L\'educatore imperfetto pdf PDF

Title L\'educatore imperfetto pdf
Course Pedagogia generale
Institution Università degli Studi di Macerata
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L’EDUCATORE IMPERFETTO CAPITOLO 1 LA FIGURA PROFESSIONALE, OVVERO: DELL'INCERTEZZA E DELLA SALUTARE DEBOLEZZA 1.1 UNA FIGURA LIQUIDA La figura dell’educatore professionale è una figura costitutivamente incerta, quasi sfuggente, costantemente in via di definizione. Baumann la definisce una figura liquida, non trasformabile in solida, cioè rigida, statica, immodificabile. Liquida ma non per questo inconoscibile. Quella dell’educatore è una debolezza strutturale ma essenziale. L’educatore è incerto perché li educare è stato ed è sempre incerto. L’esistenza di tutte le persone è potenzialmente interessata dal pensiero e dall’azione dell’educatore professionale. L’incertezza fisiologica dell’educare e delle figure professionali che incarnano, non si colloca più in una società essenzialmente stabile ferma nei suoi tratti portanti come punti di riferimento in grado di orientare il lavoro educativo, ma in una società in costante trasformazione e questo non fa che aumentare le criticità di tale lavoro educativo che oltre ad affrontare le incertezze normali dell’educare deve fare i conti anche con quelle speciali.

1.1.1 FORMIDABILI QUEGLI ANNI La condizione di incertezza attuale, sembra aver origine negli anni 60- 70. Fino agli inizi degli anni 60, gli educatori professionali erano persone che lavoravano in istituzioni chiuse per l’educazione o la rieducazione dei minori. Secondo Macario le origini dell’educatore attuale sono rintracciabili anche nell’esperienza della segregazione minorile. Luoghi finalizzati all’adattamento costrittivo dei soggetti alle norme sociali e culturali esistenti. E negli anni 60 educatore contenitivo e correttivo entra in crisi perché entrano in crisi le concezioni e le pratiche educative custodialistiche tipiche delle società premoderne. In questi anni si verifica il passaggio da politiche volte a sostenere chi non è in grado di provvedere al soddisfacimento dei bisogni vitali a politiche volte a garantire diritti di cittadinanza. Il profondo ripensamento della concezione del Welfare State Maturato in quegli anni produce l’idea di un diritto di cittadinanza al benessere. I servizi non sono più concepiti come diretti esclusivamente alle tradizionali frange emarginate della società, ma si estendono all’insieme dei cittadini. Gli educatori autoritari, così come quelli buoni e fraterni, non sono più adeguati ad affrontare i tumultuosi cambiamenti derivati dalla modernizzazione. Nuove professionalità si delineano, mentre quelle tradizionali sono interessate da un processo di radicale ripensamento. Avviene un rimescolamento nel campo delle professionalità sociali e nascono nuove figure educative. Si registra una tendenza all’ampliamento dei settori di attività, inoltre operatori sempre più specializzati. Nasce il dilemma attorno al fatto che l’educatore sia una figura generalista, in grado cioè di operare a tutto campo oppure sia una sommatoria di profili specialistici, cioè un insieme di operatori formati per lavorare con alcuni soggetti e non con altri. Negli anni successivi ai 70 ci fu una parziale stabilizzazione della figura. Sono anche gli anni nei quali lo scenario educativo diventa più complesso, il peso crescente dei media nella formazione delle persone, la globalizzazione, le nuove tecnologie hanno aperto nuove possibilità di intervento per gli educatori professionali ma anche una progressiva riduzione del welfare state pubblico a vantaggio di forme di intervento privato.

1.2 I TRATTI ESSENZIALI Attualmente l’educatore professionale può essere ritenuto un operatore che ha come compito generale è quello di individuare, promuovere e sviluppare le cosiddette potenzialità dei soggetti individuali e collettivi. Le azioni nei confronti delle potenzialità dei soggetti individuali e collettivi si collocano su diversi piani: il piano promozionale, attraverso azioni educative finalizzate a rendere abili i soggetti. Il piano preventivo, attraverso azioni tendenti a farsi che le potenzialità diminuiscano il rischio di non trasformarsi in atti. Il piano riabilitativo, attraverso azioni che hanno come scopo quello di riconsegnare al soggetto la possibilità di riacquisire il processo di trasformazione delle potenzialità in atti.

