LEX Aeterna VS LEX Naturalis E Dignita\' Umana PDF

Title LEX Aeterna VS LEX Naturalis E Dignita\' Umana
Author Andreea Larisa
Course Teoria Generale Del Diritto
Institution Università degli Studi di Pavia
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Summary

DESCRIZIONE DI LEX AETERNA E LEX NATURALIS DI TOMMASO D'AQUINO
DIGNITA' UMANA SECONDO KANT, DOVERI VERSO SE STESSI, DIFFERENZA HOMO NOUMENON E HOMO PHAENOMENON, DIPENDENZA OMNILATERALE IN HEGEL, PRADOSSO SI EASTERLIN....


Description

LEX AETERNA E LEX NATURALIS La LEX AETERNA è la ragione della divina sapienza in quanto è direttiva di tutti gli atti e movimenti ed è come la ragione di Dio, la ragione divina. È eterna perché la ragione divina non concepisce nulla nel tempo. Le creature razionali, irrazionali e tutta la natura sono soggette alla lex aeterna. La lex aeterna ha una conoscibilità diretta: è ignota perché si trova nella mente divina e solo i beati possono conoscerla per ciò che essa è realmente. La lex aeterna non può manifestarsi totalmente nei suoi effetti perché è condizionata dalle storiche e contingenti circostanze dell’azione umana. Ogni creatura razionale, nel modo in cui conosce la verità, conosce anche la lex aeterna quanto ai principi comuni della lex naturalis: ogni creatura razionale non può conoscere pienamente la lex aeterna ma non può ignorarla completamente. La creatura razionale ha un’inclinazione ONICA (specifica agli enti naturali che partecipano alla lex aeterna con ciò che fanno e subiscono) e un’inclinazione RAZIONALE (specifica alle creature razionali in quanto ogni creatura ha un’inclinazione naturale verso la ex aeterna). La LEX NATURALIS prende atto della presenza dell’uomo di tendenze naturali premorali orientate a determinati fini. L’ordine dei precetti della lex naturalis segue l’ordine delle inclinazioni naturali: autoconservazione, riproduzione, conoscenze e socialità. I precetti della lex naturalis sono: precetti dell’osservanza che la vita dell’uomo deve conservarsi e non distruggersi; precetti attraverso i quali l’uomo può riprodursi; precetti attraverso i quali l’uomo può evitare l’ignoranza e non danneggiare le persone con le quali deve convivere. Distinzione dei precetti in precetti primi (hanno forza coattiva di precetto, invece le norme delle lex naturalis non hanno forza coattiva di precetto) e precetti secondi (il comportamento descritto dal precetto non è condizione necessaria del conseguimento di un fine naturale primo ma può favorire il suo conseguimento; e se il comportamento prescritto dal precetto è condizione necessaria del conseguimento di un fine naturale secondo). I precetti secondi della lex naturalis derivano dai precetti primi. La lex naturalis può sempre mutare con l’introduzione di nuove norme. Mentre nessun principio primo può essere abrogato, i precetti secondi possono mutare ma l’aggiunta di nuove norme non colma le eventuali lacune ma migliora la lex naturalis. È necessario che la lex naturalis venga integrata dalla ragione attraverso norme particolari poste in due modi: come conclusioni dedotte dai principi della lex naturalis (la norma posta è una norma di diritto naturale); o come determinazioni della lex naturalis (la norma posta è una norma di diritto positivo).

DEFINIZIONE KANTIANA DI RISPETTO DELLA DIGNITA’ UMANA: PAG 83-84 ; CONTENUTO ESSENZIALE DELLA DIGNITA’ UMANA: PAG 84-88 ; ESEMPI DI VIOLAZIONE DELLA DIGNITA’ UMANA: PAG 84-87 Secondo Kant, si deve agire in modo da considerare l’umanità, sia nella propria persona, sia nella persona di ogni altro essere umano come scopo e mai come mezzo. Il dovere delle persone è quello di non ridurre la persona all’essere solo un mezzo per fini altrui. Infatti si ha offesa della persona quando si riduce una persona alla parte fenomenica (quando la persona malata diventa solo paziente e il detenuto solo detenuto): si offende la dignità di una persona detenuta quando la si identifica con la sua pena, quando la persona è considerata solamente un detenuto. Un aspetto paradossale dell’offesa alla dignità umana è che chi è vittima, si vergogna di essere identificato con una parte di sé anche se non 1

