Che cos\'è la pragmatica linguistica, Andorno C. PDF

Title Che cos\'è la pragmatica linguistica, Andorno C.
Author Julie Toutenhoofd
Course Didattica delle lingue moderne
Institution Università degli Studi Internazionali di Roma
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CHE COS’È LA PRAGMATICA LINGUISTICA – C. Andorno Introduzione La pragmatica linguistica è la lingua osservata dal punto di vista delle sue modalità di uso e del suo essere mezzo per l’agire umano. Definizione di pragmatica: 1. Posizione semantica 2. Posizione pragmaticista 3. Posizione complementarista Charles Morris introdusse il termine pragmatica nell’area degli studi semiotici. Nella semiotica egli distinse tre campi di studio: 1. Sintassi: studio delle relazioni tra i segni 2. Semantica: studio delle relazioni tra i segni e gli elementi della realtà cui essi rimandano 3. Pragmatica: studio delle relazioni tra i segni e gli utenti del codice Robert Carnap: “La pragmatica è lo studio della lingua con riferimento ai suoi utenti” ed è quindi diversa dalla semantica e dalla sintassi. Katz e Fodor: “La pragmatica è lo studio di ciò che nella comunicazione è contingente e non codificato nella lingua”. Dell Hymes: “La pragmatica è la scienza della competenza comunicativa”. Levinson: “La pragmatica è lo studio delle relazioni tra la lingua e il contesto, fondamentali per spiegare la comprensione della lingua”. ENUNCIATI: espressioni linguistiche il cui valore va ricostruito all’interno della situazione discorsiva specifica in cui sono usati. Gli ascoltatori cui sono rivolti gli enunciati comprendono il significato delle parole ma anche il loro valore nella situazione descritta. IMPOSTAZIONE COMPOSIZIONALE: il significato di un enunciato scaturisce dalla composizione del significato delle parole IMPOSTAZIONE DECOMPOSIZIONALE: le singole parole vengono interpretate a partire dagli enunciati (bottom up e top down) Paul Grice: “Nelle lingue naturali il significato scaturisce sia dalle parole sia dal loro uso negli enunciati”. Egli distingue due livelli di significato: 1. Significato convenzionale: definito dal codice linguistico dei membri di una comunità 2. Significato conversazionale: scaturisce dall’uso della lingua in un certo contesto e dall’interpretazione degli scopi e delle intenzioni dei parlanti Il contesto, pertinente per l’interpretazione e la produzione degli enunciati è composto da tre componenti: 1. Conoscenze condivise 2. La situazione 3. Il contesto linguistico (o cotesto) Modello di discorso: attraverso le diverse componenti del contesto, i partecipanti a un evento linguistico costruiscono una propria rappresentazione mentale dell’evento stesso, delle relazioni tra loro e con il mondo, degli interlocutori coinvolti e dei loro rapporti reciproci e delle loro intenzioni. 1

OMONIMIA: espressioni del codice aventi identico significante ma diverso significato (es. POLISEMIA: parola che ha potenzialmente più significati AMBIGUITÁ: sono possibili due letture contestualmente valide: 1. Livello lessicale: Il cavallo in seconda corsia ha saltato l’ostacolo 2. Livello sintattico: Normalmente l’ambiguità è dovuta alla mancanza di indizi contestuali sufficienti a scioglierla. VAGHEZZA: le espressioni linguistiche di solito non sono specificate riguardo al loro significato e lasciano spazi ad arricchimenti prodotti dal contesto (es. evocazione dell’idea di possesso insita nel termine “possessivo”; inoltre la parola “e” è una parola vaga che non esplicita la natura della connessione tra i fatti che connette ma indica semplicemente la volontà del parlante di esprimere in modo collegato due fatti;) INDETERMINATEZZA: per comprendere a cosa si riferisce una certa espressione (cioè la realtà extralinguistica a cui rimanda) è necessario ricorrere al contesto. La comprensione di un messaggio avviene a più livelli: chi lo riceve deve capire le intenzioni che gli ha voluto attribuire il parlante. La pragmatica ha il compito di spiegare su che base i parlanti capiscono ed esprimono

