Riassunto Sociologia della comunicazione PDF

Title Riassunto Sociologia della comunicazione
Course Sociologia della comunicazione
Institution Università degli Studi di Messina
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CAPITOLO I QUESTIONI FONDAMENTALI INFORMAZIONE Ogni giorno sentiamo parlare di SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE (Il termine Società dell'informazione è usato da alcuni sociologi per indicare l'attuale società post - industriale. Ciò che più spiccatamente la caratterizza è il prevalere di un bene immateriale come l'informazione rispetto al Settore secondario dell'economia), ma pochi di noi sono in grado di definire senza esitazioni la parola “INFORMAZIONE”, che letteralmente rappresenta l'elemento che fornisce conoscenza su una situazione, un fatto, una cosa. Tale parola possiede un’innumerevole quantità di significati che spaziano in ambiti molto diversi tra loro. E' possibile affrontare il problema considerando l’informazione come la “percezione di una differenza” (GREGORY BATESON). Per produrre notizia di una differenza, e quindi informazione, infatti, occorrono due entità (reali o immaginarie) tali che la differenza fra di esse possa essere percepita da una qualche entità elaboratrice di informazioni (un cervello, un sensore, un calcolatore, etc). Cosa intendiamo con tale definizione? Pensiamo ai nostri sensi, che fanno da tramite col mondo esterno: essi non sono altro che rilevatori di differenze, che registrano le sensazioni e le mettono a confronto con altre già presenti, per formale l'idea. Tuttavia queste sensazioni da sole non bastano per avere una percezione completa del mondo che ci circonda: abbiamo bisogno del movimento del corpo, appunto un’altra differenza. Ma “informazione” non è sinonimo di “differenza”: affinché vi sia informazione, la differenza deve anche essere percepita. Il soggetto che percepisce la differenza non deve essere necessariamente un essere umano (es. animali e macchine). Considerare l’informazione in termini di differenze ci permette di elaborare un sistema per l’elaborazione quantitativa dell’informazione: l’unità di misura della quantità di informazione è il BIT; esso è visto come la quantità di informazione contenuta in oggetti od eventi con soli due stati possibili. Se lancio una moneta, testa o croce, il risultato viene considerato un bit. Ma se lancio un dado, i bit diventano tre. In breve: la quantità di informazione contenuta in un qualsiasi messaggio è direttamente proporzionale al numero di messaggi possibili. Definire informazione come percezione di una differenza permette non solo di utilizzare una definizione unica per l'informazione, ma anche di separare il concetto di informazione dai suoi attributi morali: non esisteranno informazioni giuste o sbagliate, distorte o corrette se non mettendo in relazione l’informazione pura con il contesto culturale in cui è inserito, o con le aspettative del soggetto percipiente. È infatti grazie a tali elementi esterni che l’informazione diventa qualcosa a cui noi associamo un SIGNIFICATO, studiandola così dal punto di vista sociologico. L’attribuzione di un significato ad un insieme di informazioni viene considerato equivalente all'emergere di un sistema di RIDONDANZE che permette di completare un insieme di informazioni intuendo la parte mancante spesso con esito positivo: una conversazione disturbata al cellulare ci permette lo stesso di coglierne il significato complessivo, in quanto abbiamo familiarità con il significato della lingua italiana. COMUNICAZIONE La sociologia della comunicazione, è quella scienza che studia il modo in cui la comunicazione, i mezzi di comunicazione ed il messaggio mediatico da loro trasmesso, abbiano conseguenze diverse sui gruppi sociali o sui singoli individui, a seconda del contesto economico, culturale e sociale in cui essi si trovano. Studiare la comunicazione umana significa anche studiare la società: per questo esiste una scienza detta “sociologia della comunicazione”. Essa ha una particolare attenzione nei riguardi dei mezzi di comunicazione di massa, come radio, telefono, computer, televisione ecc...

IL MODELLO DEL PACCO POSTALE La comunicazione è trasmissione di informazioni.

