La ragazza con la Leica - Helena Janeczek PDF

Title La ragazza con la Leica - Helena Janeczek
Author Fabio Battistini
Course Lettere Moderne
Institution Università di Bologna
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La ragazza con la Leica – Helena Janeczek Con gli anni ‘80 cambiano e si modificano molte cose nella storia letteraria italiana e non. Tutta la generazione vista fino adesso, che va dai primi anni del ‘900 fino agli anni ‘20, incominciano più o meno a scrivere negli anni del fascismo e hanno prodotto opere fino agli anni ‘70. Ne sono un esempio Calvino e Pasolini, che sono coetanei, ma Pasolini muore nel 1975 mentre Calvino vive quasi dieci anni in più, quindi transita al di là del crinale della fine degli anni ‘70, però pur adattandosi alle situazioni il nucleo rimane quello che si era formato. Le nuove generazioni sono molto diverse per molti motivi: il motivo legato all’indebolimento di paradigmi culturali, tutta questa generazione che abbiamo visto è una generazione che si è formata su solide basi culturali, mentre le nuove generazioni hanno formazioni di tipo diverse, dove entrano i media (televisione, cinema e altri strumenti) che modificano la percezione che abbiamo di letteratura. Dagli anni ‘80 in poi dominano regole editoriali diverse, quantità di libri venduti e di traduzioni con fenomeni di diffusione planetaria che sono appunto inspiegabili fino agli anni ‘80. Cambia anche il sistema di fruizione della letteratura: il pubblico che legge è diverso al pubblico che leggeva anni fa. L’ultimo romanzo che affrontiamo è un romanzo molto lontano dal punto di vista cronologico da tutto quello che abbiamo visto fin’ora. Questo vuol dire che siamo nel presente, in quanto questo romanzo è uscito due anni fa. Questo salto temporale è importante anche per comprendere cosa è cambiato prospetticamente. Questo salto di 50 anni proviamo a misurarlo con un romanzo che ha l’apparenza di un romanzo tradizionale, cioè contiene un racconto, dei personaggi, una trama ecc., però vedremo che da questo romanzo riusciamo a risalire ad alcuni elementi. È un romanzo che ha che fare con la storia, perché una delle caratteristiche del romanzo fra gli anni ‘80 e ‘90 ma anche più vicini a noi è quello che gli scrittori si dedicano molto spesso alla riscrittura di episodi storici. Quasi tutti i romanzi che fanno successo, anche in ambito giovanile, sono romanzi che riprendono episodi storici, a volte anche molto lontani. Il romanzo storico è un strumento con il quale si tenta di leggere non il passato, ma attraverso il filtro del passato il presente, forse perché il passato offre materia narrativa che può essere rimanipolata più facilmente? Perché il materiale che il passato mette a disposizione dello scrittore è un materiale sul quale lo scrittore può lavorare avendo già a disposizione i dati, cioè lo scrittore non deve più inventarsi la base della trama ma si inventa qualche cosa che “serpeggia” dentro alla trama; invece forse è perché c’è stato un calo di creatività che ha portato gli scrittori a riprendere dal passato le cose che non trovano nel presente o forse perché molti scrittori hanno bisogno di distanziarsi dal presente con un operazione storica, e distanziandosi guardare al contesto senza esserci dentro. La scrittrice Helena Janeczek, che in realtà è di origine di un paese dell’est con una discendenza ebrea, che però adesso vive in Italia e scrive in italiano, scopre una storia molto strana e un po’ misteriosa, questa storia riguarda una coppia di giovani che si trovano a vivere alla fine degli anni ‘30, in particolare agli anni che portano alla nascita dei regimi totalitari e che vedono la guerra in Spagna (fai riferimento Vittorini), cioè la prima guerra europea in cui si sente che sta cambiando qualche cosa e è la guerra a cui partecipano molti giovani in segno di appoggio e sostegno a quello che stava succedendo in Spagna. Durante questo periodo noi assistiamo alla storia di amore di due giovani, che però stranamente decidono di impegnarsi nella guerra, a sostegno della Spagna, attraverso un particolare modo di venire coinvolti: decidono di utilizzare