Vita dei Campi - riassunto PDF

Title Vita dei Campi - riassunto
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Riassunto di Vita dei Campi di Giovanni Verga....


Description

VITA DEI CAMPI Le 8 novelle di Vita dei campi nascono tra il 1878 e il 1880, vengono prima pubblicate su diverse riviste e poi raccolte nel 1880 dall'editore milanese Treves. È una raccolta fondamentale perché segna un momento di passaggio alla fase verista di Verga: si può considerare, quindi, un anello di congiunzione tra le prime opere verghiane (come Nedda o Storia di una capinera) ed il famoso Circolo dei vinti. Durante questa sua maturazione, la Sicilia diventa lo scenario ideale della sua prosa e delle sue novelle che esprimono il dramma della lotta per la vita, colto nelle classi umili e diseredate. Così, messo da parte il piccolo mondo borghese, con i suoi falsi valori, Verga si dedica alla ricerca delle leggi oggettive che determinano il comportamento umano, con il desiderio di rappresentarle in modo obiettivo e senza alcun intervento personale. Infatti, Verga ci appare come un osservatore esterno che si eclissa, scomparendo dalla narrazione e affidandola ad una voce che sembra quella di un personaggio popolare che fa parte del mondo rappresentato. Con l’artificio della regressione , appunto, il narratore regredisce al livello di questo mondo rappresentato ed è una specie di camaleonte che assume, di volta in volta, le caratteristiche di coloro che entrano in scena, grazie ad uno stile diretto e colloquiale. Molto spesso i protagonisti continuano a parlare anche senza la presenza di un discorso diretto: è il cosiddetto discorso indiretto libero, una tecnica che consente a Verga di non interrompere il flusso della narrazione e di conservare tutte le sfumature e i modi di dire dei personaggi. Appunto per questo, il linguaggio della narrazione è rozzo e povero, ricco di proverbi, modi di dire, termini popolari, imprecazioni, e da una sintassi spesso scorretta, che rende al meglio la vita semplice e la psicologia elementare dei personaggi, che sono appunto semplici contadini, minatori o pastori. Tutte le novelle raccontano un microcosmo fatto di ambientazioni arcaiche, molto lontane dal mondo borghese della città, soprattutto del nord Italia. Anche i temi trattati si riferiscono proprio al mondo rurale, infatti troviamo la natura dell’habitat siciliano in Jeli il pastore, il lavoro e lo sfruttamento minorile in Rosso Malpelo, con conseguente sopraffazione del più debole (ripresa dalla teoria dell’evoluzione di Darwin), i drammi dell'amore e della gelosia, come in Cavalleria Rusticana, la Lupa e Guerra dei santi. Sembra un mondo lontano, rimasto fuori dai meccanismi della storia e del progresso contemporaneo, però i protagonisti, inseriti in questo contesto alienante, sono veri e autentici, mossi da sentimenti reali a cui non riescono a sfuggire e ci appaiono come “eroi tragici”, che non riuscendo a superare le avversità della vita, si palesano già da subito come sconfitti, vinti. Questo deriva dal fatto che Verga, in quel periodo, maturò un pessimismo radicale, ovvero una profonda convinzione secondo cui le vicende dell’esistenza fossero sempre drammatiche e sempre destinate al fallimento. Infatti, per l’autore esiste un destino crudele che abbraccia tutti gli uomini, a prescindere dal gradino della scala sociale a cui appartengono, perciò secondo Verga tutti gli individui sono ugualmente vinti e sono predestinati al fallimento, anche se con modalità e tempi diversi.

