La forza e le sue espressioni nel pugilato dilettantistico PDF

Title La forza e le sue espressioni nel pugilato dilettantistico
Course Sociologia economica e dello sviluppo
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO” Facoltà di Scienze Motorie Corso di Laurea in Scienze Motorie

LA FORZA E LE SUE ESPRESSIONI NEL PUGILATO DILETTANTISTICO

Tesi di laurea di:

Relatore:

Emanuele d’Ambrosio

Prof. Nicola Silvaggi

Anno accademico 2007/2008

Emanueled'Ambrosio–Laforzaelesueespressioninelpugilatodilettantistico

A papà Peppino e a mamma Vittoria

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INDICE

INTRODUZIONE

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Capitolo I La forza massima nel pugilato dilettantistico 1.1 Cenni di storia del pugilato 1.2 Il pugilato dilettantistico oggi 1.3 Generalità sulla forza muscolare 1.4 La Forza massima 1.4.1 Relazione tra la forza massimale, la forza esplosiva e il testosteronesierico 1.4.2 Criteri per la pianificazione dell’allenamento 1.4.3 Mezzi e metodi per l’allenamento della Fmax

Pag. 7 Pag. 7 Pag. 9 Pag. 11 Pag. 14 Pag. 17 Pag. 22 Pag. 26

Capitolo II La forza esplosiva 2.1 L’importanza della forza esplosiva nel pugilato 2.2 Caratteristiche della FE 2.3 Criteri per la pianificazione dell’allenamento 2.3.1 La pliometria nello sviluppo della FE 2.4 Organizzazione dei mezzi dell’allenamento 2.5 Mezzi e metodi per l’allenamento della FE

Pag. 30 Pag. 30 Pag. 32 Pag. 34 Pag. 36 Pag. 43 Pag. 47

Capitolo III La resistenza alla forza veloce 3.1 La reiterazione della forza esplosiva 3.2 Criteri per la pianificazione dell’allenamento 3.3 Relazione tra forza massima, forza esplosiva e resistenza alla forza veloce 3.4 Correlazione inversa tra la potenza aerobica e la concentrazione di testosterone 3.5 Mezzi e metodi per l’allenamento della RFV

Pag. 51 Pag. 51 Pag. 52 Pag. 55 \Pag. 57

Conclusioni

Pag. 66

Bibliografia

Pag. 69

Webografia

Pag. 69

Pag. 62

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INTRODUZIONE

Nel pugile coesistono molteplici qualità psico-fisiche che, in misura diversa, contribuiscono a determinare la prestazione e quindi l’efficienza della sua boxe. In questa trattazione evidenzierò il ruolo centrale della forza nella costruzione della prestazione pugilistica. Lo scopo del mio lavoro è sottolineare la correlazione che intercorre tra forza massima (Fmax), forza esplosiva (FE) e resistenza alla forza veloce (RFV) e come queste diverse espressioni della stessa capacità si influenzino e condizionino a tal punto da permetterci di ricavarne indicazioni metodologiche scientificamente valide, tendenti all’ottimizzazione dell’allenamento.

Schema di Falcinelli F., Metodi moderni di allenamento per la preparazione dei pugili, SSS, Roma, 1985

Nel primo capitolo, dopo un breve percorso attraverso la storia del pugilato dalle antiche origini ai nostri giorni, e dopo aver inquadrato la figura del pugile dilettante e ciò che lo differenzia

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attualmente dal pugile professionista, definisco le caratteristiche che questo combattente deve possedere e allenare per essere in linea con l’evoluzione odierna di questo sport. Introduco, in seguito, il tema della forza muscolare partendo dalla sua generazione per poi addentrarsi in quello che può essere considerato il fulcro di tutto l’elaborato: la forza massima. La Fmax è generalmente un aspetto critico della preparazione di un pugile (anche a causa di una diffusa “ignoranza” tra alcuni allenatori che operano in questo settore). Per allenare efficacemente la Fmax non si può prescindere dall’utilizzo di sovraccarichi. Spesso, nelle palestre di pugilato l’utilizzo di tali mezzi di allenamento è addirittura “vietato” e il concetto di Fmax è trattato come un aspetto trascurabile o addirittura estraneo a questo sport.

