Leopardi- L\'Infinito secondo la teoria del piacere PDF

Title Leopardi- L\'Infinito secondo la teoria del piacere
Course International Commercial Litigation And Arbitration
Institution Middlesex University London
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a cura di Giuliano Demonte VC

Leopardi: L’Infinito secondo la teoria del piacere

Lo Zibaldone1 è il libro filosofico di Giacomo Leopardi 2, nel quale l’autore esprime la cosiddetta teoria del piacere, una teoria riguardante la psicologia umana e la visione che ha Leopardi dell’essere umano. La teoria del piacere è fondamentale in quanto da essa diparte tutto il pensiero filosofico di Leopardi e dunque anche la spiegazione dell’Infinito. Secondo la teoria, il piacere equivale alla felicità: noi desideriamo in continuazione il piacere e questo desiderio, che non ha né durata né estensione, termina solo quando anche la vita finisce, e per questo motivo rimane insoddisfatto durante la nostra esistenza. Nonostante questo, ci mettiamo alla ricerca del piacere e se non ci fosse ciò, o qualcos’altro, a distrarci, vivremmo in uno stato di noia. In conclusione, il desiderio del piacere è impossibile da soddisfare durante la vita e questo Leopardi lo sa grazie all’Illuminismo e alla conseguente visione meccanicistica della natura (sul nostro pianeta sussiste una relazione tra la specie umana e la natura). Inoltre quel desiderio è l’espressione dell’amor di sé, cioè dell’autoconservazione, proiettato alla nostra felicità anche se a discapito degli altri. Tutto ciò rimanda alla “frattura” tra il mondo degli antichi e quello dei moderni, una spaccatura generatasi proprio a causa dell’Illuminismo: i moderni non hanno più immaginazione, ovvero la prima fonte della felicità umana in cui si forma la realizzazione di ogni piacere, ma seguono solo la loro ragione, così, per poter tornare ad utilizzare la prima forma di pensiero, secondo Leopardi, bisogna tornare fanciulli (rimembranza 3: il salto all’indietro), i quali sono ignoranti, ovvero non conoscono il vero e ignorano la visione meccanicistica della natura. È come se Leopardi capovolgesse le condizioni del mondo antico, nel quale solo i sapienti potevano raggiungere la felicità, mentre i saggi moderni sono al contrario doppiamente infelici poiché hanno la speranza, che è infinita e tende alla realizzazione futura del piacere, e sanno che tutti i sogni prodotti dall’immaginazione e le piccole gioie che provano sono mere illusioni, piaceri limitati (infelicità necessaria: i piaceri provati sono sempre legati al dispiacere in quanto si teme che quella “felicità” possa rivelarsi presto solo un’illusione). L’Io adulto moderno inoltre è consapevole del fatto che morirà ma pensare al futuro implica far avvicinare sempre di più il giorno della propria morte, la quale si può presentare anche sotto forma di suicidio, che per Leopardi è legato alla ragione. Si genera uno stato di angoscia e disillusione, per questo appunto c’è la necessità della rimembranza, quindi di tornare ad essere un bambino felice che pensa ad un futuro fatto di sola felicità. Comunque quando la morte si presenterà, il desiderio di piacere sarà finalmente appagato e non sarà più vano come invece lo era durante l’esistenza dell’uomo. Il desiderio di piacere è 1

Lo Zibaldone, o Zibaldone di pensieri, è stato composto tra il 1817 e il 1832 e si compone di 4526 pagine 2 3

Recanati, 1798 - Napoli, 1837

spiegazione estesa della teoria della rimembranza, con opportuni riferimenti testuali, nel testo che segue

legato anche al desiderio di vago, cioè di tutto ciò che fa riferimento all’indefinito (poetica del vago), che stimola l’immaginazione dell’essere umano, la quale a sua volta scaturisce la poesia, che, come scrive Leopardi nelle prime pagine dello Zibaldone, era ben superiore nell’antichità rispetto alla modernità, in quanto appunto tra gli autori moderni manca l’immaginazione, e di conseguenza anche il linguaggio tra i due tipi di poesia è diverso ed usare il linguaggio degli antichi significherebbe imitarli. L’unico modo di fare poesia allora è attraverso la rimembranza: fare il salto all’indietro e tornare i bambini pieni di immaginazione che si era.

