Riassunto Italiani scritti - serianni - sociologia della comunicazione PDF

Title Riassunto Italiani scritti - serianni - sociologia della comunicazione
Course Sociologia della comunicazione
Institution Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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Riassunto - libro "Italiani scritti" - serianni - sociologia della comunicazione...


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ITALIANI SCRITTI 1) SCRITTO E PARLATO Attraverso la lingua parlata, l'essere umano, che è l'unico animale a produrre suoni articolati, può esprimere emozioni, stati d'animo,ragionamenti,preghiere. Ogni essere umano, istruito o meno che sia, sa parlare e sa riconoscere i suoni, le parole e l'ordine in cui esse appaiono. Oltre al linguaggio parlato, esistono altri codici con cui ci esprimiamo:  il linguaggio mimico: caratterizzato dall'atteggiamento del volto e dall'espressione dello sguardo, con i quali possiamo esprime approvazione o disapprovazione. Questo può accadere sia nelle conversazioni faccia a faccia sia attraverso l'uso degli “emoticons” (cioè “faccine”); generalmente, il linguaggio del volto serve a rafforzare i contenuti e segnalare la corretta chiave di lettura: ad esempio, un insulto accompagnato da sguardo minaccioso e labbra inarcate all'ingiù segnalano rabbia e ira, invece, uno stesso insulto fatto tra amici accompagnato da una risata segnala che la frase vuole essere uno scherzo.  Linguaggio gestuale: è l'insieme dei gesti che compiamo con le mani e la testa, che possono essere di affermazione o di negazione  linguaggio prossemico: riguarda la distanza fisica che manteniamo con il nostro interlocutore; questa distanza varia spesso a seconda della confidenza che abbiamo con chi parliamo: più siamo in confidenza con qualcuno e più tendiamo a porci in un distanza ravvicinata con lui, a differenza,invece, di persone che ricoprono un ruolo superiore a noi: in questo caso, tendiamo a mantenere una certa distanza. Il linguaggio prossemico comprende la postura del corpo, eretto o piegato. Questi tre linguaggi possono essere usati come ausiliari dei parlanti, a differenza dei sordomuti, che invece si avvalgono un sistema gestuale diverso per comunicare; comunque, è raro che il sistema non verbale sostituisca veramente il sistema verbale. Diverso è il caso della lingua scritta, grazie alla quale siamo in grado di perpetrare informazioni e memorie del passato alle generazioni futuri; questo è possibile per i parlanti alfabetizzati: sono ancora centinaia gli esseri umani che sono esclusi dalla scrittura. Esiste una differenza tra il parlato e lo scritto: il parlato scompare nel momento stesso in cui avviene, cioè nell'immediatezza della comunicazione e non è destinato a lasciare tracce nel tempo, lo scritto,invece, è destinato a durare nel tempo e a raggiungere destinatari lontani fisicamente e psicologicamente. Lo scritto ci permette di riferirci a un pubblico indifferenziato e imprevisto, a differenza invece del parlato, in cui è prevista un'intenzionalità nell'ascoltare qualcuno parlare; inoltre, il parlato è molto più libero dello scritto, ha un minore controllo (in quanto non si preoccupa di scegliere parole più appropriate, né di risultare ridondante e ripetitivo), una minore pianificazione (le frasi sono brevi, spesso prive di subordinazioni, ma esistono solo coordinazioni e frasi sospese) e un minore obbligo di esplicitare le circostanze della comunicazione (poiché i parlanti condividono lo stesso contesto). Nel discorso parlato, si fa spesso riferimento a conoscenze condivise dai parlanti; il minore controllo linguistico emerge da molteplici fattori: il ricorso al turpiloquio, la presenza di fatti grammaticali esclusi nello scritto, l'ordine delle parole che mette in evidenza il tema del discorso (ad esempio, mediante dislocazione a destra e la posposizione del soggetto dopo il verbo essere). La scarsa pianificazione emerge dalla sintassi, che evita le subordinate complesse e predilige le coordinate o mediante la citazione di discorsi diretti; la differenza più importante è la minore esplicitezza rispetto allo scritto, poiché il parlato può permettersi di essere implicito, facendo riferimento al contesto in cui avviene la conversazione e a

