La Mutazione Individualista - Giovanni Gozzini PDF

Title La Mutazione Individualista - Giovanni Gozzini
Author Mattia Bosio
Course Storia della radio e della televisione
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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LA MUTAZIONE INDIVIDUALISTA - Giovanni Gozzini 1) IL BOOM (1954-1967) Rivoluzione in famiglia Avvento TV suscita toni di allarme → se l’atto di ascoltare pareva più naturale e domestico, la TV richiede un’attenzione più polarizzante. Paolo Monelli commenta possibili effetti manipolatori sulle coscienze: “un progresso all’ingiù, una società di analfabeti e conformisti meccanizzati” e “strumento di dittatura nel campo dello spirito e della coscienza”. Voci più tranquille e ottimiste: “TV colma vuoto in quelle case dove non si leggeva o si leggeva poco e male”. TV illustrata dalla comunicazione commerciale come status symbol della classe media emergente. Preoccupazioni di natura politica → TV distrae dai compiti sociali, manipolare coscienze e trasformare i comportamenti. TV si diffonde nelle case in contemporanea con altri beni di consumo durevoli, in linea con una stagione più florida per i consumi. Periodo compreso fra le due guerre mondiali: “fuga dalla libertà” → perdita sicurezze e percezione di vulnerabilità porta all’idea di appartenere a identità collettive forti, incarnate dai regimi dittatoriali. Nel dopoguerra si ribalta il ciclo storico → nuova aspirazione a una libertà concepita innanzitutto come conquista di benessere materiale → TV diventa chiave d’accesso a nuove culture, è il centro di questo movimento verso il progresso, grazie anche alla sua diffusione così rapida nelle case degli italiani. Nasce quella che i sociologi definiscono “generazione delle tre emme” (mestiere, moglie, macchina). Città sempre più popolate e in evoluzione con i consumi e i nuovi stili di vita. TV al tempo stesso veicolo e diffusore del mutamento → simbolo dell’Italia arrogante e in crescita è la Giulietta (1954). TV porta nelle località più squallide, grazie al fascino delle immagini, l’aspetto del vivere moderno, con le sue tentazioni e il suo fascino → nei bar e nei caffè, l’ascolto collettivo della TV provoca anche una delocalizzazione della vita familiare e sociale, anche se poi sarà la visione individuale e privata ad imporsi.

Carosello Avvento TV muta in profondità le pratiche di vita sociale degli italiani, risultando preferita alla radio, ai dischi e al cinema, oltre che alla lettura, le chiacchiere con gli amici e lo sport. Del nuovo mezzo si percepisce e si apprezza la natura integrativa, che serve a conoscere realtà diverse e in particolare il “come si vive in città”. Lascia o raddoppia? condotto da Mike Bongiorno tra il 1955 e il 1959 → enorme popolarità → immedesimazione del pubblico con il mezzo: TV permette alla gente comune di essere “divo” per una sera. Spettacolarizzazione dell’italiano medio condotta all’insegna della conoscenza e della cultura: traspare idea che è necessario essere competenti in qualcosa per avere successo. Tradizione culturale del teatro di prosa → lo sceneggiato colto entra in TV (I Promessi Sposi, 1967). Frattura intellettuali e TV → pregiudizio legato ad un concetto aristocratico della cultura → intellettuali in TV devono fare i conti con il mercato e l’industria culturale.

Emblema della mediazione tra gusti del pubblico e missione educativa è Carosello (1957-77), che incarna la via italiana alla pubblicità e ai consumi di massa. Fascia oraria di maggior ascolto (20:30), rispetto al liberalismo USA c’è una sorta di primato alla politica: aziende private devono sottostare alle regole di intrattenimento che antepongono gli interessi degli spettatori a quelli dei consumatori. Con gusto e cautela, Carosello introduce gli italiani alla soglia del consumismo → programma che inoltre si sviluppa durante l’espansione del reddito medio e dei grandi spostamenti della popolazione. Prodotti si legano a determinati personaggi → pubblicità televisiva assume ruolo di unificazione socioculturale: svincola l’acquisto e il consumo di generi di largo uso quotidiano da ogni appartenenza di genere, classe, ideologia, religione. La “persuasione occulta” della pubblicità soddisfa diversi bisogni individuali: autostima, creatività, rassicurazione emotiva, senso di potenza, coesione familiare.

