Riassunto Live riassunto PDF

Title Riassunto Live riassunto
Course Produzione e programmazione dell'audiovisivo
Institution Università degli Studi di Torino
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LA TELEVISIONE: MODELLI TEORICI E PERCORSI D’ANALISIINTRODUZIONELA TELEVISIONE COME OGGETTO DI STUDIO E IL CAMPO DEI TELEVISIONSTUDIESLa televisione sarà defunta entro il 2030. La tecnologia digitale e la forza della “convergenza mediale” sembrano spingere la vecchia TV lungo un percorso di radicale...


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LA TELEVISIONE: MODELLI TEORICI E PERCORSI D’ANALISI INTRODUZIONE LA TELEVISIONE COME OGGETTO DI STUDIO E IL CAMPO DEI TELEVISION STUDIES La televisione sarà defunta entro il 2030. La tecnologia digitale e la forza della “convergenza mediale” sembrano spingere la vecchia TV lungo un percorso di radicale disruption. Nel frattempo, però, milioni di telespettatori in tutto il mondo continuano a fruire di contenuti audiovisivi come facevano venti o trent’anni fa: in Italia, ad esempio, il mercato delle Over-the-Top (OTT) – i servizi di streaming online come Netflix – fatica a decollare, mentre ogni sera una media di oltre 26 milioni di spettatori segue i programmi trasmessi dai broadcasters, e in particolare dalle reti generaliste free-to-air. Al paradigma della disruption bisognerebbe dunque affiancare un paradigma d’integrazione: la televisione degli anni Duemila diventa sempre più “multipla”, non soltanto in termini di abbondanza di offerta, di reti, di contenuti, ma anche in relazione al sovrapporsi di modelli di business, di percorsi di fruizione, di tipologie di prodotti e di generi ecc. Non è certamente un caso il fatto che, negli ultimi venti-trent’anni, quello dei Television studies sia stato un campo particolarmente florido e stimolante. Essi costituiscono un approccio che si appoggia su tre distinte gambe. La prima gamba si tratta del tradizionale approccio sociologico ai mezzi di comunicazione di massa, quello che prende le mosse dal lungo dibattito sugli “effetti dei media” che ha attraversato fasi distinte, nel pendolo che oscilla ciclicamente fra “effetti forti e diretti” e “effetti deboli e indiretti”, sempre però riservando una limitata attenzione alla dimensione testuale (ovvero ai contenuti) della TV e dei mezzi di comunicazione per privilegiare, invece, quella contestuale. La seconda gamba è rappresentata dagli studi di derivazione letteraria, ovvero da quelle humanities. In particolare l’attenzione si sposta prevalentemente dagli effetti dei media al “testo mediale” con il limite frequente, però, dell’elisione dei contesti. Infine la terza gamba, quella senz’altro più significativa nella genealogia dei Television studies, è costituita dall’approccio dei Cultural studies con la conseguente attenzione nei confronti della cultura popolare mediatizzata. L’attenzione si sposta quindi dal testo all’audience e alle sue dinamiche di uso e interpretazione. I Television studies sono perciò necessariamente uno studio tanto della dimensione testuale quanto delle pratiche che la circondano, sia sul versante della produzione sia su quello della ricezione.

PARTE PRIMA STUDIARE LA TELEVISIONE: APPROCCI E METODI

CAPITOLO 1. STORIE DELLA TELEVISIONE: DALLE ORIGINI ALLA CONVERGENZA 1. Dimensione del mezzo e sistemi nazionali: le storie della televisione La televisione come mezzo di comunicazione ha caratterizzato la storia contemporanea dell’Europa e del Nord America, dalla fase “archeologica” degli anni Trenta del Novecento, via via attraverso il processo di istituzionalizzazione di servizi regolari di broadcasting, fra la seconda metà degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, per arrivare agli anni più recenti, contraddistinti dall’esplosione dell’offerta e delle forme di distribuzione. Televisione e storia Nel corso dei decenni il “ruolo storico” della televisione è emerso con chiarezza. Il mezzo televisivo ha potuto raccontare e dar forma al live broadcasting of history, dall’incoronazione della regina Elisabetta II nel 1953 al dibattito fra Kennedy e Nixon per le elezioni americane del 1960, dallo sbarco sulla Luna del 1969 all’attacco terroristico “in diretta” alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001. Come ha mostrato Joshua Meyrowitz, la televisione, per le sue specifiche caratteristiche mediali, è in grado di costruire “ambienti condivisi” e dà accesso universale all’informazione. Forse una gran parte del significato sociale della televisione non sta tanto in ciò che viene diffuso dalla televisione, quanto nell’esistenza stessa della televisione come un’arena collettiva. Persone di ogni età, professione, classe e religione, spesso condividono nello stesso momento, la stessa informazione. (Meyrowitz).