due meccanismi: 1) PRESUPPOSIZIONE: Consiste nel dare per noto un elemento non esplicitato nel discorso, poiché è ricavabile dalle conoscenze dell'interlocutore o dal modo in cui il discorso viene presentato. La presupposizione risulta naturale per il parlato. 2) DEISSI: Consiste nel fare riferimento al contesto, in relazione al tempo, allo spazio o alle persone. Le frasi che si riferiscono al contesto rimarrebbero,però, sospese se venissero trascritte senza indicazioni: nella scrittura, occorre abbandonare gli elementi deittici e ancorare le informazioni a elementi frasali espliciti, che forniscano i dati riguardo il tempo e lo spazio in cui avviene una conversazione. Il parlato è di diversi tipi e si diversifica a seconda non solo della confidenza, ma anche del prestigio: esiste una comunicazione spontanea tra due coetanei, ma esiste anche una conversazione asimmetrica tra due persone che ricoprono ruoli e status sociali differenti, dove il parlato diventa più programmato e articolato. Esistono tre differenze tra parlato e scritto:  possibilità di retroazione: Solo il parlato permette di aggiustare il tiro del discorso in base alle reazioni degli interlocutori: chi parla può intervenire e correggere i disturbi della comunicazione: accogliendo un'interruzione altrui (“Come hai detto?”) o ripetendo in altra forme quello che si è detto perchè non è stato colto (a causa di un rumore fisico, come il passaggio di un treno, oppure psicologico, cioè l'interlocutore ha abbassato la soglia di attenzione e non ha capito). Il parlato, quindi, risulta particolarmente ridondante, poiché dice più del necessario e ciò che è dato per scontato, tende a perdersi  obbligo di svolgimento lineare: Col parlato non si può tornare indietro: il parlante può interrompersi, dare nuove spiegazioni a quanto ha appena detto e contraddirsi, ma è comunque costretto a costruire sempre nuove sequenze verbali in maniera progressiva. Con lo scritto, si può organizzare il testo, leggerlo, scorrerlo rapidamente, modificarlo e ricominciare da un punto qualsiasi. Il parlato è rigido, invece lo scritto è più sensibile alle esigenze di chi legge.  Limitazione alla sfera uditiva: A differenza di un discorso orale, un testo scritto è adatto sia a una lettura ad alta voce, sia ad una lettura puramente mentale; da questo punto di vista, il testo scritto si presenta più complesso in quanto deve soddisfare l'occhio, mediante la presenza di spazi tra una parola e un'altra, l'adozione di segni grafici interpuntivi che segnalino una pausa, la rappresentazione gerarchica delle informazioni ecc... Alcune norme grafiche sono stabili: ad esempio, sappiamo quali sono i monosillabi che devono essere accentati. La differenza tra parlato e scritto sta anche nel fatto che la lingua scritta è più rigida, mentre il parlato lascia spazio alle varietà dialettali e alle diverse pronunce regionali. 2) IL TESTO E I SUOI REQUISITI FONDAMENTALI La nozione di “testo” fa riferimento alla metafora del “tessuto”, della “trama” dei singoli fili che dà vita a un insieme ( in latino “textus” è il participio passato di “texere”, tessere). Il testo, in questa accezione, può essere sia scritto sia orale: entrambi hanno delle regole da seguire affinché la comunicazione funzioni. La condizione principale perché si possa parlare di testo è che si abbia una produzione linguistica con l'intenzione e con l'effetto di comunicare e nella quale si possano riconoscere un emittente e un destinatario. In generale, una produzione linguistica ha un contenuto comunicativo, per indicare che cosa voglia dire un messaggio, un emittente e un destinatario, espliciti o impliciti. I testi possono essere distinti a seconda del vincolo interpretativo posto dall'emittente, cioè i testi possono essere più o meno rigidi: i testi scientifici,per esempio, sono

