Le poesie d'amore di Erich Fried PDF

Title Le poesie d'amore di Erich Fried
Author Samuela Pandolfini
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INDICE Introduzione pag. 3 Capitolo I: Erich Fried: il gioco amoroso nelle poesie d’amore pag. 7 Capitolo II: Erich Fried: il gioco linguistico nelle poesie d’amore pag. 57 Capitolo III: Erich Fried: aspetti simbolici nelle poesie d’amore pag. 103 Conclusioni pag. 136 Biografia e Opere pag. 139 Bib...


Description

INDICE

Introduzione

Capitolo I:

Capitolo II:

Capitolo III:

pag. 3

Erich Fried: il gioco amoroso nelle poesie d’amore

pag. 7

Erich Fried: il gioco linguistico nelle poesie d’amore

pag. 57

Erich Fried: aspetti simbolici nelle poesie d’amore

pag. 103

Conclusioni

pag. 136

Biografia e Opere

pag. 139

Bibliografia

pag. 147

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Introduzione

A coloro che si domandano su una possibile definizione di poesia si potrebbe azzardare una definizione della poesia come gioco di parole nella quale emotività e artificio si uniscono. Naturalmente per

emotività

s’intende

l’immediata

e

continua

attenzione

all’evidenza della realtà, all’accadere improvviso delle cose, mentre per artificio l’insieme degli strumenti disponibili per comunicare e far sopravvivere l’impulso di quell’attenzione. La poesia è quindi l’incontro fra l’attenzione sensibile alle cose, all’umanità e ai fenomeni da un lato e la tradizione, la tecnica dall’altro. Non da meno la poesia porta con sé, nell’inventario di possibilità offerto dalla letteratura, una maniera particolare di permanere nel tempo, di lasciarsi ricordare, un modo di risuonare, di generare tensione, di organizzarsi in sequenze che da una parte possono generare un ordine di coerenza interna, dall’altra e per contrasto lasciano a chi vi s’imbatte un senso di irreparabile lacerazione e disorientamento. Quando si legge una poesia, che richiede una pronuncia cauta e priva di enfasi, non si ha bisogno di colmare i vuoti, i punti silenziosi del discorso. Il silenzio anzi serve per la semplice e pura disposizione alla

lettura.

La

poesia

invaderà

semplicemente

la

memoria,

suggerendo modi della sfera sensoriale e della coscienza, che fino ad allora non erano mai stati sperimentati e s’imporrà con la sua nuda evidenza, con il suo essere così com’è; si richiede soltanto attenzione, che senza tale semplicemente non esisterebbe. Tale è la poesia di Erich Fried; un discorso lineare omogeneo, privo di cuspidi o fratture, il patrimonio affettivo dell’autore ma anche l’accadimento di qualcosa che ha condiviso con altri individui.

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La poesia di Erich Fried è anche emotività e artificio, le quali nella loro intima unione generano un ritmo a volte più marcato a volte nel più totale non-silenzio, dovuto a ragioni profonde, che il lettore non deve permettersi di trascurare. La totale libertà della sua poesia si realizza in un ordine orientato sulla scelta e sulla disposizione delle parole; Fried era anche ben cosciente che ogni tentativo di imposizione in poesia, fosse destinato a cadere prima o poi, senza eccezione, nel ridicolo. Il suo discorso poetico resta un fenomeno unico, riconoscibile in tutte le sue poesie e altrettanto memorabile. Il poeta Fried non si rassegna davanti al limitato numerico da cui troppo mondo rimane escluso ma lo concentra sulle poche cose e sulle poche parole che egli è in grado di pronunziare. È uno dei tanti motivi per cui il linguaggio poetico ha un’intensità eccezionale rispetto al linguaggio ordinario, e che lo distingue da qualunque altro genere di comunicazione o di espressione. Anche da qui ha origine appunto il simbolo, che non è altro che la quantità di cose che il poeta ha taciuto e che gli è stato concesso di esprimere. Quindi non solo memorabile, ma anche un discorso poetico simbolico perché la materia prima di cui tratta è simbolica e così finisce di esserlo anche lui. Il poeta è anche una figura simbolica in cui si verificano quei fenomeni che sono tipici dell’uomo e che l’uomo può vedere e riconoscere come esemplari. Nel 1983, nel discorso che tenne quando gli fu conferito il prestigioso Bremer Literaturpreis, dal titolo “Ich soll mich nicht gewöhnen”1, Fried ribadiva il fermo proposito di restare fedele a quel suo profondo convincimento, una presa di posizione netta su cui si soffermò anche in un'altra circostanza quando prese la parola in 1

Cit. Erich Fried in Mitunter sogar Lachen, passo citato da Luigi Forte, Erich Fried, un poeta dell’ubiquità, in È quel che è. Poesie d’amore di paura di collera, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1988, pag. XV. Trad. “Ho il dovere di non abituarmi”.

