LA Pragmatica Della Comunicazione PDF

Title LA Pragmatica Della Comunicazione
Course Psicologia generale
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Summary

riassume l'approccio pragmatico alla comunicazione con i principali autori (ed esempi) che hanno affrontato questo filone di ricerca. ...


Description

LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE La pragmatica della comunicazione è una teoria che ha avuto una vasta influenza negli studi sulla comunicazione interpersonale; essa è stata proposta dai ricercatori del gruppo di Palo Alto, il cui esponente più famoso è Paul Watzlawick, coautore con Janet Helmick Beavin e con Don D. Jackson del famoso libro Pragmatica della comunicazione umana (1967). La pragmatica è la disciplina che studia ogni azione che l’uomo svolge attraverso il linguaggio e analizza le influenze che le modalità comunicative hanno sui comportamenti. Il termine è stato coniato dal filosofo del linguaggio Charles Morris, il quale nel libro Lineamenti di una teoria dei segni (1938) suddivide la semiotica in tre ambiti: 1. Sintassi, che affronta la combinazione dei segni linguistici. 2. Semantica, che si occupa del significato dei segni linguistici. 3. Pragmatica, che tratta l’origine, l’impiego e le conseguenze dei segni linguistici. Il principio su cui si basa lo studio di Watzlawick è che la comunicazione è messa in azione dalle relazioni da cui si origina, individuandole e trasformandole. 2/1 La pragmatica della comunicazione umana e gli assiomi La comunicazione non è valutata solo come un semplice passaggio di informazioni, ma diventa un evento o un processo. Essa viene definita tenendo conto, da un lato, di coloro che comunicano con tutto il loro bagaglio emotivo, culturale e sociale e, dall’altro, dell’ambiente in cui si realizza. Il risultato più importante di questi studi è stato la definizione della comunicazione attraverso l’enunciazione delle sue proprietà che, secondo Watzalawick, possiedono naturali assiomi (verità evidenti) e definiscono lo scambio comunicativo degli esseri umani. Gli assiomi sono dai teorici della Scuola di Palo Alto così classificati: 1 Il primo assioma afferma che è impossibile non comunicare. «Tutto il comportamento ha valore di messaggio e, quindi, è comunicazione». Chiunque si trovi inserito in una situazione di relazione diventa, perciò, portatore, con il suo comportamento, di messaggi e di informazioni. In ogni interazione si attiva, non essendoci per Watzalawick qualcosa che non sia un comportamento, uno scambio comunicativo: «Non si può non comunicare». Per il primo assioma comunicativo, all’interno del sistema relazionale anche il silenzio e l’inattività hanno, pertanto, valore di messaggio. 2 Il secondo assioma sostiene che in ogni messaggio si può distinguere un livello di contenuto e uno di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è, quindi, metacomunicazione; questa è, perciò, una «comunicazione sulla comunicazione». Senza porre l’accento sulla metacomunicazione diventa, in verità, laborioso cogliere la ricchezza e la difficoltà del comunicare. «La capacità di metacomunicare in modo adeguato – hanno scritto Watzlawick, Beavin e Jackson in Pragmatica della

comunicazione umana – non solo è la conditio sine qua non della comunicazione efficace, ma è anche strettamente collegata con il grosso problema della consapevolezza di sé e degli altri». Il secondo assioma afferma, dunque, che ogni messaggio possiede, da un lato, un contenuto e, dall’altro, le indicazioni sulle modalità con cui tale contenuto dovrebbe essere codificato dall’interlocutore. Esso si riferisce al carattere della notizia che viene espressa; spesso non è, però, sufficiente per trasmettere il reale messaggio di ciò che si vuole comunicare. È necessario, affinché ciò avvenga, che il mittente dichiari il modo in cui valuta la relazione con il ricevente. Ad esempio, la frase: «Fai attenzione!» può voler dire cose diverse, a seconda della relazione in cui è inserita. Se l’espressione venisse pronunciata da un genitore ad un figlio potrebbe essere intesa come una raccomandazione; se, invece, fosse pronunciata da un’insegnante ad un alunno potrebbe significare una richiesta o un ordine; se venisse esternata da un boss della malavita ad un suo rivale, si tratterebbe, probabilmente, di una minaccia. Secondo gli studiosi della Scuola di Palo Alto, quando s’intrecciano comunicazione e metacomunicazione nascono i cosiddetti “paradossi pragmatici”, ovvero un tipo di messaggio in cui l’aspetto del contenuto del comunicare contraddice quello relazionale. 3. Il terzo assioma afferma che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti. Esso, ribadendo che la comunicazione è sempre bidirezionale, nega lo scambio comunicativo unidirezionale di Shannon e di Weaver. Per “punteggiatura” bisogna intendere la “percezione”, che è soggettiva; emerge, pertanto, come conseguenza che l’interpretazione del rapporto causa-effetto degli scambi comunicativi ha un punto di partenza soggettivo. Watzlawick chiarisce questo aspetto delle interazioni comunicative con il seguente esempio: in una lite tra marito e moglie, il primo “punteggia” (percepisce) il proprio comportamento come risposta a quello della seconda. Il marito afferma: «Io mi chiudo in me stesso perché tu brontoli»; la moglie, a sua volta, percependo (“punteggiando”) il comportamento del marito come causa del proprio, sostiene: «Io brontolo perché tu ti chiudi in te stesso». In sostanza, nella sequenza comunicativa, secondo la punteggiatura arbitraria e soggettiva, cambia l’interpretazione del comportamento dell’altro e, quindi, del proprio come risposta ad esso. Ciò che uno considera come causa viene, invece, fissato come effetto dall’altro. I modi diversi di punteggiare (percepire) una sequenza possono, perciò, essere differenti e, in tal modo, generare conflitti. 4 Il quarto assioma asserisce che gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il modulo numerico/digitale corrisponde alla comunicazione verbale, mentre la comunicazione analogica si esprime attraverso i gesti, la mimica, la postura, il tono della voce, le pause e così via. Gli elementi della comunicazione digitale sono le parole, ovvero dei segni arbitrari la cui relazione con ciò che rappresentano è definita per convenzione, mentre nella comunicazione