L’educatore opera in ambiti organizzati come nei servizi e nei progetti connotati da riconoscibilità e intenzionalità. Il lavoro dell’educatore è un lavoro relazionale, non solo in rapporto ai soggetti destinatari delle azioni educative, ma anche con altri educatori e altre figure professionali.

1.2.1 ASPETTATIVE E MOTIVAZIONI Ciò che spinge una persona a svolgere il lavoro di educatore potrebbe essere: la continuità con impegni di volontariato precedente alla scelta della formazione universitaria, l’intenzione di lavorare con le persone e non con le cose, l’operare per il benessere altrui, tentare con la propria azione professionale di ridurre direttamente e immediatamente forme di malessere sociale. Inoltre per tutta una serie di motivazioni riconducibili al voler lavorare con i bambini.

1.3 L’EDUCATORE PROFESSIONALE, L’EDUCAZIONE NON PROFESSIONALE Anche educazione è sottoposta a variegate dinamiche di affidamenti, deleghe o realizzazioni in proprio. Ad esempio l’affidamento e la delega educativa sono previsti quando la quantità e la complessità delle intenzioni educative rendono necessario l’intervento di operatori specializzati. Poi ci sono alcune dimensioni dell’educazione, come quella familiare, che non sono ritenute delegabili e affidabili ad altri, in quanto attività inserite nel ruolo di genitore. la famiglia si ritiene in possesso, per il solo fatto di essere tale, del sapere necessario all’educazione. Inoltre, consegue che il sapere necessario per educare sì acquisirebbe per il solo fatto di essere stati educati a propria volta. In ogni caso un sapere educativo esiste e agisce. E nota l’affermazione attribuita Socrate “so di non sapere“, ci fa capire che la ricerca della conoscenza sia un processo ininterrotto. Educare è un’esperienza dove tutti sono inseriti e lo sono per tutto il corso della vita.

1.3.1 LA COMUNITÀ NON È UNA FAMIGLIA, L’EDUCATORE NON È UN AMICO DELL’EDUCANDO Si possono avere due raffigurazioni contrapposte dell’educatore e dell’educare: da un lato un educatore definibile caldo o genitoriale, cioè fortemente motivato emotivamente coinvolto e passionale, dall’altro un educatore freddo, dotato di razionalità strumentale, distaccato e distante, riproducibile in serie. L’educatore professionale non dovrebbe essere nell’una nell’altra cosa, dovrebbe essere un mix degli aspetti migliori dei due idealtipi. Il lavoro educativo è in se strutturalmente altro rispetto a qualsiasi pratica educativa non professionale. La relazione amicale può causare trasgressività, conflitti con le situazioni, generare complicità. La relazione professionale si muove su altri piani, Poiché la comunità non è una famiglia. La relazione educativa professionale si colloca all’interno di un contratto pubblico che vincola o influenze soggetti coinvolti, all’interno del quale è previsto anche un compenso economico. L’esperienza educativa professionale potrebbe essere definita “artificiale“, cioè intenzionalmente è costruita ad hoc, per superare i limiti di quella non professionale. Le esperienze professionali sono caratterizzate da mandato sociale, intenzionalità e progetto. L’educatore dovrebbe essere caratterizzato da professionalità pedagogica, c’è una professionalità che si forma progressivamente attraverso l’interazione tra la formazione iniziale e quella in itinere.

1.4 FORMARE GLI EDUCATORI: LA PRASSI E LA TEORIA È un dato di fatto che siano le università a formare educatori professionali, alla figura professionale stato riconosciuto il “diritto-dovere” di essere formata, per educare è necessaria l’alta formazione e non è un’attività improvvisabile. Non esiste nessuna gerarchia fra teoria e pratica professionale come non esiste tra formazione teorica e formazione pratica. Gli elementi formativi teorici e quelli pratici possono essere integrati e devono esserlo, anche attraverso attività di tirocinio poiché l’operatività dell’educatore è una sintesi tra i due.