La televisione, insomma, in decenni di centralità nel sistema mediale e culturale, ha profondamente inciso sulla nostra percezione delle sfere pubblica e privata. Resta ancora problematica una precisa definizione di cosa si possa intendere con l’espressione “storia della televisione”, e che cosa significhi “fare storia della televisione”. Il primo passo per avvicinare la storia della televisione consiste nel riconoscimento e nell’analisi della sua natura complessa, ovvero delle sue caratteristiche di mezzo di comunicazione o medium. Sistema dei media De Sola Pool e Ortoleva suddividono il sistema dei media in quattro distinte aree: l’editoria (caratterizzata dalla produzione di contenuti il cui valore simbolico origina uno specifico mercato di beni immateriali: libri, giornali, film, ecc.); reti o vettori (area caratterizzata dall’istituzione di servizi di comunicazione istantanea a distanza); hardware e software (dai grammofoni ai giradischi, dai televisori alle smart TV); e infine il broadcasting.

TV come industria Dopo una fase sperimentale, nella seconda metà del Novecento il mezzo televisivo tende ad assumere una specifica centralità nel sistema dei media, sia dal punto di vista delle risorse economiche che è in grado di catalizzare sia in relazione alla sua crescente popolarità e al progressivo e inarrestabile processo di “domesticizzazione”. La TV come mezzo di comunicazione può essere definita come un insieme di tecnologie per la comunicazione, organizzate nell’ambito di apparati o imprese, finalizzate alla costruzione e alla circolazione di un’offerta di contenuti audiovisivi destinati a un pubblico. Storia tecnologica La storia della televisione, dunque, va inquadrata all’interno della trasformazione del sistema dei media e si articola, in primo luogo, in una storia delle tecnologie per la comunicazione. La storia delle tecnologie incide profondamente sull’evoluzione del mezzo più in generale. Storia istituzionale Oltre alla dimensione tecnologica, la storia della televisione si declina in una dimensione istituzionale. La storia istituzionale della televisione mette in primo piano le imprese e gli apparati che producono e distribuiscono i contenuti televisivi e la loro relazione con le istituzioni politiche e con le forme di mercato. Una storia istituzionale della televisione in Italia, ad esempio, ripercorre le vicende che, dal 1954 (anno di inizio delle trasmissioni regolari) ai giorni nostri, conduce il sistema televisivo dal monopolio RAI all’apertura di una competizione fra TV di servizio pubblico e televisione commerciale a partire dagli anni Ottanta, per arrivare all’odierna situazione di abbondanza di offerta, di contenuti e di reti. Storia estetica Possiamo poi tracciare, in terzo luogo, una storia che si avvicina di più alle specificità mediali della TV: l’offerta televisiva è fatta di contenuti collocati all’interno di una particolare griglia temporale che caratterizza le diverse reti che compongono i vari scenari e mercati nazionali. Sebbene la televisione abbia suscitato maggiore interesse accademico per la sua storia istituzionale, da un lato, e per la sua capacità di relazionarsi a un pubblico, dall’altro lato, quest’ambito della storia televisiva è di cruciale importanza: la TV costituisce infatti una propria estetica e un proprio sistema di generi, che si evolvono nel corso del tempo. Storia del consumo Storiche sono infine le modalità con cui il mezzo televisivo costruisce un rapporto con il proprio pubblico e, più in generale, le forme di fruizione che lo caratterizzano. Una storia del consumo televisivo si snoda attraverso fasi caratterizzate dalla visione extradomestica e collettiva e poi dalla progressiva “domesticizzazione”. La progressiva diffusione di nuove tecnologie e l’abbassamento del costo dei televisori contribuiscono, nei decenni successivi, a variare le modalità del consumo. Praticare la storia della televisione significa, in altre parole, ricostruire le complesse relazioni fra le diverse dimensioni del mezzo, rilevando gli elementi di continuità da un lato, e quelli di discontinuità e cambiamento, dall’altro lato.