La

Fmax, invece, si pone alla base di un’ipotetica piramide su cui costruire la prestazione nei suoi vari aspetti condizionali. Vedremo perché è importante lavorare sulla Fmax, come e quali parametri rispettare per non incorrere in errori metodologici che possono pesantemente inficiare le prestazioni e dare così fiato a quella cultura pugilistica ancorata a credenze tramandate prive di contenuti scientifici. Il secondo capitolo sviluppa il tema della FE, qualità che caratterizza il pugile nel suo agire sul ring. Anche questa espressione della forza viene prima definita e poi analizzata ponendo l’accento sui suoi rapporti di correlazione con la Fmax. Successivamente, un importante paragrafo si concentrerà sull’analisi del lavoro pliometrico. Tale lavoro, infatti, risulta essere indispensabile al fine di esprimere il potenziale della forza in forma esplosiva; pertanto, se ne forniranno indicazioni metodologiche e pratiche, al fine di usufruire al meglio di questa risorsa offerta dal prestiramento

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muscolare (tenendo conto dell’organizzazione dei mezzi dell’allenamento in relazione al calendario gare). L’ultimo capitolo affronta il problema della reiterazione della FE e quindi introduce il concetto della RFV, capacità essenziale per sostenere un match in modo efficiente. Inoltre, vengono illustrate le basi metodologiche relative allo sviluppo della RFV e suggeriti metodi e mezzi da impiegare per il suo incremento.

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CAPITOLO I

LA FORZA MASSIMA NEL PUGILATO DILETTANTISTICO

1.1 Cenni di storia del pugilato

Le origini del pugilato risalgono all’antichità. I combattenti usavano proteggersi le mani con lacci di cuoio rinforzati da placche di piombo. Il pugilato inizia a far parte del programma olimpico nel 668 a. C.. Non erano previste categorie di peso e per questo, a livello agonistico elevato, la disciplina era riservata a soggetti di taglia notevole. Il pugilato era presente anche nella Roma antica. Il combattimento terminava con la resa di uno dei due contendenti; le ferite gravi (e, a volte, anche la morte) erano accettate, non essendo dovute alla malvagità ma, semplicemente, alla superiorità tecnica e atletica del vincitore. Bisogna giungere al 1719 per vedere nascere a Londra una scuola “moderna” di pugilato. Al tempo si parlava di “nobile arte della difesa”. Non esistevano regole di combattimento e i pugili lottavano a mani nude. Nel 1743 Jack Broughton propose un codice di regole che includeva: -

l’identificazione di un ring delimitato da corde

-

la presenza di due “secondi” che potessero assistere il pugile all’angolo

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-

l’identificazione di un arbitro per il giudizio ed uno per il controllo del tempo di gara.

Inoltre, venivano indicati i colpi vietati, e cioè: 

colpi portati con la testa



colpi portati con i piedi e le ginocchia.



colpi portati sotto la cintura.

Era inoltre prevista la sospensione dell’incontro per trenta secondi qualora uno o entrambe i pugili erano a terra; trascorsi i trenta secondi si contavano altri otto secondi: chi, alla fine di questo secondo termine non era in grado di riprendere il combattimento, era da ritenersi sconfitto. Non vi era, però, limite alla durata dei combattimenti. Per regolamento dovevano effettuarsi scommesse. L’ambiente delle scommesse avvelenava progressivamente il pugilato ed i verdetti risentivano della mancanza di regole certe cui gli arbitri potessero rifarsi. Furono, nel 1886, scritte nuove regole per merito soprattutto del marchese di Queensberry, grande appassionato di questo sport: tali regole segnarono l’avvento del pugilato moderno. Venivano introdotte tre categorie di peso: 1. MASSIMI 2. MEDI 3. LEGGERI Veniva stabilito il conteggio dei dieci secondi per il ko e l’obbligo per l’altro pugile di allontanarsi senza colpire l’avversario caduto, anche se questi aveva solo un ginocchio a terra.

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Erano obbligatori guanti nuovi. La durata delle riprese era fissata in tre minuti, con un intervallo di un minuto tra una ripresa e l’altra; rimaneva fluttuante il numero delle riprese, che veniva lasciato alla contrattazione tra i pugili. Tuttavia, era facoltà dell’arbitro prolungare l’incontro sino a che non si fosse chiaramente manifestata l’inferiorità di uno dei due contendenti. Rimaneva, quindi, il concetto che il perdente era colui che soccombeva. Bisogna arrivare ai primi del ‘900 per l’introduzione di altre categorie di peso e per limitare la durata degli incontri in un numero definito di riprese imponendo, così, la necessità di individuare criteri per la determinazione della vittoria ai punti (www.fpi.it).

1.2 Il pugilato dilettantistico oggi

“E’ dilettante il pugile che partecipa a pubbliche gare per puro spirito agonistico e non a scopo di lucro”. (Regolamento dilettanti, www.fpi.it ). Questa definizione non ci da utili indicazioni sul piano pratico perché si possa pensare ad una differente metodologia di allenamento rispetto al pugilato professionistico. Tra pugilato dilettantistico e professionistico, oggi, le differenze non si limitano solo alla durata del match (nelle gare tra dilettanti, infatti, il numero delle riprese e la loro durata è inferiore rispetto a quelle tra professionisti) ma si manifestano anche sotto il profilo tecnico-tattico.

