La quarta rivoluzione luciano floridi 1 PDF

Title La quarta rivoluzione luciano floridi 1
Author Daniel Vedovato
Course Teorie e tecniche dei media digitali Theories and Techniques of Digital Media 
Institution Università degli Studi di Udine
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Lisa B Lezione giovedì 12 aprile 2018 “LA QUARTA RIVOLUZIONE” LUCIANO FLORIDI Partendo da kant riprende i concetti di: -

Tempo Spazio

Che oggi sono però cambiati e cambia anche la nostra esperienza relativamente ad essi

CAPITOLO I: IL TEMPO (stato moderno: principale agente collettore di informazioni) Noi siamo confrontati a 3 età dello sviluppo umano: -

-

Preistoria  epoca priva di ICT con particolare riferimento alla scrittura. Storia  epoca caratterizzata dalla presenza di ICT importanti per la vita umana. Vi è una connessione i modi nei quali le società si organizzano e l’evoluzione delle ICT. Il benessere sociale ed individuale non dipende dalle ICT. Iperstoria  le ICT sono decisive per l’organizzazione della vita umana, e benessere e sviluppo sociale ed individuale dipendono da queste ICT.

Tutt’ora ci sono società che vivono in una di queste 3 epoche. Queste tre epoche descrivono il modo in cui viviamo. Il criterio distintivo riguarda le ICT: -

La prima è la scrittura  essa permette di lasciare traccia di una cosa che non c’è più.

Viene a questo punto sollevato il problema della dipendenza tecnologica: dipendenza è un termine ambivalente: -

Da un lato indica come razionalmente cerchiamo di organizzare la società Dall’altro corriamo un rischio decidendo di dipendere dalla tecnologia, genera una fragilità ed un bisogno sempre maggiore di ciò da cui si dipende.

Floridi parla di “ciclo di vita dell’informazione” che può essere paragonato a quello di un individuo: -

Fase della generazione Fase della registrazione Fase della trasmissione Fase della manipolazione Fase dell’uso Fase della cancellazione

Abbiamo sempre di più una realtà che si struttura secondo questo ciclo di vita dell’informazione. Il regolamento sulla protezione dei dati personali è costruito secondo questo ciclo di vita dell’informazione. Ciò che ha determinato il passaggio da una dimensione storica ad una iperstorica  l’aver fatto sempre più affidamento sull ICT ma secondo floridi c’è comunque un principio di spiegazione generale che determina questo passaggio: 1

ciò che governa oggi il mondo è il denaro come espressione del potere economico, potere di vendere/compare tranne la dignità, che per kant è l’unica cosa che non si può acquistare. Il potere è la capacità di adattare il mondo. Il potere attuale è quello computazionale che si basa sulla capacità di calcolo all’inizio era una capacità umana e successivamente invece diventa appannaggio dei pc. Quello che conta è il potere sullo strumento e non lo strumento stesso e finiremo per adattare tutto all’esercizio del potere computazionale dal momento che vogliamo esercitare questo potere. Tecnologie abilitanti che hanno reso sempre di più disponibile a costi decrescenti e ad una quantità sempre più crescente sempre maggiore potere computazionale, capacità sempre più estesa di calcolare dati e di farlo ad una velocità sempre più rapida. C’è un problema anche relativo all’oggetto che vogliamo computazionare i dati, abbiamo raccolto un numero elevatissimo di dati (i big-data) e ciò crea problemi: -

perché richiede un sacco di energia processarli perchè l’accumulo di qualcosa trasforma in negativo ciò che prima era positivo.

