Lex Dei - riassunto della lex dei utile per sostenere l\'esame di diritto romano 4 anno PDF

Title Lex Dei - riassunto della lex dei utile per sostenere l\'esame di diritto romano 4 anno
Course Diritto Romano (IV anno)
Institution Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
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riassunto della lex dei utile per sostenere l'esame di diritto romano 4 anno con il prof. Barone Adesi...


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Lex Dei PARTE PRIMA LA COLLATIO LEGUM MOSAICARUM ET ROMANARUM Per quanto riguarda le indagini relative alla Collatio legum mosaicarum et romanarum possiamo dire che queste furono avviate nel 1573, anno al quale risale l'edizione della collezione ad opera di Pithou, che l'aveva scoperta in un vecchio codice appartenente ad un'antica biblioteca francese. Immediato fu l'interesse che l'opera suscitò negli studiosi, lo stesso Pithou evidenziava che contenesse testi giuridici romani fino ad allora sconosciuti. Si pose a quel punto il problema di individuare l'autore di quell'opera e a che tempi risalisse. In un primo momento l'opinione comune imputò l'opera ad un autore cristiano; in seguito questo pensiero si rafforzò nel momento in cui si iniziò a sostenere che l'opera rientrasse nelle fonti utilizzate dagli ecclesiastici nelle episcopalis audientia,vista la forte presenza al suo interno di legislazione religiosa. Indagini a riguardo sono state svolte fino all'inizio del nostro secolo, ma non si è comunque giunti ad individuare il compilatore dell'opera. Anche per quanto concerne la data da attribuire all'opera le opinioni sono state discordanti: inizialmente è stata attribuita all'età di Teodosio II, poi nel primo trentennio del nostro secolo la compilazione è stata collocata tra il 394 e il 438. In un secondo momento Volterra mette in discussione l'indirizzo che attribuisce senz'altro l'opera ad un autore cristiano, dal momento che secondo lui nell'opera era presente una peculiare sensibilità giuridica e dunque a suo parere l'opera era stata scritta da un soggetto che conosceva sia il diritto ebraico che il diritto romano. Inoltre secondo Volterra l'inserimento nella Collatio di fonti giuridiche romane quasi esclusivamente precostantiniane ne rende improbabile l'attribuzione ad un autore cristiano operante in età costantiniana o teodosiana: egli propone quindi come termine a quo per la formazione della Collatio il 324. Tornando in merito all'identikit dell'autore, lo studioso si limita a prospettare l'ipotesi che l'origine dell'opera vada ricercata in ambito ebraico occidentale: a favore di questa tesi Volterra fa notare come tra le peculiarità del popolo eletto rientri la concezione giuridica della Bibbia e in particolare della Torah, la legge al centro dell'esegesi rabbinica. Secondo Volterra il trattato doveva essere destinato non tanto agli ebrei della Diaspora, quanto piuttosto a persone fuori del mondo giudaico, alle quali l'autore intendeva provare non solo la conformità, ma l'anteriorità e la superiorità delle norme mosaiche rispetto a quelle romane. Edoardo Volterra ha dunque il merito di aver sottoposto all'attenzione scientifica motivazioni accorte e ponderate che, a partire dal 1930, hanno dimostrato la plausibilità di ascrivere la redazione della collatio ad ambito ebraico. Un rinnovato approccio storico all'opera è dovuto ad un'acuta indagine effettuata dalla Cracco Ruggini, il quale sostenne che la data dell'opera risalirebbe agli anni 385 o 391,e che l'autore sarebbe un ebreo romano intento a suscitare la benevola attenzione dell'aristocrazia pagana. Tale orientamento risulta accolto da Volterra. La rigida bipartizione rilevata dalla Cracco Ruggini tra quelli che ritengono la collezione redatta da un autore ebreo di età precostantiniana oppure da un cristiano di età costantiniana-teodosiana continua a segnare anche le indagini più recenti. Gli studiosi Liebs e Pieler sono concordi sul compilatore cristiano, ma divergenti in merito ai fini perseguiti dalla collezione. Pugliese avanza l'ipotesi che l'opera risponda allo scopo di fornire ai membri delle comunità ebraiche una specie di prontuario, che li facilitasse nell'applicazione del diritto romano, nei loro confronti o da parte loro,dinanzi a tribunali o autorità ufficiali dell'impero.