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occasione del cinquantesimo anniversario della presa di potere di Hitler in Germania. Allora egli invitò il suo pubblico a non cedere, a non dimenticare mai e ad evitare il ripetersi di tanto orrore in un futuro sempre più incerto, esortando il pubblico con parole accorate: “(...) nie zu vergessen, daß man dieser alten Untaten eigentlich nur gedenken kann, indem man gegen neue Untaten ankämpft, auch, und gerade auch, wenn man ein Schrifsteller ist”2. Il poeta Fried dà voce al popolo non parlando solo di libertà individuale, ma anche di libertà di un popolo. Pertanto secondo Fried fare poesia non significava sognare ad occhi aperti ma rappresentava anche un modo di fare politica nel senso migliore. I suoi innumerevoli versi hanno sempre incoraggiato e sostenuto gli uomini nella lotta, dando a loro qualcosa di molto importante senza cui non si sarebbe potuto fare nulla: quella fiamma nel cuore che viene dalla convinzione di essere nel giusto e dalla fede di riuscire. Quindi fare poesia ci aiuta ad essere liberi: essere liberi anche grazie alla memoria, madre omerica di tutte le cose, perché senza questa la poesia non esisterebbe. Ma attenzione non si tratta solo ed unicamente di quella memoria conservata nei libri di scuola o a livello individuale nella nostra mente – Proust l’ha insegnata più volte - ma anche di quella delle nostre emozioni oppure una memoria più profonda a cui non sappiamo dare un nome ma che emerge. La poesia quindi ha anche funzione di fare emergere nell’uomo tutte quelle memorie che sono in lui sepolte. E Fried più volte ha ribadito il concetto che la poesia regala anche un’altra libertà, quella di proporsi

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Cit. Erich Fried in Mitunter sogar Lachen, passo citato da Luigi Forte, Erich Fried, un poeta dell’ubiquità, in È quel che è. Poesie d’amore di paura di collera, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1988, pag. XV. Trad. “A non dimenticare mai che è possibile ricordare questi vecchi misfatti solo combattendo contro nuovi crimini, anche, e per l’appunto anche quando si ricopre il ruolo dello scrittore”.

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come elemento promotore ed interlocutorio piuttosto che come momento schematico e perentorio. La poésie ne s’impose plus, elle s’expose3

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Cit. Paul Celan del 26 Marzo 1969 - tratta da Andrea Zanzotto, Auree e disincanti del Novecento letterario, Milano, Mondadori, 1994, pp. 345-349. Trad. La poesia non s’impone più, essa si espone.

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Capitolo I Erich Fried: il gioco amoroso nelle poesie d’amore

Deluso dal progressivo sfiorire delle speranze alimentate dai sogni e dalle generose utopie del 1968, il poeta Erich Fried che da ragazzo, nel lontano 1938, aveva dovuto abbandonare Vienna, la città tanto amata, per sfuggire alla barbarie nazista e rifugiarsi quindi in Inghilterra, ebbene malgrado il profondo disincanto e le sofferenze vissute anche e soprattutto in prima persona egli non smise mai di continuare l’intrepida e incessante battaglia dell’impegno in favore della Freiheit che ai suoi occhi dovette necessariamente esprimersi e dispiegarsi in senso etico ed estetico come Liebe e Güte. In questo modo l’autore intendeva tenere fede con coraggio e tenacia alla promessa solennemente formulata nel 1938 ovvero la decisione di dedicarsi completamente alla scrittura per diventare uno scrittore e opporsi attraverso la letteratura ad ogni forma di tirannia, ad ogni manifestazione di razzismo e ad ogni abietto tentativo di opprimere il genere umano. Quando gli venne conferito il prestigioso Bremer Literaturpreis4, egli invitò allora il suo pubblico a non dimenticare mai e ad evitare il ripetersi di tanto indicibile orrore in un futuro dalle tinte sempre più incerte, a non dimenticare mai che è possibile ricordare questi misfatti solo combattendo contro nuovi crimini anche quando si ricopre il ruolo dello scrittore. La sua poesia non ha infatti mai temuto i riferimenti con l’attualità vera e propria, basti pensare alla sua presa di posizione contro la guerra del Vietnam a cui poi seguì 4