I big- data creano problemi per la loro gestione da un punto di vista: -

epistemologico etico

si necessita dunque di pattern di analisi/ profili di analisi. Il problema non riguarda tanto la creazione di strumenti tecnologici per gestirli ma è un problema che riguarda gli smallpatterns= schemi di analisi piccoli, non sufficientemente adeguati ad interpretare e comprendere queste gradi masse di dati. Non comprendiamo l’output. La società si basa su procedure oscure che noi non siamo in grado di governare. Più si concentra la capacità di estrarre dati più aumento il divario sociale di utilizzare dati. Floridi poi affronta un altro tema sempre con riferimento ai dati: la memoria La memoria umana una volta che ricorda non può volontariamente cancellare, dimentica involontariamente e facciamo uno sforzo per ricordare. La digitalizzazione ha ribaltato questo meccanismo, la regola di defoult è che in qualche modo conserviamo e dobbiamo fare uno sforzo per cancellare questo vale nel presente. Di quasi tutto ciò che facciamo rimane traccia, e le tracce dipendono da sistemi di registrazione. La scrittura è una ICT particolarmente longeva, invece i supporti tecnologici lo sono un po' meno, la loro longevità è una sottoclasse del tema generale della mortalità industriale= idea che tutti i prodotti industriale devono durare poco= obsolescenza programmata. Anche la memoria dura poco quando il supporto è destinato a durare poco, vengono memorizzati pochi dati e si finisce per vivere in un eterno presente. La digitalizzazione ha fatto si che venga erosa la differenza che c’è tra la copia e l’originale, ormai quasi tutto diventa un esemplare di qualcosa di cui non c’è l’originale. -

Token oggetto fisico Type esemplare astratto (ad es. l’insieme delle regole, esempio della torre sbobina).

L’oggetto della realtà analogica può essere sia un token che un type. Nel passaggio dalla realtà analogica a quello della digitalizzazione abbiamo sempre meno oggetti unici ed insostituibili ma siamo ricchi di type. C’è sempre di più una tipizzazione degli oggetti. I profili oltre ad essere strumento per la previsione sono anche uno strumento normativo. 2

Lezione venerdì 13 aprile 2018

CAPITOLO II: LO SPAZIO Perché in un capitolo che si chiama spazio si parla di tecnologia? si parla essenzialmente di tecnologia per noi la tecnologia è uno strumento. Floridi pone l’accento su una caratteristica: se si vuole isolare una caratteristica comune di tutte le tecnologie bisogna focalizzarsi sull’essere-tra della tecnologia le tecnologie stanno sempre tra qualche cosa, svolgono un ruolo di mediazione con il mondo. Tra che cosa stanno le tecnologie? Vi sono tre elementi: utente-tecnologia-prompter UTENTE TECNOLOGIA PROMPTER/SUGGERITORE (*) Si avvale o crea una tecnologia il Ciò che rende necessario l’uso di cui utilizzo è reso necessario dal una tecnologia. prompter (*) gibbons invece parla di affordance indica qualcosa che ci permette di fare qualcos’altro. Questo schema ritorna sempre per tutte le forme di tecnologia. Nella visione di kelsen, nel diritto, chi svolge questi tre ruoli? Utente i cittadini La tecnologia il diritto Il suggeritore la società in quanto insieme di interazioni sociali che potenzialmente potrebbero generare controversie. In kelsen: l’interfaccia la volontà il protocollo le norme Si possono avere tecnologie di ordini diversi:

L’umanità

Tecnologia (è quella a cui fa riferimento la gradazione di primo, secondo, terzo ordine) //

La natura

2.Secondo ordine

l’umanità

//

La tecnologia

3.Terzo ordine

tecnologia

//

La tecnologia

-

Utente

1.Primo ordine

Suggeritore

1. La natura è vista come un qualcosa da cui difendersi e non da difendere. Esempi di tecnologia di primo ordine: coltello, ascia, il fuoco, la ruota, gli strumenti da caccia. 2. Il rapporto di mediazione che la tecnologia svolge è tra umanità-tecnologia. Ciò accade perché le tecnologie che abbiamo creato per rispondere alle esigenze della natura in quanto suggeritore le ha fatte diventare esse stesse suggeritrici. Esempi: un martello, un cacciavite, le chiavi sono suggeritori che sono essi stessi delle tecnologie, l’esempio principale è il motore. 3

