La critica cinematografica. Un'introduzione PDF

Title La critica cinematografica. Un'introduzione
Author Claudio Bisoni
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5301-cop-Bisoni_a1 26/02/2013 12:14 Page 1 8 mm 130 mm 210 mm Claudio Bisoni La critica cinematografica La critica cinematografica incontra oggi una rinascita grazie al web. Sempre più siti e portali ospitano di- scussioni sul cinema e recensioni di film. Il cinema continua a stare al centro della d...


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La critica cinematografica. Un'introduzione Claudio Bisoni

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CLAUDIO BISONI LA CRITICA CINEMATOGRAFICA Un’introduzione

Centopagine Collana diretta da Stefano Calabrese, Alberto De Bernardi, Elisabetta Menetti e Guglielmo Pescatore

Claudio Bisoni

La critica cinematografica Un’introduzione

© 2013 by CLUEB Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.

Copertina e progetto grafico: Avenida (Modena)

ISBN 978-88-6633-121-6

ArchetipoLibri 40126 Bologna - Via Marsala 31 Tel. 051 220736 - Fax 051 237758 www.archetipolibri.it / www.clueb.com ArchetipoLibri è un marchio Clueb Finito di stampare nel mese di marzo 2013 da Editografica, Rastignano (Bo)

INDICE

Introduzione ...................................................................................

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Prima parte – La critica cinematografica dagli inizi del Novecento a oggi Capitolo 1 – Dagli anni Dieci alla Seconda Guerra Mondiale .... 1.1 In Italia … ............................................................................. 1.2 … e in Francia ......................................................................

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Capitolo 2 – Primo approfondimento: il secondo dopoguerra e la nascita della critica moderna in Francia ...................................... 2.1 Tra anni Quaranta e Cinquanta ........................................... 2.2 La politique des auteurs ........................................................ 2.3 La critica moderna tra novità e tradizione ...........................

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Capitolo 3 – Secondo approfondimento: dal sonoro al canone (neo)realista in Italia ................................................................... 3.1 La critica verso l’istituzionalizzazione ................................. 3.2 L’esperienza di «Cinema» .................................................... 3.3 Realismo e ambientazione .................................................... 3.4 «Cinema» e l’opzione realista: una questione ancora aperta 3.5 Il canone (neo)realista ..........................................................

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Capitolo 4 – Dagli anni delle lotte politiche alla fine del secolo ... 4.1 Sessantotto e dintorni ........................................................... 4.2 Dagli anni Ottanta agli inizi del nuovo millennio ...............

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Capitolo 5 – La critica di cinema nella cultura digitale .............. 5.1 Una storia inedita ................................................................. 5.2 La commistione delle tipologie di discorso ......................... 5.3 La ridefinizione della nozione di gusto ................................

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Indice

5.4 La ridefinizione dell’expertise .............................................. 5.5 La de-istituzionalizzazione ...................................................

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Seconda parte – Istituzione, metodo, pratica Capitolo 6 – Definizioni ............................................................. 6.1 Un termine generico ............................................................. 6.2 La critica come istituzione ................................................... 6.3 Una prospettiva archeologica ............................................... 6.4 Grado di autonomia .............................................................

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Capitolo 7 – Il campo della critica cinematografica .................... 7.1 Regolarità .............................................................................. 7.2 La forma-recensione ............................................................. 7.3 La recensione nel contesto discorsivo degli altri discorsi critici ...........................................................................................

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Capitolo 8 – La critica come mestiere ......................................... 8.1 Il modello di analisi di David Bordwell ............................... 8.2 Quello che i critici non dicono: l’interpretazione in pratica .. 8.3 Critica, retorica e risoluzione di problemi ...........................

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Capitolo 9 – Significati, mappature e schemi .............................. 9.1 Tipologie di significato ......................................................... 9.2 Strutture di significato .......................................................... 9.3 Doppioni oppositivi e temi .................................................. 9.4 Un tema longevo: la riflessività ............................................ 9.5 Logica, funzionamento, applicabilità di un tema ................ 9.6 Mappatura, due modelli a confronto ................................... 9.7 Schemi concettuali ...............................................................

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Capitolo 10 – Conclusioni: vincoli e libertà ................................ 10.1 I limiti dell’interpretazione ................................................ 10.2 Storia della critica e storia della cultura: gli studi sulla ricezione ........................................................................................ 10.3 Janet Staiger di fronte alla ricezione critica di Arancia Meccanica ........................................................................................... 10.4 Coda: la critica nel circuito dei discorsi sociali .................

