La Dimensione Pragmatica del Linguaggio - Cap.9 di Linguistica Generale PDF

Title La Dimensione Pragmatica del Linguaggio - Cap.9 di Linguistica Generale
Author Debora Tonnicchi
Course Glottologia
Institution Università degli Studi della Tuscia
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Summary

Riassunto del capitolo 9 di Linguistica Generale (Pragmatica)...


Description

PRAGMATICA PRAGMATICA: lo studio degli aspetti del linguaggio che dipendono dal contesto e lo studio degli usi e della comprensione della lingua che esulano dalle conoscenze linguistiche puramente strutturali e anche lo studio della capacità dei parlanti di usare il linguaggio per comunicare più di quanto effettivamente dicono. La pragmatica moderna in linguistica nasce nel Novecento ufficialmente nel 1938 dal filosofo americano Charles Morris che usa il termine pragmatics nei suoi “Lineamenti di una teoria dei segni” per indicare lo studio della relazione tra i segni e i loro interpreti. Le basi della moderna riflessione pragmatica sul linguaggio si collocano nell’ambito della corrente filosoficolinguistica detta filosofia del linguaggio, che pone come oggetto di studio il linguaggio comune, ordinario nelle sue varie e concrete forme d’uso. Ad influenzare significativamente questo interesse per il linguaggio comune sono state le tesi sostenute dal filosofo Ludwig Wittgenstein nella seconda fase del suo pensiero, ovvero quella di descrivere il linguaggio della quotidianità, quello fatto di una moltitudine di usi e pratiche (che lui chiama giochi linguistici; sostiene inoltre che il significato delle espressioni linguistiche dipendono in realtà dell’uso che i parlanti ne fanno nei vari contesti: il significato di una parola o di un’espressione varia in relazione al contesto in cui è inserita e solo osservando come è usata in quel particolare “gioco linguistico” è possibile afferrarne il senso. I PERFORMATIVI Enunciati constativi (o descrittivi o dichiarativi): descrivono stati di cose, eventi, processi ecc. che possono essere verificabili secondo i criteri di verità e falsità. (asserzioni) Es: Paolo è biondo, la mia casa è grande, c’è vita su Marte. Enunciati performativi: serve a compiere l’azione stessa, senza descriverla o esporla, ma eseguendola. La maggior parte degli enunciati performativi vengono realizzati grazie ad una categoria di verbi detti verbi performativi, i quali se usati alla 1 persona singolare o plurale dell’indicativo presente, consentono di realizzare esplicitamente l’atto linguistico. Verbi come: battezzare, promettere, dichiarare, confessare, lasciare in eredità, ecc. I verbi performativi si dividono in due sottogruppi: -

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Verbi rhetici indicano il semplice compimento dell’atto linguistico. Ne fanno parte verbi come: sostenere, domandare, affermare, contestare ecc. Es: mi domando se è il caso di cambiare. Verbi thetici  indicano ciò che succede una volta che si compie l’atto linguistico ciò riguardano il modo in cui uno stato di cose cambia una volta che viene proferito un enunciato performativo. Ne fanno parte verbi come: nominare, abrogare, dichiarare, promettere, battezzare, scomunicare, accusare, ordinare ecc. (verbi che effettivamente mettono in pratica l’atto linguistico descritto della frase) Es: “…. La dichiaro dottore in scienze politiche”

Nel caso degli enunciati performativi parliamo, non di condizioni di verità/falsità come quelle degli enunciati constatativi, ma di condizioni di felicità, cioè di condizioni che devono verificarsi perché l’enunciato possa avere efficacia. Un primo tipo di condizioni di felicità è legato al rispetto di certe convenzioni: per esempio se a dire vi dichiaro marito e moglie non è un prete o un ufficiale di stato civile, allora non ci sono le condizioni di felicità per la riuscita dell’atto, e infatti il matrimonio non sarà valido. Un’altra condizione di felicità è legata alle restrizioni sintattiche sulla forma che l’enunciato può avere: per risultare “felice” un verbo performativo deve essere sempre affermativo e con il verbo alla prima persona del presente indicativo (io ti prometto..., io ti dichiaro...) o, in alcuni casi, all’imperativo (scusami).

