Riassunto Pragmatica PDF

Title Riassunto Pragmatica
Course Linguistica Generale
Institution Università di Bologna
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Pragmatica: termine introdotto da Charles Morris (1938), secondo cui la Pragmatica, ossia “la relazione dei segni con gli interpretanti”, è una delle tre componenti della semiotica o scienza dei segni, insieme alla Sintassi (“relazioni formali di un segno con un altro segno”) e alla Semantica (“relazioni dei segni con gli oggetti a cui i segni si applicano”). La pragmatica si occupa di cosa si fa, con la produzione di un enunciato, in un determinato contesto situazionale. Prende in considerazione l’intenzionalità del parlante. verbi perfomativi. • Io ti battezzo nel nome del padre, del figlio, … • Testimonio che non c’è altro dio all’infuori di … • Dichiaro aperta la seduta. Perché siano verbi performativi, devono essere usati alla prima persona, modo indicativo tempo presente. fare accadere qualcosa di concreto (enunciati performativi) Ogni enunciato come atto linguistico è la somma di quattro livelli contemporanei e indivisibili: Livello locutorio: quando si parla, si produce una sequenza di foni. Es. La gamba mi fa male! Livello locutivo: il parlante esprime dei significati, fa riferimento a entità, eventi o situazioni. Es. ‘provo dolore in una precisa parte del corpo’ Livello illocutivo: si manifestano intenzioni e si perseguono scopi. Es. La gamba mi fa male! = lamentarsi; il museo riapre alle 15,30 = trasmettere un’informazione; ti restituirò i soldi entro la fine della settimana= assumere l’impegno di fare qualcosa; mi passi il pane per favore? = richiedere. Forza illocutiva: capacità dell’enunciato di trasmettere questa intenzione del parlante. I parlanti hanno a disposizione mezzi linguistici di vario tipo per segnalare la forza illocutiva di un enunciato: es. verbi

perfomativi (livello lessicale), modalità verbale (es. imperativo, livello morfologico), intonazione (es. domanda, livello prosodico

).

Livello perlocutivo: l’effetto anche non verbale, la conseguenza dell’enunciato;esso può anche non corrispondere alle intenzioni dell’atto illocutivo. Es. Mi fa male la gamba! = muovere a commozione, l’interlocutore va a prendere un antidolorifico, l’interlocutore fa spallucce.

In base al livello illocutivo (vd. intenzione del parlante), Searle opera una macroclassificazione degli atti linguistici: ATTI RAPPRESENTATIVI: con cui il parlante riferisce come sono le cose, lo scopo è dare una rappresentazione della realtà. Es. dico, deduco, descrivo, classifico… ATTI ESPRESSIVI: il cui scopo è esprimere lo stato psicologico. Ne fanno da esempi gli atti del ringraziare, il congratularsi, lo scusarsi, il dolersi, il lamentarsi. Es. ringrazio, chiedo scusa, mi congratulo… ATTI COMMISSIVI: il cui scopo è impegnare il parlante ad assumere una certa condotta futura. Es. prometto, giuro, mi rifiuto… ATTI DIRETTIVI: il cui scopo è indurre l’ascoltatore a fare qualcosa. Es. comando, chiedo, consiglio, invito, supplico… ATTI DICHIARATIVI (PERFORMATIVI): il cui scopo è la felice esecuzione dell’azione (dire equivale a fare). Es. mi dimetto, ti battezzo, vi proclamo, dichiaro aperta la seduta…