Questa definizione è conosciuta come Teoria matematica della comunicazione di Shannon e Weaver. Tale teoria scompone il processo comunicativo nei suoi elementi fondamentali, quali: ● Una SORGENTE capace di elaborare un MESSAGGIO (insieme di informazioni da trasmettere); ● Un APPARATO TRASMITTENTE (che trasforma il messaggio codificandolo nel modo più appropriato, in base al mezzo di comunicazione prescelto); ● Un MEZZO O CANALE di comunicazione (attraverso il quale viaggia e viene diffuso il messaggio); ● Una FONTE DI RUMORE (che può modificare o deteriorare il messaggio); ● Un APPARATO RICEVENTE (che trasforma nuovamente il messaggio ricevuto, utilizzando lo stesso processo dell'apparato trasmittente ma al contrario); ● Un DESTINATARIO (che riceve il messaggio decodificato). Lo scopo della teoria matematica della comunicazione è quello di studiare le strategie migliori affinché il messaggio arrivi integro dalla sorgente. Il MODELLO DI SHANNON (questo il suo vero nome) si applica non solo alle conversazioni telefoniche, ma anche alle comunicazioni faccia a faccia. Si tratta complessivamente di una concezione che vede informazione e comunicazione alla stregua di oggetti fisici, confezionati, spediti e ricevuti come pacchi postali che viaggiano da un luogo a un altro. Le strategie elaborate da tale modello vanno nella direzione di: • Scegliere il canale con maggiore LARGHEZZA DI BANDA (lo spettro di frequenza utilizzabile per la trasmissione dei dati, indica quindi il rapporto tra quantità di informazione e unità di tempo); • Scegliere un codice il più possibile CONDIVISO E ROBUSTO; • Codificare il messaggio in forma RIDONDANTE, per mantenerlo integro anche con rumori. Molto importante quindi risulta il codice, concepito dalla teoria matematica di comunicazione come un insieme di regole di corrispondenza tra i valori di un insieme A e quelli di un secondo insieme B. Agli albori delle telecomunicazioni, il codice per eccellenza è il codice Morse, che permette di convertire ogni lettera dell'alfabeto in un suo corrispondente segnale binario costituito da punti e linee. Il Modello di Shannon, soprattutto nei suoi aspetti legati alla misurazione quantitativa dei flussi informativi, ha costituito un riferimento teorico di inestimabile importanza per gli studi di ingegneria delle telecomunicazioni in un momento di forte innovazione tecnologica. Però è apparso inadeguato a comprendere i processi comunicativi umani a causa di una serie di limiti: uno è dato dal fatto che la sua idea di codice si preoccupa degli aspetti sintattici ignorando quelli semantici.

UN'IDEA COMPLESSA DELLA COMUNICAZIONE I segni che compongono un codice e le loro combinazioni possono essere studiati da almeno tre punti di vista diversi, conosciuti nelle scienze del linguaggio come: - Sintassi, che è lo studio dei singoli elementi di un codice e delle loro possibili combinazioni valide; - Semantica, che è lo studio delle relazioni tra il codice e gli oggetti che indica. - Pragmatica, che è lo studio delle relazioni tra il codice, coloro che lo usano e il loro comportamento conseguente a questo uso. A partire dalla metà del secolo scorso, gli sviluppi della cibernetica spingono a favore di una visione che oggi forse verrebbe definita olistica, ovvero centrata sull'intero sistema e sulla reciprocità delle relazioni tra i suoi elementi. La cibernetica è, quindi, la scienza che studia i meccanismi con cui gli animali, gli umani e le macchine comunicano con l'ambiente esterno e provano a controllarlo. I concetti chiave per capire la Cibernetica sono: - Feedback. - Omeostasi. - Entropia