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Di fatto, l’introduzione delle score-machines

(macchinette segnapunti) ha reso la boxe

dilettantistica, soprattutto quella di alto livello (vedi Olimpiadi), più tecnica ed elegante, imponendo agli atleti alti ritmi esecutivi (da notare l’agilità dei “pesi massimi”) sia nel portare combinazioni di colpi che nell’eseguire movimenti di entrata ed uscita dal raggio di azione dell’avversario. Queste esigenze tecnico-tattiche nascono dal fatto che per ottenere l’assegnazione di un punto i giudici devono, a maggioranza (tre su cinque), premere il tasto del rispettivo pugile sulla score machine nell’arco di un secondo; questo rende l’esito di azioni prolungate e tecnicamente “sporche” quasi impossibile da attribuire con chiarezza. Il pugile dilettante moderno deve essere fulmineo come uno schermitore nell’infilare i suoi colpi nella guardia avversaria, vibrando colpi visibili e puliti, evitando di “legare”. Per di più, tenere la guardia alta garantisce, quasi al cento per cento, di essere immuni dai colpi dell’avversario. La velocità e la potenza espresse dal pugile dilettante sono anche possibili vista la durata effettiva dell’incontro: in totale otto minuti di combattimento, costituiti da quattro riprese da due minuti ciascuna ed intervallate da un minuto di pausa tra una ripresa e l’altra (ci riferiamo, nella nostra trattazione, ai pugili dilettanti che hanno già compiuto il 17° anno di età). 1 Per quanto su esposto, sembra essere la capacità di reiterare nel tempo alti gradienti di forza esplosiva la caratteristica vincente del pugile dilettante moderno; non che il professionismo o il vecchio dilettantismo (in quest’ultimo caso non esisteva la regola del colpo-punto: il punteggio veniva attribuito dai giudici secondo un giudizio “complessivo”, così come accade ancora oggi nel

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Si tenga presente che attualmente è cambiato il regolamento internazionale AIBA, che prevede il ritorno ai 3 round da 3 minuti esclusivamente per i pugili Senior I° e II° serie. Tuttavia, ciò che viene dichiarato all’interno di questo lavoro rimane ugualmente valido.

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professionismo) potessero prescindere da ciò, ma questa peculiarità, oggi, diventa conditio sine qua non per primeggiare.

1.3 Generalità sulla forza muscolare

La forza è definita in fisica come la causa dello stato di quiete o di moto di un corpo. Nel nostro caso la forza muscolare è la capacità della macchina uomo di fronteggiare tutte quelle situazioni in cui è necessario vincere oppure opporsi ad una resistenza (Aa. Vv., 2002). In fisiologia la forza muscolare viene definita come l’effetto di contrazione di un muscolo (della sua parte miofibrillare) quando viene eccitato da una salva di treni di stimoli nervosi (Vittori, 2004). La forza muscolare si incrementa già a partire dai primi mesi di vita, portandoci in tempi brevi alla posizione eretta e, successivamente, a camminare. Con l’avvento dell’età puberale, quindi con la rivoluzione ormonale, i parametri relativi alla forza vengono biologicamente stravolti a vantaggio di quest’ultima (Aa. Vv., 2002, p. 95). La forza muscolare è da considerarsi come qualità fisica elementare essenziale, giacché sia la velocità che la resistenza sono da essa dipendenti e condizionate (Vittori, 2004, p. 54). La contrazione volontaria del muscolo inizia nell’area motoria del cervello, da dove l’impulso nervoso muove attraverso il midollo spinale. Da li, il muscolo che produce la forza ottiene l’impulso stimolante (Fig. 1).

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Nel midollo spinale il motoneurone discendente forma una sinapsi con il motoneurone formante l’unità motrice insieme alle fibre che eccita. La contrazione vera e propria del muscolo avviene appena i sottili filamenti di actina e miosina vengono raggiunti da un impulso; reagendo, formano il cosiddetto “cross-bridge”, per mezzo del quale i filamenti scorrono uno sull’altro (Fig. 2). Fig. 1

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Emanueled'Ambrosio–Laforzaelesueespressioninelpugilatodilettantistico Fig. 2

I ponti che si stabiliscono tra i filamenti di actina e miosina costituiscono la contrazione e, nello stesso tempo, producono forza. In questo modo si produce tensione che viene trasmessa, mediante i tendini, alle ossa su cui agiscono (Bosco, Viru, 1996). Nello sport moderno non esistono più attività sportive in cui non si tenga conto di allenamenti tendenti a migliorare la capacità di forza.