Atti linguistici indiretti: Chiuderesti la finestra? • Chiudi la finestra! • Potestri chiudere la finestra? • La finestra! • Che freddo che fa in questa stanza Parte di informazione asserita in maniera esplicita: si può riconoscere attraverso l’impegno (commitment) di chi produce il messaggio rispetto al valore di verità di quella parte di enunciato. Es. è caduto qualcosa. Presupposizione: la parte dell’enunciato che è data per presupposta e condivisa dai parlanti e che perciò non viene messa in discussione da una negazione o smentita. In altre parole, parte dell’enunciato che rimane vera, o valida, anche negando l’enunciato stesso (“resiste” alla prova di negazione). Es. «Gianni legge» presuppone che «esiste Gianni». La presupposizione «esiste Gianni» rimane vera anche se non è vero che «Gianni legge». Le implicature sono un tipo di inferenze (impliciti) che l'interlocutore è autorizzato a inferire dal fatto che un parlante ha prodotto un certo enunciato. Non si tratta di informazioni che devono essere date per scontate o presupposte, come le presupposizioni, ma di aggiunte a ciò che l'enunciato prodotto dice esplicitamente o di suoi aggiustamenti. -Implicature convenzionali - Implicature conversazionali Implicature convenzionali: impliciti generati dal significato convenzionale delle espressioni linguistiche contenute all’interno dell’enunciato. Per esempio, Marco è povero ma felice. Karl è svizzero ma ritardatario.

L’interpretazione convenzionale di “ma” attiva l’implicatura di un contrasto tra le due proprietà “povero” e “felice”. Come conseguenza, “Marco è povero ma felice” lascia intendere l’implicatura che «Generalmente chi è povero non è felice». Implicature conversazionali A: Vai a Milano domani? B: C’è lo sciopero dei treni. Che cosa fa sì che questa risposta sia interpretata come risposta negativa? Se non rispondesse alla domanda, sarebbe inutile. I parlanti si regolano sempre a partire dalla certezza che se un enunciato è stato prodotto, deve essere utile. Paul Grice Studies in the Way of Words, 1989 indica la comunicazione come riconoscimento delle intenzioni. C’è comunicazione quando facciamo conoscere le nostre intenzioni all’interlocutore. -Significato dell’enunciato: ciò che vogliono dire le parole che compongono l’enunciato (significato letterale) -Significato del parlante: ciò che il parlante intende dire – strettamente connesso con lo scopo comunicativo e il livello illocutivo. Grice parla per la prima volta in modo sistematico del non-detto, dell’implicito che sta tra significato letterale e non-letterale, significato dell’enunciato e significato del parlante

.

Principio di cooperazione: conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato. Quando comunichiamo abbiamo interesse a far si che l’interlocutore capisca le nostre intenzioni e partiamo dal presupposto che tutti facciano lo stesso, ovvero che ognuno collabori alla riuscita della comunicazione.

Massima della qualità: sii veritiero in base alle prove in tuo possesso. -In una conversazione ci si aspetta che ogni parlante fornisca un contributo comunicativo nella misura in cui ritiene che esso sia vero. Massima della quantità: fornisci l’informazione necessaria, ossia né troppa, né troppo poca Massima del modo: evita oscurità e ambiguità, sii breve e ordinato nell’esposizione. -In una conversazione ci si esprime in modo da agevolare la comprensione del proprio contributo informativo da parte degli altri interlocutori Le Massime sono considerazioni razionali che aiutano a interpretare la conversazione più che a dirigerne lo sviluppo: riguardano per lo più i processi di comprensione degli enunciati. Tuttavia, spesso le massime vengono (apparentemente) violate durante le nostre interazioni: A: andiamo al cinema? – B: ho un po’ di mal di testa... violata la massima della Relazione!

Le implicature conversazionali sono infatti inferenze che l’interlocutore è invitato a trarre e che dipendono dall’assunto che l'enunciato prodotto dal parlante porti un contributo cooperativo agli scopi o orientamenti accettati della conversazione. Nella definizione della nozione di cortesia (politeness) dobbiamo tenere ben distinte una dimensione “non tecnica”, che è quella sulla base della quale valutiamo, in maniera impressionistica, un enunciato o un comportamento come cortese/scortese, e una dimensione tecnica, che è alla base di un approccio alla pragmatica interculturale che va sotto il nome di politeness theory.

la cortesia come “conflict avoidance” e come dimensione “parallela” (di pari importanza) al principio di cooperazione di Grice, in grado di spiegare molte delle violazioni delle massime di Grice. Si articola in tre regole (che agiscono come le massime e ogni tanto entrano in conflitto con le massime): 1. Non ti imporre 2. Offri delle alternative 3. Metti il tuo interlocutore a suo agio....


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