GLI ATTI LINGUISTICI Secondo Austin, ogni volta che pronunciamo un enunciato realizziamo un atto linguistico e compiano necessariamente e simultaneamente tre atti parziali: -

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L’atto locutorio o locutivo, cioè il semplice dire qualcosa, la produzione di un enunciato dotato di un’espressione e di un significato. Es: Andrea sta bevendo un bicchiere di latte L’atto illocutorio o illocutivo, cioè non solo il semplice dire qualcosa, ma il compiere una vera e propria azione nel momento dell’enunciazione. Fanno parte affermazioni, richieste/ordini/preghiere, domande. L’atto perlocutorio o perlocutivo, cioè l’effetto che, dicendo qualcosa, intendiamo produrre sui pensieri, sui sentimenti e sulle possibili future azioni del nostro interlocutore.

Austin considera centrale l’aspetto illocutivo dell’atto linguistico, la sua forza illocutiva. Nel caso dell’atto locutorio proferiamo un enunciato dotato di un aspetto fonetico, di significato e di struttura sintattica e consiste in tre atti parziali_ -

Un atto fonetico, ossia il proferimento di una sequenza di suoni Un atto fàtico, ossia il proferimento di una serie di parole dotate di struttura grammaticale Un atto rhetico, ossia il proferimento di una sequenza di parole dotata di senso e riferimento.

TIPOLOGIA DEGLI ATTI LINGUISTICI SECONDO AUSTIN Una classificazione tipologica degli atti che possiamo compiere proferendo un enunciato secondo Austin prevede: -

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Gli atti verdittivi: sono quegli atti che hanno a che fare con l’espressione di un giudizio o con l’emissione di un verdetto da parte di un tribunale. Ne fanno parte verbi come: giudicare, analizzare, stimare, interpretare, condannare, ecc. Gli atti esercitivi: sono quegli atti che riguardano l’esercizio di un potere o di un diritto. Ne fano parte verbi come: abrogare, nominare, battezzare, ordinare, vietare, proclamare, disporre, ecc. Gli atti commissivi: sono quegli atti che riguardano l’assunzione di un impegno, di un obbligo. Ne fanno parte verbi come promettere, far voto di, giurare, garantire, impegnarsi, scommettere, acconsentire, ecc. Gli atti espositivi: sono quegli atti che riguardano l’espressione di argomentazione, punti di vista e simili. Ne fanno parte verbi come: spiegare, concludere, riferire, ammettere, affermare, dedurre, ecc. Gli atti comportativi (o di comportamento): sono quegli atti che riguardano le nostre possibili reazioni ai comportamenti degli altri. Ne fanno parte verbi come: ringraziare, scusarsi, lamentarsi, benedire, maledire, ecc.

LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ATTI LINGUISTICI SECONDO SEARLE Dopo Austin gli atti linguistici sono stati ulteriormente classificati nel 1969 da Searle nella sua opera “Atti linguistici”. Searle introduce delle modifiche alla classificazione di Austin: la distinzione tra atto illocutorio e atto perlocutorio rimane invariato, mentre all’interno dell’atto locutorio, l’atto fonetico e l’atto fàtico vengono uniti insieme nel cosiddetto atto di enunciazione, mentre l’atto rhetico viene rinominato atto preposizionale, che a sua volta è costituito dall’atto di riferimento o dall’atto di predicazione. TIPOLOGIA DEGLI ATTI LINGUISTICI SECONDO SEARGLE Nella sua classificazione, Searle procede sulla base dello scopo illocutorio e distingue 5 classi di atti illocutivi:

