La donna e lo sport nel fascismo PDF

Title La donna e lo sport nel fascismo
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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OSSSERVAZIONI IN PREPARAZIONE DELLA MATURITA'...


Description

Marika Pala 5^CU La donna e lo sport nel fascismo.

Lo sport e l'educazione fisica furono elementi fondamentali nella concezione politica fascista. Fino agli anni '30 venne perseguita la realizzazione di una educazione fisica di massa. Mussolini ritratto in foto come aviatore, schermidore, automobilista, cavaliere… incarnava il simbolo di una concezione attivistico-viriloide dello sport e dello Stato. Il Duce veniva celebrato come primo sportivo italiano al quale ispirarsi. Negli anni del regime fascista la partecipazione della donna all’attività sportiva a differenza di quella maschile, strideva con l’ideale di “angelo del focolare”, per cui lo sport femminile non ebbe il medesimo sviluppo di quello maschile. Secondo questa mentalità la donna sportiva : «ha le spalle troppo larghe, le braccia troppo muscolose, i piedi eccessivamente lunghi, le gambe lunghe e nerborute, il passo del tutto mascolino, mentre poi non ha nessuna di quelle plastiche rotondità del corpo e del petto, nessuna di quelle eleganze di linee e del viso che fanno così bella e così ammirata la donna» questo tipo di vita avrebbe modificato anche la struttura scheletrica della donna, rimpicciolendo il bacino e portando traumi all'apparato sessuale, che si sarebbero ripercossi sulla funzione della maternità e sull'“avvenire della razza”. Lo scopo principale dello sport femminile durante il regime era quello di preparare le donne a diventare madri più forti che avrebbero creato una prole sana e robusta. A questo scopo Mussolini incentivò l’educazione fisica delle donne attraverso delle organizzazioni giovanili del PNF e attraverso la creazione di un apposita scuola. I saggi di ginnastica femminile erano illustrati dalla stampa e dai cinegiornali dell’Istituto Luce, per testimoniare in che modo il regime intendesse utilizzare lo sport femminile: negli anni ’20 la risposta che si ottenne in merito fu l’atletismo, uno sport leggero che avrebbe permesso alle donne di essere forti ma al contempo di mantenere un fisico aggraziato. Le associazioni sportive femminili fasciste si articolavano come segue: piccole italiane (da 8 ai 14 anni) La loro uniforme era composta da: Berretto in maglia di seta nera con un bottone che fermava le estremità Camicetta a maniche lunghe in piqué bianco, Gonna in tessuto nero Calze lunghe bianche. Scarpette nere Guanti di filo bianco.

     

e giovani italiane (dai 12 ai 18 anni) La loro uniforme era composta da: 

camicetta bianca



gonna in lana nera



berretto di maglia di seta nera

Le donne dovevano essere forti non solo per poter garantire una prole sana e forte, ma anche capaci di doversi dedicare ai figli, alla famiglia ma anche alla Patria; L'ONB insegnava alla donna, accanto all'educazione fisica, l'economia domestica, la puericultura e l'infermeria, ribadendo ancora una volta il ruolo della donna come angelo del focolare. Le donne e le Olimpiadi nel fascismo. Renato Ricci, capo dell’Opera nazionale balilla al consiglio del Coni riunito il 29 settembre del 1934 dichiarò che fosse necessario eliminare la presenza della rappresentanza femminile alle Olimpiadi affermando: “mi sembra ridicolo che a difendere i colori di una Nazione, potente e civile come la nostra, debba essere chiamato di tanto in tanto un gruppo di donne più o meno interessanti e intelligenti” Nel 1924, dieci anni prima di questa dichiarazione alle Olimpiadi di Parigi parteciparono 136 donne, di cui solo 3 italiane (in una squadra composta da 200 uomini): erano 3 tenniste, nessuna delle tre ottenne una medaglia. Nel 1928 invece, le ragazze della società ginnastica di Pavia conquistarono la medaglia d'argento alle Olimpiadi di Amsterdam: era la dimostrazione che il settore della ginnastica in Italia era molto sviluppato non solo per gli uomini. Infatti, la ginnastica era lo sport preferito dalle donne italiane, perché era considerata una specialità che permetteva di ottenere grazia e forza ma senza sfigurare troppo il fisico. Nel 1932, il settore femminile non fu incluso nella squadra italiana. Nel 1936 alle Olimpiadi di Berlino Trebisonda Valla, fu la più giovane atleta italiana a vincere un oro olimpico agli 80 metri a ostacoli. La sua vittoria si dimostrò un ottima pubblicità per il regime fascista. Hitler volle conoscerla “così come tutti i vincitori che non fossero ebrei o neri”. Nell’ Italia fascista Ondina venne eletta come esempio della sana e robusta gioventù nazionale, un modello per le giovani ragazze italiane....


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