considerati molto rigidi, in quanto non ammettono margini d'interpretazione soggettiva. Non contano solo i significati, ma anche i suoni e la collocazione delle parole, che non vincolano rigidamente il destinatario a una singola interpretazione. (* iperonimo= termine semanticamente sovraordinato rispetto a termini di significato più specifico. Esempio: domicilio, si riferisce a qualsiasi dimora, non solo la casa, ma anche una baracca). Un testo, per essere definito tale, deve assolvere i seguenti requisiti: coerenza e coesione – coesione: consiste nel rispetto dei rapporti grammaticali e della connessione sintattica tra le varie parti. I rapporti grammaticali possono essere violati in diversi modi: non rispettando la concordanza di numero tra soggetto e predicato (ad esempio,* i bambini non si vuol lavare, invece di, i bambini non si vogliono lavare. Questa frase è tipica di un parlante veneto, che usa la 3a e la 6a persona al singolare), non rispettando la concordanza di genere tra sostantivo e articolo, aggettivo o participio, infine, non rispettando l'ordine delle parole (la norma linguistica fa sempre misurata in riferimento all'epoca in cui se ne fa uso, oltre che alla tipologia di testo. Per garantire la coesione, ci si avvale di due strumenti: i coesivi e i connettivi. I coesivi sono i vari modi con i quale si richiama un elemento già espresso in precedenza, di cui fanno parte i pronomi (“che sta al posto del nome”) personali e dimostrativi, i sinonimi , gli iperonimi , i nomi generali (che operano per sostituzione lessicale e sono costituiti da una vocabolo che condivide più o meno il significato di un altro. Spesso, nello scritto si predilige l'uso dei nomi generali, così come gli iperonimi, entrambi usati anche nel linguaggio giuridico), la riformulazione (= sostituire al già detto un'espressione che richiami nel contesto ciò di cui si è parlato e avviene con conoscenze condivise e diffuse, ma anche di fronte a conoscenze nuove. Il contesto, quindi, ci permette di incamerare una conoscenza nuova, attribuendola alla fonte; il meccanismo, però, potrebbe non funzionare quando i dati sono corretti, ma la riformulazione non è pertinente al contesto), l'ellissi (=omettere un riferimento esplicito al già detto, in quanto il contesto provvede a eliminare ogni dubbio. E' obbligatoria quando il soggetto della reggente è lo stesso delle subordinate e delle coordinate di una stessa frase. Opposta all'ellissi, troviamo l'anafora, cioè la ripetizione di una o più parole all'inizio di più enunciati strutturati in modo simile e posti in successione). I connettivi,invece, sono elementi che assicurano la coesione di un testo, garantendo i rapporti logici e sintattici tra le varie parti; dei connettivi, fanno parte le congiunzioni grammaticali (perchè, dunque, quindi,quando ecc...) causali e conclusivi (che possono anche essere omessi), l'avverbio sì, da un complemento, da un'intera frase . – Coerenza: si riferisce al corretto collegamento formale tra le varie parti. La coerenza riguarda il suo significato ed è legata alla reazione del destinatario, che deve valutare, in maniera appropriata, la circostanza in cui un testo è stato prodotto. La coerenza deve essere attuata sia a livello semantico, sia a livello stilistico, sia a livello logico: la coerenza semantica riguarda l'uso di una parola in riferimento a un determinato contesto, e il rispetto del significato che deve sussistere tra le varie parti della frase; la coerenza stilistica richiede un registro congruente con un certo tipo di testo; infine, la coerenza logica riguarda i meccanismi di presupposizione e di riferimento al contesto che agiscono normalmente nei rapporti