una forma artistica particolare, che è la fotografia, per parlare di quello che sta succedendo. Quindi molto giovani e sconosciuti pensano che fotografare sia il modo giusto per aiutare la causa della guerra e stranamente diventano tutti e due molto famosi, in particolare lui che rimarrà famoso con il nome di Robert Capa che come si vedrà è un nome inventato, frutto dell’immaginazione, che mescola un po’ l’italiano e un po’ l’americano; lei meno famosa di lui è stata scoperta in questi anni. La scrittrice di quest’opera pensa di poter raccontare la storia di questa coppia di giovani innamorati guardandola però non dagli occhi di lui, ma attraverso gli occhi di lei, cioè vuole raccontarla attraverso la prospettiva non di colui che storicamente si afferma e viene riconosciuto come

grandissimo fotografo di guerra, ma la vuole raccontare recuperando qualche cosa che riguarda lei, e lei è una giovane donna che si chiama Gerda Taro, cioè la Janeczek decide di mettere al centro della sua storia la coppia, ma sbilanciata su di lei. Infatti il romanzo prende il titolo “La ragazza con la Leica” e la Leica è un macchina fotografica molto maneggiabile, molto comoda da trasportare, molto pratica che può essere presa e utilizzata in certe situazioni che non sono semplici da gestire come quella di una battaglia. Questa quindi è da una parta una storia d’amore, molto bella e romantica ma anche banale, nel senso hollywoodiano e cinematografico, inquadrata però in un contesto di guerra e resa problematica attraverso la presenza della fotografia. Questi personaggi, a differenza di quelli visti fin’ora, sono tutti realmente esistiti, quindi la scrittrice ha dovuto fare un operazione molto complessa per rimettere insieme dei frammenti di storie individuali che sono documentate, non possono essere trasgrediti. L’elemento fondamentale è la fotografia. Il primo capitolo di questo romanzo che è intitolato “Prologo” è il tentativo di leggere il significato di alcune fotografie. [https://www.helenajaneczek.com/ sito creato dalla stessa scrittrice] La prima foto con cui si apre il romanzo rappresenta un ragazzo e una ragazza abbastanza giovani, si capisce dal fatto che lui ha in mano un fucile, che siamo in un momento di guerra e questi due sono seduti su due sedie e si guardano e sorridono e la narratrice rimane colpita da questa foto e ce la vuole spiegare: ci dice che di bello in questa foto ci sono due giovani, felici, belli (ma non esteticamente), stanno ridendo in modo strano, esagerato e questo fa capire che non sono in posa. La narratrice nella lettura della foto fa presente l’aspetto fisico non bello dei due ragazzi, ma nonostante questo dice che la foto emana qualche cosa di felice, qualche cosa che ha a che fare con una situazione amorosa, che è semplicemente incrinata dal fatto che lui tiene in mano un fucile; non sono lì per baciarsi, o per passare un pomeriggio insieme perché lui ha in testa un cappello militaresco e in mano un fucile. Su questo la Janeczek inserisce il riferimento che potrebbero trovarsi in un giardino di Barcellona perché è appena scoppiata una rivoluzione, e così entriamo nel contesto storico, il periodo della guerra di Spagna, siamo a Barcellona all’inizio dell’agosto del ‘36 e si stanno raccogliendo forze da tutta Europa per armarsi contro il fascismo spagnolo, i barcellonesi stanno accogliendo fraternamente gli stranieri, in gran parte giovani, che sono corsi per combattere al loro fianco. Per la prima volta, in un episodio così importante che riguarda la Spagna ma anche tutta l’Europa, abbiamo la presenza di fotografi che possono documentare quello che sta succedendo, per la prima volta abbiamo la possibilità di ricostruire i fatti non solo attraverso le parole ma anche attraverso le immagini. Il che ci pone difronte un dubbio: le immagini dicono la verità? In quanto noi pensiamo che un racconto può contenere un tasso di invenzione mentre un immagine a noi sembra sempre veritiera, però noi ci rendiamo conto, sopratutto oggi, che anche le immagini possono mentire, perché quella piccola parte di realtà che troviamo in un a fotografia, è una piccola parte di realtà e attorno non sappiamo cosa c’è, non sappiamo il contesto da cui quella fotografia è stata estrapolata… Uno dei problemi che la Janeczek si pone è: “se uso le immagini, sopratutto realistiche come le fotografie, uso delle immagini veritiere o devo cercare di leggere dentro le immagini e portare a galla la verità?”