PARTE SECONDA ROMANITAS, GIUDAISMO E CRISTIANESIMO IN ETÀ PRECOSTANTINIANA

Capitolo Primo. Nel 212 Antonino Caracalla estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell'Impero romano: obiettivo era quello di suscitare, tramite la promozione di comuni vincoli culturali, maggiore coesione religiosa e politico-giuridica tra le popolazioni appartenenti alla res publica. Attraverso un papiro gli studiosi sono giunti poi a comprendere che intento dell'imperatore era in particolare rendere omaggio agli dei per la protezione ricevuta, e proprio attraverso l'estensione della cittadinanza intendeva coinvolgere tutti i sudditi dell'impero nel culto riservato alle divinità romane. Secondo alcuni tutto ciò può essere stato la causa dell'incremento delle successive persecuzioni verso i cristiani: in realtà la ratio dell'elargizione della cittadinanza sarebbe stata quella di suscitare unanime adesione dei sudditi-cives romani al culto delle divinità protettrici dell'urbe, si sarebbe inteso contrastare l'attitudine ad astenersi dagli usi romani, particolarmente attestata appunto tra i cristiani. In seguito altri studiosi sostennero, al contrario, che la concessione della cittadinanza favorì l'incremento sociale dell'influenza cristiana e che quindi non ci fosse nessun disegno persecutorio dietro l'estensione della cittadinanza. Il proselitismo ebraico, o cristiano, destò agli inizi del III secolo l'attenzione di Settimio Severo: personalmente incline alla tolleranza egli fu però preoccupato dalla rigida e provocatoria attitudine assunta dai cristiani della regione dalla quale veniva, nei confronti della res publica Romana. Contrario a metodi violenti, secondo alcuni, l'imperatore aficano cercò di promuovere anch'esso l'unanime adesione politico-religiosa a Roma da parte delle popolazioni africane; secondo altri fu promotore di azioni persecutorie verso ebrei e cristiani. In questo senso pare si possa rilevare una convergenza tra gli scopi perseguiti dalle misere emanate da Settimio Severo per scoraggiare il proselitismo ebraico e cristiano e i fini forse perseguiti da Caracalla con l'estensione della cittadinanza. Eliogabalo, invece, pone al vertice del sistema religioso romano la divinità fenicia della quale ha assunto il nome e non solo si astiene dal perseguitare ebrei o cristiani, ma giunge perfino a programmare l'inserimento dei culti monoteistici nel suo sistema sincretistico progettato per unire religiosamente tutti i cives romani (Sincretismo= conciliazione di elementi culturali,filosofici,religiosi, ecc tra due o più culture diverse). Anche Alessandro Severo in seguito continua a promuovere il Sincretismo, accorda dei privilegi agli ebrei e viene ricordato come amico dei cristiani. In seguito anche Massimino il Trace promuove il sincretismo, attua però delle misure persecutorie nei confronti di chi non fosse fedele all'imperatore. Tali misure continuarono con Decio, in maniera forse più drastica, dal momento che si impose ai cittadini di manifestare pubblicamente la loro fedeltà all'imperatore romano, mediante l'adempimento dei tradizionali atti culturali pagani. Con Massimino il Trace e Decio non si bandisce dunque il culto del cristianesimo, ma si obbliga i cristiani a riconoscere le cerimonie romane. Con Valeriano successivamente,invece, si hanno delle vere e proprie misure persecutorie, soprattutto nei confronti del clero e quindi della gerarchia ecclesiastica. Vengono previste infatti delle pene per i refrattari: • pena capitale a vescovi, presbiteri e diaconi; • perdita della dignitas e confisca dei relativi patrimoni a senatori, cavalieri e matrone; • condanna ai lavori forzati, con conseguente riduzione in schiavitù, ai funzionari civili. La fine di tali persecuzioni si avrà con Gallieno, con cui si instaurerà una nuova pace tra Impero e Chiesa .