FANTASTICHERIA Fantasticheria fu pubblicato in «Fanfulla della domenica», nel 24 agosto 1879, ma la composizione risale ai primi del 1878). La novella è la lettera che il protagonista (dietro cui si nasconde lo stesso autore) indirizza ad una figura femminile alto-borghese, ispirata alla contessa milanese Paulina Greppi Lester, con cui Verga aveva avuto in quegli anni una relazione sentimentale. I due trascorrono un breve periodo ad Aci Trezza e, dopo qualche tempo, Verga ricorda all’amica le impressioni di quelle giornate che, per quest’ultima, sono tutte negative. Infatti, se inizialmente era rimasta colpita dal paesaggio di Aci Trezza, dopo pochi giorni, stanca di contemplare il mare, la signora non riesce a tollerare la monotonia paesana, così decide di ripartire. Infatti, la distanza tra la ricca borghese e la povera gente del paese è incolmabile, per cui è difficile comprendere per una donna sofisticata, come quella povera gente possa rimanere attaccata ad una terra così tanto primitiva. Proprio da questo, prende spunto il progetto di Vita dei campi, e cioè che non bisogna osservare la realtà degli umili dall’esterno, ma dall’interno, infatti Verga proprio in questa novella dice “bisogna farci piccini anche noi”. Questo è uno sforzo che serve per studiare il mondo dei vinti senza filtri e pregiudizi. Verga, all’esclamazione della donna “non capisco come si possa vivere qui tutta la vita” risponde secondo il famoso ideale dell'ostrica che spiega l’immobilismo dei paesani. Infatti, soltanto vivendo ancorati allo scoglio dove il destino li ha collocati, gli abitanti di Aci Trezza potranno sfuggire al mondo, che è pronto ad inghiottire chiunque si separa da quell’appoggio che assicura la loro tutela. Di conseguenza, chi si allontana, prima o poi, è destinato a perdersi, ed è per questo che i paesani si aggrappano a questo scoglio, che è il simbolo delle loro radici e dei loro valori. Verga, inoltre, afferma che anche le persone più inquiete, come la sua amica che ama le fantasticherie intellettuali e mondane, potrebbero trovare conforto proprio in questi valori, e cioè il lavoro, la famiglia, le tradizioni e il focolare domestico. Proprio per questo, a Verga sembra che questa dimensione sia molto più autentica dell'artificiosità borghese. JELI IL PASTORE Jeli il pastore è un testo emblematico della nuova maniera verghiana, inaugurata da Vita dei campi e strettamente collegata alla poetica del verismo. La novella è ambientata in Sicilia, tra i paesi di Vizzini e Martineo e, quindi, l'ambiente descritto è agreste ed ancestrale. Viene raccontata la vicenda di un umile guardiano di animali che vive in un rapporto esclusivo con il mondo naturale. In questo microcosmo protetto ed illibato, Jeli bambino stringe amicizia con don Alfonso, figlio dei signori del luogo, e con Mara, una ragazzina anch'essa di estrazione contadina. Jeli è una figura tipica del mondo dei campi, infatti viene descritto come un “cane senza padrone” che, però, si trova a proprio agio nel mondo rurale, in mezzo agli animali, e che si meraviglia quando don Alfonso, l'amico nobile e benestante, gli spiega che lui sa leggere e scrivere. Col trascorrere del tempo, Jeli mantiene l'ingenuità infantile e si innamora di Mara, figlia di Massaro Agrippino, un guardiano di terre. Il legame tra i due, che dura dall'infanzia, deve però fare i conti con le difficoltà

economiche delle rispettive famiglie. Infatti, Jeli perde il padre, compare Menu, a causa della malaria, mentre la famiglia di Mara deve trasferirsi a Marineo (un paesino vicino Palermo) perché è stata licenziata dal padrone delle loro terre. Così, il passaggio dal mondo contadino a quello urbano, modifica i rapporti tra Jeli e Mara, infatti Jeli conserva intatto il suo amore ingenuo per la ragazza, mentre Mara si fidanza con un massaro del posto, seguendo la legge della “roba”, che mette al primo posto la necessità di migliorare la propria condizione economica, senza tener conto dei sentimenti. In occasione della festa di San Giovanni, Jeli non vede l’ora di rincontrare Mara, sperando ingenuamente che lei corrisponda ancora i suoi sentimenti. Ma in questa occasione, mentre Jeli sta conducendo una mandria di animali in paese per un’importante contratto, accidentalmente perde lo “stellato”, cioè un puledro che valeva molti denari, che cadendo in un burrone deve, quindi, essere soppresso. Oltre alla vergogna del licenziamento, Jeli deve anche partecipare alla festa con Mara e con il suo fidanzato, ovvero massaro Neri. Mentre Massaro Agrippino procura un nuovo lavoro a Jeli come guardiano di pecore, si viene a sapere lo scandalo che impedisce il matrimonio programmato di Mara. Infatti, la ragazza ha una relazione con don Alfonso, l’amico d’infanzia di Jeli. Per riparare a questo scandalo, Mara infine sposa Jeli che accetta il matrimonio, nonostante i pettegolezzi su di lei. Ma nonostante questa unione, la relazione tra Mara e don Alfonso prosegue e, quando quest’ultimo invita Mara a ballare durante una festa paesana, Jeli reagisce tagliandogli la gola, obbedendo così a quell’arcaico senso di giustizia e di vendetta. In questa novella Verga usa molto il discorso indiretto libero e anche espressioni dialettali, similitudini e metafore che rimandano alla natura. Inoltre, cerca di riprodurre la struttura della sintassi del dialetto siciliano nella lingua italiana e non fa mai trasparire il proprio punto di vista. Jeli ci appare come un ragazzo ingenuo, onesto e puro, molto semplice nel suo modo di pensare, che vive ai margini della società, senza riuscire mai ad inserirsi a pieno. ROSSO MALPELO La storia di Rosso Malpelo è comparsa per la prima volta su “il Fanfulla” nel 1878, per poi diventare nel 1880 parte della raccolta Vita dei campi. La storia parla di un ragazzino dai capelli rossi che lavora in una cava di rena rossa. La cultura, o per meglio dire l’ignoranza, del suo tempo è piena di pregiudizi sulle persone con i capelli rossi, considerandole cattive e maliziose. Per questo, il bambino non riceve amore nemmeno dalla madre, che non si fida di lui, arrivando addirittura ad accusarlo di rubare soldi alla famiglia. Rosso Malpelo lavora con suo padre, Mastro Misciu, che è la sola persona al mondo che gli mostra un po’ di affetto. Un giorno, il padre, che ha bisogno di soldi per mantenere la famiglia, accetta un lavoro pericoloso affidatogli dal padrone, e una sera, scavando nella miniera, gli cade addosso un pilastro e nessuno, escluso Malpelo, prova a fare nulla per salvarlo perché già viene dato per spacciato. Il figlio chiede aiuto disperatamente, scava a mani nude fino allo sfinimento, ma il padre muore, sepolto dalle macerie. Da quel momento la vita di Rosso peggiora ancora di più e il ragazzino diventa ancora più diffidente. Al posto del padre, nella cava va a lavorare un ragazzino, chiamato Ranocchio,

