LA Favola DEL Piacere DI Pariniù PDF

Title LA Favola DEL Piacere DI Pariniù
Course Letteratura italiana
Institution Università del Salento
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LA Favola DEL Piacere DI Pariniù...


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1. Nel testo della Favola del Piacere Parini racconta la mattinata oziosa del giovane aristocratico e il pranzo a casa della dama, dove in realtà non si è a tavola per mangiare ma per dimostrare la conoscenza dell’etichetta. In questa occasione, l’autore attraverso la voce del precettore racconta un mito eziologico, cioè La favola del Piacere che mira a spiegare l’origine della disuguaglianza tra gli uomini, in particolare tra aristocratici e plebei. In un tempo mitico i termini nobili e plebei erano ignoti agli uomini perché erano tutti uguali, in quanto non esistevano le classi sociali. Tutti gli uomini avevano lo stesso istinto di bere, mangiare e dormire: difatti bevevano tutti dallo stesso fiume, mangiavano tutti dallo stesso albero e riposavano nella stessa ombra. Tutti gli uomini avevano una stessa preoccupazione sfuggire alla sofferenza e dolore. Ma la situazione di ugualità tra gli uomini non piacque agli dei che inviarono il Piacere sulla terra. Il Piacere accarezzò il corpo degli uomini, ma solo alcuni di questi diventarono nobili e attorno ad essi si aggirarono la Bellezza e la Gioia. Fu Prometeo poi che generò in maniera perfetta il nobile corpo inondandolo di fluido altrettanto nobile. Nei nobili così si generarono sollecitazioni di piacere e voglie che producono il desiderio. Tra tutti i sapori, ad esempio, i nobili colsero i più dolci: e quindi preferirono il vino all'acqua. Così l'uomo si divise: il signore si distinse dai plebei nel cui petto rimasero intorpidite le insensibili fibre nervose, incapaci di reagire agli stimoli soavi del Piacere che pure aveva toccato anche loro, ma come i buoi rimasero curvati dallo stimolo del bisogno. Per questo la loro vita rimase tra l'avvilimento, il lavoro e la miseria e per essere chiamati plebe. Il signore a cui parla il precettore racchiude nelle vene il sangue purificato attraverso mille reni dei suoi antenati nobili, perché è il destino assegnatoli dal cielo; e l'umile volgo intanto che ha ricevuto in sorte il lavoro, deve fornire al signore gli strumenti per il suo piacere, perché è nato per servire la nobiltà.

2. La disuguaglianza tra gli uomini è spiegata da Parini con la teoria sensistica. Egli spiega che nell’età dell’oro tutti gli uomini erano uguali, ma dopo la discesa del Piacere sulla terra per volere degli dei gli uomini si differenziarono tra nobili e plebei, così i primi ebbero dei sensi superiori rispetto ai secondi ed aspiravano perciò a non più rispondere ai bisogni ma a desideri e piaceri. In realtà, l’ironia di Parini vuole affermare che solo le ricchezze materiali rendono un aristocratico tale e la differenza tra l’età dell’oro e il nostro mondo è proprio la mancanza di tali ricchezze. 3. V. 255 euguali v. 261 medesimo v. 266 medesimo v. 269 comune v. 272 sembianza 4. Nei versi 263-265: «convenivano insieme i primi padri / del tuo sangue o signore e i primi padri / de la plebe spregiata» l’autore vuole spiegare che gli antenati dei nobili così come quelli dei plebei nella mitica età dell’oro bevevano tutti dalla stessa riva, in quanto non esisteva alcuna distinzione e superiorità di classe.