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Gli atti rappresentativi: sono quegli atti con cui rappresentiamo qualcosa che riteniamo o crediamo relativamente al mondo. Ne fanno parte verbi come: asserire, formulare, dedurre ecc. Gli atti direttivi: sono quegli atti con cui cerchiamo di indurre il nostro interlocutore a fare o non fare qualcosa. Ne fanno parte verbi come: ordinare, comandare, supplicare, implorare, invitare, chiedere, ecc. Gli atti commissivi: sono quegli atti con cui il parlante si impegna ad assumere una certa condotta per il futuro. Ne fanno parte verbi come: promettere, impegnarsi, incaricarsi, acconsentire, ecc. Gli atti espressivi: sono quegli atti con cui il parlante esprime i propri sentimenti e il proprio stato psicologico. Ne fanno parte verbo come: ringraziare, congratularsi, rallegrarsi, scusare, ecc. Gli atti dichiarativi o dichiarazioni: sono quegli atti con cui di fatto modifichiamo stati del mondo. Ne fanno parte verbi come: licenziare, condannare, battezzare, nominare, ecc.

LA COMUNICAZIONE INDIRETTA ATTI LINGUISTICI INDIRETTI: atti linguistici in cui non c’è corrispondenza biunivoca tra la forma dell’enunciato e la sua funzione pragmatica. Sotto l’etichetta di linguaggio non letterale possiamo includere tutti i casi in cui un’espressione linguistica ha un senso differente da quello ricavabile da una semplice interpretazione di ciò che essa letteralmente dice. Esempio: se Francesca e Antonio stanno litigando e lei gli urla “quella è la porta!”, Francesca non si sta riferendo letteralmente all’oggetto in sé, ma sta facendo ricorso ad un uso non letterale per dirgli “vattene”, e questo usa è palese solo se usato in un determinato contesto. Altri casi tipici di uso non letterale sono quelli delle espressioni metaforiche e delle espressioni metonimiche. Per esempio se diciamo “quel ragazzo è un fulmine” o “ho ascoltato Mozart” queste espressioni non potranno mai essere interpretate in senso letterale. Infine appartengono al linguaggio non letterale i casi di ironia, ossia quei casi in cui si indica che una frase o una parola va intesa con il senso opposto a quello solitamente attribuito ad essi, causando un capovolgimento dell’intero enunciato. I vocaboli che maggiormente si prestano ad usi ironici sono quelli che esprimono un giudizio valutativo. LA DEISSI DEISSI: In linguistica, il ricorso, da parte del parlante, a particolari elementi linguistici necessarî per precisare chi sia il soggetto parlante e chi il suo interlocutore, e per situare l’enunciato nello spazio e nel tempo. Si distinguono due categorie di deittici (espressioni deittiche): -

Deittici trasparenti: io, tu, ora, qua, qui, ecc. si riferiscono ad una situazione specifica di cui conosciamo i partecipanti, il luogo e il momento di enunciazione. Deittici opachi: pronomi dimostrativi, avverbi e locuzioni avverbiali che si riferiscono a delimitazioni spazio-temporali.

Possiamo inoltre distinguere 5 tipi di deittici: -

Deittici di persona: relativi al modo in le lingue codificano il ruolo dei partecipanti in uno scambio comunicativo. (pronomi personali soggetto, io, tu ecc.) Deittici spaziali: relativi al modo in le lingue codificano la collocazione spaziale dei partecipanti dell’atto comunicativo. Si dividono in:

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prossimali: esprimono entità, relazioni, ecc. vicini a colui che prende la parola. (questo, qui, ora, ecc.) distali: esprimono entità, relazioni, ecc. lontani a colui che prende la parola. (quello, lì, là, ecc.) Deittici temporali: relativi al modo in le lingue codificano le collocazioni temporali relative al momento dell’enunciazione. (ora, adesso, subito, domani, mercoledì, ecc.) Deittici del discorso o deittici testuali: relativi al modo in le lingue codificano i segmenti del discorso in cui si colloca l’enunciato. (anafora e catafora) Deittici di tipo sociale: relativi al modo in le lingue codificano le differenze sociali relative ai ruoli dei partecipanti. Rientra in questi la cortesia linguistica, la quale ha come scopo di dare voce al rapporto sociale che esiste tra i partecipanti all’evento comunicativo. Gli elementi più frequentemente usati sono: la scelta di determinati pronomi personali (tu/Lei), l’uso di allocutivi, cioè di elementi che definiscono l’interlocutore, l’utilizzo di formule stereotipate e l’intonazione.