Periodizzare La prima età della televisione che caratterizza il tempo compreso fra l’inizio delle trasmissioni regolari e la seconda metà degli anni Settanta si distingue per un certo assetto tecnologico e istituzionale (centralità del public service broadcasting), che predispone alcune scelte di contenuto e si adatta a specifiche funzioni sociali. L’aspetto insieme più impegnativo dell’approccio storico alla televisione consiste proprio in una ricostruzione complessa della relazione fra le dimensioni del medium, ovvero fra le componenti tecnologica, politico-economica, estetico-culturale e sociale del fenomeno televisivo. Approccio sistematico Quest’approccio consente di evitare ogni forma di determinismo, ad esempio l’idea che gli aspetti più tecnologici siano l’origine e la causa ultima delle trasformazioni del mezzo: nel corso degli anni Settanta e Ottanta, la tecnologia è una componente rilevante di innovazione, ma ancora più cruciale sarà il superamento dei monopoli pubblici. TV e nazione Le dimensioni del mezzo televisivo si vanno poi a inserire entro contesti tipicamente nazionali, che spiegano l’ulteriore variabile che deve essere tenuta in considerazione nel fare storia della televisione. Uno degli elementi di maggiore continuità nella storia della televisione consiste proprio nella sua dimensione eminentemente nazionale: fin dalle origini la TV rappresenta un mezzo di unificazione e rispecchiamento delle “comunità immaginate” nazionali, e anche in tempi più recenti l’industria televisiva resta nazionale in molti sensi: dal punto di vista delle imprese che la caratterizzano, in relazione alle dimensioni dei mercati e alle forme di regolamentazione. Nazionale/sovrannazionale Le prospettive più fruttuose che hanno tentato di andare oltre il quadro di riferimento nazionale lo hanno fatto guardando in particolare al contesto europea. Come ha rilevato Bourdon, il public service broadcasting rappresenta il contributo più originale e rilevante dell’Europa alla storia internazionale della televisione. Quello di servizio pubblico è un concetto che permea fortemente le storie dei diversi sistemi televisivi dei paesi dell’Europa occidentale. Ancora Bourdon sottolinea come l’idea di una “televisione europea” prenda forma, soprattutto alle origini del mezzo. Si evidenziano linee di continuità fra i differenti sistemi televisivi nazionali europei, sia sul piano degli assetti istituzionali sia si quello dei contenuti e delle funzioni sociali del mezzo, anche in contrapposizione agli Stati Uniti. Tre età Guardando alla storia della televisione europea, possiamo individuare tre diverse età, caratterizzate ciascuna da una relativa stabilità e una certa analogia fra i diversi sistemi: l’età della scarsità, che corrisponde al periodo delle origini della televisione, fra la seconda metà degli anni Quaranta (dal 3 gennaio 1954 per quanto riguarda il caso italiano) e la fine degli anni Settanta, contrassegnata dalla centralità del servizio pubblico monopolistico; l’età della concorrenza, caratterizzata dal processo di deregolamentazione, dalla fine dei monopoli pubblici e dall’inizio della crisi permanente di legittimità del public service broadcasting, dalla generazione di oligopoli nazionali, dalla crescita dell’offerta generalista

e dalla nascita della TV a pagamento; e, infine, l’età dell’abbondanza, caratterizzata dalla progressiva digitalizzazione del mezzo, dall’enorme crescita dell’offerta e delle reti e dalla marcata convergenza della televisione con altre aree del sistema dei media.