Cit. Erich Fried nel suo discorso intitolato “Ich soll mich nicht gewöhnen“ – tratta da Johann Holzner, Die Worte sind gefallen in „Text + Kritik“, München, Herausgeber Heinz Ludwig Arnold, 1997, Heft 91, pp. 33-42.

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la polemica sul caso letterario di und Vietnam und5, inoltre non è mai venuto a meno da allora al suo impegno politico e morale. Infatti, attraverso l’uso di un verseggiare dove non compaiono attribuzioni ed epiteti, il poeta mostra un mondo pieno di persecutori e assassini, di macchine di morte, e laddove i suoi versi sembrano indicare questo, spesso utilizzando clementi pronomi personali, esse vengono ridotte a dei semplici commenti che si riducono ad una fondamentale ammissione, a quella del ragionamento, e non a quella dell’esperienza produttiva e autoriflessiva. Ma Fried ha continuato a scrivere poesie ammonitrici e d’amore, di denuncia con la sua instancabile prolificità. Si espresse con lo stesso impegno e la stessa tenacia anche contro ogni forma di ingiustizia, di barbarie in Cile, Nicaragua, Sudafrica e, con estremo coraggio, da ebreo, anche in Palestina. Ma l’ira, la collera e l’indignazione si stemperarono verso gli anni Ottanta in un atteggiamento di saggezza e di dominio delle proprie risorse intellettuali, e nelle sue celebri Liebesgedichte6, pubblicate nel 1979, poesie che incontrarono immediatamente un grande successo di pubblico per il suo linguaggio accessibile ma al tempo stesso fascinoso, per la sua semplicità e immediatezza che sono poi costanti dell’intera opera friediana, trionfa l’amore.

Aus dem Leben bin ich in die Gedichte gegangen Aus den Gedichten bin ich ins Leben gegangen 5

Erich Fried, und Vietnam und. 41 Gedichte. Mit einer Chronik, Berlin, Verlag Klaus Wagenbach, 1966 (=Quartheft 14). 6 Erich Fried, Liebesgedichte, Berlin, Verlag Klaus Wagenbach, 1979 (=Quartheft 103).

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Welcher Weg wird am Ende besser gewesen sein?7

La sua poesia nasce con l’uomo e nasce dal suo bisogno di celebrare un miracolo creandone un altro attraverso le parole. Il poeta vive un’esperienza particolarmente emozionante, il suo incontro con la poesia, il suo bisogno di “raccontare, raccontarsi e denunciare” attraverso quest’aspetto di eccezionalità, ma è anche un suo interrogarsi se la scelta compiuta sia stata la migliore. Ma il vero compito della poesia non è in primo luogo quella di essere ancella della politica, ma attraverso questa il poeta può sperare di poter dire qualcosa anche ad altre persone, cercando di rendere il mondo un po’ meno freddo e un po’ meno arido. Ein Lyriker hat für das Zeugnis abzulegen, was er denkt und fühlt. Nichts anderes (…).8 Quindi torna l’amore, un tema eterno e attuale in grado di catturare l’essenza profonda dell’essere, e torna malgrado le esperienze tragiche vissute in prima persona dallo stesso poeta nella Vienna d’anteguerra, un’immagine fondamentale che è quella costituita dall’homo ludens, il quale, sebbene all’ombra della morte, continua ad amare e a vivere, morte che però non gli impedisce di cogliere gli attimi felici. Si tratta quindi di versi d’amore diretti per cantare semplicemente e instancabilmente contro l’assenza di sentimenti e di pensieri, contro la mancanza di un futuro e di un’apatica fiducia. 7

Ungewiß – poesia tratta da Liebesgedichte in Gesammelte Werke (GW), Berlin, Verlag Klaus Wagenbach, 1993, Vol. 2, pag. 397. Trad. Incerto.”Dalla vita/sono/andato nelle poesie/Dalle poesie/sono/andato nella vita/Quale via/sarà stata in fondo/la migliore?” 8 Così affermava Erich Fried nell’intervista a cura di Renate Beyer in “Deutsche Volkszeitung”, 29/05/1980. Trad.: “Un poeta lirico ha il dovere di testimoniare quello che pensa e sente. Nient’altro (…).”