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1.4 La forza massima

La forza massima (Fmax) si può definire come “la capacità di sviluppare la forza che permette di sollevare un carico massimale che non consente di modulare la velocità di esecuzione” (Bosco, 1997, p. 84). Quindi è la forza più elevata che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere con una contrazione volontaria senza limitazioni di tempo (Aa. Vv., 2002) (Vittori, 2004) . La capacità di esprimere elevati livelli di forza è strettamente correlata ad alcuni fattori: -

la sezione trasversa dei muscoli, quindi, la loro dimensione

-

l’inserzione dei muscoli sulle leve ossee

-

la frequenza degli impulsi che i neuroni motori trasmettono ai muscoli nell’unità di tempo

-

il numero di fibre a cui vengono inviati gli impulsi

-

la velocità di biofeedback degli organi preposti al ritorno delle informazioni al sistema nervoso centrale (cellule di Renshaw 2, corpuscoli tendinei del Golgi3)

-

la

sincronizzazione

nella

contrazione

di

varie

unità

motorie

(coordinazione

intramuscolare) -

la prevalenza di fibre muscolari, veloci (FT), lente (ST) oppure intermedie (FTR)

-

l’intervento coordinato di muscoli sinergici (coordinazione intermuscolare)

2

Compongono un particolare sistema inibitorio, capace di deprimere la frequenza degli impulsi che i neuroni motori trasmettono ai muscoli, impedendo un eventuale sovraccarico muscolare. 3

Propriocettori che intervengono nel controllo della tensione muscolare, fornendo informazioni sulla collocazione spaziale dei segmenti corporei anche su coordinate speciali.

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-

la presenza ottimale delle fonti energetiche

-

il ridotto attrito interno tra le fibre muscolari durante lo scorrimento

-

la quantità di ormoni androgeni prodotti (Aa. Vv., 2002, p. 98).

Nel pugilato, l’atleta non si trova mai ad esprimere la sua forza massima in quanto le necessità tecniche ed il fine della boxe non si raggiungono mediante questa espressione della forza. Ciò che rende la Fmax un elemento fondamentale è la sua importanza nel massimizzare la prestazione pugilistica sfruttando le interazioni biologiche che intercorrono tra Fmax e forza esplosiva (FE). In effetti, è proprio la FE che caratterizza la gestualità atletica del pugile. Possedere un livello elevato di Fmax è fondamentale per sviluppare gradienti elevati di FE (Bosco, 1997). “Un fenomeno oramai ben documentato è quello relativo al primo adattamento biologico degli stimoli indotti dall’allenamento della forza massimale: a tale adattamento, che è di origine neurale, seguono complesse trasformazioni ed adattamenti morfologici che conducono all’ipertrofia muscolare” (Fig. 3) (Bosco, ibidem, p. 86).

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Fig. 3

E’ possibile che i fattori neurali agiscano a diversi livelli del sistema nervoso centrale e periferico determinando, come risultato finale, un’attivazione massimale delle varie unità motorie coinvolte. Tra i fattori di natura neurogena, quello che subisce i primi adattamenti all’allenamento di Fmax è quello relativo al reclutamento di nuove unità motorie. Successivamente, migliora la capacità di reclutamento temporale, cioè vengono reclutate nel medesimo tempo un numero sempre maggiore di unità motorie. Infine, migliora la capacità di emettere impulsi di stimolo ad alta frequenza. Quest’ultimo adattamento, in contrasto con il fatto che occorre un periodo di tempo molto lungo prima che si producano adattamenti stabili, si perde velocemente in mancanza di allenamento. 16

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Pertanto, dopo un primo periodo in cui si verifica un miglioramento della forza massimale, dovuto a fattori neurogeni, che include un miglioramento della coordinazione inter ed intramuscolare, avvengono dei processi di trasformazione ed adattamento morfologico. Infatti, l’ulteriore miglioramento che segue viene sostenuto da un aumento della sezione trasversa del muscolo (ipertrofia) (Sale, 1988, op. cit. in Bosco, 1997).

1.4.1 Relazione tra la forza massimale, la forza esplosiva e il testosterone sierico

La Fmax e la forza esplosiva mostrano tra di loro basi comuni di natura metabolica, strutturale e neurogena (Fig. 4). Tra queste, le ultime sembrano possedere maggiori legami funzionali. Per tale ragione, in molti sport individuali, in cui la velocità di esecuzione diventa fattore indispensabile per la riuscita della prestazione (ad esempio, il pugilato) si cerca di migliorare la FE sia con metodologie dirette, sia attraverso il miglioramento della Fmax (Bosco, 1997). Inoltre, studiando il comportamento muscolare di uomini e donne è stato evidenziato come l’ormone sessuale maschile, il testosterone (T), sia di fondamentale importanza per lo sviluppo della FE (Fig. 5).

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Emanuel...


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