coincide con l’intero. Martha Nussbaum afferma che offendono la dignità umana delle punizioni che non sono impartite per azioni commesse ma che costituiscono un’umiliazione dell’intera persona. Erano lesive della dignità umana quelle conseguenze del fallimento che comportavano una sorte di CAPITIS DEMINUTIO: l’espressione ridursi al verde risale ai berretti verdi che erano obbligati a portare sul capo i falliti, esponendosi ad una pubblica infamia. Una recente variante della concezione positivistica utilizza i dati della genetica e delle neuroscienze per ridurre la persona umana alle sue parti biologiche. Un’altra offesa della dignità umana viene da parte del diritto privato nel caso degli incapaci naturali esclusi dalla possibilità di contrattare e o di realizzare altri effetti giuridici (emarginazione dalla società dei contraenti). Kant afferma inoltre che nessuno può per contratto OBBLIGARSI a una dipendenza tale da smettere di essere una persona. Infatti un uomo non può obbligarsi nei confronti di un altro con un contratto di prestazione e fornirgli servizi indeterminatamente per natura e grado ma può impegnarsi soltanto in lavori determinati per natura e grado.

DOVERI VERSO SE’ STESSI: PROBLEMATICA E POSSIBILI ESEMPI: PAG 90-92 Ogni uomo è tenuto a rispettare l’homo noumenon non solo negli altri uomini, ma anche in se stesso: l’uomo possiede una dignità inalienabile che gli impone il rispetto verso se stesso. Il dovere verso se stessi consiste nel conservare la dignità della natura umana nella propria persona. Il più celebre dei doveri verso se stessi è analizzato da Kant: non abbreviarsi la vita nemmeno se la vita minaccia più male che piacere. Ogni offesa alla dignità altrui è anche un’offesa alla propria ma anche un’offesa alla propria dignità offende l’umanità di ogni altro uomo. Nel diritto italiano il tema dei doveri se stessi ha un’importanza relativa all’articolo 5 del cod. civ. rispetto ai trattamenti salva-vita e nell’articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea rispetto al divieto di fare del corpo umano e delle sue parti una fonte di lucro.

DIFFERENZA TRA HOMO NOUMENON E HOMO PHAENOMENON: PAG 89-92 L’uomo phaenomenon è l’uomo considerato nel sistema della natura un animale razionale che condivide con gli altri animali un valore comune: la sua superiorità rispetto agli altri animali per il suo intelletto e la sua capacità di porsi degli scopi, gli dà un valore esterno della sua utilità. L’homo noumenon è superiore ad ogni prezzo: possiede una dignità con la quale costringe tutti gli altri esseri razionali ad avere rispetto per lui e grazie al quale può misurarsi con ognuno di loro e valutarsi su un piano di parità. L’uomo va valutato non soltanto come mezzo per gli scopi altrui oltre che per i propri, ma anche come scopo a se stesso. Esempio: Catherine MacKinnon propone di estendere ad ogni donna il diritto di chiedere un risarcimento ai produttori e distributori di materiale pornografico. Ogni uomo è tenuto a rispettare l’homo noumenon non solo negli altri uomini, ma anche in se stesso: l’uomo possiede una dignità inalienabile che gli impone il rispetto verso se stesso. Il dovere verso se stessi consiste nel conservare la dignità della natura umana nella propria persona.

LA QUESTIONE DEL DIRITTO MUTO IN RODOLFO SACCO: Gli enunciati o le proposizioni racchiuse in un testo scritto, così come i gesti solenni o comportamenti che realizzano un atto giuridico senza la pronuncia di parole si riferiscono ad un soggetto che intende produrre effetti giuridici con modalità linguistiche, simboliche.

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Vi sono casi in cui gli atti formali sono efficaci anche senza la pronuncia di alcuna parola. Il sintagma atto muto, è suggestivo ma equivoco: gli atti giuridici muti non sono atti non-linguistici perché anche se non utilizzano il linguaggio verbale si basa su segni e simboli. Gli atti muti sono atti semapragmatici.