CAPITOLO 2 L’IRRIDUCIBILE PLURALITÀ DELLE ESPERIENZE EDUCATIVE 2.1 LE CATEGORIE DELL’EDUCAZIONE

I soggetti individuali e collettivi sono esposti a una molteplicità di esperienze educative dove acquisiscono valori, competenze, saperi e comportamenti. Le esperienze educative hanno preso diverse forme e contribuiscono in misura differente alla formazione di soggetti. La difficile valutazione degli effetti delle esperienze riguarda i soggetti che hanno agito consapevolmente per produrre le esperienze stesse. I risultati sono valutabili soprattutto dai soggetti destinatari, solo retrospettivamente. I soggetti vivono l’esperienza educativa e con differenti livelli di consapevolezza e differenti possibilità di controllo.

2.1.1 LA FORMALIZZAZIONE DELLE ESPERIENZE EDUCATIVE La prima possibile ripartizione delle esperienze educative riguarda il loro livello di formalizzazione. È una ripartizione utile spesso adottata nel campo dell’educazione degli adulti e della pedagogia sociale. Il decreto legislativo del 16 gennaio 2013, all’interno della categoria generale di apprendimento permanente, riconosce che le esperienze educative che riguardano l’insieme di soggetti o una parte di essi, possono essere ripartite in esperienze formali, non formali e informali. LE ESPERIENZE FORMALI le esperienze educative formali sono riconducibili all’esperienza scolastica. Si caratterizzano per essere azioni fortemente intenzionali e organizzate, esperienze, che rappresentano un elemento terzo rispetto all’educatore e all’educando. In gran parte sono obbligatori cioè i soggetti sono coinvolti in seguito a domande e decisioni altrui e senza possibilità di negoziare il percorso di inserimento e le modalità di permanenza. Sono quelle il cui esito è ufficialmente certificato dal rilascio di un titolo di studio che abilita a proseguire nell’iter scolastico e permette di accedere all’attività professionale. LE ESPERIENZE NON FORMALI Sono esterni all’istituzione scolastica, non rilasciano titoli di studio, pur potendo le competenze acquisite essere spendibili anche sul piano del riposizionamento professionale. Sono esperienze dotate di intenzionalità, progetto e contratto e anche in questo caso è chiara la distinzione tra educatore ed educando. Rientrano nelle esperienze non formali ad esempio l’università della terza età, i corsi di lingua, attività di educazione motoria. Le attività educative formali a differenza di quelle non formali prevedono una parziale obbligatorietà e rappresentano un investimento collettivo finalizzato a fornire strumenti per la condizione adulta socialmente e culturalmente auspicata. LE ESPERIENZE INFORMALI Riguardano la complessità della vita quotidiana dell’esistenza dei soggetti. Sono esperienze che si collocano sul piano della banalità quotidiana, oppure costituiscono delle avventure cognitive e emozionali che interrompono la quotidianità. Sono esperienze che cambiano, fanno maturare, scoprire, ripensare, capire. I risultati educativi delle esperienze informali non sono preventivabili e dichiarabili, non sono pedagogicamente impostate. Un esempio sono alcune espressioni e correnti musicali, eventi naturali, alcuni avvenimenti pubblici. Inoltre la disposizione di spazi comuni e privati tende ad educare chi li frequenta. Esperienze educative informali sono anche alcuni programmi televisivi, social, influencer, modalità di rapportarsi all’informazione.