I concetti semiotici concepiscono la comunicazione come un processo di trasformazione piuttosto che come un processo di trasferimento di informazione. L'accento è posto in questo caso sulla complessità e sui "misteri" dell'interpretazione. Nei modelli semiotici i problemi comunicativi (equivoci, incomprensioni, difformità interpretative), non sono viste come un'eventualità patologica dovuta a una codifica in accurata o a disturbi esterni al sistema, bensì come una possibilità insita in ogni comunicazione che, proprio in quanto trasformazione, è sempre in qualche modo imperfetta e imprevedibile. L'apporto della "cibernetica" inserisce nella comunicazione un elemento di circolarità attraverso la nozione di "feedback" (ritorno, retroazione), che dà al destinatario della comunicazione un ruolo "attivo" nel processo di interpretazione. Con il richiamo alle radici etimologiche della parola, la sociologia riesce a concepire un ruolo completamente diverso di pensare alla comunicazione: essa deriva da un'antichissima radice sanscrita (com, con il senso di mettere in comune), successivamente evoluta nel latino communis (comune) composto dall'unione cum (insieme) e munis (obbligazione, debito, dono). Vi è dunque in questa parola un elemento che richiama alla reciprocità, al vincolo collettivo; in ultima analisi il sentimento fondante del vivere sociale: si nota subito che si tratta della stessa radice della parola "comunità". Comunicare significa quindi anche condividere e la comunicazione può essere considerata perfino come uno dei collanti della società. Ora si apre una questione: quella dell'intenzionalità. Dobbiamo considerare come comunicative solo quelle situazioni nelle quali è presente un'intenzione esplicita e consapevole di condividere un significato, oppure tale intenzione è solo una componente accessoria? Sulla risposta a questa domanda vi è discordanza fra scuole diverse, che confonde ancora, non solo gli studenti, ma anche gli stessi studiosi. L'influente Scuola di Palo Alto (primi anni '60), equipara semplicemente la comunicazione al comportamento e "nega" così il requisito dell'intenzionalità. Secondo questa Scuola, qualsiasi comportamento in una situazione di interazione è comunicazione, anche nei casi in cui ci si sforza di non comunicare. Chiaramente anche nella circostanze in cui vogliamo comunicare, il nostro comportamento parlerà per noi più di quanto vorremmo: un rossore del viso, una postura tesa, un sospiro, sono tutte forme di comunicazione. Da qui deriva il primo assioma della Scuola di Palo Alto: è impossibile non comunicare. Al contrario, il sociologo canadese Goffman distingue tra l'espressione assunta intenzionalmente e l'espressione lasciata trasparire. Per Goffman va intesa come comunicazione in senso stretto solo la comunicazione intenzionale ; tuttavia egli concentra la sua attenzione proprio sulle espressioni lasciate trasparire che sono quelle che offrono un terreno di studio eccezionalmente interessante e sicuramente correlato al tema della comunicazione. Una definizione precisa della parola comunicazione è quella proposta dallo psicologo Luigi Anolli, che dice: la comunicazione è uno scambio interattivo osservabile tra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione. In questa definizione,la comunicazione è anzitutto considerata come una forma specifica di interazione, ovvero di relazione nella quale ogni partecipante orienta la propria azione sulla base dei comportamenti , delle azioni o delle intenzioni osservate o attribuite ai propri interlocutori. I partecipanti (non si parla necessariamente di esseri umani), devono essere due o più, prefigurando l'esistenza di un contesto in cui la comunicazione prende forma. Ci deve essere l'intenzione e la consapevolezza. Il significato è condiviso (e non semplicemente trasmesso) grazie a sistemi simbolici che prendono la forma di codici e di linguaggi più o meno articolati. Secondo Anolli, quindi, la presenza dell'intenzionalità distingue lo scambio comunicativo da un semplice scambio informativo. Tuttavia, su questo tema, gli studiosi sono ben lontani da un accordo; a complicare le cose, c'è il fatto che " l'intenzione" non è una grandezza discreta ("voglio o non voglio