SOCIETA’ DELLA DIPENDENZA OMNILATERALE IN HEGEL: PAG. 31-34 La società è un sistema di UNIVERSALE DIPENDENZA nella quale gli uomini sono in dipendenza reciproca tra di loro. Questa dipendenza si manifesta sempre come universale, diversa dalla dipendenza personale tipica dei rapporti sociali. Ciò si realizza mediante la dialettica del perseguimento di fini particolari che richiedono i contributi molteplici di altri soggetti. L’esito della dipendenza reciproca diventa patrimonio generale al cui ciascuno può prendere parte al fine di essere garantito nella propria sussistenza. Ih Hegel il patrimonio si contrappone alla proprietà di chi è meramente singolo. È il patrimonio, e non la proprietà, la dotazione di una soggettività etica. Nella prospettiva di Marx il sistema economico determina una curvatura della dipendenza relazionale dell’uomo che di tale dipendenza ne muta la qualità assiologica. Infatti il valore della relazione è dato dal terzo che rende possibile tale relazione. Infatti per Marx sono robinsonate le teorie politiche ed economiche che mettono al loro l’individuo isolato come nel romanzo di Defoe dopo il naufragio. Infatti la teoria del diritto è chiamata a superare le robinsonate.

FELICITA’ COME BENESSERE E FELICITA’ ISTANTANEA: PAG. 40-42 Per quanto riguarda la felicità, occorre risalire ad Aristotele che afferma che felicità e benessere sono sinonimi. Nell’esperienza personale si incontra un tipo di felicità denominato felicità istantanea che esula la prospettiva della dipendenza reciproca degli uomini. La felicità, nella prospettiva aristotelica, non è un evento e neppure uno stato, una disposizione personale ma è una attività dell’anima, cioè un’attività intenzionale. La felicità come attività non si identifica con il possesso di beni esteriori, ma gli richiede in quanto è impossibile o difficile compiere azioni belle se si è privi di risorse materiali. Per la felicità sono richiesti i beni esteriori come mezzi a servizio della felicità.

I BENI RELAZIONALI: PA. 42-43 Grazie alla dipendenza reciproca gli uomini possono accedere a tre risorse per la loro felicità: 1- BENI MATERIALI: disponibili grazie alla divisione del lavoro 2- BENI DELLA PARTECIPAZIONE CIVICA: disponibili grazie al ruolo attivo nelle istituzioni etiche 3- BENI DI RELAZIONE O RELAZIONALI: disponibili grazie ai legami affettivi e amicali Dal XX secolo il benessere degli uomini dipende solamente dal tipo dei beni materiali. Perciò EASTERLIN introduce il suo paradosso: VI E’ UNA CORRELAZIONE POSITIVA TRA CRESCITA DELLA RICCHEZZA E FELICITA’ FINO AL PUNTO DELLA CRESCITA, DOPODICHE’ LA CORRELAZIONE DIVENTA NEGATIVA, PERCHE’ INSIEME ALL’AUMENTO DEI BENI MATERIALI DIMINUISCONO QUELLI CIVICI E RELAZIONALI. Nella prospettiva di Aristotele, gli amici rappresentano il più grande dei beni esteriori. Infatti il requisito dell’amicizia è la convivenza, e il vivere insieme per opera dell’amicizia è l’elemento necessario della polis.

ESSENZIALITA’ DELLA POLIS PER LA VITA BUONA DELL’UOMO: PAG. 44-48 Nella prospettiva di Aristotele, gli amici rappresentano il più grande dei beni esteriori. Infatti il requisito dell’amicizia è la convivenza, e il vivere insieme per opera dell’amicizia è l’elemento necessario della polis. La vita solitaria è difficilmente considerarla una vita umana. Tommaso ritiene che a felicità 3

perfetta si dà con la visione di Dio e che la compagnia degli amici giovi al benessere di tale felicità. Se la felicità richiede la disponibilità di beni, la polis è il luogo in cui la disponibilità si dà in un modo stabile. È solo nella polis che l’uomo può essere felice. La polis infatti rappresenta la società perfetta. La famiglia e il villaggio non consentono all’individuo di avere le dotazioni necessarie per essere felice, di avere l’autosufficienza che lo stato consente alla persona di fornire le dotazioni. Da qui Aristotele enuncia la tesi in quanto solo nella polis l’uomo raggiunge la pienezza: più una comunità è felice quanto più le persone che la compongono possono diventare felici e stabilmente continuare ad esserlo. Felicità personale e felicità comune costituiscono i termini di una relazione in cui uno rinvia all’altro senza esaurirlo. Infatti la felicità personale si dà entro un contesto di felicità comune. Platone, nella Repubblica, privilegia la felicità comune rispetto a quella personale. Infatti le felicità personali non potrebbero darsi prima della realizzazione di una felicità comune e si daranno una volta che questa si sia realizzata. Secondo Rosmini il bene comune è il bene di tutti gli individui che compongono il corpo sociale, e che sono soggetti di diritti. Il bene pubblico è il bene del corpo sociale preso nel suo tutto, nella sua organizzazione. Il bene pubblico assume le caratteristiche della giustizia come utile del più forte (Trasimaco), e consiste nel bene della maggioranza. Un esempio importante è il caso dei CICLOPI, nell’Odissea, non hanno assemblee di consiglio, leggi, vivono in grotte profonde in cima dei monti, le leggi sono fatte da ciascuno di loro. Aristotele menziona la tesi di coloro che pensano che la società perfetta è resa dal potere di un tiranno.