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Zu den Menschen vom Frieden sprechen und dabei an dich denken Von der Zukunft sprechen und dabei an dich denken Vom Recht auf Leben sprechen und dabei an dich denken Von der Angst um Mitmenschen und dabei an dich denken – ist das Heuchelei oder das endlich die Wahrheit?9

Ma amare significa amare anche la vita e viverla, amare gli altri e dirlo a pieni polmoni, a coloro che fingono di non saperlo e a coloro che vivono in un eterno sonnambulismo. Amare l’amore equivale dunque ad amare non semplicemente la vita, ma anche amarla nella sua accezione più alta, come espressione e manifestazione della libertà, di una libertà che segue la legge dell’amore e della bontà, non una libertà senza freni, ma la libertà verso se stessi e verso gli altri, la libertà intesa come rispetto dei dubbi e delle domande della persona amata. Noch einmal sprechen von der Wärme des Lebens damit doch einige wissen: Es ist nicht warm aber es könnte warm sein Bevor ich sterbe noch einmal sprechen von Liebe damit doch einige sagen: Das gab es das muss es geben

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Reden – poesia tratta da È quel che è. Poesie d’amore di paura di collera, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1988, pag. 28. Trad. di Andrea Casalegno. Discorsi. “Parlare agli uomini/di pace/e pensare a te/Parlare al futuro/e pensare a te/Parlare del diritto alla vita/e pensare a te/Della paura del prossimo/e pensare a te -/è ipocrisia o è finalmente la verità?”

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Noch einmal sprechen vom Glück der Hoffnung auf Glück damit doch einige fragen: Was war das wann kommt es wieder?10

Il poeta intende ancora parlare di amore affinché almeno alcuni di questi possano dire che c’era e ci doveva essere, ma anche della vita che si trova nella semplicità delle cose, dei gesti e tanto per citare un controsenso nella quotidianità, in ciò che ci fa rabbia e in ciò che ci rende tristi o felici. Questa poesia la si potrebbe definire anche come il suo testamento, visto che dall’estate del 1985, Fried era consapevole del fatto che presto sarebbe dovuto morire, dato che gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco e le sue possibilità di vita si riducevano a tre mesi. Ma la sorte si fece beffe anche di lui; infatti sopravvisse a tutte le scadenze e continuò a vivere con grande disciplina e con il coraggio, che da sempre lo aveva contraddistinto. Helmut Heißenbüttel11 disse di lui che “era semplicemente l’uomo buono, talmente buono che la sua infinita tolleranza poteva sembrare addirittura incomprensibile”. Leben das ist die Wärme des Wassers in meinem Bad Leben das ist mein Mund an deinem offenen Schoß

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Bevor ich sterbe – poesia tratta da Lebensschatten in GW, Vol. 2, pag. 471. Trad. Prima di morire. “ Parlare ancora una volta/del calore della vita/in modo che alcuni sappiano con certezza:/Non è caldo/ma potrebbe esserlo/Prima di morire/parlare ancora una volta/d’amore/in modo che alcuni dicano con certezza:/C’era/e ci deve essere/Parlare ancora una volta/della fortuna della speranza della fortuna/in modo che alcuni domandino tuttavia:/Cos’era/quando ritorna?” 11 Cit. Helmut Heißenbüttel - tratta da Reinhart Hoffmeister, Voller Zorn und Liebe in „Stern“ (Hamburg), N. 43, 15/10/1987, pag. 73. „Er ist der gute Mensch.... Seine endlose Toleranz ist manchen unverständlich ....“.

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Leben das ist der Zorn auf das Unrecht in unseren Ländern Die Wärme des Wassers genügt nicht Ich muß auch drin plätschern Mein Mund an deinem Schoß genügt nicht Ich muß ihn auch küssen Der Zorn auf das Unrecht genügt nicht Wir müssen es auch ergründen und etwas gegen es tun Das ist Leben12

Perché l’amore c’è e c’è comunque in ogni alito, in ogni respiro, in ogni momento; si tratta di una situazione sine qua non, seppur esso si concretizzi a tratti brevi, in attimi incessanti e seppur esso rappresenti per la sua stessa natura contraddittoria una sensazione effimera che chiede di essere ripetuta all’infinito.