comunicare"), bensì un continuum ricco di sfumature non sempre facilmente riconoscibili nemmeno da parte dei diretti interessati, , per non parlare di un osservatore esterno. Non solo: l'intenzione può assumere una direzione negativa, per es. decidendo di non salutare una determinata persona che si incontra per strada o di non rispondere a una certa domanda. Definire la comunicazione si rivela una impresa molto difficile, ai fini pratici possiamo tuttavia considerare la comunicazione come un processo di costruzione collettiva e condivisa del significato, processo dotato di livelli diversi di formalizzazione, consapevolezza e intenzionalità. Ai fini pratici, tuttavia, diciamo che possiamo considerare informalmente la comunicazione, come un processo di costruzione collettiva e condivisa del significato, processo dotato di livelli diversi di formalizzazione, consapevolezza e intenzionalità. DEFINIZIONE DI COMUNICAZIONE In ambito sociologico la comunicazione è semplicemente definita come un processo di costruzione collettiva e condivisa del significato, processo dotato di livelli diversi di formalizzazione, consapevolezza e intenzionalità.

COMUNICAZIONE UMANA E ANIMALE Il soggetto della comunicazione può essere di volta in volta un essere umano, un gruppo, un istituzione, ma anche un animale, una pianta. Gli animali comunicano tra di loro a tutti gli effetti; storicamente l'atteggiamento nei confronti della comunicazione animale è oscillato tra antropocentrismo e antropomorfismo. Nel primo caso si tende a considerare l'uomo come unico depositario del "dono" della comunicazione, nel secondo caso, al contrario si tende a "umanizzare" gli animali attribuendo a loro le stesse caratteristiche e dinamiche comunicative tipiche della nostra specie. Darwin, dimostrando la continuità filogenetica che lega homo sapiens e scimmie antropomorfe, ha dato un duro colpo alle posizioni più rigidamente antropocentriche (come quelle sostenute per secoli dalla chiesa cattolica). L'antropomorfismo è invece, una tendenza ancora molto diffusa a livello di senso comune: si manifesta , per esempio, ogni volta che guardiamo un cane ben addestrato , commentiamo: "gli manca solo la parola”. Gli etologi risponderebbero che, se un cane ricevesse improvvisamente il dono della parola, probabilmente non saprebbe cosa farsene. La comunicazione animale viaggia infatti di solito su un piano completamente diverso da quello a cui si siamo abituati. Le parole non servono, quando la comunicazione non si riferisce a dati riferisce a dati fattuali (eventi accaduti, oggetti vicini presenti, pensieri astratti, etc), bensì al tipo di relazione esistente tra gli interlocutori (es. come cambia l'atteggiamento di due cani che si incontrano lungo la strada, o quando un uomo si avvicina ad un cane, rivolgendosi a lui come se fosse un essere umano cercando di ammansirlo con parole dolci "ciao bel cagnetto"). In definitiva, la comunicazione animale non è mai narrazione di storie. Agli animali le parole non servono, più o meno come non servirebbero a un innamorato che cerca di far capire alla sua amata la misura del suo sentimento. Gli studi più recenti hanno dimostrato che le generalizzazioni troppo rigide non reggono e che la comunicazione animale presenta caratteristiche estremamente diverse da specie a specie. Gli scimpanzé possono comunicare la presenza e anche la natura di un predatore agli altri scimpanzé, attraverso richiami diversi: si è notato infatti che con un tipo di richiamo, che si è capito poi fosse quello del leopardo, tutte le scimmie salgono sui rami, mentre con un altro tipo di richiamo, relativo all’aquila, si nascondono nei cespugli. Anche le api hanno un tipo di comunicazione evoluta: esse effettuano un tipo di danza in volo per comunicare alle altre api dove si trova il cibo nell’alveare. Alcune specie di animali, come il piviere, ha la capacità di comunicazione menzognera. CAPITOLO II LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE La comunicazione interpersonale o comunicazione uno a uno, è una conversazione privata o intima; è uno scambio di informazioni fra due o più persone che stanno facendo un lavoro insieme; è il flusso di reciproci messaggi di un gruppo di bambini che sta giocando; l'emittente e il ricevente si scambiano alternativamente i ruoli (come avviene ad esempio in una conversazione telefonica).