verbali. Le possibili violazioni in cui si può incorrere sono: coesione testuale violata (sul piano della sintassi del periodo, una frase rimane in sospeso), scorretto uso dei coesivi, uso del connettivo iniziale ma (che non ha funzione avversativa tipica dello scritto ed è legittima nel parlato e serve a marcare una presa di parola da parte dell'interlocutore),coerenza semantica compromessa, coerenza stilistica in bilico tra contrassegni tipici dell'oralità informale e lessico proprio di una persona istruita. I connettivi sono più richiesti dall'argomentazione, così come i segni di interpunzione, che

sono esclusivi del testo scritto. 3) ALLESTIMENTO DELLA PAGINA SCRITTA I segni di punteggiatura svolgono un ruolo e una funzione ben definita, e si distinguono in due categorie: – i segni che indicano una pausa, che, però, non riflettono le pause del parlato, ma contrassegnano i vari rapporti sintattici che si stabiliscono tra le varie parti di una frase o di un periodo. La corrispondenza si riscontra nelle interrogative ed esclamative, attraverso il tono e la curva prosodica ascendente-discendente (per le esclamative) e discendenteascendente (per le interrogative) – a differenza di altri settori della lingua scritta, che sono rigidi e codificati,la punteggiatura ammette molta più possibilità di scelta, legate alle abitudini individuali. Un caso ricorrente è costituito dalla selezione nell'àmbito dei segni di pausa medio-forte (punto, e punto e virgola). In generale si adoperano quattro segni interpuntivi: la virgola,il punto e virgola, i due punti e le virgolette. VIRGOLA: E' il segno di pausa debole e quello più comune; si può usare tra soggetto e predicato o tra predicato e oggetto, solo quando uno degli elementi è messo in evidenza o spostato rispetto al posto abituale occupato nella frase. Abitualmente, la virgola è richiesta prima di un'apposizione (A Siracusa morì August von Platen, il noto poeta tedesco), prima di un vocativo non preceduto da interiezione (Pregate, fratelli!), nelle ellissi, nelle enumerazioni e coordinazioni asindetiche, quando i vari elementi non hanno una struttura omogenea, quando gli elementi collegati sono due all'interno della stessa frase, quando collega due frasi che sono distanti grammaticalmente o tematicamente, nella coordinazione disgiuntiva, in presenza di frasi con la stessa struttura, per scandire il confine tra due coordinate di un certa estensione, per delimitare un inciso, prima e dopo diverse preposizioni subordinate che condividono le caratteristiche dell'inciso (la virgola non va mai usata tra una reggente e una completiva, come ad esempio in “credo di...”, e prima di una relativa limitativa, cioè quelle che precisano il significato.) PUNTO E VIRGOLA: serve per scandire i membri di un'enumerazione complessa, per segnalare una diversa tematizzazione di una frase coordinata (ciò che avviene quando il soggetto è diverso o quando un elemento è presente in funzione di un oggetto in una delle due frasi e con un diverso regime sintattico), davanti a un connettivo forte per rango argomentativo e sintattico,specie conclusivo o esplicativo (dunque, quindi,infatti, perciò ecc... Cioè, in tutti i casi in cui si introduce la conclusione di un ragionamento e si deducono le logiche conseguenze di certe premesse.) DUE PUNTI: Introducono il discorso diretto, con funzione argomentativa (cioè quando si comportano come un connettivo interpuntivo, indicando la conseguenza logica di un fatto), con funzione descrittiva (se si esplicitano i particolari di un insieme, enumerandone le singole componenti o facendone emergere un tratto saliente). VIRGOLETTE: Si distinguono in virgolette alte (“”) e virgolette base (), le prime assolvono la funzione di riporto di un discorso diretto o citazione e per contrassegnare l'uso particolare (ironico, allusivo, traslato ecc..) di un'espressione; le seconde delimitano una parola o un discorso altrui.