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Leopardi: Lo “Zibaldone” e la rimembranza Lo Zibaldone è il libro filosofico di Leopardi, una raccolta di pensieri scritti dal 1817 al 1832. Il titolo non gli è stato attribuito da Leopardi ma da Giosuè Carducci 4, che lo pubblicò dopo la morte dell’autore. Nella raccolta, Leopardi tratta della teoria del piacere, riguardante la psicologia umana, e in essa mette appunto la sua visione dell'essere umano e di come egli partecipi della sua vita nella natura. Cioè spiega la relazione che secondo lui sussiste su questo pianeta tra la specie umana e la natura. La teoria del piacere (piacere inteso come felicità) costituisce le fondamenta del pensiero leopardiano e della sua poesia ed è contenuta nello Zibaldone da 165 in poi, concludendo il tutto con la data 12 luglio 1820. La raccolta si apre con le riflessioni sulla superiorità della poesia degli antichi (Leopardi ha sempre ritenuto gli autori antichi superiori a quelli moderni, che sono civilizzati; “tutto si è perfezionato da Omero in poi, ma non la poesia”, Zibaldone, 58). Se ne deduce l'irreversibile frattura antico/moderno, generatasi con l'Illuminismo (per Leopardi questo movimento è uno spartiacque tra classicismo e modernismo, per questo la poesia moderna non ha più il linguaggio tradizionale, quindi è diversa, ed usare il linguaggio degli antichi significherebbe imitarli; gli antichi si potevano illudere che l'uomo fosse felice, mentre i moderni sanno che la felicità è irraggiungibile e questo lo sanno grazie all'Illuminismo e alla sua visione meccanicistica della natura), in ordine alla felicità dell'uomo, con la Teoria del piacere (“L'anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e mira unicamente, benchè sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicità, che considerandola bene, è tutt'uno col piacere. Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch'è ingenita o congenita coll'esistenza, e perciò non può aver fine in questo o quel piacere che non può essere infinito, ma solamente termina colla vita”, Zibaldone, 165) e le sue implicazioni positive (natura e funzione dell'immaginazione) quanto negative (infelicità necessaria: per la visione meccanicistica della natura, per l'uomo l'infelicità è necessaria).

4

Valdicastello di Pietrasanta, 1835 - Bologna, 1907

La poesia è scaturita dall'immaginazione ma i moderni non ne hanno, quindi per Leopardi l’unico modo di fare poesia è tornare bambini, quindi attraverso la rimembranza. C'è un Io adulto che non può fare poesia perché la sua immaginazione è poca, forse la massima parte delle immagini e sensazioni indefinite che noi proviamo pure dopo la fanciullezza e nel resto della vita, non sono altro che una rimembranza della fanciullezza, si riferiscono a lei, dipendono e derivano da lei, sono come un influsso e una conseguenza di lei (Zibaldone, 515), ed è preso allora da un sentimento di frattura, quindi è nostalgico di un tempo in cui era felice oppure credeva che la felicità si potesse raggiungere. Quindi questo Io adulto è disilluso e vive l'infelicità, sa che l'unico futuro possibile è la morte. È angosciato e aspira alla felicità. Non gli rimane che fare un salto all'indietro (rimembranza) a quando da bambino era felice, non conosceva la visione meccanicistica della natura e pensava al futuro come uno di felicità (“qual fosse la strada che prendeva l'immaginazione nostra da fanciulli, per arrivare con quegli stessi mezzi, e in quelle stesse circostanze, o anche in proporzione, all'idea ed al piacere indefinito, e dimorarvi”; “proviamo quella tal sensazione, idea, piacere, ec. perchè ci ricordiamo e ci si rappresenta alla fantasia quella stessa sensazione immagine ec. provata da fanciulli, e come la provammo in quelle stesse circostanze. Così che la sensazione presente non deriva immediatamente dalle cose, non è un'immagine degli oggetti, ma della immagine fanciullesca; una ricordanza, una ripetizione, una ripercussione o riflesso della immagine antica. E ciò accade frequentissimamente”, Zibaldone, 515). Da bambino anche se provava dolore questo era un dolore contingente perché appunto credeva nella felicità. In questo modo è costruito A Silvia....


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