Legislazione scolastica PDF

Title Legislazione scolastica
Author Mariagiovanna Braia
Course Scienze della formazione primaria
Institution Università degli Studi della Basilicata
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Legislazione scolastica...


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COMPENDIO DI LEGISLAZIONE SCOLASTICA CAP.1: LA SCUOLA E L’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO Con le idee illuministiche (sec. XVIII) si ha l’affermazione dell’istruzione di massa come bene nazionale. La prima legge che cercò di ovviare al grande tasso di analfabetismo fu la Legge Casati (1859) (dal nome del ministro dell’istruzione Gabrio Casati). Tale legge rappresentava un vero e proprio codice dell’istruzione che regolava tutta la materia, dall’amministrazione all’organizzazione della scuola per ordini e gradi. La legge Casati ha rappresentato l’atto di nascita del sistema scolastico italiano. Veniva sancito il riconoscimento del diritto- dovere dello Stato di intervenire in materia scolastica, sostituendo e affiancando la Chiesa, da secoli detentrice del monopolio dell’istruzione. La legge Casati prevede un sistema centralistico- burocratico di tipo piramidale con a capo il Ministro, coadiuvato da un’organizzazione gerarchica rigida e autoritaria: il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, gli Ispettori generali, un Provveditore agli studi in ogni provincia. L’ordinamento riguardava:  L’istruzione superiore impartita nelle università;  L’istruzione secondaria (classica, tecnica e normale);  L’istruzione elementare, gratuita ed articolata in due gradi, inferiore e superiore della durata di 2 anni ciascuno. Esisteva un sistema unico di organizzazione nelle scuole delle varie regioni d’Italia, in cui si affermavano alcuni principi generali importanti, quali:  Il diritto- dovere dello Stato di sostituirsi alla Chiesa nell’organizzazione delle strutture educative;  L’introduzione di corsi per la preparazione dei maestri;  Il principio dell’obbligatorietà e della gratuità del primo biennio dell’istruzione elementare;  L’affermazione del principio di uguaglianza dei due sessi in ambito educativo;  L’esclusività delle scuole pubbliche nel concedere diplomi e licenze. La scuola elementare si articolava in due bienni, di cui il primo biennio è obbligatorio. Dopo la scuola elementare seguiva il Ginnasio (a pagamento) e le scuole tecniche. Anche se le scuole tecniche permettevano di proseguire gli studi fino all’università, il sistema risultava comunque

classista, poiché l’istruzione tecnica sembrava destinata alla formazione della classe operaia specializzata, mentre l’istituzione classica di stampo umanistico era riservata ad un certo livello sociale per la formazione della futura classe dirigente. La legge Casati nel Regno d’Italia era però disomogenea poiché l’istruzione di base era delegata ai Comuni che la attivavano in relazione alle proprie disponibilità economiche, dovunque precarie. I primi programmi scolastici furono approvati dal Ministro Terenzio Mamiani nel 1860. Essi avevano uno scopo formativo attraverso un’educazione morale, religiosa e civile, ed uno scopo pratico attraverso lo studio dell’aritmetica. Tali programmi rimasero in vita per oltre un secolo. Con la legge Coppino (1877) la questione dell’alfabetizzazione non migliorò molto, nonostante l’introduzione dell’obbligo scolastico fino all’età di 9 anni e nonostante il fatto che i comuni avessero fondi necessari per istituire scuole. Una svolta relativa a questa legge fu l’impostazione laica dell’istruzione, infatti fu proposta l’abolizione dell’insegnamento religioso, sostituito dalle prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino. Con la legge Orlando (1904) si estese l’obbligo scolastico dal 9° al 12° anno di età. Lo Stato elargisce fondi ai Comuni che avevano modesti bilanci, quindi avanza il convincimento che non i Comuni ma lo Stato abbia il dovere di provvedere all’istruzione e alla formazione dei cittadini. Con la legge Credaro (1911) si ha il passaggio graduale, allo Stato, delle competenze e delle funzioni dei Comuni in materia di gestione della scuola. In particolare le scuole dei capoluoghi di provincia restano affidate alla gestione dei Comuni, le scuole degli altri Comuni passano alle dipendenze dei Provveditorati agli studi; inoltre fu favorita l’istituzione di scuole serali e festive per gli adulti analfabeti. Con la riforma Gentile (1923) fu ridisegnato il nuovo assetto scolastico. I punti chiave della riforma Gentile sono:  Estensione dell’obbligo scolastico fino al 14° anno di età, con un corso elementare della durata di 5 anni e con un corso di avviamento professionale della durata di 3 anni per coloro che non accedono alla scuola media;  Istituzione di scuole speciali per portatori di handicap sensoriali della vista e dell’udito;  Insegnamento obbligatorio della religione cattolica;  Rigidi controlli per l’inadempienza dell’obbligo scolastico;