. Una volta che che ha isolato la storia di questi due personaggi deve capire però se quella storia in realtà è così come gliel’hanno raccontata o se deve scavare dentro la loro vita e dentro alle testimonianze della loro vita, di cui fanno anche parte le fotografie, per arrivare alla verità. Questo è un romanzo che può essere definibile storico, anche se è difficile dire che cosa è un romanzo storico in quanto non si può prendere in considerazione la lontananza del tempo in cui vengono narrati i fatti considerando che in questo caso allora quasi tutti i romanzi sono “storici”. Quello che succede in Spagna è l’annuncio di una cosa che poi succederà in tutta Europa: cioè l’instaurarsi attraverso una serie di conflitti interni di un regime fascista. Francisco Franco è il primo esempio dell’instauratore di un regime fascista che va al potere attraverso guerre che coinvolgono l’esercito e civili, ma la cosa importante è che nel ‘36 Italia e Germania riconoscono

ufficialmente il regime di Franco e mandano militari a combattere per sostenere il suo regime. La cosa importante è che c’è un movimento di giovani europei che vanno in Spagna per sostenere i repubblicani, coloro che combattono contro il fascismo. Questi tre anni (‘36, ‘37, ‘38) sono anni di guerra, anche se noi non la consideriamo una guerra europea, anche se in realtà lo è pur essendo circoscritta solo nel territorio spagnolo, in quanto non è una guerra solo degli spagnoli in quanto si combatte per degli ideali che sono molto più ampi, ideali europei. La guerra spagnola è il contesto del romanzo, ma a noi interessa: 1. l’operazione che viene fatta da una scrittrice dei nostri anni attorno a una figura, quella di Gerda Taro, che rischiava quasi di essere dimenticata dalla storia, quindi lo scavo che viene fatto attorno a questo personaggio, la Janeczek non recupera la figura di Gerda perché ne vuole fare una figura ideale, anzi tutt’altro, ma la cosa importante è che la scrittrice voglia dare a questa giovane donna, che muore durante questa guerra, un ruolo che le era stato tolto dalla dimenticanza storica; la letteratura sembra non occuparsi più di questioni puramente letterarie, ma sembra voler parlare di qualche cosa che ha a che fare con una visione ampia della storia intesa come momento in cui tutti siamo più o meno coinvolti; 2. la forma del romanzo, il romanzo ha una forma che apparentemente ci riporta alla forma del romanzo novecentesco, modernista, che per la letteratura italiana non era mai stata praticata in questo modo, cioè un romanzo molto più irregolare, che non ha quell’andamento epico, fluido che invece ritroviamo nel romanzo della Morante. Nel romanzo dedicato a Gerda non ci sono scansioni regolari del tempo, cioè si passa con molta abilità dagli anni della guerra agli anni successivi, infatti il romanzo inizia nel 1960, quando tutto è finito, questo perché la Janeczek immagina che gli uomini che si sono innamorati di Gerda parlino di lei attraverso flashback, in particolare due uomini che vivono in due parti diverse del mondo, si rimettono in contatto tra di loro e parlano uno dall’America e un dall’Italia e parlano di quegli anni cruciali che sono poi il ‘37 e il ‘38 (Gerda muore nell’estate del ‘37, quindi proprio dentro lo svolgimento dei fatti). Questa è una tecnica tipica del romanzo primo novecentesco, cioè faccio venire fuori il romanzo principale, non raccontando direttamente di lei, ma raccontandolo attraverso una serie di riferimenti postumi che dall’altezza del 1960 vanno verso quel momento lì. Perché andare a fare un romanzo attorno a una fotografa brava ma poi rimasta all’ombra di quello che è stato il suo amore principale che è stato poi Robert Capa? Probabilmente la Janeczek vuole fare un discorso su come la storia dimentica e altera certi fatti, ma vuole fare