LA LETTERATURA LATINA DI CONTE GIAN BIAGIO PDF

Title LA LETTERATURA LATINA DI CONTE GIAN BIAGIO
Author Angelica Valeri
Course Letteratura Latina
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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Summary

RIASSUNTI DI TUTTO IL MANUALE, DIVISO IN DUE VOLUMI. I RIASSUNTI SONO DI ENTRAMBI I DUE. ...


Description

Manuale letteratura Latina: dagli inizi all’età Imperiale La fondazione di Roma, tra storia e mito: Il mito delle origini di Roma fonde insieme due leggende indipendenti: la prima riconduceva la nascita di Roma ai viaggi di Enea, approdato nel Lazio dopo la caduta di Troia; la seconda era la leggenda del fondatore Romolo. La vestale Rea Silvia, nonché madre dei gemelli Romolo e Remo, era figlia di Numitore re di Alba longa, città fondata proprio da Enea. I gemelli decisero la costruzione di una nuova città. Periodo Arcaico Ed Influenza Di Altre Popolazioni: Il periodo arcaico va dall’ 8 al 5 secolo, corrisponde al periodo del 7 re di Roma, quindi alla fase monarchica che inizia proprio con la fondazione di Roma nel 753ac. In questo periodo la città porta avanti i suoi progetti espansionistici ,ampliando così il suo territorio che si estendeva dalla valle del Tevere fino ai colli Albani. Roma all’inizio era una civiltà rurale dedita alla pastorizia caratterizzata da uno spirito pragmatico(che la portò ad accogliere i contributi esterni) ed una forte consapevolezza della propria identità. Proprio grazie a questo spirito giunse spesso in collisione con altri popoli che risiedevano in Italia come i galli(pianura padana) i greci(Sicilia e sud della penisola) le popolazioni italiche(Appennini) e gli etruschi(in toscana), che per un certo lasso di tempo estesero il loro dominio sulla città di Roma con gli ultimi tre re: Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo, che si concluse con la cacciata dell’ultimo re nel 509 portando alla creazione della repubblica. Con tutti questi popoli i romani non condussero solo delle guerre, ma da loro assorbirono influssi vasti e continui, per esempio dagli etruschi presero il teatro l’architettura, ancora più radicata fu la penetrazione della civiltà greca che portò a Roma il modello di alfabeto dal quale fu ricavato, con alcuni influssi anche etruschi quello latino, giunsero poi i libri sibillini( raccolta di profezie attribuite alla sibilla di Cuma contenenti le pratiche religiose) a partire dal III secolo le forme e gli autori della letteratura greca iniziarono ad essere imitati da Roma e questo costituì il decisivo passaggio da una fase orale ad una scritta. Roma: dalla monarchia alla repubblica – dalla repubblica all’espansione: la tradizione dei sette re rappresenta l’istituto della monarchia. I due re più importanti sono in questo momento: Romolo, a cui si fa risalire l’istituzione del senato, e Numa Pompilio a cui sono attribuiti i culti religiosi. L’ultima fase della monarchia è segnata dalla dominazione etrusca. Secondo la leggenda popolare la loro cacciata sarebbe stata causata dallo stupro di Lucrezia da parte di Sesto Tarquinio. In realtà la fine della monarchia a Roma si inquadra nel declino della potenza etrusca. Nel 509 la nascita della repubblica si caratterizzò per la separazione delle diverse funzioni al fine di evitare che il potere si concentrasse nelle mani di una sola persona, nascono per questo i 2 consoli. Nei primi decenni della repubblica Roma affronta un periodo di lotte contro i latini, lo scontro tra i romani e le altre città del Lazio culminerà poi nel 493 con la creazione del foedus cassianum, il quale sanciva un alleanza militare tra romani e latini per fare fronte alle pressioni dei popoli appenninici( equi,volsci e sabini). Nel 396 con la conquista della città etrusca di Veio i romani avevano avviato il processo espansionista già al di fuori del latium vetus, a questi anni risale anche il primo scontro con i galli che saccheggiarono romano nel 390 mettendo a ferro e fuoco la città. A pochi anni di distanza inizia anche la conquista dei territori meridionali italiani e si arriva allo scontro con i sanniti( provenienti dalle montagne appenniniche) che divenne inevitabile