La lingua degli italiani Attivo di bilancio proveniente dalla pubblicità (25% dei ricavi nel 1963) → ampliamento della programmazione alla fascia pomeridiana. Nasce la TV per ragazzi, come Telescuola (1958) → vocazione pedagogica vera peculiarità della televisione europea. In ITA è un approccio sia vecchio (prende dal passato l’approccio illuministico e paterno) che nuovo (perchè al tradizionale discorso etico-politico sostituisce una mobilitazione individualistica per il benessere e l’espansione dei consumi privati. TV strumento decisivo di unificazione linguistica del paese → il parlato della radio era diverso da quello normale; la lingua della TV è un linguaggio plurale → c’è quello aulico della trasmissioni culturali come L’Approdo (1963) e quello informale per esempio dei quiz di Mike Bongiorno. Nonostante le critiche della stampa, questo tipo di linguaggio penetra nelle abitudini domestiche. Lotta RAI vs analfabetismo → Non è mai troppo tardi (1960) Impatto di una lingua semplice e familiare (discorso papa Giovanni 23^) → diminuisce distanza fra popolo e istituzione ecclesiastica → la TV non soppianta la realtà bensì offre testi da rielaborare secondo l’intelligenza di ognuno. Esperienza culturale condivisa mia vista prima → per un periodo, in tutto il paese, milioni di persone vedono gli stessi programmi, gli stessi personaggi e le stesse situazioni. Si guarda la TV per rimanere al corrente dei fatti del giorno, per svagarsi e distrarsi dopo il lavoro, per avere una sorta di compagno durante il giorno (pubblico delle casalinghe un terzo del pubblico totale a metà degli anni 60) → TV è mezzo flessibile, capace di adattarsi agli spettatori più diversi. Esperienza di Campanile Sera → Tortora e Sampò portano il format del quiz e delle gare di abilità nelle comunità locali in giro per le province italiane → in diretta, autorità e popolazione vivono insieme → RAI rafforza senso di identificazione nazionale e locale.

Pedagogia e censura Stretto rapporto fra la RAI e le istituzioni pubbliche → esempio di Tribuna politica. Non mancano critiche degli spettatori → “io pago per essere divertito non per essere propagandato, sia pure in forma democratica”. Vicinanza RAI-politica si traduce anche in un volto censorio → codice di autoregolamentazione che evita in TV argomenti ritenuti scabrosi per la pubblica morale (vittime illustri Dario Fo e Franca Rame). Il varo del secondo canale nel novembre 1961 rappresenta il passaggio inaugurale al nuovo direttore Bernabei → attento non solo alla politica ma anche a non perdere le sfaccettature che hanno caratterizzato la TV fino a quel momento → rafforzamento dell’offerta giornalistica e culturale punto di forza di Bernabei, della sua paleotelevisione pedagogica. 1965, abbonamenti superano i 6 milioni → l’ascolto collettivo fuori casa è molto ridimensionato, TV acquisisce fisionomia americana come genere di consumo privato e domestico: non è più mezzo di nuova socializzazione → TV continua ad unire il paese dal punto di vista linguistico e della cultura di massa → funzione di nationbuilding della RAI.