2. La “paleotelevisione”, o età della scarsità “Scarsità” è una parola chiave per comprendere l’introduzione della televisione negli anni a cavallo della Seconda guerra mondiale, e soprattutto in quelli immediatamente successivi al conflitto. È proprio la scarsità delle frequenze disponibili per l’emittenza radiofonica che aveva spinto gli Stati, fin dagli anni Venti, a intervenire nella regolamentazione e nell’assegnazione di una risorsa ritenuta limitata e esauribile: la banda elettromagnetica o hertziana, attraverso cui viaggia il segnale del broadcasting, oltre a quello delle telecomunicazioni. Gli Stati Uniti Negli Stati Uniti, scartata sia l’ipotesi della nazionalizzazione, lontana dalla cultura del paese, sia quella impraticabile di un mercato del tutto libero e non regolamentato, la scelta ricadde su una specifica forma di regolamentazione da parte di un’autorità indipendente, di nomina governativa, la Federal Communications Commission (FCC), cui spetta l’assegnazione delle frequenze per uso radiofonico (e poi televisivo) a enti privati, ovvero a stazioni commerciali che operano in ambito locale e che si collegano in network per alcune ore “pregiate” della programmazione. Casa, consumi e modernizzazione L’età della scarsità corrisponde con il periodo dell’introduzione della televisione nei contesti domestici e con il suo decollo come principale e più popolare mezzo di intrattenimento e di informazione. In questa fase la televisione è uno straordinario strumento di modernizzazione delle società e delle culture. In tutti i paesi, in modi differenti, la televisione di questa prima età ha contribuito a trasformare le culture nazionali. La televisione si rivela particolarmente efficace nel rafforzare quel senso di unità e di appartenenza a una comunità immaginata nazionale soprattutto per le sue caratteristiche di medium istantaneo. Il servizio pubblico Sia negli Stati Uniti sia nei paesi dell’Europa occidentale, veniva riconosciuta la necessità dell’intervento dello Stato nella regolamentazione del settore e nell’assegnazione delle frequenze, scarse ma rilevanti per la cittadinanza, e dunque assimilabili a un bene pubblico. La televisione nell’età della scarsità si va modellando secondo un duplice schema: quello commerciale e di mercato regolato (le licenze sono assegnate dalla FCC), negli Stati Uniti; e quello del public service broadcasting, con la presenza di concessionarie pubbliche operanti in regime di monopolio, in Europa occidentale. Modello commerciale Nel modello commerciale americano un numero limitato di network nazionali compete per la raccolta pubblicitaria generata dal sistema delle imprese, cui vendono una quota di ascolto misurato quantitativamente. La fruizione della televisione è, in sé, libera e gratuita

(un bene pubblico), perché la fonte di finanziamento è indiretta. Qui la regolamentazione da parte dello Stato si limita all’accesso e alla supervisione del mercato sulla base dei principi di pubblica utilità, interesse o necessità, con il divieto, ad esempio, di posizioni monopolistiche o comunque dominanti. Nel modello europeo di servizio pubblico, invece, lo Stato è molto più coinvolto, poiché il broadcasting è affidato in concessione a un ente o una società sottratta alle influenze del mercato. In sintesi, le caratteristiche della televisione nell’età della scarsità possono essere così riassunte: - è una TV caratterizzata da un’offerta limitata: il segnale televisivo comprende un numero limitato di canali nazionali; - nel modello americano è una TV solo parzialmente regolata; è invece una TV fortemente regolata in Europa occidentale; - la forte regolamentazione che caratterizza il modello europeo dipende in parte dalla scarsità delle frequenze e in parte dalla convinzione che il medium possa esercitare un grande potere di orientamento sulla società e sulla cultura; - le fonti di finanziamento per il broadcasting sono molto diverse nei due modelli, quello europeo e quello americano: la raccolta di un canone per il public service broadcasting e la vendita dell’attenzione quantificata degli spettatori agli inserzionisti pubblicitari per il modello commerciale americano; - le conseguenze più rilevanti dell’introduzione della TV in questa sua prima età sono da leggersi soprattutto nell’ottica della modernizzazione e della progressiva introduzione nell’universo dei consumi di massa. Europa vs USA La televisione europea nell’età della scarsità è fortemente caratterizzata dal ruolo centrale del public service broadcasting. Il concetto di servizio pubblico si fonda sull’idea che la produzione e diffusione di programmi costituisca un bene pubblico, di rilevanza nazionale, di cui lo Stato si fa garante. In radicale opposizione al modello televisivo sviluppato negli Stati Uniti, dove il broadcasting è nato in un contesto di competizione regolata fra alcune compagnie private commercialmente finanziate (dalla pubblicità). Possiamo riassumere in quattro punti principali le funzioni attribuite in Europa ai servizi pubblici: 1. è servizio universale, disponibile a tutti, senza considerazioni di reddito o di area geografica (universalità); 2. è un servizio impegnato a garantire un’offerta e una programmazione equilibrata fra vari generi di programmi, ha cioè un’attitudine generalista; 3. è un servizio impegnato a garantire un’informazione politica imparziale (pluralismo); 4. e perciò su caratterizza per la propria indipendenza sia dalle pressioni commerciali sia dall’influenza governativa (finanziamento tramite licence fee). Governance Le ultime due funzioni sono state concretamente piegate in modi differenti nei diversi paesi. Nei paesi come Italia, Francia e Spagna prevale la diffusa attitudine all’assoggettamento della TV pubblica al potere politico. Il concetto di servizio pubblico –