 Istituzione dell’istituto Magistrale per la preparazione dei maestri di scuola elementare. Con il ventennio fascista il sistema scolastico conserva la concezione aristocratica ed elitaria della cultura e dell’educazione: la scuola superiore è riservata a pochi e solo ai diplomati del liceo classico era consentita l’iscrizione a qualunque Facoltà universitaria. Con la Costituzione della Repubblica Italiana, promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1 gennaio 1948 si hanno numerosi articoli sull’istruzione, la quale è chiamata alla fondazione di una SCUOLA DEMOCRATICA. Art. 9 comma 1: si riferisce alla Promozione Culturale da parte della Repubblica Italiana, che si qualifica come “ Stato di cultura” con il preciso compito di fornire le condizioni ed i presupposti per il libero sviluppo della cultura. Concretamente la promozione culturale si svolge mettendo in opera gli articoli 33 e 34 della Costituzione, che riguardano appunto l’istituzione scolastica e fanno riferimento a:  Libertà di insegnamento (art. 33 comma 1 della Costituz.);  Presenza di scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi di istruzione (art. 33 comma 2);  Libero accesso all’istruzione scolastica, senza discriminazioni (art. 34 comma 1);  Obbligatorietà e gratuità dell’iscrizione dell’obbligo ( art. 34 comma 2);  Riconoscimento del diritto allo studio anche per le persone prive di mezzi, purché capaci e meritevoli, attraverso l’ausilio di borse di studio, assegni ed altre provvidenze da attribuirsi con concorso (art. 34 comma 3);  L’ammissione, per esami, ai vari gradi dell’istruzione scolastica (art. 33 comma 5);  Libera istituzione di scuole da parte di privati (art. 33 comma 3);  Parificazione delle scuole private a quelle statali e riconoscimento professionale del titolo di studio (art. 33 comma 4). Oltre allo Stato in prima persona, tali compiti possono essere svolti anche da altre soggettività, quali: Regioni, Province, Comuni, in quanto nell’art. 3 il termine Repubblica viene adoperato nella sua accezione più ampia ed inteso come “lo Stato in tutte le sue articolazioni”, che provvede alla promozione culturale. Non fanno parte, invece, della nozione di Repubblica tutti gli Enti di diritto privato (associazioni, istituzioni, fondazioni), pur riconoscendo loro l’enorme contributo fornito allo sviluppo della collettività.