Consumi culturali e opinioni L’avvento della TV non uccide ovviamente né la radio, né i giornali, né il cinema → la minoranza che legge quotidiani e libri non rimane affetta dall’audience televisiva (idea che TV dà notizia base, sui quotidiani la approfondisci). Il cinema, al contrario, accusa il colpo, sia negli USA che in EU → l’attrattiva degli eventi e dei programmi “dal vivo” è maggiore rispetto alla differita cinematografica. Alcuni criticano la passività nella ricezione delle informazioni che caratterizza la TV → si crea anche una sorta di timore reverenziale (l’ha detto la TV). Dopo una prima fase unificante, la TV ora si collega più a dinamiche di acculturazione verso un’auspicata mobilità sociale verso l’alto. Si aprono così nuovi conflitti generazionali → la baby boom generation arriva all’età adulta e impatta con le istituzioni e con la TV → TV contribuisce al ‘68 con le immagini del Vietnam e del maggio francese; larga presenza di donne nel pubblico televisivo contribuisce alla rottura del loro isolamento domestico e alla nascita dei movimenti femministi. Inizia anche in ITA la polemica sul ruolo diseducativo della violenza in TV → varie idee e opinioni, ovviamente: TV rafforza orientamenti già determinati da altri opinion leader di altri ambiti culturali. L’avvento della mondovisione (in ITA 1967) abbatte il limite fisico della distanza, stringendo tutti gli abitanti del pianeta in un’unica unità di tempo e spazio. → negli anni della ricostruzione e del boom la TV è mezzo che più di ogni altro rispecchia il mutamento vissuto dagli italiani. Movimento e velocità, pluralità, conoscenza e intrattenimento sono parole chiave di un processo che tocca trasversalmente ogni classe sociale con omogeneità geografica.

2) LA ROTTURA (1968-1980) Pubblico e privato Alla svolta del ‘68 la paleotelevisione pedagogica di Bernabei ha un volto plurale: apporto culturale + sit-com all’italiana come La famiglia Benvenuti (1968) → da bersaglio pubblicitario, la famiglia italiana diventa contenuto della messa in scena. 1968 data simbolo per periodizzare mutamenti irreversibili del senso comune e della vita sociale. Poi gli anni di piombo, terrorismo ma anche cambiamenti (riforma pensioni, legge divorzio, statuto lavoratori, istituzione Regioni ecc) → la RAI si mantiene cauta cercando di adeguare i suoi intenti pedagogici alla nuova epoca.

Secolarizzazione Fine di Bernabei parallela a quella del suo padrino politico Fanfani → referendum 1974 sconfigge tentativo DC di abrogare per via popolare la legge sul divorzio. Esito referendum segnala l’avvio del processo di secolarizzazione → perdita di importanza delle istituzioni religiose nei tempi e nei modi della vita quotidiana. La critica cattolica adduce le colpe all’imperante consumismo; Pasolini attribuisce invece alla TV l’origine di questi mutamenti → propaganda televisiva della nuova vita “edonistica”; non c’è niente meno idealistico e religioso del mondo televisivo, il quale bombardamento ideologico è indiretto. Nel corso degli anni ‘70 TV italiana matura una scissione interna → il dopo Bernabei apre una contrastata stagione di passaggio da una TV di tipo pedagogico-educativo all’industria del divertimento. Non è un fenomeno solo italiano: la cultura del narcisismo attraversa tutto l’Occidente e rovescia il senso civile della convivenza nella corsa ai consumi privati. Crescita risorse materiali a disposizione degli italiani → aumento delle facoltà di scelta e aumento dei valori “postmaterialisti” di auto-realizzazione individuale.

Il ciclo della politica Messaggio pubblicitario visto come un’estensione del prodotto stesso → pubblicità era investimento che aggiungeva valore al prodotto. Non avere un certo tipo di prodotto genera senso di esclusione e la pubblicità è abile a suscitare tali emozioni, soprattutto nel pubblico più fragile (bambini e adolescenti). L’opera omogeneizzante della TV diventa più complicata nella metà degli anni ‘70, nella fase di contrazione dei redditi che si apre con il primo shock petrolifero provocato dalla guerra dello Yom Kippur (1973). Le nuove generazioni guidano una svolta critica che frammenta l’integrazione del decennio precedente e marcia di pari passo col peggioramento della situazione economica → in ITA rispetto all’EU in ritardo le organizzazioni di consumatori. A guidare il cambio di ciclo contro media e TV rimane una “minoranza rumorosa” di italiani che si concentra nelle università e nelle grandi fabbriche.