FORMA VS FORMALISMO: La forma e il formalismo non hanno nulla in comune. La forma non è altro che il diritto, mentre il formalismo comincia dove il diritto finisce. Gli atti non formali, non regolati dalla forma, non esistono, esistono degli atti non formali la cui forma è libera dalle azioni. È la forma a conferire alle azioni umane un valore della realtà, e consente di manifestare gli effetti delle azioni.

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CHI ERAT RSI MACO T r a s i ma c oès t a t ou nfi l o s o f oeo r a t o r eg r e c oa n t i c o . Po c h es o n ol en o t i z i es u l l as u av i t a : s a p p i a moc h en a c q u en e l l ac o l o n i ame g a r i c ad i Ca l c e d o n ed i Bi t i n i a , s u l Bo s f o r o , ec h ep r e s ep a r t ea l l av i t ap o l i t i c ad i At e n e , d o v eg i u n s en e l 4 2 7a . C. I n c e r t aèl ad a t ad e l l a mo r t e , c o mei n c e r t aèl an o t i z i ac h el ov o r r e b b es u i c i d a . Pe rq u a n t or i g u a r d ai n v e c el as u aa t t i v i t àd i s o fi s t a , s a p p i a moc h es c r i s s emo l t eo p e r ed i r e t o r i c a , t r ac u i i mp o r t a n t i t r a t t a t i s u l l o« s t i l eme d i o »-o p e r ed i c u i n o nc i r e s t a n oc h es c a r s i f r a mme n t i . L af a mad i T r a s i ma c o , t u t t a v i a , èd o v u t aa l L i b r oI d e l l aRe p u b b l i c ad i Pl a t o n e , d o v es v o l g ei l r u o l od i i n t e r l o c u t o r e d i So c r a t e . Sa p p i a moc h eT r a s i ma c o , s o fi s t ami n o r ed e l Vs e c o l oa . C. , n e l c o r s od e l l ap r o p r i aa t t i v i t às i o c c u p ò p r i n c i p a l me n t ed i r e t o r i c aep o l i t i c a . Pe rq u a n t or i g u a r d al ap r i ma , T r a s i ma c oèt r ai p r i n c i p a l i s o fi s t i a d o c c u p a r s i d e l c o s i d d e t t o« s t i l eme d i o »o« mi s t o » , c i o èq u e l l os t i l er e t o r i c on a t od a l l ac o mmi s t i o n e d e l s u b l i mec o nl ' u mi l e . Or a t o r er a ffin a t o , p a r ef o s s ea b i l i s s i mon e l l ' i n c i t a r ei l p u b b l i c oa l l ' i r ac o mea l p i a n t o , ep e rq u e s t ol o d a t oeg e t t o n a t oc o mei n s e g n a n t e . Pe rq u a n t or i g u a r d al as u aa t t i v i t àp o l i t i c a , T r a s i ma c op a r t e c i p òa l l av i t ad i At e n ec o nv a r i d i s c o r s i p u b b l i c i . I l p i ùi mp o r t a n t ed i q u e s t i , i n t i t o l a t oSu l l ac o s t i t u z i o n e , èd e d i c a t oa l l ac o s t i t u z i o n ea t e n i e s eea l l ac r i s i d e l g o v e r n od e mo c r a t i c o . I l s o fi s t ai n d i v i d u al ac a u s ad e l d e c l i n oi nc u i v e r s al ap o l i sn e l l ac a t t i v ac o n d o t t ad e i g o v e r n a n t i , i q u a l i s i s o n od i s t a c c a t i d a l l ac o s t i t u z i o n ed e g l i a n t e n a t i i n g e n e r a n d os c o n t r i i n t e s t i n i : p e r f a v o r i r el ac o n c o r d i as i d o v r àa l l o r at o r n a r ea l l ac o s t i t u z i o n ed e i p a d r i ( i np a r t i c o l a r ea l l al e z i o n ed i So l o n e ) , c h eès e mp l i c eer e t t ag u i d ap e ri c i t t a d i n i ( s i n o t i c h et a l i a r g o me n t i e r a n ot i p i c i d e l l ap r o p a g a n d a o l i g a r c h i c a ) .