quando nel 343 Capua sentendosi minacciata dalla pressione sannitica chiese aiuto a Roma. Ci furono 3 guerre, memorabile fu la sconfitta romana presso le Forche Caudine, ma la vittoria finale spettò comunque ai romani. Mancava soltanto Taranto, che sentendosi in pericolo chiese aiuto all’re dell’ Epiro Pirro che grazie agli elefanti riuscì anche ad ottenere alcune vittorie, ma venne poi sconfitto alla citta di maleventum, che i romani in onore della vincita ribattezzarono con il nome di Beneventum. La società romana: la tradizione fa risalire la divisione in patrizi e plebei all’età di Romolo. patrizi erano i discendenti dei primi senatori; plebei tutti coloro che erano esclusi dall’aristocrazia senatoria. Il sistema delle cariche pubbliche era appannaggio esclusivo delle gentes, i potenti gruppi familiari che formavano la casta di governo. Ogni gens comprendeva un gruppo di famiglie discendenti da un antenato comune. A capo del gruppo famigliare c’era il pater familias, che esercitava un ruolo politico e giuridico fondamentale: erano i pater delle famiglie più importanti a comporre il senato; inoltre, ogni pater aveva potere assoluto, incluso il diritto di vita e di morte, sui membri della famiglia. All’ordinamento gentilizio era connesso l’istituto della clientela. Il vincolo clientelare legava un membro dell’aristocrazia, patronus, a un altro individuo, cliens, in una serie di obblighi reciproci: di solito il cliente era tenuto a sostenere il patrono nella lotta politica, mentre quest’ultimo doveva assistere economicamente il cliens. I gruppi sociali esclusi dall’oligarchia gentilizia dettero vita ad un’aspra battaglia per i diritti giuridici e politici. La protesta assunse la forma delle secessioni sull’Aventino e sul Monte Sacro. Le Prime Testimonianze Scritte: nel campo giuridico il passaggio dall’oralità alla scrittura ebbe una particolare rilevanza politica; infatti, quando le leggi erano orali potevano essere soggette a cambiamenti, ci volle una sommossa popolare e pressanti richieste della plebe perché venissero applicate per iscritto ,così nel 451 ac venne redatta a Roma la prima legislazione di leggi scritte( le 12 tavole)che poi andavano esposte al foro. Il primo scrittore romano fu Appio Claudio Cieco che si adoperò perché venisse pubblicata una serie di norme di dritto civile conosciute come ius Flavinium, dal nome del liberto Flavio che ne curò la redazione. Un altro uso profondamente arcaico è individuabile negli annales, ovvero l’usanza di registrare da parte dei pontefici nei calendari gli eventi più importanti dell’anno che poi andavano esposti al popolo. Fra le prime iscrizioni rimaste, particolare importanza rivestiva il cippo del foro scoperto nel 1899 in occasione di scavi nel foro romano, nel cippo c’era un iscrizione antichissima, per gran parte illeggibile, che risale ai primi anni della repubblica. La diffusione della scrittura: I più antichi documenti della lingua latina sono testimonianze epigrafiche e archeologiche: iscrizioni su bronzo o pietra, che ci parlano di un uso della scrittura legato alle occasioni della vita pratica. Famoso è il caso della Fibula Praenestina, una fibbia d’oro con iscrizioni latine in alfabeto greco. In generale l’uso della scrittura è legato in origine a momenti della vita privata, ma anche della vita pubblica. Un importante categoria di documenti scritti sono i fasti. Il termine designa in origine il calendario ufficiale romano. I giorni dell’anno erano divisi in fasti e nefasti a seconda che in essi fosse permesso o vietato il disbrigo degli affari pubblici. La quantità di informazioni depositate nei fasti a mano a mano aumentò progressivamente, tanto è vero che i magistrati li usavano per annotare i loro atti ufficiali. Stessa