Capitolo secondo. Dal III secondo in poi si instaura il governo Tetrarchico, composto da 2 Augusti e 2 Cesari, in quanto l'idea era quella che gli dei governassero attraverso questi uomini. Uno dei tetrarchi fu Diocleziano, il quale attraverso l'emanazione di una costituzione il 1 Maggio 285, stabilisce delle regole: • regole riguardo il matrimonio, che doveva essere conforme ai principi romani. I sudditi che avessero contratto matrimonio violando tali principi erano puniti attraverso la nullità dello stesso e l'illegittimità di eventuali figli. Per i matrimoni contratti in precedenza era concessa la clemenza, il matrimonio era considerato legittimo ma non i figli. La bigamia veniva espressamente vietata. Per Diocleziano i principi giuridici romani sono degni della massima venerazione e meritevoli di essere salvaguardati: solo se tutti i sudditi continueranno a trascorrere una vita pia e vasta dei dei resteranno ancora favorevoli all'impero romano. L'assicurazione del sostegno divino costituisce quindi la priorità perseguita dalla legislazione tetrarchica. ; • altre regole riguardavano la geometria e la matematica: viene autorizzato l'insegnamento e la pratica della prima, vietata invece la consultazione dei matematici a causa dell'origine persiana della loro scienza. Abbiamo quindi un'ostilità tetrarchica alla diffusione nell'impero romano di dottrine provenienti dalla Persia. ; • altre regole riguardavano la religione Manichea che dilagava in Africa ma a cui Diocleziano non era favorevole, tant'è vero che stabilì delle pene per i manichei, irrogandole a seconda della distinzione tra electi e auditores, che contraddistingueva l'ambito manicheo (auditores: dovevano provvedere ai bisogni comunitari; electi: esclusi da qualsiasi attività lavorativa dovevano dedicarsi esclusivamente alla preghiera). Quanto alle pene il tetrarca condanna gli electi, detentori dei testi sacri che hanno l'onere di diffondere, alla vivi-combustione e dispone che siano bruciate le opere in loro possesso; sottopone invece gli auditores ad un'interrogazione volta ad accertarne l'effettiva adesione al manicheismo e in tal caso prevede la decapitazione e la confisca dei beni. Dopo aver perseguito i Manichei Diocleziano si scaglia anche contro i cristiani, escludendoli innanzitutto dall'esercito e dalle amministrazioni e poi stabilendo la distruzione delle chiese, l'interdizione dalle celebrazioni culturali e la consegna dei libri sacri destinati ad essere bruciati. Tutto ciò al fine di unificare l'impero sotto l'unico culto delle divinità romane. Anche con Galerio, in seguito, il panorama non cambia, anzi peggiora: vennero prese delle disposizioni ancora più drastiche dal momento che tutti i cristiani che non compivano sacrifici agli idoli dovevano essere messi a morte. I cristiani comunque non vogliono uniformarsi e l'estensione della cittadinanza romana a tutti i sudditi perde di rilevanza; Galerio asserisce che i cristiani siano irrecuperabili, avverte l'insanabile contrasto tra la lex romana e quella cristiana, e nonostante sia consapevole del pericolo che il cristianesimo costituisce per l'impero deve prendere atto che le misure persecutorie non siano state in grado di perseguire lo scopo di costringere la maggioranza a piegarsi ai culti tradizionali della Repubblica Romana. Galerio quindi non è solo conscio del suo fallimento ma asserisce inoltre che unico risultato raggiunto attraverso la drastica repressione del cristianesimo è l'aver indotto i cristiani a non praticare né il proprio culto e né i culti tradizionali di Roma; ritiene per questo opportuno perdonare i cristiani in modo che possano professare di nuovo e senza timori la loro fede e quindi riammettere in poche parole il cristianesimo, affinché i cristiani ritornino ad avere rispetto della legalità e della disciplina romana.