pur costituendo il tratto identitario delle televisioni europee, specie in questa fase – non è affatto unitario: è piuttosto un’idea guida che ha subito numerose modifiche nel corso dei decenni, e a seconda dei contesti nazionali in cui è stato formulato e applicato. Frequenze e finanziamento Anche in Europa l’originario intervento dello Stato in campo radiofonico, negli anni Venti era motivato da due ordini di problemi: la limitatezza delle frequenze disponibili e la questione del finanziamento. Quanto al primo punto, lo Stato era costretto a intervenire per regolamentare gli spazi. Per quanto riguarda il finanziamento, le uniche formule percorribili erano la tassazione diretta oppure la pubblicità. La BBC L’esperienza britannica è certamente quella paradigmatica, perché è qui che dal semplice controllo pubblico sul broadcasting si passa a elaborare un’idea di public service broadcasting: nel Regno Unito viene fondata nel 1922 la British Broadcasting Company, poi Corporation (BBC), autorizzata in esclusiva – cioè in regime di monopolio – alla trasmissione di programmi radiofonici da parte del ministero delle Poste e finanziata con un canone annuale. La formulazione dell’idea di servizio pubblico si deve, però, soprattutto a Lord John Reith, primo direttore generale della BBC. Nell’interpretazione di Reith, la BBC doveva porsi compiti di alto livello: il broadcasting non doveva adeguarsi ai gusti del pubblico, ma guidarli in una missione educativa che facesse della radio un nuovo centro di diffusione del sapere. In quanto servizio nazionale, la BBC era inoltre uno strumento di rafforzamento dell’identità e dell’unità del paese. Alla base dell’idea di servizio pubblico formulata dal primo direttore generale della BBC John Reith stavano inoltre ideali democratici: il servizio pubblico, pur dipendendo dallo Stato, deve mostrarsi indipendente dalle pressioni governative. Fascismo e monopolio In Italia, il controllo statale del broadcasting affonda le sue radici in tutt’altro contesto: è il governo Mussolini a riservare allo Stato l’impianto e l’esercizio di radiocomunicazioni e a stabilire la facoltà di accordare il servizio in concessione. Quest’ultima, stipulata nel 1924, riguarda il ministero delle Comunicazioni e la neonata URI (Unione radiofonica italiana), che si trasformerà in EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) nel 1927. Sulle ceneri dell’EIAR nascerà, nel 1944, la RAI, che inizierà le sperimentazioni per le trasmissioni televisive nel 1953, avviando una regolare programmazione il 3 gennaio 1954. TV pedagogica La televisione italiana è, più ancora di quelle europee, una TV pedagogica. La RAI del monopolio vorre...


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