Dich nicht näher denken und dich nicht weiter denken dich denken wo du bist weil du dort wirklich bist Dich nicht älter denken und dich nicht jünger denken nicht größer nicht kleiner nicht hitziger und nicht kälter 12

Was ist Leben? – poesia tratta da Liebesgedichte in GW, Vol. 2, pag. 384. Trad. Cos’è la vita? “ Vita/è il calore/dell’acqua nel mio bagno/Vita/è la mia bocca/nel tuo grembo schiuso/Vita/è la rabbia/per le ingiustizie nelle nostre terre/Il calore dell’acqua non basta/Devo anche sguazzarci dentro/La mia bocca nel tuo grembo/non basta/devo anche baciarla/La rabbia per le ingiustizie non basta/Dobbiamo anche motivarla/e fare qualcosa contro essa/Questa è la vita.”

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Dich denken und mich nach dir sehnen dich sehen wollen und dich liebhaben so wie du wirklich bist13

Infinito che si ripete anche in questa nenia amorosa, in questo gioco meraviglioso e sensazionale del tempo dove il poeta si culla nell’immagine della sua amata; il pensiero di lei, della sua vicinanza, del suo trovarsi proprio lì, del suo non pensarla più o meno giovane, né tanto meno più grande o più piccola. Un incrocio di verbi che si potrebbe protrarre all’infinito se il poeta non si destasse da questo meraviglioso cullarsi per dichiarare il suo amore all’amata per come lei è realmente. Dich nur einmal sehen dann nie wieder muß leichter sein als dich noch einmal und dann nie wieder sehen Dich noch einmal sehen und dann nie wieder muß leichter sein als dich noch zweimal und dann nie wieder sehen Dich noch zweimal sehen und dann nie wieder muß leichter sein als dich noch dreimal und dann nie wieder sehen Aber ich bin dumm und will dich noch viele Male sehen bevor ich nie wieder sehen kann14 13

Dich – poesia tratta da Liebesgedichte in GW, Vol. 2, pag. 379. Trad. Te. “ Non pensarti più vicina/e non pensarti più lontana/pensarti dove sei/perché tu sei là veramente /Non pensarti più vecchia/e non pensarti più giovane/né più grande né più piccola/né più irascibile e né più fredda/Pensarti e desiderarti/volerti vedere/e amarti/così come tu sei veramente.”

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Ancora un’immagine senza fine, che Fried aveva iniziato nelle Liebesgedichte e che ripropone nella sua raccolta di poesie intitolate Es ist was es ist15, pubblicate nel 1983, semplici parole di un ultrasessantenne la cui esperienza contro le ingiustizie, contro ogni ragionevolezza borghese lo hanno proiettato verso un desiderio totale; una raccolta di poesie che si può sintetizzare in un riassunto dell’immagine di una vita senza preclusioni, senza paure e incertezze, dello sconfinamento dell’ira, e dell’incessante presenza dell’amore in ogni sua forma perché l’amore è anche al tempo stesso dolcezza, lieve parvenza, tenue speranza di felicità, un qualcosa di sensazionale che va nutrito, cullato, immaginato e sognato per poter affrontare la vita seppur con accenti lievi. Dich bedecken nicht mit Küssen nur einfach mit deiner Decke (die dir von der Schulter geglitten ist) daß du im Schlaf nicht frierst Später wenn du erwacht bist das Fenster zumachen und dich umarmen und dich bedecken mit Küssen

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Erschwerung – poesia tratta da È quel che è. Poesie d’amore di paura di collera, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1988, pag. 74. Trad. di Andrea Casalegno. Sempre più difficile. “Vederti una sola volta/e poi mai più/dev’ essere più facile/che vederti ancora una volta/e poi mai più/Vederti ancora una volta/e poi mai più/dev’ essere più facile/che vederti ancora due volte/e poi mai più/Vederti ancora due volte/e poi mai più/dev’ essere più facile che vederti ancora tre volte/e poi mai più/Ma io sono uno sciocco/e voglio vederti/ancora molte volte/prima/di non poterti vedere/mai più.” 15 Erich Fried, Es ist was es ist. Liebesgedichte, Angstgedichte, Zorngedichte, Berlin, Verlag Klaus Wagenbach, 1983 (=Quartheft 124)...


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