3. Ho una tecnologia che si avvale di una tecnologia il cui uso è reso necessario da un’altra tecnologia. Esempio principale: il computer. Ma perché questo capitolo si chiama spazio? Perché la tecnologia è diventata l’ambiente in cui viviamo. Infatti nel terzo punto lo si nota poiché l’umanità è situata al suo interno. Dunque oltre alla concezione strumentale della tecnologia si affianca l’idea di ambiente in cui si vive. L’agente umano può essere: -In the loop il drone fa ciò che gli comando -On the loop il drone fa tutto ciò che autonomamente vuole fare ma io posso intervenire per condizionare certi aspetti del processo stesso. -Out of the loop droni che fanno autonomamente cosa devono fare e io non posso intervenire. Interfaccia e protocollo (proxy) -

Tra utente-tecnologia utente comunica con tecnologia attraverso un’interfaccia, nel caso dell’ascia l’impugnatura è l’interfaccia. Tra tecnologia- suggeritore  attraverso un protocollo, nel caso dell’ascia la lama è il protocollo.

Entrambi presuppongono un linguaggio di comunicazione, qualcosa che permette interazione tra utentetecnologia e tecnologia-suggeritore. Ginner sosteneva che nella vita umana i problemi riguardano tutti o la comunicazione o il controllo. Il successo e l’efficienza della tecnologia dipendono dalla qualità dell’interfaccia e del protocollo. Oggi però i protocolli tendono a diventare trasparenti nel senso informatico del termine, non li percepiamo più. Tanto più protocolli ed interfaccia diventano invisibili tanto più l’ambiente viene a conformarsi in modo tecnologico, e tanto più è difficile controllarli. Utente Suggeritore Tecnologia Interfaccia Protocollo

giusnaturalismo Insieme di consociati Giustizia Diritto La natura, volontà divina, la ragione Norme dettate dalla natura, da dio, dalla ragione

giuspositivismo Umanità Società intesa come interazioni di consociati che creano caos diritto La volontà Le norme

Il design: interviene a disegnare interfaccia e protocolli. Con turing nasce idea che processore e processato posseggano lo stesso linguaggio e possano comunicare fra di loro, aver reso omogenei interfaccia e protocollo. Ormai la tecnologia è distaccata dalla natura e la sta esautorando, sta creando un mondo non naturale, inautentico. All’opposto c’è una visione utopica in cui l’idea è che quello che l’uomo ha sempre fatto è di prendere distanza dal mondo, di liberarsi. Infosfera divergenza tra mondo online e offline, riguarda sia mondo digitale che analogico. Ciò che è reale, che permane ed è immutabile positivo 4

Ciò che cambia negativo, è qualcosa che nega l’essere. Ontologia nasce nel 600, discorso sull’essere, su ciò che è. Nasce quando inizia a porsi il problema dell’esistenza di ciò che immaginiamo. Ora è reale ciò che può stare in una interazione. Essere è interagire. In un mondo in cui condividiamo sempre più dati e informazioni viene ad assottigliarsi la concezione del male di cui non possiamo rendere conto e di quella di cui possiamo rendere conto. Siamo potenzialmente chiamati a rispondere sempre di più di sempre più cose e paradossalmente dato che è sempre più difficile individuare le cause è più difficile tracciare le responsabilità. Lezione giovedì 19 aprile 2018 III CAPITOLO: L’IDENTITA’ Affronta il tema della nostra identità affronta la risposta del “chi siamo?”, come le tecnologie modificano ciò che siamo e si affrontano delle questioni filosofiche di fondo affrontandole con un particolare filtro. In questo capitolo si parla della identità personale con dietro una riflessione su che cosa sia l’identità in generale. Ogni epoca storica è caratterizzata da un particolare tipo di guerra, le nostre guerre sono identitarie, conflitti intorno a chi siamo. Floridi parte da una considerazione che muove il capitolo “le ICT sono delle tecnologie del sé”  tecnologie che incidono sul modo in cui formiamo e rappresentiamo il nostro sé cioè chi siamo. Floridi è un filosofo che parte da alcuni presupposti che riguardano la tradizione analitica, l logica, ma anche la filosofia della mente. Dentro la filosofia delle mente c’è una distinzione, da cui floridi parte, tra: -

Identità personale riguarda la domanda “chi siamo?” dunque descrive chi siamo. Concezione del sé non riguarda chi siamo ma riguarda chi pensiamo di essere Modo in cui gli altri ci percepiscono chi gli altri pensiamo che noi siamo riguarda il sé sociale= la rappresentazione che di noi danno gli altri.