LINGUAGGIO Linguaggio, conoscenza e struttura sociale, sono legati da un rapporto di circolarità, rappresentante uno degli oggetti di studio della sociologia: nella costruzione sociale infatti il linguaggio ha un ruolo importantissimo, in quanto costituisce la base con cui viene creata la conoscenza. Il linguaggio inoltre è molto importante, perchè unisce un popolo, fornendogli una stessa identità. E' anche per questo che le minoranze linguistiche, come quelle sudtirolesi dell'alto adige, tutelano sempre la loro lingua. Il linguaggio stabilisce anche i confini in una collettività, basti pensare allo slang di alcuni quartieri, o ai dialetti. Esso cambia continuamente in relazione ai continui cambiamenti della società, ma anche in relazione all'utilizzo che ognuno di noi facciamo del linguaggio quotidianamente. Basti pensare al cambiamento e alla differenza tra langue, che è la lingua ufficiale di un paese, e parole, che è la lingua parlata, che ha mille sfumature diverse e contaminazioni da altre lingue (introduzione nei dizionari di termini inglesi ad esempio).

DAL SEGNO AL SIMBOLO Quando due uomini che non hanno nulla in comune si incontrano ( es. due uomini che parlano lingue differenti, che hanno culture, abitudini, modi di pensare diversi), la comunicazione si riduce inizialmente ai suoi livelli più semplici. La prima ancora di salvezza è fornita da quella che si definisce chiamare linguaggio gestuale naif: quel linguaggio che permette di ricorrere a segni, gesti, espressioni del viso ritenuti universali (sorriso, sguardo, comportamenti). Tutti questi segni possono essere utili per affrontare delle situazioni emergenza, ma si dimostrano estremamente limitati se confrontati con il linguaggio verbale. Oltre a essere molto comodo (parlare è meno faticoso che sbracciarsi o mimare una lotta), il linguaggio verbale, permette di comunicare eventi accaduti lontano nello spazio e nel tempo. Non solo: permette di comunicare dubbi incertezze, negazioni, sentimenti e tutto ciò che non ha un corrispettivo fisico immediato (pensiamo a concetti astratti di filosofia o di matematica). Il superiorità del linguaggio verbale non è soltanto un linguaggio che utilizza la voce; esistono linguaggi gestuali evoluti come la Lis (Lingua italiana dei segni, utilizzata dalle persone sorde), che si dimostrano altrettanto (o quasi) potenti e flessibili) La comunicazione gestuale dei sordi è conosciuta fin dall'antichità, ma il suo studio sistematico ha inizio solo intorno al 1960. E' in quegli anni che il ricercatore W. Stokoe dimostra che questa forma comunicativa non è una semplice mimica, ma una vera lingua, dotata di sintassi e di lessico e in grado di esprimere qualsiasi messaggio. Nei diversi Paesi ciascuna comunità di sordi crea e tramanda nel tempo una propria lingua, per cui esistono molte varietà di tale lingua. Vediamo ora la differenza fra la Lingua italiana dei segni e il linguaggio gestuale naif; entrambi sono basate sui gesti, ma: – Nella Lingua italiana dei segni, ogni gesto è rigidamente codificato anziché lasciato alla libera interpretazione individuale. – La Lis deve essere appresa con un certo grado di impegno e di fatica, al pari di qualsiasi lingua straniera, perché il suo uso esige la completa padronanza di un complesso sistema convenzionale di significazione. – Un gesto previsto dalla Lis possiede solo il significato assegnatoli da quest'ultima, per cui il gesto della Lis è scarsamente ambiguo e altamente convenzionale. Questo carattere di convenzionalità della Lis, permette di distinguere i linguaggi "digitali" (che preferiamo chiamare "numerici" per non confonderli con l'idea di "digitale" usata nell'informatica), dai linguaggi "analogici" La comunicazione numerica di tipo verbale rappresenta un momento evolutivo nella storia dell'uomo ed è lecito pensare che senza il basilare mezzo di comunicazione fornito dalle parole, la civiltà umana non avrebbe mai avuto inizio. Tuttavia è bene precisare che la comunicazione numerica non sempre viene preferita a quella analogic...


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