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Bibliografia .................................................................................

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Introduzione

Tra crisi e rinascita È stata a lungo opinione diffusa che la critica cinematografica non stesse attraversando un periodo di buona salute. In parte è così anche nel nostro presente digitale. Gli spazi che quotidiani e settimanali dedicano alle recensioni dei film è in via di assottigliamento ormai da una trentina d’anni, se non di più. Le riviste di cinema specializzate festeggiano quando riescono a stampare copie in numeri a quattro cifre. E sono pochissime. I critici cinematografici capaci di sopravvivere (cioè di guadagnare uno stipendio stabile) facendo i critici cinematografici compongono una casta ristrettissima di individui, in genere guardati con invidia dall’enorme massa di operatori del settore che affidano l’esercizio compulsivo di visione e recensione ai secondi lavori, all’ottimismo della volontà, al volontariato culturale, in poche parole, al consumo del tempo libero. Nell’epoca di internet l’aspetto di volontariato culturale da sempre proprio della critica si è accentuato. Tuttavia è anche alla base della grande espansione e de-istituzionalizzazione dei discorsi critici che chiunque frequenti siti di cinema e blog ha davanti agli occhi tutti giorni. Dunque proprio oggi che la critica assomiglia sempre più a un hobby siamo circondati dal proliferare di discorsi che riguardano il cinema: il ritorno della cinefilia, il moltiplicarsi delle recensioni su riviste e siti di argomento cinematografico, il gioco delle opinioni e dei commenti sui film, i dibattiti sui social network: una vitalità inattesa il cui carattere di novità non va trascurato [Tryon 2009; De Valck, Hagener 2005; Menarini 2012].

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Introduzione

La critica allo specchio Eppure sotto la vernice del nuovo, sotto il cambiamento delle forme di scrittura e del linguaggio, le tecniche di analisi e i trucchi del mestiere rimangono pressappoco sempre gli stessi. La critica cinematografica è stata e in parte è ancora anche un’istituzione organizzata intorno a sindacati o associazioni di categoria, un insieme di pratiche discorsive che quasi tutti coloro che scrivono di cinema ripercorrono e rinnovano. Inoltre la critica continua a fare un’altra cosa che ha sempre fatto: riflettere su se stessa. Basta sfogliare un’antologia degli scritti dedicati al cinema nei primi due decenni del Novecento [Tra una film e l’altra …, 1980] per accorgersi che la critica cinematografica, fin dalle origini, si è incessantemente interrogata sul proprio statuto, sulla propria legittimità, sulle proprie funzioni. Possiamo dire che l’attitudine all’auto-osservazione è il tratto che meno si è modificato a contatto con i cambiamenti storici, sociali, culturali del secolo. Il compito dell’interpretazione ha coinciso almeno in parte con una pratica di monitoraggio continuo, di allarmata lamentazione verso periodi precedenti (quasi sempre ricordati come più floridi) e futuri (quasi sempre descritti in termini apocalittici). Semplificando un po’ le questioni in gioco (e lasciando da parte la tradizione specifica della storiografia della critica cinematografica), possiamo dire che l’auto-osservazione ha prodotto e continua a produrre riflessioni intorno a quattro questioni generali. In primo luogo ci si interroga sui criteri di appropriatezza. È in questione il set di strumenti, più o meno adeguati, per svolgere il compito professionale. In che modo la critica rende ragione della complessità dei fenomeni che è chiamata a descrivere e giudicare? Col mutare degli oggetti devono mutare anche gli strumenti per comprenderli? È un problema di pertinenza, valenza euristica, grado di aggiornamento delle competenze in campo nell’attività intellettuale. Facciamo due esempi. Il primo è I sette peccati capitali della critica, un articolo di François Truffaut degli anni Cinquanta in cui sostanzialmente si dice che il cinema è una cosa troppo complicata per cervelli che hanno dato il meglio di sé nel 1925. Il futuro regista pone in modo brutale il problema della competenza dei recensori, dei saperi necessa-