5. Per mettere in rilievo la disuguaglianza tra nobili e plebei Parini utilizza parole precise (dal verso 319 a 328), riportate qui in grassetto: afferma la nascita delle classi («l’uom si divise»), e si creò una distinzione tra i nobili (signore) e i plebei ( mortali, nel senso di “comuni mortali”), il cui sistema nervoso (fibre) restò insen-sibile ( giacquero ancor) nel petto (seno), incapace di reagire ( inette a rimbalzar) ai dolci impulsi (soavi colpi) del nuovostimolo (nova cagione) da cui (onde) veniva sollecitato (fur tocche, “furono toccate”); e, come (quasi) buoi (bovi) ancora ricurvi verso la terra (suol), andarono (andàro) avanti sotto lo stimolo (pungol) del bisogno; e, destinati (nati) a vivere tra la servitù (servitude ) e unan condizione umile ( viltade), tra la fatica(travaglio) e la miseria (inopia), ricevettero il nome di plebe.

6. La Favola del Piacere di Parini spiega ironicamente la disuguaglianza tra nobiltà e plebe, col fine di dimostrare invece l’uguaglianza biologica degli uomini. Parini utilizza le teorie sensistiche care a lui e ai suoi contemporanei, le quali potevano essere distorte e usate per dimostrare che le differenze di classe fra gli uomini dipendevano dalle differenti qualità dei loro sensi. Per Parini, però, come si riscontra anche nel Dialogo sopra la nobiltà non esiste nessuna differenza biologica tra aristocratici e plebei. La differenza sta solo nelle ricchezze che i rispettivi antenati hanno saputo accumulare attraverso l’astuzia, la bravura, il caso e, soprattutto, attraverso la violenza. Parini è molto chiaro: solo le ricchezze materiali si ereditano, facendo sì che un aristocratico possa continuare a essere tale. Il testo Di Parini potrebbe essere confrontato con il Manifesto della razza del 1938, il quale però puntava concretamente ad affermare la superiorità della razza ariana rispetto alle altre e in particolare l’inferiorità della razza ebrea. Il 5 agosto 1938 sulla rivista La difesa della razza viene pubblicato il seguente manifesto: Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista. Uno dei punti di tale manifesto afferma che IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO. Concludendo comprendiamo la vicinanza dei due testi i quali però puntano assolutamente a due fini opposti. 7. PUNTI DI CONTATTO FAVOLA LUPO E AGNELLO DI FEDRO E FAVOLA DEL PIACERE DI PARINI 

“Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, erano venuti allo stesso ruscello.” “A un rivo stesso a un medesimo frutto a una stess’ombra convenivano insieme i primi padri del tuo sangue o signore e i primi padri della plebe spregiata.” (261-265)



“Allora il malvagio, incitato dalla gola insaziabile, cercò una causa di litigio.” “L’uniforme de gli uomini sembianza spiacque a’ celesti: e a variar lor sorte il Piacer fu spedito” (272-274)



“E così, afferratolo, lo uccide dandogli una morte ingiusta.” “E tra la servitude e la viltade e il travaglio e l’inopia a viver nati ebber nome di plebe”. (326-328)

FAVOLA DI FEDRO: «Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, erano venuti allo stesso ruscello. Il lupo stava più in alto e, un po' più lontano, in basso, l'agnello. Allora il malvagio, incitato dalla gola insaziabile, cercò una causa di litigio. "Perché - disse - mi hai fatto diventare torbida l'acqua che sto bevendo? E l'agnello, tremando: "Come posso - chiedo - fare quello di cui ti sei lamentato, o lupo? L'acqua scorre da te alle mie sorsate!" Quello, respinto dalla forza della verità: "Sei mesi fa - aggiunse - hai parlato male di me!" Rispose l'agnello: "Ma veramente... non ero ancora nato!" "Per Ercole! Tuo padre - disse il lupo - ha parlato male di me!"

E così, afferratolo, lo uccide dandogli una morte ingiusta. Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.»

8. “Vero forse non è” l’incipit del testo fa comprendere come Parini vuole far capire al lettore che sta introducendo un mito eziologico con il quale spiegare l’origine della disuguaglianza degli uomini in un’età che non è storica ma mitica. Per cui vi è la possibilità che tale spiegazione non si veritiera ma solo una leggenda....


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