2.1.2 L’INTENZIONALITÀ DELLE ESPERIENZE EDUCATIVE Poniamo l’accento sull’esistenza o meno di un’intenzionalità educativa. LE ESPERIENZE INTENZIONALI Le esperienze educative intenzionali sono le esperienze che si dichiarano tali, sono considerate dei produttori e dei consumatori nel momento dell’incontro tra offerta e domanda formativa senza alcun vincolo di certificazione finale. C’è sempre la presenza di un soggetto che ha lo scopo di educare l’altro. I destinatari possono essere consapevoli dell’intenzionalità dei produttori. Tra le esperienze educative intenzionali ci sono la scuola, la formazione aziendale, i corsi di vario tipo e contenuto, i laboratori e le esperienze di conoscenza di sé. Ma anche esperienze delle quali il soggetto destinatario può non riconoscere la componente educativa oppure non decodificare il linguaggio con il quale si presentano e coglierne le implicazioni educative. LE ESPERIENZE NON DICHIARATAMENTE INTENZIONALI Le esperienze educative non dichiaratamente intenzionali tendono a modificare o inaugurare atteggiamenti, comportamenti, abitudini, opinioni nei destinatari senza che ciò sia direttamente esplicitato. In queste esperienze la consapevolezza e la gestione appartiene solamente ai promotori e non sono previsti

processi di negoziazione con i destinatari riguardo agli obiettivi. Un esempio ne sono le campagne pubblicitarie o i tentativi coscienti di imporre uno stile di comportamento all’interno di un gruppo. LE ESPERIENZE NON INTENZIONALI sono caratterizzate dal possedere risultati educativi più o meno consapevolmente dichiarati e ricercati in quanto tali né dei produttori nei consumatori. Sono esperienze che vedono al proprio interno produttore di fatti educativi in consapevoli di essere tali. Non è individuabile un vero e proprio soggetto produttore. E l’area dei rapporti interpersonali. Sono più o meno casuali, prevedibili e auspicabili. Non esiste alcuna progettualità educativa esplicita o cerata da parte del produttore.

2.1.3 ALCUNE PUNTUALIZZAZIONI In qualsiasi esperienza educativa interagiscono più categorie di persone. La scuola rappresenta un massiccio investimento sociale volta a proseguire l’opera di socializzazione intrapresa dalla famiglia. È il luogo pedagogico per eccellenza. In sintesi Educazione è quell’insieme di esperienze che influiscono sul modo di essere degli individui, dei gruppi, delle collettività. È diffusa e permanente e le esperienze definibile educative non sono solo quelle che producono apprendimenti graditi, sono anche quelle che producono esperienze sgradite. Devi educazione ci possono essere due grandi concezioni: la prima dice che è un complesso di operazioni dirette a fornire ad una persona tutte le informazioni e le norme che lo rendono adatto a vivere secondo i suggerimenti e le esigenze del costume in cui quella persona è inserita. La seconda definisce educazione come quell’insieme di azioni, atteggiamenti e di comportamenti che aiutano un individuo a essere se stesso, a realizzare pienamente la propria personalità.

2.2 LA MAPPA DELLE ESPERIENZE EDUCATIVE Intera vita dei soggetti è caratterizzata da una molteplicità di esperienze educative. L’elenco delle potenziali esperienze educative rappresenta la mappa teorica del sistema formativo che coinvolge i soggetti sia nella posizione di educatori sia nella posizione di educandi per tutto il corso della vita.

2.2.1 LA FAMIGLIA La famiglia è un’esperienza multiforme e complesso. Ancora oggi la gran parte della socializzazione precoce avviene all’interno di contesti familiari ristretti. Nella famiglia si sviluppano i meccanismi dell’apprendimento e dell’interiorizzazione di norme e modelli, inoltre si impara a tenere conto delle aspettative altrui e a rispondervi in modo adeguato e si apprende ad entrare in contatto con altri gruppi. La prima educazione avviene in famiglia. La famiglia subisce le influenze economiche, sociali e culturali dei contesti nei quali è collocata. Nelle famiglie con figli lo scopo operativo ultimo è l’autonomia dei discendenti. La famiglia rappresenta un ambito di collegamento tra le varie generazioni e al suo interno si assiste all’intenzione di trasmettere i codici di condotta ai valori morali propri e del gruppo sociale di appartenenza. L’azione educativa dei genitori tende a dare forma ai discendenti sulla base di modelli culturali ritenuti validi e ausplicabili. La famiglia può essere ritenuto un ambito imparziale in crisi per la crescente importanza che assumono altri ambiti come l’esperienza educative formali, i gruppi di pari, i mezzi di comunicazione di massa. La crisi educativa della famiglia è dovuta anche al venir meno delle certezze attorno alla validità delle competenze educative della famiglia. Oggi è delegato progressivamente ad altri (pediatri, insegnanti, educatori professionali) il possesso dei saperi funzionali alla crescita dei discendenti. LA FAMIGLIA, LE FAMIGLIE La famiglia è sottoposta all’influsso dei tempi. Ha subito modificazioni anche il modello familiare di gran lunga prevalente cioè un nucleo composto da coppia più bambini, che risiedono sotto lo stesso tetto, caratterizzato da relazioni sessualmente privilegiate tra i coniugi, superiorità dei maschi sulle femmine, dei genitori sui figli, delle generazioni più anziane su quelle più giovani. Il modello di famiglia ed è stato quello dell'unione continuativa e irreversibile di una coppia composta da persone di sesso diverso, finalizzata a generare figli e convalidata dalla Chiesa attraverso il sacramento del matrimonio. Nel corso di questi ultimi decenni, una parte delle esperienze familiari si è progressivamente allontanata da questo modello