anche un discorso su un fenomeno che è quello dell’uso di uno strumento così particolare come la macchina fotografica, che in quel momento lì diventa uno strumento centrale della vita di tutti i personaggi, infatti il romanzo non si chiama “Gerda”, ma “La ragazza con la Leica”, dove si sottolineano due cose: 1. la ragazza, cioè la ragazza non ha un’identità specifica; 2. è lo strumento, la macchina fotografica che ha un ruolo fondamentale in tutta la storia. Gerada è ebrea di origine polacca, mentre Andrè Friedmann, che è Robert Capa viene dall’Ungheria, quindi sono due giovani provenienti dall’est, inoltre Gerda è di una famiglia borghese benestante, decide di entrare nei partiti contrari al regime nazista, si fa un po’ di carcere poi fugge a Parigi insieme a una amica (Parigi era ancora libera), infatti gran parte dei riferimenti di gran parte del primo capitolo sono riferimenti a quello che succede a Parigi dove Gerda non fa ancora la fotografa, perché ancora non ha incontrato Friedmann, ma vive facendo vari lavori: fa la dattilografa, la segretaria, incontra personaggi importanti e anche alcuni uomini che rimangono affascinati dalla sua personalità, questa è la cosa più difficile da cogliere perché la Janeczek in modo molto abile ha fatto in modo che noi sul personaggio principale del romanzo abbiamo continui dubbi perché non riusciamo mai a capire com’è realmente, non riusciamo mai a capire cosa ci sia nella testa di Gerda e perché decida di fare una cosa così strana come andare a esporsi in modo rischiosissimo e mortale a quello che sta succedendo sui campi di battaglia. L’altra cosa interessante è che quando muore Gerda e il suo funerale viene fatto a Parigi, ci sono 200.000 persone che seguono il suo funerale, quindi è un funerale dove gran parte della città viene coinvolta, la cosa strana è che dopo questo funerale, passati pochi anni, il nome di Gerda sparisce.

La Janeczek comincia con la foto dei due ragazzi che ridono perché questa fotografia sembra dire una cosa, poi in realtà noi ci rendiamo conto che non è così esplicita come sembrerebbe. Questa foto parla della giovinezza, di una condizione sentimentale, il fucile ci parla della guerra e come dice la scrittrice sembrano felici, anche se intorno a loro si sta svolgendo un conflitto sanguinoso, cioè a Barcellona a quell’inizio dell’estate del ‘36 (a un anno di distanza dalla morte di Gerda) stanno arrivando da tutta Europa gruppi di giovani che vogliono unirsi ai ribelli contro il regime fascista, quindi possiamo immaginare che Barcellona sia una città vivacissima in questo momento perché non ci sono solo gli spagnoli che voglio combattere, ma arrivano giovani da tutta Europa, è un crogiolo di lingue e di presenze europee come raramente se ne sono visti nella storia del novecento, però la Janeczek dice che loro due sembra che non si stiano accorgendo di nulla. C’è una seconda foto, simile alla prima, solo che in questa si capisce meglio il modo in cui si guardano: l’uomo e la donna son talmente invaghiti da non curarsi della vita che si svolge attorno, cioè il secondo scatto è ancora più esplicito del primo; dietro di loro si intravede qualche cos’altro, cioè il fotografo che ha fatto la foto proietta la sua ombra e delle ombre capiamo che il fotografo non è solo, ma insieme a un’altra persona, quindi in realtà la foto non ci dice solo qualcosa su coloro che vengono fotografati in quel momento, ma ci dice anche qualcosa su coloro che stanno fotografando; inoltre due piedi che si intravedono nello sfondo ci rivelano che si potrebbero addirittura trovare sulle Ramblàs, ma qui capiamo anche che nella poltroncina accanto alla donna c’è un’altra persona seduta, un’altra donna e allora la Janeczek si chiede chi sia, e dice che probabilmente il fotografo che ha colto questa immagine non è solo, c’è qualcun altro, questa immagine apre delle ipotesi. Ci sono molte discussioni filosofiche riguardo la fotografia, in quanto la fotografia è un arte che ha mandato in crisi tutte le tecniche di rappresentazione (il cinema viene dopo), noi abbiamo testimonianze di primi esempi di fotografia nella prima metà