IL NON DETTO NEGLI SCAMBI COMUNICATIVI Non-detto: sono le intenzioni dei parlanti Implicature conversazionali: informazioni che non vengono formulate esplicitamente tramite le espressioni linguistiche ma che si possono inferire a partire dai contesti d’uso e dalle conoscenze condivise dai parlanti. Principio di coordinazioni si articola in: -

Massima della quantità: da un contributo informativo quanto richiesto. Es. se chiedo chi è il presidente mi aspetto che mi si dica il nome e non altro. Massima della qualità: cerca di dare un contributo che sia vero Massima della relazione: essere pertinente. Es. se chiedo il numero del dottore, mi aspetto quello e non che si risponda con un'altra frase. Massima della modalità: essere chiaro e conciso.

Presupposizione: indica qualcosa che un enunciato non dice in maniera esplicita ma presuppone che esista o sia esistita. FUNZIONALISMO LINGUISTICO il funzionalismo linguistico studia funzione svolta dalle singole unità linguistiche in riferimento agli altri elementi del processo comunicativo. Funzione: ciò che per mezzo del linguaggio siamo in grado di realizzare, i molteplici scopi che possiamo conseguire per mezzo dell’atto linguistico. Esistono 3 modelli delle funzioni del linguaggio. 1. 2. -

Buhler individua 3 funzioni generale che caratterizzano il linguaggio umano: Rappresentazione, quando il messaggio è orientato verso la realtà Espressione, quando il messaggio è orientato verso il parlante Appello, quando il messaggio è orientato verso l’ascoltatore Jakobson individua 6 fattori necessari a realizzare un atto linguistico e altrettante 6 funzioni corrispondenti a seconda del fattore che prevale in ciascuna: Mittente, a cui corrisponde la funzione emotiva, che esprime lo stato d’animo di chi emette un enunciato. Espressioni tipiche sono le esclamazioni e le interiezioni. Destinatario, a cui corrisponde la funzione conativa, che esprime l’influenza che si vuole esercitare sul destinatario al fine di guidarne il comportamento. Espressioni tipiche sono i vocativi, gli imperativi con vocativi o i testi che contengono istruzioni.

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Messaggio, a cui corrisponde la funzione poetica, si realizza tutte le volte che usiamo la lingua con una funzione creativa rispetto agli usi normali. Per esempio le filastrocche o gli slogan pubblicitari. Contesto, a cui corrisponde la funzione referenziale, che descrive il contesto e degli elementi che caratterizzano l’evento o lo stato di cose di cui intendiamo parlare. (enunciati descrittivi) Contatto o canale, a cui corrisponde la funzione fàtica, si realizza quando volgiamo verificare se il canale di comunicazione tra noi e l’interlocutore funziona. Espressioni tipiche sono pronto? mi senti? Ecc. Codice, a cui corrisponde la funzione metalinguistica, che si realizza quando usiamo un codice per parlare di sé stesso. Es. i dizionari.

3.Halliday individua 3 funzioni maggiori che regolano l’uso del linguaggio: - la funzione ideazionale, che riguarda la trasmissione dell’informazione che si divide in funzione esperienziale, la funzione relativa alla descrizione, al contenuto del linguaggio funzione logica, cioè la funzione che riguarda l’organizzazione sintattica del discorso. -

La funzione interpersonale, che esprime e specifica le relazioni e i contatti tra i membri di una comunità linguistica La funzione testuale, che riguarda la capacità del linguaggio di creare testi (scritti o orali) e di porsi in relazione sia al contesto sia a ciò che è stato detto precedentemente.