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ri a un corretto esercizio della professione. La sua tesi suona così: alla critica francese mancano troppe cose perché il prodotto del lavoro intellettuale non risulti scadente: conoscenze storiche (i critici ignorano la storia del cinema), conoscenze tecniche (i critici non sono in grado di descrivere in modo competente una tecnica di ripresa), immaginazione (se i critici ne fossero dotati farebbero film invece di parlare di quelli degli altri), consapevolezza operativa (i critici fanno il processo alle intenzioni dei registi, ma poiché non sono in grado di ricostruirle, è come se giudicassero oggetti immaginari, inesistenti) [ora in Truffaut 1988]. Secondo esempio: un articolo di Marcello Walter Bruno intitolato Critica atto impuro [Bruno 1990]. Siamo negli anni Novanta. La questione non è più la presenza/assenza di competenze, ma la presenza/assenza di competenze adeguate. Secondo Bruno, la critica è sempre stata gestita da persone che hanno forzato il testo all’interno di griglie interpretative prestabilite. Di fronte alla natura violenta dell’analisi bisogna reagire su due fronti: cercando di mantenere attraverso il gesto analitico la “godibilità” del film e superando certi pregiudizi. Il fatto su cui la critica non sembra essersi soffermata abbastanza è la natura complessa del cinema così detto postmoderno. Questo cinema viene dopo la morte del cinema, nell’epoca della televisione. È quindi un cinema che ha imparato a riflettere su se stesso, a sviluppare un lato concettuale reintroducendo anche il piacere dello spettacolo (che si era in parte perso nella fase più “purista” della modernità cinematografica). Insomma, Bruno si pone la questione dell’aggiornamento della categorie critiche a partire da un problema di adeguatezza all’oggetto: l’oggetto è cambiato e la critica deve tenerne conto [Bruno 1989]. In secondo luogo ci si interroga sul grado e il potere di iscrizione sociale della critica cinematografica. Su questo piano è in gioco la performatività culturale della critica come istituzione nei confronti dell’opinione pubblica, vale a dire il ruolo della critica in termini di orientamento-condizionamento del consumo, del gusto, degli altri processi di ricezione. Quale è l’ampiezza dell’influenza del critico? Quale la capacità nel promuovere o marginalizzare un film? Più in generale, quanto la critica conta nell’affermazione di scuole, nei meccanismi di canonizzazione, nel consolidamento di determinate poetiche? Da questo

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Introduzione

punto di vista il tono di lamentazione si mantiene costante come una sorta di basso continuo attraverso i decenni. Quasi sempre si dà per scontato che il potere di influenza e l’autorità della critica abbiano seguito una parabola di decadenza. Queste considerazioni in realtà nascondono un’idealizzazione del passato. L’idea di un mondo in cui la critica giace inascoltata presuppone l’esistenza, in un’altra epoca neppure tanto lontano dalla nostra, di un mondo in cui le cose non erano così. Quando la critica cinematografica è stata realmente influente? Di solito, se si devono fare i nomi dei critici più temuti si ricade sempre sugli stessi esempi: Pauline Kael (il critico del «New Yorker» dagli anni Sessanta ai primi Novanta) nei confronti di qualche regista della New Hollywood, Giuseppe Marotta degli anni Sessanta nei confronti del cinema italiano, le firme di Bosley Crowther e Vincent Canby per i lettori del «New York Times». Pochi nomi appunto, quasi tutti appartenenti a un periodo compreso tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, tra la nascita del cinema moderno e gli ultimi fuochi del radicalismo teorico-politico: un giro d’anni a cui ci si è riferiti con l’espressione «The Golden Age of Movie Criticism» [Lopate 2006, IX]. Più che altro eccezioni rispetto a una norma ben diversa. La verità è che la critica ha esercitato qualche influenza in settori limitati della storia del cinema moderno, senza mai incidere in modo determinante sulle dinamiche di consumo e di popolarità dei film. Nessun critico ha mai avuto il potere di compromettere o cancellare un successo popolare, né viceversa di canonizzare, da solo, opere, correnti, autori (ogni canonizzazione di un testo, per definizione, richiede la presenza di più variabili, a meno che il testo non sia Il Libro e il critico non sia Dio …). Più di recente questi temi sono tornati al centro di un confronto che vede da una parte chi ha fiducia nei media elettronici e nelle culture digitali come propulsori per lo sviluppo di forme di influenza e di potere critico, dall’altra parte chi invece profetizza la diffusione di un dilettantismo emergente dalle ceneri della “sprofessionalizzazione” della critica introdotta dal web (si veda il capitolo 5). In terzo luogo ci si interroga sui criteri che organizzano lo statuto discorsivo. La critica è un insieme più o meno omogeneo di discorsi che si colloca all’interno di un più ampio contesto di saperi, prese di parola, generi letterari. Su questo piano è in que-