analogica il segno rappresenta direttamente il significato, come avviene nel momento in cui chiediamo a qualcuno di avvicinarsi con un semplice gesto della mano. Nell’interazione umana, la comunicazione non verbale (analogica) accompagna quella verbale (digitale/numerica) e consente di esprimere in maniera più diretta gli umori, le emozioni e le reazioni del comunicare dell’altro. 5. Il quinto ed ultimo assioma afferma che gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari, a seconda che siano basati su uguaglianze o su differenze. Lo scambio simmetrico avviene in una comunicazione in cui i partecipanti si considerano orizzontalmente sullo stesso piano. La comunicazione è invece complementare quando uno dei partecipanti occupa una posizione che è considerata da entrambi superiore o inferiore, in funzione, ad esempio, del ruolo o della competenza (insegnante-allievo). La simmetria e la complementarità non sono posizioni rigide e la relazione si può modificare, nel tempo, verso l’una o verso l’altra direzione. Ad esempio, il rapporto tra genitore e figlio, inizialmente complementare, può diventare simmetrico quando il figlio diventa un adulto. La relazione diventa, infatti, bilanciata quando simmetria e complementarità si alternano. Secondo i cinque assiomi della pragmatica, la comunicazione è da considerarsi un evento complesso, che è messo in azione dall’interazione. Resta ferma la convinzione che tutti i soggetti che si trovano in un contesto comunicano.

❱❱ 3. I paradossi comunicativi di Paul Watzlawick Il paradosso è – ha scritto Watzlawick – «una contraddizione che deriva da una definizione corretta di premesse coerenti». Nel ragionamento paradossale non c’è, dunque, errore di comprensione, né è presente una premessa sbagliata. Il termine paradosso deriva dal greco e significa etimologicamente contro (para) opinione (doxa). Esso segnala un’affermazione che viene pronunciata in evidente contrasto con l’esperienza comune e in contraddizione con principi della logica. Tale affermazione, sottoposta però a dura critica, si mostra valida. I principali paradossi per Watzlawick sono tre (logico-matematici, semantici e pragmatici); essi rappresentano una contraddizione che è resa concreta da un ragionamento, il quale, immesso in un circolo vizioso, non riesce a trovare una soluzione. 1 Storicamente i paradossi logico-matematici più noti sono quelli di Zenone di Elea, vissuto nel V secolo a.C., di cui uno in particolare, ovvero quello di Achille e la tartaruga, è famoso. Il “Pié Veloce” Achille procede ad una velocità superiore a quella della tartaruga. Questa, però, ha, in partenza, un vantaggio di 100 metri. Quando Achille giunge al punto di partenza della tartaruga (T0 ), questa già si è spostata più avanti (punto T1 ). Achille cerca, allora, velocemente di raggiungere il punto T1 , ma, arrivato al punto T1 , la tartaruga si è ulteriormente spostata in T2 , e così via

all’infinito. La conclusione è che Achille non riuscirà mai a raggiungere la tartaruga. Il paradosso è chiaro, giacché si sa che è vero il contrario; anzi anche in matematica, con un’equazione di primo grado si può stabilire il momento in cui avviene il sorpasso. Ma il problema sta nel pareggiare i conti impiegando lo stesso procedimento di Zenone. Si trova, così, una somma infinita: 100 + 10 + 1 + 0,1 + 0,01 + 0,001 + … = 111,11111... In seguito, nel secolo XVII, con l’introduzione del calcolo infinitesimale, si sono risolti in maniera definitiva i problemi posti dalla somma di infiniti termini. A tal proposito Bertrand Russell scrive: «Si dimostra che, se Achille raggiungerà mai la tartaruga, questo dovrà accadere dopo che sia trascorso un numero infinito di istanti dal momento della sua partenza. E questo, di fatto, è vero; ma non è vero che un numero infinito di istanti dia origine ad un tempo infinitamente lungo, e, quindi, non si può per niente concludere che Achille non raggiungerà mai la tartaruga».