tradizionale mettendo in crisi. Ci fu un crescente numero di matrimoni civili per esempio. Inoltre è stata riconosciuta grazie al matrimonio civile, la pari dignità alle convivenze tra persone di sesso uguale o diverso senza contratto matrimoniale, legittimando le convivenze ed equiparando i diritti e doveri che intercorrono tra le coppie coniugate e quelle di fatto.

2.2.2 IL GRUPPO DI PARI I gruppi di pari sono insiemi di soggetti della stessa età che condividono un rapporto definibile di amicizia o frequentazione abituale, in ambito educativo questi gruppi sono prevalentemente ricondotti a quelli presenti in adolescenza e preadolescenza. I rapporti tra pari sono considerati più democratici perché non esiste tra i membri rapporto di autorità. Ci sono gruppi legati, gruppi che si sviluppano nel corso di attività formative, professionali, sportive, che prevedono l’effettiva e continuativa frequentazione. La prima importante discontinuità di massa rispetto ai valori e ai comportamenti delle generazioni precedenti si verifica negli anni 50. I giovani diventano autonomi soggetti di consumo, sviluppano stili e comportamenti in discontinuità rispetto a quelli delle generazioni precedenti. Si apre uno spazio di comportamenti relativamente di massa.

2.2.3 LA SCUOLA La scuola dovrebbe essere l’esperienza educativa extra familiare per eccellenza. È un investimento sociale che ha tra i suoi scopi istituzionali quelli di fornire un’alfabetizzazione di base in grado di affrontare alcuni compiti essenziali della vita e di consentire alla persona di comprendere il linguaggio usati nel contesto in cui è inserita, tentare la formazione del buon cittadino, fornire gli strumenti per un inserimento nel mondo del lavoro. La scuola ha il compito di fornire quella formazione per la professione che la famiglia non è in grado di fornire. È un’esperienza che propone alle persone che la frequentano educazione con dei contenuti e dei valori diversi rispetto a quelli presenti in famiglia. La scuola rappresenta l’esperienza nella quale si registra la discordanza tra gli obiettivi auspicati e dichiarati e quelli effettivamente praticati raggiunti. La scuola è educativa anche perché consente incontro con figure adulte, insegnanti, significative e altre rispetto ai genitori e perché costituisce l’offerta di un sistema di valori e di norme nei confronti dei quali possono verificarsi moti di accettazione e adeguamento, ma anche reazioni di dissenso e rifiuto. La scuola diventa “di massa“, tende ad adeguarsi alle nuove esigenze connesse al compimento del processo di industrializzazione, è considerata dalle famiglie un possibile strumento di emancipazione sociale per i propri figli. La scuola viene molto criticata dalla componente studentesca. Allo studente perfettamente inserito e motivato si affianca lo studente disilluso e oppositivo rispetto al progetto formativo nel quale è coinvolto. Il prestigio sociale dell’istituzione è compromesso, la figura dell’insegnante ha perso considerazione sociale e auto...


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