dell’ottocento, però le prime foto famose sono ritratti fatti a grandi scrittori francesi, da grandi fotografi francesi, un ritratto molto famoso è quello fatto a Baudelaire. In particolare una è interessante per il modo in cui Baudelaire guarda il fotografo, con occhi molto vivaci e molto attenti per chi lo sta guardando, perché nella fotografia c’è sempre il “gioco” che colui che viene ritratto nella foto ha sempre difronte colui che lo ritrae, di qui deriva tutta una serie di considerazioni, perché qui Baudelaire sta guardando la macchina fotografica, che è ben diversa da quelle che intendiamo noi, è macchina molto grande, una specie di scatola di legno su un tre-piedi, però in questo modo è come se Baudelaire continuasse a guardare nel tempo noi, quello sguardo è rivolto a chiunque guardi la foto, perché il nucleo della fotografia sta proprio nel fatto che a differenza della pittura o qualsiasi arte che si occupa di riprodurre la realtà, la fotografia realmente riproduce la realtà così com’è, Baudelaire era realmente così, quel giorno si era vestito così. La fotografia agisce attraverso un meccanismo semplice: una scatola di legno buia con un forellino da una parte e dentro una lastra con sopra spalmata una sostanza che cattura il gioco della luce e dell’ombra, quindi la luce entra nel forellino e tutto ciò che è difronte alla macchina si riproduce sulla lastra, un fenomeno ottico che in realtà si conosceva da molto tempo, ma la scoperta è stata quella di utilizzare delle sostanze chimiche che favorissero l’impressione della luce su un mezzo che diventava capace di cogliere e far rivedere questo. Quindi la fotografia è letteralmente un tipo di scrittura (grafia) che avviene attraverso “photos” cioè la luce, quindi scrittura della luce. Quindi è una tecnica che utilizza semplicemente ciò che per noi è alla base di qualunque atto visivo, la luce; è questo il mistero della fotografia e è questo che mette in crisi i pittori, perché un oggetto che riesce a riprodurre così facilmente la realtà, è uno strumento che ha qualche cosa di magico, di misterioso, ma l’elemento sul quale i primi teorici della fotografia si fermano è appunto che noi vediamo un secondo, o qualche secondo, noi abbiamo l’impressione di

cogliere la realtà ma in realtà noi fissiamo un attimo di realtà, talmente veloce che con gli occhi non lo vedremmo, non riusciremmo a vedere quell’attimo fissato, ma vedremmo qualche cosa che si svolge nel tempo, quel attimo ci permette di vedere delle cose che non vediamo a occhio nudo, scopriamo dettagli che con l’occhio non notiamo, perché la fotografia ci aiuta a cogliere “l’inconscio ottico”, questo vuol dire che attraverso la fotografia noi vediamo quello di cui non ci rendevamo conto, come se vedessimo l’inconscio della realtà, cioè quella parte della realtà che sarebbe sempre rimasta nascosta e nessuno avrebbe colto. La foto è l’unico strumento che ci consente di cogliere il tempo che è passato. La cosa interessante è che questo romanzo in un certo senso ruota tutto attorno a questa magia fotografica. Questo è il momento in cui la fotografia ottiene un ruolo importante, perché si fa testimonianza di un fatto storico. Alla seconda foto se ne aggiunge un’alta, perché si aggiunge anche la foto della donna che sta lì di fianco a loro, una donna seduta nelle stesse poltroncine e è probabilmente la donna che era lì perché in un margine della foto si vede il profilo del soldato, quindi accanto a loro c’erano altre persone, questa donna della foto successiva è una donna che stranamente ha un abito militaresco e anche lei un fucile e sta sfogliando un giornale, è anche lei una donna che è andata a combattere, quindi è un operaia che è andata a combattere. Allora noi capiamo che queste tre foto che abbiamo visto sono proprio state fatte da Gerda e dal suo fidanzato Robert Capa. Quindi la Janeczek parte da una foto anonima e lentamente si avvicina a quello che dovrebbe essere l’oggetto principale del suo racconto, però non se ne avvicina subito, tanto è vero che c’è una lunga parentesi nella quale viene fuori la citazi...


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