sorte tocca alla “tavola bianca”, ovvero un esposizione fatta dal pontefice massimo dei nomi dei magistrati e avvenimenti di pubblica rilevanza. Grande importanza ebbero soprattutto gli annales, che contribuirono a dare impulso per la struttura di opere storiografiche latine; alcuni fra i maggiori storici di Roma tra cui Tacito e Tito Livio, preservarono nelle loro opere l’intelaiatura cronologica di queste registrazioni, basando sullo schema anno per anno la narrazione della storia di Roma. Affianco agli annales si possono porrei commentari, intesi dai romani come opere non professionali, caratterizzate da un apporto di informazioni e memorie personali. L’origine di questa produzione risale a una pratica dei magistrati di età repubblicana. Le Forme Pre Letterarie: Di quanto venne prodotto nel periodo precedente sono giunte poche testimonianze scritte, si trattava di forme molto arcaiche ancora vive a quei tempi perché probabilmente erano state tramandate oralmente. In questo periodo tutto ciò che riguarda la tradizione orale riguarda norme di comportamento e l’insieme di credenze che restarono sempre immutate nella cultura romana, alcuni di questi valori sono: la pietas( devozione agli dei, alla patria ed ai propri genitori) il culto della virtus( l’insieme di tutti i valori come il coraggio,la prontezza fisica, la saggezza etc)e la fides( il rispetto della propria parola data alla comunità). Valori che unendosi andarono a costituire il mos maiorum che letteralmente significa costume degli antichi. I carmina: Sono formule misteriose, dette in una lingua arcaica profondamenti ritmate e scandite da allitterazioni ed assonanze-consonanze. Si tratta per lo più di antichi canti sacrali, ma i romani chiamano carmina le composizioni più disparate. Le forme più antiche sono di tipo religioso. Caratteri della letteratura latina: Nel 240 grazie ad un opera scenica in onore dei Ludi romani – presumibilmente una tragedia - di Livio Andronico si fa iniziare la letteratura latina. La letteratura latina non è particolarmente originale, ma dipende in gran parte della letteratura greca: 1) Per l’elemento formale: generi letterari, metrica, atteggiamenti sintattici… 2)

Per l’elemento sostanziale: mitologia, leggende, storia, filosofia…

Essa ha tuttavia anche una propria impronta originale, che rispecchia il carattere del popolo romano stesso: 1) Tendenza pratica o storica: il romano non tende all’ “arte per arte” come il greco, ma all’utile partico e all’ “arte per la vita”. 2) Tendenza politica o patriotica: il romano non tende all’individualismo dei Greci, ma all’inserimento dell’individuo nella vita della comunità. La letteratura latina ha una data di inizio prestabilita: 240 a.C. quando Livio Andronico inscena una fabula di argomento greco in occasione dei Ludi romani. Presupposto sono chiaramente forme di teatro precedenti da cui lo stesso Livio prende ispirazione. Gli autori che più di tutti danno informazioni sulla letteratura sono: Virgilio, Orazio e Tibullo.