Capitolo 1 - Dare un nome alle cose 1.1 Allocuzione e riferimento FUNZIONE ALLOCUTIVA DI UN’ESPRESSIONE: l’espressione è usata per instaurare o consolidare il legame discorsivo tra parlante e interlocutore, anche come formula rituale (es. “gentili ascoltatori”, “signore e signori”) FUNZIONE REFERENZIALE: il parlante si serve delle espressioni per evocare nel discorso elementi della realtà 1.2 Espressioni referenziali Tre tipi di espressioni referenziali: 1. DESCRITTORI: attraverso il loro uso il parlante riconosce all’oggetto evocato le proprietà di una certa classe di oggetti. Sono nomi comuni e sintagmi nominali (pista da ballo, donna della porta accanto) e fanno riferimento a classi di oggetti accomunati da una qualche proprietà. Per usarli in modo appropriato un parlante deve: - Conoscere l’intensione o significato intensionale del descrittore ossia l’insieme dei tratti semantici che lo definiscono - Sapere se il referente che intende nominare attraverso un descrittore può far parte dell’estensione del descrittore stesso - Conoscere il significato intensionale del termine - Attivare o identificare nell’insieme dei referenti testuali presenti nel modello di discorso una possibile estensione valida per l’espressione 2

I descrittori hanno una notevole flessibilità d’uso: combinati con l’uso di quantificatori (numero) o altri specificatori (articoli), di modificatori, di diversi tipi di predicati, i descrittori possono riferirsi a singoli individui della classe, a un sottogruppo di essa o all’intera classe. 2. NOMI PROPRI: evocano direttamente uno specifico oggetto o individuo. Per poter usare un nome proprio per individuare un referente, un parlante deve sapere semplicemente che quello è il suo nome e il ricevente deve sapere che quel nome è stato attribuito a quel referente. Questa conoscenza si ottiene per esperienza diretta o indiretta del legame tra referente e nome. 3. INDICALI: non è possibile dare agli indicali un significato se non si conosce il contesto in cui sono usati (es. “ciò” non ha un significato a sé stante). Il significato delle espressioni indicali non rimanda a caratteristiche del referente ma a caratteristiche del suo status e della sua collocazione nel discorso. Gli indicali danno informazioni su: caratteristiche del referente, elementi contestuali rispetto a cui si origina la relazione tra tali elementi e il referente indicato. Nelle espressioni indicali le modalità secondo cui ricorrere al contesto per l’interpretazione del riferimento ne costituiscono il significato intrinseco, il significato degli indicali è descrivibile solo in termini relazionali, è una sorta di insieme di istruzioni che segnalano in che modo va cercato nel contesto il loro riferimento. 1.3 Competenza lessicale Per attribuire un termine generale ad oggetto il parlante si serve di due livelli di conoscenze: un livello relativo al significato intenzionale del termine ossia all’insieme dei tratti semantici che lo definiscono, ed uno relativo al significato estensionale del termine ossia all’insieme degli individui cui il termine può riferirsi. TRATTO SEMANTICO: isola le componenti del significato intenzionale di un termine (scapolo = uomo non sposato) ma non descrive bene la competenza lessicale del parlante. Parlanti diversi possono avere competenze diverse riguardo all’insieme dei tratti semantici che definiscono il significato di un termine. Le due conoscenze possono non procedere congiuntamente (non è detto che se conosco il significato di un’espressione io riesca poi ad individuare concretamente l’oggetto che corrisponde a quel termine es. “roccia piroclastica”). Per superare queste difficoltà si è data prevalenza all’aspetto estensionale ossia il significato del nome è l’insieme dei referenti cui esso si applica. Questa è un’ottica fortemente pragmatica. I tratti semantici in questo senso avrebbero una funzione denotativa cioè delimitano l’insieme dei referenti cui una parola è applicabile. È importante evidenziare la funzione connotativa dei tratti semantici ossia qualificare il referente in relazione alle sue proprietà. 1.4 Scelta e interpretazione delle espressioni referenziali La scelta di un’espressione referenziale per fare riferimento a un’entità in un dato momento del discorso in atto è legata a vari fattori. ACCESSIBILITÁ: indica il livello di identificabilità di un certo referente in modo univoco per i parlanti. Inoltre, l’accessibilità indica il grado di quanto il referente è presente all’attenzione dei parlanti in un dato momento del discorso, ossia l’ attivazione di un referente. L’accessibilità di un referente dipende dalle diverse componenti di conoscenza a disposizione dei parlanti in uno scambio comunicativo: a) Insieme di conoscenze condivise dai parlanti o supposte tali b) Situazione c) Modello di discorso in atto 3