“Exit” Nel corso degli anni ‘80 → espansione del fenomeno del lavoro informale e convivenza prolungata dei figli nell’abitazione dei genitori. A prima vista anni ‘70 appaiono dominati da un ciclo di intensa politicizzazione di massa → in ITA come in GER, il ‘68 prelude alla lunga scia di sangue degli “anni di piombo”. 1978 uccisione Aldo Moro è spartiacque → massima notorietà Brigate Rosse ma anche vacuità del loro progetto politico. Il voto del 1976 è paradossale → leader comunista Berlinguer lega il successo del PCI alla strategia del “compromesso storico”, prendendo poi voti anche grazie all’immagine di buon governo onesto ed efficiente che aveva rispetto alla DC. Il voto del 1976 è un voto “sovversivo” → a favore di una ripartenza dell’ITA su basi nuove, di avvicendamento di potere. Generazione cresciuta nel mondo bloccato della guerra fredda accarezza lo sfaldamento degli equilibri bipolari → i miti di Mao, del Che rispondono a questo bisogno di futuro, figure alternative lontane dal consumismo e dalla vita occidentale, ispiratrici di un rivoluzionarismo ascetico. PCI segue la linea della “partecipazione democratica” → strategia di moltiplicazione degli enti che gestiscono la vita sociale, inserendo rappresentanti dei partiti di sinistra. Effetto significativo è la riforma della RAI del 1975-76 → creazione del terzo canale. Inizia convinzione di perdita di confini chiari fra governo e opposizione → i governi che si succedono cercano di manovrare fra crisi economica ed emergenza terroristica, senza né aprire né chiudere ai comunisti le porte del governo. Ma in Italia il sogno di cambiamento e di ripartenza della baby boom generation rimane senza prospettive → partiti e istituzioni sembrano perdere la loro carica riformatrice. Il terrorismo si infila in questa impasse → come nelle guerre e nei momenti di crisi collettiva, il popolo italiano si rifugia d’istinto nel privato: famiglia, casa e lavoro tornano a riempire l’orizzonte, chiudendo la breve stagione di fiducia nella politica aperta dal ‘68. Hirschman parla di exit → defezione, scelta strategica razionale quando le strade alternative della lealtà e della partecipazione politica appaiono difficili da percorrere. Sono i telegiornali a raccogliere questa disaffezione per la politica → si passa dalla parte dello spettatore, l’anchorman in movimento induce una sorta di coinvolgimento. L’exit dalla politica della baby boom generation è critica radicale ad un ceto politico dimostratosi inefficiente → frustata, questa generazione trova nuove strade per proseguire la propria mutazione individualistica → una di queste è quella che si apre con le radio e televisioni private. Radio libere → musica rock d’identificazione generazionale e coinvolgimento del pubblico con la messa in scena della parola continua e libera; coinvolgimento nella comunicazione che la TV cercherà di imitare. Ciclo delle TV private si apre con Telebiella nel 1971, emittenti legate quasi sempre a figure imprenditoriali. Assenza di norme fino al 1976 → liberalizzazione del mercato televisivo privato su scala locale → si apre il Far West dell’etere.

La riforma della RAI Non solo in ITA → anni ‘70 in EU generale rottura del monopolio televisivo e apertura ai privati → vengono meno le ragioni tecnologiche e politiche che avevano giustificato la presenza statale nel settore. Riforma del 1975 → crescita dei contenuti di spettacolo al posto di quelli informativi, controtendenza → anche la RAI si adegua al mood di spoliticizzazione introdotto dalle TV private. Parziale ma significativa liberalizzazione del palinsesto → telegiornale meno paludato, più dirette: Nuovi programmi come L’altra domenica (1976) di Arbore, Bontà Loro (1976), versione italiana dei talk show condotto da Maurizio Costanzo. Intrattenimento assume la forma dell’interazione col pubblico → telefonate in diretta → avvicinamento a quella che Eco definisce nel 1983 neotelevisione, quella dove il pubblico si riconosce e dice “siamo proprio noi”. Contraltare a L’altra domenica c’è invece Domenica In (1976, primo esempio di TV di sottofondo e di trasmissione non-stop dove l’accensione del mezzo prevale sulla scelta del programma, quella che Williams nel 1974 chiama TV di flusso. 1977 finisce Carosello → inizia la disseminazione di spot brevi lungo tutto il palinsesto giornaliero. Per tollerare la presenza di così tanta pubblicità → programmazione si estende a tutte le altre fasce rimaste libere → aumentare tempo destinabile alla pubblicità provoca reazioni dell’opinione pubblica. -

Paleotelevisione del monopolio → alfabetizzazione e unificazione del paese → unità familiare Neotelevisione della libera concorrenza → criterio commerciale di procurare spettatori agli inserzionisti pubblicitari → frammentazione dei pubblici.