Quando,dopo un punto fermo,andiamo a capo e cominciamo un nuovo periodo, è buona norma introdurre un capoverso, cioè rientrare di qualche battuta rispetto all'inizio delle altre linee di scrittura; questa norma è particolarmente usata nella stampa e nella videoscrittura, a differenza della scrittura manuale, che invece è meno sistematica da questo punto di vista. Ma quando ricorrere al capoverso, cioè quando andare a capo? Iniziamo col dire che il capoverso è un connettivo implicito, da affiancare ai connettivi espliciti (perché, a seconda che …) e a quelli interpuntivi; andare a capo significa avvertire il lettore che l'argomento cambia: lo spazio bianco segnala il passaggio a un distinto blocco informativo e significativo ed è affidato alla scelta di chi scrive o dalle consuetudini degli editori. Esistono,però, casi specifici in cui usare il capoverso: nella prosa saggistica e argomentativa (per introdurre più serie di dati, notizie, fatti; per accentuare la scansione e il collegamento tra i vari membri e può concorrere con la lineetta), nella prosa letteraria (per riprodurre le battute di un dialogo di due o più personaggi. Nei romanzi contemporanei, le battute possono essere inserite all'interno di uno stesso blocco, prive anche di virgolette). 4) IL RIASSUNTO Il riassunto è il testo che ci capita più spesso di scrivere e produrre, soprattutto in ambìto professionale; consiste nello sintetizzare ciò che altri hanno già scritto o detto: fare un riassunto orale è meno impegnativo che metterlo per iscritto. Non tutti i testi sono adatti a essere riassunti, come ad esempio i testi “regolativi”, quelli,cioè, che contengono regole,norme,istituzioni (come nel caso testi giuridici). Le cose, ovviamente, cambiano a seconda del contesto: che sia il riassunto di un testo scolastico o il resoconto di una riunione d'affari, vi è comunque un'esigenza di rispettare lo spazio a disposizione, in base al quale strutturare la gerarchia delle informazioni. Un testo deve essere diviso in blocchi informativi, che sono le unità informative presenti nel testo: possono risultare in una frase, in uno o più periodi ecc... L'individuazione delle unità informative essenziali,importanti e marginali è il modo più adeguato per procedere al riassunto di un testo narrativo, come ad esempio, il metodo delle “cinque W” (who?where?when?what?why?). L'individuazione e la gerarchizzazione delle varie unità informative è, in parte, legata alla valutazione di colui che redige la riduzione: un buon riassunto mantiene intatti i tratti delle unità informative essenziali, importanti e marginali. 5) LA PARAFRASI La parafrasi affianca a un testo di partenza di difficile comprensione, una versione semplificata (spesso in prosa corrente), che appiani le difficoltà sintattiche, semantiche e contenutistiche (mediante la sostituzione con altre parole, trasformando le frasi complesse in semplici e spiegando un nome o un fatto poco noto). Affinchè risulti efficace, una parafrasi deve presupporre un'esatta comprensione del testo di partenza e la capacità di rendere comprensibile il testo a un pubblico diverso da quello per cui è stato concepito: lettori di epoche diverse, ascoltatori di università diverse ecc... La distanza temporale e spaziale hanno permesso di allestire versioni moderne dei grandi classici italiani. Chi scrive una parafrasi può aggiungere particolari che mancano nell'originale, pur mantenendo un registro linguistico medio-alto, spesso accompagnando la parafrasi con un commento che funga da spiegazione semantica, simbolico o critico. Può capitare che, nei testi destinati agli studenti, manchi una specifica strategia espositiva: il lettore può restare disorientato, mettendo sullo stesso piano notizie fondamentali e notizie marginali. Queste tecniche qui sopra citate possono essere usate anche per una riscrittura che possa rendere più accessibile al pubblico un testo di partenza, sacrificando alcune notizie troppo particolari; allo stesso tempo, si possono comunque mantenere invariate le stesse parole, le

fondamentali vengono esposte in forma più estesa, facendo cadere le frasi marginali; un altra strategia consiste nell'anticipare in posizione iniziale un dato saliente, in modo da suscitare la curiosità del lettore. 6) I LINGUAGGI SETTORIALI Un linguaggio settoriale rimanda ai diversi tipi di comunicazione, verbali e non verbali, messi in atto non solo dagli esseri umani ma anche da altri specie animali. Non si parla di lingua, ma di linguaggio, che può essere gestuale, iconico, dei sordomuti ecc... Il linguaggio settoriale rappresenta la varietà di una lingua naturale , dipendente da un settore di conoscenze o da un àmbito professionale; il linguaggio settoriale è utilizzato da un ristretto gruppo di parlanti e ha lo scopo di soddisfare determinate necessità comunicative, ascritte a un settore specialistico. Una caratteristica del linguaggio settoriale è la referenzialità, cioè il suo riferimento a significati oggettivi; un'altra è a neutralità emotiva. A livello linguistico, un linguaggio settoriale si caratterizza per determinate scelte lessicali, e per le soluzioni morfolo...


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