Le lingue possiedono i mezzi espressivi per segnalare il mutamento del grado di accessibilità dei referenti nel modello di discorso: le espressioni indicali e l’ellissi segnalano all’ascoltatore che i referenti sono massimamente accessibili, i descrittori invece sono usati per referenti con un grado più basso di accessibilità. Attraverso la segnalazione del grado di accessibilità dei referenti il parlante indica all’interprete dove cercare il referente: un referente identificabile verrà cercato tra le conoscenze possedute mentre un referente che ha un alto grado di attivazione verrà cercato fra quelli presenti nel modello di discorso attuale. 1.4.2 Tratti connotativi il parlante sceglie quali tratti connotativi del referente attivare attraverso la scelta di un descrittore. Il parlante può segnalare il rapporto che lo lega al referente anche attraverso il sistema degli indicali. 1.4.3 Mosse comunicative Il modo di usare le espressioni referenziali nel dialogo può essere funzionale a segnalare mosse comunicative particolari durante il discorso.

Capitolo 2 – Orientarsi nel contesto 2.1 Deissi È il fenomeno per cui il riferimento di alcune espressioni linguistiche indicali è vincolato alle coordinate della situazione in cui avviene l’evento comunicativo. La deissi può essere personale, spaziale o temporale. 1. DEISSI PERSONALE: indica i referenti in rapporto al loro ruolo nell’evento comunicativo. L’origo è il mittente del messaggio. 2. DEISSI SPAZIALE: organizza lo spazio rispetto alla posizione dei partecipanti all’evento comunicativo. L’origo coincide con la posizione occupata dal parlante mentre proferisce il suo enunciato. 3. DEISSI TEMPORALE: colloca nel tempo gli eventi rispetto al momento dell’evento comunicativo. L’origo coincide con il momento in cui il parlante proferisce il suo enunciato. 2.1.2 Deissi sociale La deissi sociale è relativa alla segnalazione dei rapporti sociali reciproci esistenti fra gli interlocutori e coinvolti nello scambio comunicativo. 2.1.3 Deissi testuale La deissi testuale fa ricorso a coordinate di tipo spaziale e temporale. Nella deissi testuale i campi indicali attivati non hanno come origo il tempo e il luogo in cui si trovano mittente e destinatario ma il tempo e il luogo del testo stesso che il mittente sta producendo: il testo è cioè trattato metaforicamente come luogo fisico. 2.2 Traslare i campi indicali Nel corso di una conversazione il centro deittico dei vari campi indicali muta continuamente poiché ogni parlante adotta come origo sé stesso e ogni ascoltatore deve quindi operare una conseguente interpretazione dei deittici sulla base del campo indicale del parlante. 4

DEISSI FANTASMATICA: il parlante crea con l’immaginazione un contesto diverso da quello in cui effettivamente avviene l’atto comunicativo La traslazione del centro deittico personale è tipica del baby-talk (linguaggio rivolto ai bambini) in cui è frequente lo spostamento del centro deittico all’esterno di sé per cui il parlante può riferirsi a sé o all’interlocutore in terza persona. 2.3 Anafora È il riferimento di un’espressione linguistica vincolato al riferimento di un’altra espressione del discorso antecedente. Anafora significa “rimando all’indietro” perché tornando indietro nel discorso si trovano i riferimenti necessari per interpretare l’espressione linguistica. 2.3.1 Mezzi per il rimando anaforico Un legame anaforico può essere avviato da diversi mezzi linguistici: l’ellissi del soggetto (anafora zero), aggettivi come “precedente”, “prima”, “dopo”, i pronomi personali, i descrittori. 2.3.2 Relazione tra antecedente e anafora Nell’anafora spaziale e temporale le relazioni tra antecedente e anafora sono di ordine lineare (prima-dopo-coincidente). Nell’anafora personale o referenziale la relazione tra espressione anaforica e il suo antecedente è di identità di riferimento (anafora coreferente) cioè l’espressione si riferisce allo stesso referente del suo antecedente. 2.3.3 Recupero dell’antecedente L’interpretazione delle relazioni anaforiche da parte dell’interprete di un messaggio può far leva su principi morfosintattici, semantici o pragmatici. 2.4 Anafora e deissi empatica Le relazioni prodotte dalla deissi e dall’anafora possono essere sfruttate in senso metaforico per segnalare un atteggiamento emotivo del parlante verso l’ascoltatore o verso il proprio oggetto di discorso. A questi usi si dà il nome di anfora o deissi empatica o emotiva o affettiva.