CONTRIBUTI SOCIOLOGICI ALLA PRAGMATICA Competenza comunicativa definisce la capacità dei parlanti di comunicare in modo efficace tra loro. Secondo DeHymes la competenza comunicativa del parlante consiste nel: -

Utilizzare in maniera appropriata la sua competenza linguistica Utilizzare in maniera appropriata anche i canali non linguistici di cui disponiamo come i gesti, lo sguardo, la posizione del corpo ecc.

LINGUISTICA TESTUALE La linguistica testuale ha per oggetto linguistico il testo, ovvero un insieme di frasi intessute l’una all’altra che parlano di un argomento. La proprietà che riguarda i legami logico-semantici di un testo è la coerenza, l’altra proprietà riguarda i legami che si realizzano sulla superficie del testo ed è detto coesione. La produzione e la comprensione di un testo fanno parte di una specifica competenza chiamata competenza testuale, per cui siamo in grado di distinguere un testo da un agglomerato qualsiasi di frasi. Beaugrande e Dressler hanno definito 7 condizioni di testualità che definiscono un testo come una “occorrenza comunicativa” 1. Coesione, che riguarda il modo in cui le componenti del testo di superfice, ossia le parole che effettivamente udiamo o vediamo, sono collegate tra di loro basandosi su dipendenze grammaticali. 2. Coerenza, riguarda le funzioni in base alle quali gli elementi del mondo testuale sono reciprocamente accessibili e rilevanti. In sostanza un testo è coerente se parla delle stesse cose. 3. Intenzionalità, si pone dal punto di vista dell’emittente e si riferisce all’atteggiamento di chi produce il testo di crearne uno coeso e coerente. 4. Accettabilità, si pone dal punto di vista del ricevente e si riferisce all’atteggiamento del ricevente che si aspetta un testo coerente e coeso che sia utile o rilevante. 5. Informatività, riguarda la misura in cui gli elementi testuali proposti sono più o meno informativi.

6. Situazionalità, si riferisce a quei fattori che rendono un testo rilevante per una situazione comunicativa 7. Intertestualità, riguarda quei fattori che fanno dipendere l’utilizzazione di un testo alla conoscenza di uno o più testi accettati in precedenza. MECCANISMI DI COESIONE TESTUALE I principali meccanismo che garantiscono la coesione tra frasi all’interno di un testo sono: -

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Anafora, un’espressione rinvia in maniera deittica ad un’altra già presente nel discorso. Es: la minestra non la mangio la= minestra Catafora, un’espressione rinvia in maniera deittica al un’altra che deve ancora comparire nel discorso Ellissi, consiste nell’omissione, all’interno di una frase, di un elemento che si presuppone sia presente in una versione più estesa di essa. Es. durante l’estate vado prima al mare poi in montagna tra poi e in manca vado Pro-forme, elementi lessicali che hanno la funzione di sostituirne altri. Es. i miei amici sono andati a teatro ma io non ho potuto farlo  farlo sostituisce andare a teatro Forme lessicali costituite da sintagmi pieni che possono sostituire altre forme lessicali p parti di testo già prodotto o da produrre, come le ripetizioni per copia in cui una parola viene ripetuta allo stesso modo assicurando la forma più elementare di coesione; le ripetizione per quasi-copia quando una parola viene ripetuta con un’altra morfologicamente legata ad essa (paragonare e paragone); la sinonimia; l’incapsulamento; la meronimia; l’iperonimia; le collocazioni, la combinazione di due o più parole che tendono a presentarsi insieme (es. perdere tempo, bandire un concorso, ecc.) I connettivi, cioè quegli elementi che hanno la funzione di collegare diverse porzioni del testo come le congiunzioni e le locuzioni. (e, perché, perciò, ecc.)...


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