Art. 33 comma 1: LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO: questo articolo sancisce “l’arte e la scienza sono libere e libero è l’insegnamento”. E’ ovvio che l’identificazione dei concetti di arte e scienza non è semplice, ma in generale si è in presenza di manifestazioni artistiche o scientifiche quando l’oggetto dell’attività ha un fine estetico che però è trattato con metodo scientifico. La libertà di insegnamento è intesa come la libertà dell’insegnante di trasmettere il sapere con la metodologia e i contenuti che ritiene più utili allo sviluppo culturale dei discenti. Esiste però un limite, in quanto nella libertà di insegnamento non rientrano la diffusione di convinzioni personali opinabili ed arbitrarie, bensì solo l’esposizione di argomenti attuata con metodo scientifico. Altro limite all’insegnamento è dato dal rispetto del buon costume, dell’ordine pubblico, della pubblica incolumità. Si intendono tutti quegli atti o fatti che in un determinato momento storico suscitano scandalo o allarme sociale, violando il comune senso del pudore o la coscienza collettiva. Altro limite è dato dal rispetto delle norme costituzionali, il rispetto della coscienza morale e sociale degli alunni. La libertà di insegnamento diventa strumento attraverso il quale dare corpo alla libertà e ai diritti del discente: diritto all’apprendimento, diritto alla continuità dell’azione educativa, diritto alla diversità. In merito al principio della laicità dello Stato (art. 7 e 8 della Costituzione), lo Stato si impegna a garantire un’istruzione laica senza discriminazioni (attuando un pluralismo confessionale). Art. 33 comma 2:” la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole non statali per tutti gli ordini e i gradi”. Tuttavia l’iscrizione non è riservata soltanto allo Stato, infatti l’Art. 33 comma 3 afferma che “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato. La Costituzione, però, non esclude che lo Stato possa intervenire finanziando scuole o istituti in difficoltà, nell’ottica di un mantenimento di un pluralismo della cultura, specie in luoghi in cui non esistono scuole statali. L’art. 33 comma 4 afferma che la parità con le scuole statali è accordata alle scuole che la richiedono in base alla legge dello Stato sulla parità scolastica 62/2000 che ne fissa i diritti e gli obblighi. Le scuole non statali ottengono la parità purché in possesso dei requisiti: corrispondano agli ordinamenti generali dell’istruzione, siano coerenti con l’offerta formativa proposta alle famiglie, accolgano chiunque richieda di iscriversi, compresi alunni e studenti con handicap.

Secondo il PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA (art. 3 della Costituzione), agli alunni delle scuole private va assicurato un trattamento equipollente agli studenti delle scuola statali. Strettamente legata alla libertà di insegnamento è la libertà di istruzione: da un lato vi è il dovere statale di istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, dall’altro vi è il diritto dei cittadini di accedere liberamente al sistema scolastico, come risulta dall’ ART. 34 COMMA I, che recita: “ La scuola è aperta a tutti”. Si evince un potere- dovere di ogni cittadino di frequentare i gradi dell’istruzione inferiore obbligatoria e gratuita per almeno 8 anni (5 anni di scuola primaria e 3 anni di scuola secondaria di primo grado) e di accedere ai gradi più alti degli studi anche se privi di

mezzi ma capaci e meritevoli: questo aspetto concerne il diritto allo studio, in quanto la nostra Costituzione è garantista e solidarista. E’ infatti compito della Repubblica, come cita l’art. 3 comma 2 della Costituzione, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, elargendo una serie di provvidenze ed aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi, realizzando così l’uguaglianza. Lo Stato non ha il monopolio dell’istruzione, ma esiste un sistema parallelo libero nelle forme organizzative e nei contenuti. Le due diverse tipologie di scuola non solo non sono concorrenti, ma sono convergenti, ossia le une devono garantire il buon funzionamento delle altre poiché hanno lo stesso scopo: la formazione dei cittadini. La Costituzione detta l’impostazione di momenti basilari della vita scolastica, quali le relazioni formative, le relazioni organizzative e quelle istituzionali. Quindi la Carta Costituzionale definisce i principi della materia, l’ordinamento scolastico realizza i dettami della stessa. Tra le principali fonti normative della scuola, oltre alla Costituzione, troviamo la legislazione ordinaria che si articola in LEGGI DELLO STATO e LEGGI REGIONALI. La competenza nel legiferare nel settore dell’istruzione è stata modificata con la legge 3/ 2001 (riforma del titolo V della costituzione). L’impianto legislativo è rimasto sostanzialmente statale, come già citato nell’art. 117 e come modificato dalla legge 3/ 2001. Alle leggi dello Stato è richiesto il compito di definire:  I principi fondamentali attraverso i quali lo Stato traccia le linee direttive generali, attuate poi dalle singole Regioni;  Le norme generali sull’istruzione e regole di comportamento, devono applicarsi a livello