Capitolo 3 – L’enunciato come informazione 3.1 Significato degli enunciati Gli enunciati hanno come contenuto semantico situazioni, eventi, ovvero stati di cose validi per certi referenti e in certe circostanze spazio-temporali. Uno stato di cose può essere trasmesso attraverso enunciati diversi e la specifica forma che un enunciato assume in un discorso (struttura informativa) dipende dal modo in cui l’enunciato si inserisce nel modello di discorso in atto ovvero nell’insieme delle informazioni presenti e attive nel modello di discorso nel momento in cui l’enunciato è proferito. 3.2 Dinamismo comunicativo È una caratteristica delle diverse porzioni di un enunciato e riguarda il modo in cui l’informazione è organizzata. Il minimo dinamismo comunicativo è portato dagli elementi noti e maggiormente condivisi tra gli interlocutori, considerati non controversi e non oggetto di discussione. 5

Il massimo dinamismo comunicativo è portato dagli elementi non condivisi e nuovi che costituiscono l’apice informativo e quindi il vero obiettivo comunicativo. Gli enunciati sono costruiti secondo un crescendo dinamismo comunicativo, il parlante nel trasmettere un’informazione parte dai dati condivisi e meno controversi per concludere sui dati non condivisi e controversi. Il parlante tende a codificare nella frase principale le informazioni con il massimo grado di dinamismo comunicativo e sulle frasi secondarie le informazioni di sfondo. Fondamentale è il ruolo della prosodia: i parlanti tendono a segnalare con un accento di maggior rilievo la porzione dell’enunciato con il maggior grado di dinamismo comunicativo. 3.2.1 Focus È la porzione dell’enunciato che ha il maggior grado di dinamismo comunicativo, è l’obiettivo comunicativo del messaggio, di norma collocato in posizione finale e segnalato da un accento più rilevato. FOCUS COMPLETIVO: è un’informazione focale nuova non posseduta in precedenza dall’ascoltatore, che quest’ultimo, in seguito all’enunciato del parlante, semplicemente integra nel proprio modello di discorso. FOCUS CONTRASTIVO: è un’informazione nuova selezionata fra più candidati alternativi evocati nel discorso. FOCUS CONTROPRESUPPOSIZIONALE: la nuova informazione fornita è quella di cancellare una precedentemente data 3.2.2 Topic È l’elemento informativo che il parlante presenta come argomento dell’enunciato ciò a proposito di cui si intende parlante. Collocando un elemento in posizione topicale, il parlante segnala all’interlocutore di che cosa vuole parlare e lo invita a immagazzinare le informazioni successive come relative al topic proposto. L’elemento topicale ha quindi un basso grado di dinamismo comunicativo, venendo presentato dal parlante come elemento informativo identificabile, non oggetto di controversia. Tuttavia, non è detto che l’interlocutore accetti questo ruolo (contrattazione del topic). ANTITOPIC: l’antitopic attualizza o riattualizza un topic identificabile per gli interlocutori ma che il parlante ritiene possa non essere attivo per l’ascoltatore nel momento attuale del discorso. È collocato in posizione finale, esterna, dell’enunciato. 3.3.3 Tipi di frase e struttura informativa Sulla base delle due fondamentali funzioni di topic e focus si possono individuare strutture informative fondamentali ricorrenti in lingue diverse: 1. ENUNCIATO PRESENTATIVO: introduce nel discorso un nuovo referente che potrà poi assumere la funzione di topic 2. ENUNCIATO PREDICATIVO: ha l’obiettivo comunicativo di dare informazioni a proposito di un referente identificabile posto come topic. È costituito dal topic seguito dal comment. 3. ENUNCIATO EVENTIVO: ha l’obiettivo comunicativo di informare sull’accadere di un evento, introducendolo come nuovo nella sua interezza, senza che venga segnalato un topic a proposito del quale l’informazione va catalogata. 6

4. ENUNCIATO IDENTIFICATIVO: ha l’obiettivo comunicativo di identificare il referente appropriato di una relazione predicativa, eventualmente smentendo informazioni già presenti nel modello del discorso.