Capitolo terzo. Il disegno di unificare l'impero trova ostacolo non soltanto nel cristianesimo, ma anche negli Ebrei. Questi avevano un solo Dio e praticavano l'ortoprassia, osservavano cioè i precetti comunicati da Dio a Mosè; osservavano la Torah, raccolta delle tradizioni normative, i Profeti, gli Scritti, il Rotolo del Tempio (che conteneva norme assenti nella Torah) e la Misnha (sommario pratico di vita ebraica). Della Torah in particolare abbiamo una duplice definizione: la Torah scritta, che comprende i 613 precetti e divieti della rivelazione sinaitica; la Torah orale, ugualmente comunicata a Mosè e trasmessa ininterrottamente attraverso la tradizione. Quest'ultima costituisce il maggiore fondamento della vita religiosa ebraica. Nella sua duplice dimensione la Torah occupa il primo posto nella tripartizione rabbinica della Sacre Scritture in: • Torah; • Profeti; • Scritti. Il giudaismo rabbinico si organizza su una struttura autoritaria centralizzata in Galilea, e abbiamo: • accademia rabbinica; • corte di giustizia; • Nasi (=patriarca), più elevato rango sociale dell'impero, artefice della Misnha e dotato di poteri tali da infliggere la pena capitale. Centro propulsore delle comunità ebraiche sono le sinagoghe, presiedute spiritualmente dall'archisinagogo, ma sostanzialmente dai rabbini, i quali stabiliscono ordinanze,divieti e precetti. Quanto invece allo status giuridico degli ebrei occorre distinguere due epoche: • prima del 70 d.c. vi erano diversi status: lo status di peregrini (residenti in Palestina), i cittadini di una polis ellenistica (appartenenti della Diaspora orientale), i cittadini romani; • dopo il 70 d.c. vengono eliminate le precedenti distinzioni.

Capitolo quarto, quinto e sesto. I primi rapporti tra ebrei e repubblica romana si hanno nel II secolo a.C. e si sviluppano soprattutto dopo che la conquista di svariate regioni dell'Oriente determina l'inclusione nell'impero di fiorenti comunità giudaiche. Proprio in questo periodo vengono riconosciuti agli ebrei alcuni privilegi, nonostante ciò in seguito viene distrutto il Tempio di Gerusalemme che da nuovamente inizio alle ostilità. Proprio da questo momento si può dire che sia difficile distinguere cristianesimo ed ebraismo, visti i punti coincidenti, e a metà tra i due troviamo lo Gnosticismo. Uno dei più importanti gnostici fu Saturnino,il quale sosteneva che Cristo fosse venuto al mondo per distruggere il Dio degli ebrei. Altro importante gnostico fu Tolomeo, che fece una triplice distinzione fra gli autori della Legge: • Dio; • Mosè; • gli Anziani del popolo. Nell'ambito della legge prospetta poi una bipartizione fra norme di origine divina ed umane. Queste ultime sono ulteriormente distinte in disposizioni mosaiche, dovute cioè a Mosè quando parla a nome proprio e non come intermediario di Dio, e statuizioni adottate dagli Anziani d'Israele. Per quanto riguarda invece le norme di origine divina Tolomeo procede ad una tripartizione: • normativa pura (priva di confusione con il male,Decalogo); • la normativa mista con l'elemento inferiore (quindi con l'ingiustizia, Legge del taglione);



la normativa figurativa e simbolica, in cui ci sono cose abolite materialmente ma non spiritualmente (offerte, sabato, circoncisione,i digiuni, la pasqua, ecc).

Riguardo alla divinità autrice della Legge, il maestro gnostico sostiene che si tratti di un Demiurgo intermedio e giusto, che bisogna distinguere dal Dio perfetto e trascendente, padre di tutte le cose. Occorre quindi distinguere tre realtà in ambito divino: • la buona, del padre perfetto signore di tutte le cose; • la cattiva o ingiusta, dell'Avversario; • l'intermedia del Demiurgo (giusta ma imperfetta). I cattolici intendono distinguersi da queste dottrine gnostiche e per farlo utilizzano tre criteri, che servano ad individuare un'autentica ecclesia cristiana: • Traditio apostolica, che si fonda sull'istituzionalizzazione, cioè su una struttura gerarchica della chiesa; • Regula Fidea, la dottrina che Cristo ha trasmesso agli apostoli, attraverso la quale si possono comprendere le dottrine vere e quelle false; • Canone neotestamentario. Quanto alla disciplina ecclesiastica, la più antica fonte in questo ambito è la Didachè, eccezionale documentazione di problemi e di indirizzi disciplinari, una compilazione di materiali preesistenti che descrivono l'effettiva realtà ecclesiale. Fondata sulla dottrina ebraica delle “due vie, l'opera presenta i cinque divieti fondamentali relativi ai seguenti peccati principali: • omicidio; • fornicazione, adulterio; • idolatria, astrologia, magia; • menzogna; • bestemmia.

