo due ideali di città differenti: quella verticale e quella orizzontale. Il fenomeno di dispersione si verifica a Londra, quando comincia a diffondersi l’idea della English country house, o nelle Fiandre, dove un’intera area (quasi una regione per ampiezza) cerca di evitare la concentrazione di masse proletarie nelle maggiori città in favore della dispersione (è per questa politica di espansione che vanno sviluppandosi anche i trasporti pubblici su ferro). All’inizio del secolo si sviluppa in Francia la periferia Pavillionaire, spesso abusiva, che darà luogo a insoddisfazioni da parte delle famiglie che avendo acquistato un lotto di terreno senza conoscenze del luogo si trovano a lottare con inondazioni e mancanza di infrastrutture adeguate. - Nuova forma dell’abitare Le ripetute descrizioni della città diffusa e delle sue microscopiche variazioni hanno obbligato a prendere atto di una definitiva e generale trasformazione della società occidentale; una trasformazione in corso da tempo, ma che solo negli ultimi decenni del secolo produce le proprie conseguenze sul modo di pensare la città e le sue politiche. Si arriva infatti a dare un ruolo di centralità alle politiche dell’abitazione. La politica della casa, parte di un’ampia politica economica e sociale, darà luogo, lungo tutto il secolo, ad un insieme di studi, di ricerche e di politiche che lentamente modificano il ruolo dello Stato nei confronti della città, ma anche quello della città nei confronti delle politiche pubbliche. La città diviene il luogo ove, per tutta la prima metà del secolo, si sperimentano alcuni aspetti del Welfare: l’emergere del soggetto e della sua autonomia, della sua richiesta di una privacy, l’emergere quotidiano, il benessere individuale e collettivo e, infine, la progressiva democratizzazione dello spazio. - Politiche e progetti Nel XX secolo assistiamo ad una grande varietà di politiche e di progetti per la città. È in questo secolo infatti che si registrano esperienze di garden cities, new towns, di città e quartieri satelliti. Si costruiscono green belts che, limitando l’espansione urbana o separando tra loro parti di città differentemente connotate da un punto di vista funzionale e sociale, costruiscano nuovi paesaggi urbani. La critica dei primi decenni del secolo alla città del XIX secolo e alla società disciplinare che in essa si rappresenta come forma di organizzazione sociale e spaziale mutuata dall’istituzione totale e, in particolare, dalla grande fabbrica, spinge in un primo tempo, in due diverse direzioni: verso la costruzione di un’alternativa alla grande città (Broadacre, le città del lavoro sovietiche, le New Towns inglesi), o verso la sua moralizzazione (Amsterdam sud di Berlage e le hofe viennesi). Negli ultimi decenni, Cesare Beruto aveva tentato a Milano una cosa simile, ma i proprietari delle aree destinate alla nuova edificazione lo avevano costretto a rinunciare al super-blocco e a limitarsi ad arricchire gli spazi stradali. La costruzione di edilizia sociale tra le due guerre dà luogo in Europa anche ad esperienze più radicali. Alla ricerca di un ordine spaziale ove la modernità e un nuovo ordine sociale si rappresentino più chiaramente, esse compiono tre operazioni fondamentali: aprono l’isolato sino a dissolverlo in un insieme di oggetti tra loro separati e organizzati da differenti principi; eliminano la strada corridoio e modificano il modo sostanziale i rapporti tra spazio edificato e spazio libero. Si diffonde l’idea della distribuzione interna dell’alloggio, concepito come cellula elementare della composizione urbana e sociale; ogni elemento assume ruoli, funzioni, dimensioni e prestazioni definiti in