NASCITA DELLE CITTA’ Una città è un insediamento umano, esteso e stabile, un'area urbana che si differenzia da un paese o un villaggio per dimensione, densità di popolazione, importanza o status legale. Il termine italiano città deriva dall'analogo latino civitas, e deriva dalla stessa etimologia di civiltà. Una definizione sintetica di città potrebbe essere: concentrazione di popolazione e funzioni, dotata di strutture stabili e di un territorio. Tale definizione presenta il vantaggio di una maggiore duttilità. In senso amministrativo il titolo di città spetta ai comuni ai quali sia stato formalmente concesso in virtù della propria importanza e varia secondo gli ordinamenti giuridici dei vari Stati. Città e cittadine hanno una lunga storia, sebbene ci siano diverse opinioni riguardo ai casi in cui un certo particolare insediamento antico possa essere considerato una città. Le prime vere città sono a volte indicate come grandi insediamenti nei quali gli abitanti non si limitavano a coltivare le terre circostanti, ma cominciavano ad avere occupazioni specializzate, e nelle quali il commercio, l'immagazzinamento dei cibi ed il potere erano centralizzati. Le società basate sulla vita nelle città vengono spesso chiamate civiltà. 5

Secondo questa definizione, le prime città di cui abbiamo notizia erano situate in Mesopotamia, come Uruk e Ur, o lungo il Nilo, la vallata dell'Indo e la Cina. Prima di queste sono rari gli insediamenti che raggiungessero dimensioni significative, sebbene ci siano eccezioni come Gerico, Çatal höyük e Mehrgarh. Le prime città si sviluppano, quindi, in zone fertili, lungo grandi fiumi e vaste pianure agricole o in punti che costituiscono passaggi obbligati delle vie commerciali. L'insediamento urbano più antico di cui finora siano state ritrovate le tracce risale all'8000 a.C., ben 4500 anni prima dello sviluppo delle grandi civiltà fluviali in Mesopotamia ed Egitto. Si tratta della città di Gerico nelle vicinanze del Mar Morto, probabilmente sorta grazie alle attività mercantili collegate allo sfruttamento del sale e dei minerali della zona. Le possenti mura e i resti di una torre testimoniano una volontà difensiva che permette di collocare la città in un complesso sistema di rapporti con il territorio circostante. Il primo centro urbano di cui restano tracce consistenti è Çatalhöyük, nell'odierna Turchia (6000 a.C.): un agglomerato ordinato di piccole case in mattoni che ricopre un'intera collina. I vicini giacimenti di ossidiana (una roccia vulcanica usata fin dalla Preistoria per oggetti appuntiti o taglienti) fanno pensare che la cittadina controllasse l'estrazione e la lavorazione di questa sostanza. Pitture e rilievi murali ci restituiscono aspetti importanti della cultura degli abitanti: cacciatori, avvolti in pelli di leopardo, inseguono le loro prede; enormi avvoltoi si cibano delle teste dei cadaveri; imponenti leopardi stilizzati dominano le pareti, proteggendo così la città e propiziando la caccia; complesse e coloratissime decorazioni geometriche abbelliscono gli interni. Ritroviamo insomma in embrione gli elementi costitutivi di ogni civiltà urbana: diversificazione produttiva (agricoltura, caccia, commercio), presenza di attività specializzate (pittori), valore polifunzionale (nucleo abitativo, santuario, magazzino). Non esiste però ancora una vera concezione dello “spazio urbano”: le case sono costruite l'una sull'altra, mancano le strade, la città non si divide in “zone funzionali” dedicate in modo esclusivo al culto o ai commerci o alla vita comunitaria. Per ritrovare questi elementi bisogna attendere la formazione di una società più complessa.

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