PARTE TERZA LEX CHRISTIANA E LEX IUDAICA IN ETÀ COSTANTINIANA Costantino riconosce i cristiani, condanna i tetrarchi che li avevano perseguitati ed elogia i barbariegizi che invece avevano accolto i cristiani in fuga dalle persecuzioni. L'imperatore tollera anche le altre religioni, forse più formalmente che sostanzialmente, ma comunque assicura il pieno godimento della liberà religiosa non solo ai credenti (=cristiani cattolici) ma anche agli erranti (=acattolici). Convincimento del sovrano è quello secondo cui la possibilità di vivere in modo conforme alla giustizia è riservata unicamente a quanti sono chiamati al godimento delle sante leggi divine;egli dichiara apertamente di desiderare la conversione al cristianesimo dei cittadini romani, allo stesso tempo vieta però il ricorso a misure coercitive o ad atti volti ad imporre la cristianizzazione coatta dell'impero. Costanzo, figlio di Costantino, continuò l'opera de padre concedendo altri privilegi ai cristiani; è più rigido però verso gli ebrei, prevedendo delle pene: si prevede la confisca dei beni di colui il quale da cristiano passi alla religione ebraica. Giuliano fa un passo indietro, dal momento che essendo pagano il suo intento è quello di restaurare il paganesimo, ma tollera sia i cristiani che gli ebrei. Nonostante ciò prevede l'abrogazione dei privilegi accordati dai precedenti imperatori ad ecclesiae e membri del clero. Teodosio I asserisce che i cattolici devono uniformarsi al Dogma Niceno, ovvero alla dottrina evangelica che inasprisce le pene nei confronti degli ebrei e determina il calendario dell'impero in relazione al cristianesimo, ma difende gli ebrei convertiti. Teodosio II abolisce il paganesimo in favore del cristianesimo e prevede delle misure rigide nei confronti degli ebrei Onorio difende invece gli ebrei che si sono convertiti al cristianesimo. Valentiniano III è assolutamente a favore del cristianesimo e cerca di escludere gli ebrei e i pagani interdendogli la professione forense e l'accesso alla burocrazia dell'impero e gli vieta inoltre di possedere schiavi cristiani per scongiurare il pericolo che codesti servi aderiscano alla religione del padrone.

PARTE QUARTA LA LEX DEI La Collatio serve a porre in connessione norme bibliche con il mondo romano: abbiamo 16 titoli tra cui 15 di diritto penale ed 1 di diritto privato, fine della collatio era quello di adattare la Bibbia alla normativa romana. Per quanto concerne l'autore dell'opera si ritiene che non possa essere un ebreo dal momento che mancano le fonti rabbiniche, ma si ritiene anche che non possa essere un cristiano dal momento che manca l'Antico testamento. Vari studi hanno comunque portato a capire che l'opera nasce a Roma, per la data bisogna considerare l'ultimo editto presente nella collezione, cioè l'editto di Diocleziano riguardante la religione Manichea. L'opera era quindi presente nell'età teodosiana e di Valentiniano III. Essa è stata redatta in ambito ebraico-romano, affinché a tutta l'umanità fosse dimostrata la conformità delle leggi ebraiche e la fedeltà degli ebrei alla repubblica e inoltre persegue l'obiettivo di assicurare la vigenza della Torah, che permette di differenziare la religione ebraica da quelle nemiche di Roma (manichea). Nella collazione c'è poi una parte detta degli Stupratoribus, che tutela la virtù del maschio e il rifiuto dell'omosessualità e che cerca di reprimere la prostituzione maschile introducendo un supplizio per gli effeminati....


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