Solo nel 1995 si arriva a referendum sulla limitazione degli spazi pubblicitari in TV. Ovunque in EU, la TV toglie influenza alla stampa quotidiana, lasciando agli altri media soltanto briciole. Soprattutto aziende alimentari e di prodotti per la cura della casa che investono in spot televisivi → imprese automobilistiche e editori preferiscono la carta stampata. L’onnipresenza della pubblicità rafforza un punto cruciale della cultura prodotta dai mass media → la felicità è un fatto privato da vivere nel presente. Il mondo illustrato dalla pubblicità realizza sogni e concretizza ambizioni → inizia l’epoca del edonismo immaginativo autonomo → il capitalismo metabolizza la mutazione individualistica della baby boom generation e del ‘68 convertendola in integrazione sociale dettata dai consumi soddisfatti.

Pluralità Ascesa della TV nei consumi e nel mercato pubblicitario avviene parallelamente a un cambio di paradigma nella sociologia dei media. Teoria dell’agenda setting e cultivation theory → TV catalizza e coltiva tendenze già presenti negli individui, fino a sedimentare “letture della realtà” capaci di modificare il senso comune e le coscienze individuali. Gli audience studies si concentrano sulla scomposizione del pubblico televisivo → cercando di collegarne i gusti e le modalità di lettura a caratteristiche di genere, età, classe sociale, reddito, istituzione ecc. Alla prima generazione televisiva (una “comunità immaginata”) unificata dai consumi e dalla cultura di massa si sostituisce nel corso degli anni ‘70 una seconda generazione per cui la TV è parte del flusso comunicativo quotidiano → interpretato secondo modi diversi dagli appartenenti del medesimo nucleo familiare. TV dispensa parole, mode e stili di vita che l’individuo usa come strumenti di comunicazione e integrazione sociale, per parlare con gli altri e farsi riconoscere.

Il palinsesto televisivo (soprattutto nella parte extra informativa) risponde alla crescente scomposizione del pubblico in gruppi di consumatori da vendere agli inserzionisti pubblicitari. Pluralità parola chiave quando si parla di TV → per gli italiani protagonisti dell’exit dalla politica essa significa la perdita silenziosa e molecolare di un’identità nazionale condivisa → società a maglie sempre più larghe, superficialmente unificata dalla TV commerciale e dai consumi di massa, ma frammentata nel profondo da una mutazione individualistica che smette di riconoscersi nella politica.

3) L’ITALIA DEGLI INDIVIDUI (1981-1993) “Dallas” e “particulare” Per gli italiani e per la TV gli anni 80 sono quelli della pluralità. Cambiamento tecnologico schermo a colori + cambiamento assetti istituzionali → duopolio RAI-Fininvest e si allarga offerta programmi in contemporanea. Neotelevisione commerciale cancella definitivamente la paleotelevisione pedagogica del servizio pubblico → TV diventa pura tecnologia del divertimento Sit-com importata dagli USA, Dallas (1981) rappresenta l’insieme di questi passaggi. Trasmesso da RAI 1 in seconda serata non incontra lo stesso successo di quando verrà trasmesso da Canale 5 in prima serata, con lo slogan “in contemporanea con l’America”. Si inaugura una tendenza di serialità rassicurante che consente un’immedesimazione degli spettatori diluita nel tempo → attraverso meccanismo di imitazione e partecipazione il pubblico partecipa empaticamente alle vicende dei personaggi. Pluralità degli usi della TV → regolativo, uso ambientale, uso relazionale di facilitazione della comunicazione, di appartenenza e di apprendimento sociale → Dallas riesce a mescolare insieme questi diversi usi della TV. Mutazione commerciale porta alla modulazione sempre più individuale e meno collettiva dei programmi → spot efficaci sono quelli targettizzati, inseriti nei programmi giusti → è l’economia che impone le sue leggi nella TV e nella politica. Polit...


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