Floridi dice che è come se nella vita di ciascuno di noi fosse fatta di questi 3 fili che un po' si annodano, si legano, procedono insieme e l’uno può influenzare l’altro. Poiché di base noi chi siamo non lo sappiamo questo interrogativo è sempre aperto e ciascuna di queste 3 concezioni influenza le altre sia in positivo che in negativo. Io posso essere qualcosa e questo influenza il modo in cui io mi percepisco e gli altri mi percepiscono, ma tra le due visioni ci può essere una forte differenza. Questo accade di rado, molto più spesso abbiamo una percezione di noi che in parte distinta da ciò che noi siamo e siamo influenzati da una percezione che gli altri hanno di noi distinta da ciò che noi siamo. Floridi fa esempio del senso di sicurezza: se gli altri ci percepiscono sicuri noi ci sentiamo tali e se io mi percepisco come una persona sicura finisco per esserlo. Questo meccanismo circolare riguarda complessivamente la costruzione del sé/tecnologia del sè. Floridi riprende da foucault l’espressione “la tecnologia del sé”, che è una delle idee chiave del 900, è che noi siamo una costruzione che si plasma in itinere, l’ipotesi costruttivistica non riguarda solo noi stessi ma qualsiasi cosa. tutto è frutto di una costruzione e non c’è un qualcosa in sé. Siamo sempre presi dall’interrogativo “chi siamo?” e non possiamo non rispondervi perché la risposta ci serve per agire, per relazionarci con gli altri, per esercitare diritti, dunque siamo sempre presi in questo processo di costruzione del sé che è un processo di autocostruzione (noi costruiamo noi stessi) che di etero costruzione (gli altri contribuiscono a costruire una parte di noi stessi). Floridi dice che tutto questo accade nel contesto analogico in modo potenzialmente diverso in quanto alle modalità nel contesto digitale. Le ICT sono in larga misura delle tecnologie del sé che concorrono alla 5

costruzione di ciò che noi siamo. I social media proprio perché incidono sui dati, informazioni, sul significato che noi diamo alle cose e a noi stessi e noi continuamente arricchiamo la narrazione che ci riguarda. I social media sono costituiti da moltissime micronarrazioni in cui sostanzialmente noi parliamo di noi stessi. La rete, i giornali, tutto ciò che è dibattito personale all’ 80-90% anche quando non ci sembra di percepirlo l’oggetto di qualsiasi narrazione è il racconto di noi stessi. Questo avviene anche nel discorso pubblico politico che riguarda sempre meno le decisioni o le scelte ma le persone. Il dato che caratterizza le ICT è che hanno trasformato in modo più esplicito noi e il nostro rapporto con altri in soggetti autori, narratori, per questo si può parlare di una narrazione in comune che noi facciamo con gli altri a proposito di noi stessi. Questo ha delle conseguenze dal punto di vista filosofico, sociale, morale e giuridico. Chi ha diritto di raccontare la nostra storia? Che cos’è il diritto di raccontare la nostra storia? In parte il diritto di espressione ma più in particolare ciò che ci descrive veramente è ciò che non raccontiamo (freud-> inconscio-> ciò che più ci caratterizza) Noi abbiamo due diritti: - diritto all’identità personale noi abbiamo diritto che qualcuno non ci rappresenti in modo diverso rispetto a quello che noi siamo. Non è il diritto a raccontare la nostra storia ma diritto che qualcuno non racconti su di me qualcosa che non corrisponde al vero. -

Ma io ho diritto a raccontare la mia storia? Sì, è la privacy, è il diritto a raccontare qualcosa di noi stessi. Ciò avviene in parallelo o in contrasto con il diritto che hanno gli altri di raccontare loro stessi.