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stione la natura della critica come parte del circuito dei discorsi sociali. Che tipo di genere letterario è la critica cinematografica? Come si organizza al proprio interno? Come si relaziona all’esterno con altre forme di sapere? Rimandano a queste domande gli interventi che si sono interrogati sul problema dei prestiti intellettuali, sul rapporto tra la critica cinematografica e saperi “limitrofi”, come l’estetica, la filosofia, la sociologia del consumo, la semiotica, la psicanalisi ecc. In quarto luogo, ci si interroga sui criteri di legittimità di giudizio, sul grado di oggettività/soggettività dell’enunciato valutativo. Quanto il momento di valutazione è intrinseco alla critica? Si può fare a meno della fase di giudizio e limitarsi al commento-analisi del proprio oggetto? Ammesso pure che la presenza del giudizio sia legittima in linea di principio, come renderla in linea di fatto qualcosa di più di un capriccio della soggettività? A questo ambito di interrogazioni appartengono i discorsi incentrati sul livello più o meno alto di impressionismo della critica cinematografica. In genere due sono le posizioni antitetiche più ricorrenti. Da una parte c’è chi afferma che l’elemento del giudizio è l’aspetto più arbitrario dell’attività critico-interpretativa e in certi casi è del tutto non pertinente. Un esempio di questa posizione è l’articolo di Bruno già citato: nel momento in cui tutto il cinema contemporaneo funziona come un oggetto concettuale, non ha senso esprimere enunciati del tipo «buona le recitazione» o «bella la fotografia». Sul fronte opposto invece si colloca chi continua a rivendicare un ruolo determinante per l’enunciato di gusto in ogni tipo di discorso critico [Carroll 2009]. Il lavoro della critica Da questi ambiti di riflessione soprattutto due idee sono penetrate nel senso comune: l’idea della critica come effetto di una preparazione e di un gusto individuali (l’expertise del critico) e l’idea della critica come forma di scrittura personale [Canova 1990, id. 1992; De Marinis 1996]: un’idea che esprimeva anche Oscar Wilde quando diceva che la critica è l’unica forma decente di autobiografia. L’esercizio critico rimane per molti appassionati di cinema principalmente una sorta di meta naturale,

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Introduzione

di organizzazione spontanea dell’amore per il cinema. Come tutte le attività che almeno potenzialmente consentono di conciliare il soddisfacimento delle esigenze economiche con il piacere personale, è un mestiere meno elitario di un tempo ma ancora ambito e desiderato. Il critico (il critico cinematografico in modo non diverso dai suoi colleghi di altre arti o linguaggi) è considerato nello stereotipo comune un individuo che al rigore della preparazione, alla motivazione del giudizio giunge per via di una capacità di esprimere il proprio gusto. È questo aspetto – che mescola un effetto di competenza con un effetto di espressione del sé – a rappresentare il dato più invitante dell’autorità della critica. Per alcuni inoltre la critica non è altro che una forma di scrittura, un luogo in cui i saperi trovano un’organizzazione coerente data dallo stile di un singolo (il recensore di talento). Se ripercorriamo la produzione scritta dei maggiori critici in vari campi, dallo studio della cultura popolare alla letteratura e ancora al cinema e alle altre arti, attraverso nomi come quelli di Serge Daney, Jonathan Rosenbaum, Pauline Kael, Robert Warshow, Roland Barthes, Harold Bloom, Octavio Paz, George Stainer, ci troviamo di fronte a un paradosso: in alcuni casi si tratta di voci dotate di saperi immensi, di erudizione pressoché sconfinata, ma ciò che fa lo stile pare essere l’uomo. Ciò che rende uniche, distinte, autorevoli, usurpatrici queste voci è l’abilità del bricoleur intellettuale, la capacità di conferire al sapere un aspetto nuovo, di creare cortocircuiti tra differenti settori della conoscenza. Ebbene, questa abilità è sotto gli occhi di tutti, è il dato più sensibile del critico di talento. Si può ricostruire, forse imitare. Non insegnare. Dunque nel presente libro se ne parlerà pochissimo, con la consapevolezza che si tratta di uno scacco di partenza: l’ingrediente essenziale nella scrittura critica è anche l’elemento più difficile da tramandare. Ciò peraltro non significa che non si possa co...


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