La poesia romana arcaica: le testimonianze più antiche che si hanno sulla poesia romana fanno riferimento all’uso di un particolare verso, chiamato saturnio. Con esso sono composti i primi due testi epici romani: l’Odusia di Livio Andronico e il Bellum Poenicum di Nevio. Dall’etimologia si capisce chiaramente come la loro derivazione sia greca. Esistono anche altre forme metriche che pur riconducibili ad un modello greco sembrano però godere di una loro vitalità autonoma: è il caso del versus quadratus, un settenario attestato in usi popolari: indovinelli, cantilene, motteggi… Riguardo alle forme orali di poesia le testimonianze più consistenti riguardano una produzione dal carattere motteggiante il cui nome è fescennini. L’etimologia potrebbe essere o da Fescennia, città dell’Etruria, o da fascinum “malocchio” e insieme “membro virile” ( la cui sconcezza aveva poteri di scongiuro). Sembra che la sede più propria di questo verso fossero le feste rurali. Delle origini di questa rudimentale forma di dramma si sa poco. Pur non raggiungendo mai la forma di un compiuto lavoro teatrale, fu comunque uno spunto importante che portò allo sviluppo della drammaturgia latina. Lo spettacolo era costituito da un dialogo di tipo sboccato e licenzioso, forse per ingraziarsi la divinità fallica da loro adorata, e si svolgeva in un clima coinvolgente e molto sanguigno con personaggi mascherati che danzavano in preda ai fumi delle abbondanti libagioni. Solitamente erano i contadini che "agivano" lanciandosi battute salaci; non vi erano copioni prestabiliti ma si "recitava" all'improvviso, spesso prendendo in giro anche gli spettatori, facendo sì che le rappresentazioni spesso finissero in veri e propri alterchi. A causa degli eccessi che si andarono via via sviluppando dovettero intervenire le autorità per regolamentare i limiti di quanto fosse lecito e per vietare che si dicessero delle cose che potessero suonare offensive ai cittadini romani. Tali rappresentazioni vennero bandite da parte del Senato. Ma nonostante queste limitazioni, il carattere sboccato dei dialoghi rimase immutato dovuto alla rozzezza del popolo e ad una vena satirica che lo caratterizzava. Queste azioni erano spesso rivolte agli sposi novelli come augurio per la loro prole o si indirizzavano contro le persone potenti per tacciarne in modo satirico i loro vizi. Lo scontro decisivo con Cartagine e l’espansionismo nel Mediterraneo: Dopo la vittoria su Taranto i romani si trovarono a governare un territorio amplissimo che si estendeva dall’ Appennino tosco-emiliano sino alla punta della Calabria. Proprio in questo contesto si delinea il lungo periodo di rivalità tra Roma e la città di Cartagine che dominava la Sicilia occidentale l’Africa e la spagna. Lo scontrò prese il via quando la città di Messina chiese aiuto ai cartaginesi, minacciata dall’espansionismo siracusano, lo scontro divenne inevitabile quando Messina dovette chiedere aiuto ai romani, si arrivò così alla prima guerra punica(264-241) in cui Roma per fronteggiarsi con Cartagine dovette addirittura fornirsi di una flotta navale, la vittoria presso le isole Egadi vide come protagonista Roma. Intanto, però sotto la guida di Annibale, Cartagine si preparava ad un nuovo attacco da infliggere a Roma, fino all’arrivo della seconda guerra punica(218-201) con la presa di Sagunto(alleata dei romani. Annibale lascia la spagna, attraversa le alpi e giungendo in Italia dove sconfigge l’esercito romano, che si risollevò grazie a Publio Cornelio Scipione che sconfisse i cartaginesi nel 202 con la battaglia di zama. Dopo la vittoria su Annibale Roma si orientò ad acquisire un egemonia universale, il primo ostacolo da rimuovere erano i regni ellenistici, infatti durante la seconda guerra punica il sovrani dei regni ellenisti di macedonia(Filippo 5) e