2 I paradossi semantici sono quelli, ad esempio, del mentitore. Un soggetto che si esprime con la frase «Sto mentendo», è un classico esempio di paradosso semantico. Un individuo, infatti, se ammette di mentire, allora non sta mentendo; se, invece, dice la verità, sta mentendo. In tutti i casi sta mentendo e insieme non sta mentendo. Un altro paradosso semantico è l’esempio del barbiere di Bertrand Russell. Su di un’isola c’è un solo barbiere, ben rasato, che fa la barba a tutti quelli che non se la fanno da soli. Lui se la fa da solo oppure no? Se si fa la barba da solo, allora non è vero che “la fa solo a chi non se la fa da solo”. Se non se la fa da solo, allora dovrebbe essere rasato dal barbiere, che però è lui stesso. Il problema è collocare il barbiere in uno dei due insiemi, poiché la sua inclusione in entrambi gli insiemi creerebbe una contraddizione con la definizione stessa.

3 I paradossi pragmatici consistono in messaggi contenenti delle ingiunzioni che, nell’imporre di compiere un’azione, di fatto la negano. La forma più frequente in cui il paradosso entra nella pragmatica della comunicazione umana è un’imposizione che pretende un comportamento specifico che, per sua natura, non può essere che spontaneo. Con l’ingiunzione paradossale, dunque, si richiede ad un soggetto il comportamento che s’intende estinguere, facendogli perdere in questo modo la sua spontaneità. Il prototipo di tale tipo di comportamento è la frase «Sii spontaneo». L’essere spontaneo è, per sua definizione, un comportamento personale e volontario. Non può, pertanto, essere imposto o richiesto.

❱❱ 4. La teoria del doppio legame di Gregory Bateson

La teoria del “doppio legame” è stata impiegata dall’antropologo Gregory Bateson e dal gruppo di Palo Alto per spiegare in parte l’eziologia delle sofferenze psicologiche e soprattutto della schizofrenia. Essa studia i paradossi dell’astrazione nella comunicazione. In altri termini, piuttosto che dare eccessiva rilevanza al presunto trauma, nel 1956 Bateson ha ipotizzato e, in seguito, esaminato il contesto comunicativo e gli schemi d’interazione, replicati molte volte, all’interno del nucleo familiare. Le sofferenze psicologiche e la schizofrenia potrebbero essere causate dall’effetto della continua esposizione a doppi legami sin dalla tenera età e, quindi, dalla conseguente inadeguatezza di discriminazione fra tipi logici. Questa “abitudine mentale” sarebbe il risultato dei contesti d’apprendimento nei primi anni della vita del bambino. Il comportamento schizofrenico e delle sofferenze psicologiche ha, dunque, secondo questa teoria, origine da forme prolungate e gravi di comunicazione disfunzionale, che si realizzano in contesti comunicativi rilevanti per il benessere psicologico del soggetto. Un esempio potrebbe essere una madre che comunica a parole il proprio amore per il figlio ma che, a livello di comunicazione analogica (non-verbale) trasmette segnali di rifiuto, d’ansia o di paura. Il bambino, in tal caso, potrebbe rendersi conto del messaggio di rifiuto. Una tale interpretazione lo porterebbe a considerare qualcosa di profondamente triste, vale a dire “mia madre è cattiva” oppure “mia madre non mi vuole bene”. Egli, giacché dipende, per la propria sopravvivenza, dal sostegno fisico e psicologico degli adulti, non può, però, fare a meno di ammettere ciò che la madre afferma e di considerarsi lui il “cattivo” per aver percepito l’incongruenza della genitrice e per avere sospettato che non l’amasse. Il bambino, anche se avesse preso per buone le manifestazioni d’affetto della madre, l’avrebbe in ogni modo, “persa”. Se egli si fosse poi posto a sua volta in una situazione di ritiro nel rispettare la risposta della madre, avrebbe ottenuto una punizione del tipo: «Ma come, non mi vuoi più bene?». Se avesse, al contrario, tentato di chiarire la situazione sarebbe stato rimproverato con risposte del tipo: «Non è assolutamente vero...», oppure «Come puoi pensare cose così brutte sulla tua mamma». Nel doppio legame patogeno, in qualsiasi modo si dia la risposta, si è, perciò, sempre perdenti....


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