modi più possibile precisi; nelle versioni estreme, l’alloggio cambia di natura facendosi casa comune ove alcuni spazi sono condivisi dai diversi gruppi di abitanti; l’isolato si apre e si dissolve, le attrezzature collettive e le infrastrutture assumono un’identità e una collocazione specifica; l’insieme degli spazi aperti, strade, piazze, giardini e parchi, assume una propria forma coerente ad un ruolo che non è più compensatorio della bassa qualità dell’alloggio, ma è costitutivo della forma urbana. - Continuità e discontinuità La grande varietà di politiche e di progetti può essere raggruppata sotto le bandiere della continuità con il passato o dell’alterità, dell’affermazione della necessaria rottura di alcuni importanti legami con ciò che è venuto prima. Continuità e discontinuità sembrano inseguirsi lungo tutto il secolo. Ad uno sguardo più ravvicinato, da una distanza critica temporale, il secolo appare però dominato soprattutto dalla ricerca di continuità. NB. Continuità non è sinonimo di conservazione, cosi come discontinuità non è sinonimo di alterità. La continuità è una linea che viene seguita dalla maggior parte delle città europee nei due dopoguerra; il “dov’era com’era” diviene un giustificato imperativo in molte occasioni. Nella seconda metà del secolo prendono piede fenomeni di dispersione e di frammentazione dello spazio urbano. - Ricostruzione e dismissione della città industriale Sopraffatte dall’imponente domanda di abitazioni, di attrezzature e di infrastrutture, dagli intensi flussi migratori e dalla crescita demografica, le amministrazioni delle città europee si sono trovate impreparate a fronteggiare fortissime pressioni speculative. Ma le ondate speculative del secondo dopoguerra hanno avuto conseguenze ancor più durature sulla costituzione fisica della città, che si traduce nella costruzione di immense periferie. A partire dalla seconda metà degli anni 60, le condizioni di vita della grande città europea appaiono sempre meno sopportabili a parti sempre più consistenti della sua popolazione. Nasce una questione urbana che riecheggia la questione delle abitazioni di un secolo prima. Ci troviamo in un periodo in cui famiglie e fabbriche vengono non solo attratte dalla campagna, ma anche respinte dalla città. Nelle grandi città europee, specialmente nelle grandi città della rivoluzione industriale, si aprono i vuoti di aree industriali abbandonate. Un fenomeno non nuovo: più volte alcune città europee sono stata abbandonate dai loro abitanti e poi ricostruite utilizzando in parte i materiali della città precedente. Come conseguenza, sono state abbandonate intere parti del sistema infrastrutturale. Ciò che era stato lentamente accumulato durante quasi due secoli di crescita e sviluppo, intere parti di città si trovano ad essere prive di una funzione e di un ruolo con gravi conseguenze sui livelli occupazionali, sullo sviluppo demografico e sulla geografia sociale, funzionale e simbolica dell’intera città. Contemporaneamente, nei paesi e nelle regioni più povere, il confronto con le parti di città costruite abusivamente, bidonvilles, barrios, favelas, porta a dubitare dell’efficacia delle politiche amministrative, delle tecniche, degli strumenti e dei principi del Welfare State e dell’urbanistica moderna. - Il tempo Di fronte al frammento e alla dispersione urbanistica, architettura e politiche urbane sembrano non essere più in grado di ritrovare un pertinente programma di ricerca comune: da un lato devono dare risposte rapide e immediate ad una società sempre più esigente, dall’altro divengono sempre più consapevoli dell’inerzia e della durabilità dei propri prodotti. Negli anni 50 Olivetti, che negli anni tra le due guerre aveva studiato negli Stati Uniti, riprende, nel secondo dopoguerra le idee che aveva visto applicate nel New Deal, nelle città di Ivrea e nel Canavese. Olivetti pensa

a degli insediamenti nei quali si possa riconoscere lo spirito comunitario della città dell’uomo, ma nei quali particolare attenzione viene posta anche alla qualità dello spazio del lavoro e dello spazio abitato. Le sue proposte furono allo stesso tempo tardive e mature: in quegli anni il sistema economico italiano era troppo proteso verso l’utilizzazione di un’estesa forza lavoro entro le maggiori aree industriali e urbane; inoltre, è solo alla fine del secolo che si inizia a concepire la porosità e la dispersione anche come occasione per costruire una nuova forma urbana e sociale nella quale per molti versi si rappresenti un nuovo rapporto con la natura e l’alterità del XX secolo rispetto al passato. Le esperienze cu...


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