Siria(Antioco 3) avevano favorito Annibale. Nel 212 esplose lo scontro tra le due potenze, e la prima guerra macedonica su concluse con la sconfitta di Filippo 5, poco dopo il successore di Filippo5, Perseo riprese le ostilità contro Roma(terza guerra macedonica) ma venne sconfitto a Pidna nel 168 da Lucio Emilio Paolo appartenente alla cerchia degli Scipioni, che portò a Roma la biblioteca e quindi la diffusione della cultura greca a Roma. Antioco 3 nel frattempo aveva invaso la Grecia dopo la sconfitta di Filippo 5, venne ugualmente sconfitto, dovette quindi ritirarsi dalla Grecia, inseguito fino in patria da Scipione l’Africano che lo sconfisse a Magnesia. Pochi anni dopo la vittoria di Pidna(168) nel 146 una ribellione contro Roma provocò la distruzione di Corinto e la riduzione di tutta la Grecia sotto la dominazione romana, in più nello stesso annosi arrivò anche alla fine della terza guerra punica(49-146) che si concluse con la distruzione di Cartagine ad opera di Scipione l’Emiliano. In tutto il mediterraneo l’unico regno ancora forte ed autonomo era l’Egitto retto dalla dinastia dei tolomei. Significativa appare la data del 133 che apre un periodo caratterizzato da una tensione civile non indifferente; infatti ,in quell’anno viene eletto tribuno della plebe Tiberio Gracco che notò i vasti latifondi in mano a pochi proprietari terrieri, da qui partì il suo tentativo di riforma, che poi non venne compreso e finì nel sangue. In seguito alla conquiste del 3 e 2 secolo a Roma erano pervenuti schiavi ed ingenti ricchezze e tutto ciò porto ad un ulteriore impoverimento dei piccoli proprietari, che erano già stati decimati dalle guerre, i sopravvissuti, invece, si trovarono costretti a vendere i proprio territori ad un prezzo stracciato, alimentando la crescita del latifondo. Dall’altro canto acquisiva importanza una nuova classe sociale quella dei cavalieri che concentrava nella proprie mani capitali liquidi. La ricerca di un identità: Roma impegnata nelle lotte non avvertiva il bisogno di dar vita ad una produzione letteraria, ma nel periodo che va dalla conquista di Taranto all’affermazione dell’egemonia nel mediterraneo si verificò un notevole cambiamento. nella classe dirigente romana aerano affluite come bottino di guerra biblioteche ed opere arte che avevano alimentato un desideri odi cultura. Per questo Roma stessa attraverso la committenza delle grandi famiglie veniva celebrata attraverso l’esaltazione delle vittorie e della virtus dei suoi cittadini. I primi autori della letteratura latina furono: Livio Andronico, Nevio ed Ennio. A metà del 2 secolo con il circolo degli Scipioni si ebbe una più decisa assunzione dei modelli letterari greci. Ed accanto a Scipione l’Emiliano si riunirono una cerchia di figure rilevanti della cultura latina e greca, ciascuna delle quali contribuì alla creazione di valori spirituali, come l’ humanitas o la missione di Roma civilizzatrice. La nascita di una nuova potenza politica e militare richiese una definizione storica: per questo la committenza aristocratica volle che si trovasse una documentazione delle radici romane nella letteratura e nel mito, e gli scrittori l’avrebbero individuata soprattutto nella vicenda di Troia e dell’approdo nel Lazio del profugo Enea. Fin dal periodo più antico Roma aveva avuto contatto con la civiltà greca, ma si trattava solo di rapporti commerciali, adesso invece, essa avverte la necessità di tradurre le opere più significative del mondo greco, la prima opera letteraria scritta in latino si deve ad uno schiavo giunto a Roma dopo la guerra con Taranto. LIVIO ANDRONICO Egli è il primo autore della letteratura latina secondo l’opinione di Varrone, Cicerone e Orazio. La rappresentazione del suo testo teatrale nel 240 segna

l’inizio della letteratura. Egli era un greco originario di Taranto giunto a Roma a seguito della guerra contro Taranto al seguito di un nobile. A Roma Livio svolge la professione di grammaticus. Egli diedi inizio alla diffusione della cultura greca a Roma attraverso una geniale romanizzazione di quella cultura; infatti ,tradusse e adattò alcune grandi opere del mondo ellenico prendendo atto dei requisiti posseduti da romani e rendendone così più facile l’accettazione; prova del prestigio che circondava questo ex schiavo è dimostrato dall’incarico che gli venne affidato durante il periodo delle guerre puniche, ed in particolare durante l’invasione di Annibale, di comporre un inno propiziatorio rivolto a giunone(dea della famiglia e dell’abbondanza), inoltre il senato come segno di adorazione istituì nel tempio di Minerva il collegium scibarum histirionumque(corporazione di scrittor che segnò il primo riconoscimento dell’attività letteraria a Roma. Di tutta la produzione di Livio restano soltanto dei frammenti dovuti a citazioni di autori di età repubblicana, mentre le fonti riguardo alla vita si basano su Cicerone e Tito Livio. Livio si dedico all’impresa di tradurre in latino Odusia di omero un grande classico che avrebbe potuto colpire per la trama così avventurosa. Inoltra la scelta di Livio fu dettata dal fatto che a Roma Ulisse venisse sentito come un parallelo di Enea, poiché anche Ulisse era legato alla vicenda di troia e nel suo viaggio anch’esso aveva toccato l’Italia, anche in questo testo Livio cercò di romanizzare il più possibile; infatti, lo riscrisse proprio in saturnio, oppure sostituendo alla musa dei greci(camena) una divinità italica con doti profetiche, operò un collegamento a livello fonico, creando un nesso tra il termine all’inizio del verso e quello posto alla fine. Per Livio tradurre significa tanto conservare ciò che può essere recepito, quanto modificare ciò che risulta per così dire intraducibile. Per esempio, se Omero parla di un eroe pari agli dei, Livio preferisce scrivere “grandissimo e di primo rango”. Carattere comune che si rintraccia in Livio, sia nel poema, che nelle tragedie è sicuramente l’effetto di intensificazione patetica rispetto all’originale. C...


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