nazionale in maniera obbligatoria senza spazio per l’autonomia Regionale (come ad esempio lo statuto giuridico degli insegnanti).  I livelli essenziali delle prestazioni del servizio dell’istruzione relativi agli aspetti qualitativi e quantitativi (ad es. requisiti professionali dei docenti). Con la riforma del titolo, alla legislazione Regionale, è stato dato uno spazio più ampio e attribuito alle Regioni una Potestà Legislativa difficilmente concorrente con quella statale, da realizzare nel rispetto dei principi fondamentali fissati dallo Stato. E’ sto poi attribuito alle Regioni una Competenza Residua nei settori non coperti da disciplina da parte dello Stato. Le disposizioni legislative in misura di istruzione confluiscono in un testo unico delle disposizioni vigenti relative alle scuole di ogni ordine e grado (emanato dal Governo con la legge delega 121 del ’91 poi con la legge 126 del ’93). Altre fonti sono: 1. Le disposizioni contrattuali ossia i contratti collettivi nazionali. 2. La disciplina del Pubblico Impiego (d.lgs. 30/03/2001 n.165). 3. Norme di fonti secondarie (regolamenti governativi). 4. Gli atti dell’amministrazione centrale ( decreti ministeriali, ordinamenti, circolari, ecc.) REGOLAMENTI E ATTI DEL MINISTERO a) Regolamenti governativi: attraverso i regolamenti il Governo centrale detta la disciplina applicativa di aspetti della vita scolastica; ad es. la determinazione di indirizzi per i diversi tipi di scuola, delle materie di studio e dei relativi quadri orari. Questi sono decreti del Presidente della Repubblica (DPR) emanati dal capo dello Stato su proposta del Ministero Dell’Istruzione. La potestà regolamentare spetta, nelle materie di legislazione, sia allo Stato che alle Regioni (art.117 Cost.). b) Provvedimenti dell’amministrazione Centrale: essi sono ATTI ORDINARI e specificamente si configurano come decreti del Presidente Del Consiglio Dei Ministri, decreti ministeriali, decreti interministeriali, direttive, ordinanze e circolari. Non si tratta di vere e proprie leggi in senso tecnico, ma vengono dettate direttamente dal ministero dell’istruzione agli utenti del servizio al fine di chiarire la portata applicativa e la corretta interpretazione (ad es. in materia di

iscrizione, esami di stato, ecc.). Questi provvedimenti sono pubblicati sulla Gazzetta ufficiale. Nel settore dell’istruzione svolgono un ruolo importante le ORGANIZZAZIONI SINDACALI, le quali possono sottoscrivere contratti COLLETTIVI NAZIONALI, ossia accordi contrattuali. Oltre a tale normativa ogni singola scuola ha un proprio quadro giuridico. Infatti ciascun istituto scolastico autonomo adotta al suo interno degli atti amministrativi finalizzati a regolare la corretta gestione del servizio scolastico erogato (il dirigente scolastico emana provvedimenti di gestione che i docenti sono tenuti ad attuare). IL PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA (POF) è il documento attraverso il quale ogni singola istituzione scolastica rappresenta la propria identità culturale e progettuale, delineando gli itinerari curricolari, extracurricolari ed educativi sulla base della realtà locale in cui opera la scuola. Infatti il POF, coerente con gli obiettivi generali ed educativi determinati a livello nazionale, riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale. Il piano viene elaborato dal COLLEGIO DEI DOCENTI, e pubblico ed è consegnato agli alunni ed alle famiglie al momento dell’iscrizione. Il POF definisce:  I CURRICULI OBBLIGATORI sono corrispondenti agli indirizzi di studio, percorsi didattici alternativi, obbligatori e facoltativi, curriculari ed extracurriculari;  Le discipline e le attività didattiche sono aggiunte in favore degli alunni, con l’inserimento di una seconda lingua comunitaria obbligatoria, insegnamenti facoltativi nel settore artistico, musicale, dell’informatica, corsi di attività motoria ecc.;  Progetti educativi specifici in favore della diffusione delle lingue e delle culture minori locali;  Programmi di sostegno in favore di soggetti portatori di Handicap e prevenzione del fenomeno della dispersione scolastica;  Accordi con enti pubblici e privati per aggiornamenti del personale. Per realizzare il POFF ogni scuola ha bisogno di risorse finanziarie. Al consiglio di istituto compete l’approvazione iniziale del programma annuale, che è il bilancio della scuola. Altra competenza del CONSIGLIO DI ISTITUTO è l’elaborazione del REGOLAMENTO DELL’ISTITUTO. Esso riguarda il funzionamento degli organi collegiali, la fruizione degli spazi, gli aspetti delle sanzioni e delle regole disciplinari. Nell’ambito della PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