Di qui un ulteriore problema, Proprio perché si tratta di una costruzione della nostra identità ciò avviene nel corso del tempo, la nostra identità evolve nel tempo e ciò ha sollevato il paradosso dell’identità: come è possibile che qualcosa rimanga la stessa attraverso il tempo? Come è possibile cioè che qualcosa permanga attraverso le mutazioni e ritrovare qualcosa di unitario attraverso delle modificazioni? Qual è il principio di unità che fa si che io mi riferisca a quella cosa sebbene il contenuto di quella cosa muti nel tempo? Questo problema filosofico ha dato luogo ad infinite quantità di esperimenti mentali come esempio della nave di teseo. In riferimento all’identità personale ciò che fa si che noi possiamo ancora parlare della medesima persona che nel tempo muta: Il nome ed il cognomeciò vuol dire che sono cose vuote, non è un qualcosa che davvero identifica noi stessi ma semplicemente non muta nel tempo. L’immediata percezione che abbiamo di noi stessi è di essere unici e irripetibili ma in fondo qualsiasi caratteristica la condividiamo con gli altri ed il nome e cognome ne sono un esempio. Dunque quello che ci descrive in modo unitario è l’insieme di tutte le nostre caratteristiche questo però non è un modo per risolvere il problema perché non c’è più un principio di unità. Allora il principio di unità dove risiede? Bisogna introdurre il tema del metodo per livelli di astrazione: sullo sfondo c’è kant noi non possiamo conoscere che cosa sono le cose in sé ma solo conoscerle nel modo in cui ne facciamo esperienza. Questa tesi costruttivistica è stata approfondita da molti= il mondo le persone, le cose, sono nel modo in cui noi ce ne costruiamo la rappresentazione. Anche floridi parte da questa idee di kant e la specifica: possiamo fare esperienza delle cose a tanti diversi livelli metodo dei livelli di astrazione, un filtro che rende possibile la mia rappresentazione ed esperienza del mondo. Io posso considerare di un qualche cosa un insieme di proprietà o talune proprietà. Non sempre però considero tutte le esperienze ma solo quelle in riferimento al livello di astrazione che prendo in esame. La stessa cosa la posso descrivere da tanti differenti punti di vista. Noi conosciamo le cose in base non di come ci appaiono ma alla loro esperienza  metafora degli occhiali che ci fanno vedere le cose in base a come sono costruiti o formati.

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Non si può partire a descrivere qualcosa senza partire da un determinato livello di astrazione. Non esiste un punto di vista separato da un qualche livello di astrazione, ciò viene confuso con l’idea di relativismo= tutto è relativo ad un punto di vista, ma non è così perché anche un punto di vista assoluto è un punto di vista. Possiamo modificare il modo in cui vediamo la cosa ma non possiamo non considerare un livello di astrazione. Il relativismo sembra opporsi da un punto di vista assoluto mentre esso esiste ed è uno dei tanti punti di vista. Secondo floridi noi costruiamo dei filtri attraverso i quali vediamo le cose, lo vede non come un difetto ma come un modo di funzionamento perché il relativismo più che una spiegazione è una tesi. Ma perché le cose funzionano così? Io ho tante proprietà quanti sono gli osservabili di quella cosa. non sempre le considero tutte ma solo alcune in ragione del livello di astrazione che considero. La stessa cosa la posso descrivere da tanti differenti punti di vista. Noi abbiamo una struttura che mette insieme cosa vogliamo descrivere, un’interfaccia attraverso il quale noi guardiamo quella cosa che ci permette di formulare una domanda che a sua volta è sempre formulata in vista di un qualche cosa. “Che cosa è”? Ogni domanda che ha questa struttura va sempre intesa come se fosse “per che cosa”? perché ogni domande è posta in vista di un qualche cosa e così come noi non possiamo fare esperienza di qualche cosa se non ad un livello di astrazione non possiamo porci delle domande se non in vista di qualche cosa. C’è sempre un “for” che motiva quel “what”. C’è sempre una domanda e c’è sempre un “in vista di/in-built property” della domanda stessa, una proprietà necessaria. In built=for. “sei o non sei la stessa persona?” dipende dall’interfaccia, la scuola che è diventata ospedale è o non è lo stesso edificio? Se lo guardo dal punto di vista dell’interfaccia in vista della domanda ha o non ha la stessa funzione s...


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