3.4 Altre funzioni discorsive Vi sono inoltre altre funzioni dotate di mezzi espressivi ricorrenti e caratterizzate dalla possibilità di essere segnalate da una intonazione specifica. Esse possono essere relative alla trasmissione di informazioni o alla gestione della conversazione. FUNZIONE DI SETTING: è svolta da quegli elementi che danno le coordinate spazio-temporali, relativamente alle quali è valida l’informazione trasmessa. FUNZIONE DI APPELLO: con essa si richiama l’attenzione dell’interlocutore. FUNZIONE DI APERTURA: con essa il parlante segnala l’inizio del proprio enunciato. FUNZIONE DI CHIUSURA: con essa il parlante segnala che intende cedere la parola all’interlocutore.

Capitolo 4 – L’enunciato come azione: ciò che si dice e ciò che si fa 4.1 Trasmettere informazioni e altre azioni linguistiche TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI: il linguaggio va analizzato come strumento di azione, gli atti linguistici sono analizzati come strumento di azione. Gli atti linguistici producono nell’interlocutore, attraverso l’uso del linguaggio: una reazione, un cambiamento di stato mentale, un comportamento. Distinguiamo cinque tipi di atti linguistici: 1. ASSERZIONI 2. DOMANDE 3. PROMESSE 4. RICHIESTE 5. SCOMMESSE TEORIA DELL’AGIRE LINGUISTICO: Austin e Searle, con il linguaggio si compiono una serie di azioni 4.1.1 Struttura di un atto linguistico Il parlante compie una serie di azioni a livello: - LOCUTORIO: serie di parole - LOCUTIVO: significati, anche in lingue diverse - ILLOCUTIVO: a) Scopi b) Intenzioni - PERLOCUTIVO: a) Conseguenze verbali b) Conseguenze non verbali 7

4.1.2 Tipi di atto linguistico Searle enuncia cinque tipi di atti linguistici: 1. ASSERTIVI (dire, concludere) 2. ESPRESSIVI (ringraziare, scusarsi) 3. COMMISSIVI (offrire, promettere) 4. DIRETTIVI (chiedere, consigliare) 5. DICHIARATIVI (condannare, battezzare) Mezzi espressivi per segnalare la forza illocutiva di un enunciato: - LIVELLO LESSICALE: verbi performativi e avverbi modali - LIVELLO MORFOLOGICO: modalità verbale - LIVELLO PROSODICO: intonazione 4.1.3 Condizioni di felicità La teoria degli atti linguistici ha tra i propri obiettivi la definizione delle condizioni che consentono che l’atto sia ben costruito, sono dette condizioni di felicità e dipendono dalla forza illocutiva dell’atto. ATTI DICHIARATIVI: per la propria efficacia è richiesto un rituale da seguire, il possesso di una carica ufficiale adeguata, e un determinato contesto 4.1.4 Asserzioni L’enunciato deve essere sincero, vero, accettabile per il destinatario, ossia plausibile e non contraddittorio. Se si usa la parola “credo” oppure il condizionale prima dell’enunciato, la realtà potrebbe anche essere diversa. 4.1.5 Domande e richieste ATTO DIRETTIVO: si richiede all’interlocutore di fare qualcosa, la condizione di felicità è che egli deve avere la possibilità di fare ciò che gli si chiede ATTO DI DOMANDA: si interroga l’interlocutore sulla verità di uno stato di cose, la condizione di felicità è la non conoscenza da parte del parlante dell’informazione e la sua supposizione che l’interlocutore lo sappia. Può essere usato come mezzo per formulare una richiesta. 4.2 Forza illocutiva e struttura informativa La forza illocutiva di un enunciato si applica sull’articolazione focale....


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