si colloca la CARTA DEI SERVIZI PUBBLICI per l’erogazione degli stessi servizi. La scuola Italiana ha adottato la CARTA DEI SERVIZI SCOLASTICI, con la quale ciascuna unità scolastica si impegna a garantire un servizio più orientato verso lo studente, ancorato a precisi standard o fattori di qualità. Tali standard sono:

 Uguale possibilità di accesso e di fruizione dei servizi scolastici secondo l’insegnamento costituzionale (art.34 comma 1), impegno nel favorire l’integrazione degli alunni nella realtà scolastica;  Imparzialità e regolarità dei servizi scolastici;  Partecipazione e libera scelta dell’utente delle istituzioni scolastiche;  Efficienza e trasparenza sulle decisioni di politica educativa;  Costante aggiornamento didattico dei docenti. La nascita della scuola media: La legge 13-12-1962 n.1859, (abrogata dal DLG 13-12-2010 n.212) si istituisce il principio costituzionale dell’obbligatorietà e gratuità della scuola media unica. L’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media che ha la durata di 3 anni ed è scuola secondaria di 1° grado. Questa scuola media unica abolisce le preesistenti scuole inferiori (3 anni ginnasio, 4 anni magistrali e tecniche, scuole avviamento professionale) ancorate all’ideologia e impostazione della riforma gentile per entrare in un contesto maggiormente democratico. La scuola materna statale: La legge 444 del 1968 istituisce la scuola materna statale che accoglie bambini dai 3 a 6 anni ai fini di educazione e sviluppo della personalità infantile, assistenza e preparazione alla scuola dell’obbligo integrando l’opera della famiglia. Con questa legge si ha per la prima volta una sensibilizzazione verso le problematiche educative degli alunni portatori di handicap, prevedendo delle sezioni speciali per i bambini dai 3 ai 6 anni affetti da disturbi cognitivi e/o comportamentali. Il carattere statale della scuola materna né sottolinea la gratuità, mentre precedentemente era affidata a enti locali, ecclesiastici privati e spesso a pagamento. La legge n. 820 del 1971 istituisce la SCUOLA A TEMPO PIENO, per riflettere il cambiamento

delle famiglie, impegnate nel lavoro per l’intera giornata. Con tale legge il numero massimo degli alunni per classe è di 25; vi sono poi materie integrative che affiancano le materie curriculari. La legge n.477 del 1973 delega il Governo ad emanare norme sul riordinamento dell’organizzazione della scuola e sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola dello Stato. I decreti furono una risposta alle contestazioni studentesche del ’68. I decreti delegati emanati con D.P.R. del ’74 (n.416-417-418-419-420) che confluiscono ora nel TESTO UNICO DELLA SCUOLA, contengono norme giuridiche che riguardano:  Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola di ogni ordine e grado.  Stato giuridico del personale della scuola statale;  Compenso per il lavoro straordinario del personale scolastico;  Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e professionale ;  Stato giuridico del personale non docente (insegnante). I decreti delegati impostano in modo nuovo la professionalità dei docenti e la scuola diviene una struttura non più verticale ma orizzontale, in cui l’organizzazione ed il funzionamento sia sul piano amministrativo che su quello didattico ed educativo sono affidati ad organi a carattere collegiale democratico, che nel rispetto delle competenze di ciascuno, a...


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