per via del modo in cui cammina. Malpelo e Ranocchio fanno amicizia e il protagonista da un lato lo protegge, ma dall’altro lo tormenta e lo maltratta, per insegnargli che il mondo è crudele. Una volta che il cadavere del papà di Malpelo viene ritrovato, il ragazzino conserva con affetto gli oggetti a lui appartenuti. Dopo poco tempo, purtroppo, Ranocchio muore perché si ammala di tubercolosi ed è stremato anche dalle fatiche del lavoro. Malpelo, così rimane solo, perché la madre si è risposata e la sorella ha cambiato casa. Il ragazzino, così, decide di accettare un compito rischioso, cioè quello di perlustrare una galleria abbandonata. Prende pane, vino, degli attrezzi, i vestiti del padre ed entra nella galleria ma, da lì, non ne uscirà più. I lavoratori della continuano a temere di vederlo comparire nuovamente con i suoi capelli rossi. Rosso Malpelo è una novella di denuncia, viste le tematiche delicate. Infatti, si trattano tematiche come la povertà e lo sfruttamento minorile delle classi disagiate della Sicilia alla fine del XIX secolo. Tra gli altri temi, in Rosso Malpelo, troviamo anche l’emarginazione del diverso, considerato tale solo per i suoi capelli rossi, che nell’ignoranza del tempo venivano associati al male. Il filo conduttore tra la vita di Malpelo e quella della sola persona che lo ama, ovvero suo padre, è la tragica fine che entrambi fanno e il durissimo lavoro nelle cave siciliane. Rosso Malpelo fa parte delle opere veriste, e Verga lo considera uno dei tanti “vinti”, che non ha modo di evitare il suo tragico destino. Malpelo reagisce al male che gli viene fatto infliggendo altro male, come fa con Ranocchio e con l’asino e questo è il solo comportamento che ritiene possibile. La narrazione in Rosso Malpelo è impersonale, infatti l’autore assume il punto di vista dell’ambiente che egli stesso descrive. Il narratore della novella è popolare, infatti c’è qualcuno che racconta i fatti quando già si sono conclusi. Narratore popolare non significa che a raccontare sia la voce di un solo personaggio, al contrario si tratta della voce di tutto il popolo, come se fosse il punto di vista della comunità che circonda il protagonista. Verga, per quanto possibile, non esprime mai il suo punto di vista: in quanto persona è completamente assente e come autore ribadisce in continuazione, tramite il testo, che il punto di vista della narrazione non è il suo. Il popolo e la comunità rappresentano il pregiudizio nei confronti di un ragazzino qualunque, e questo pregiudizio viene condiviso da tutti: il lettore, però, scopre da solo la falsità del giudizio popolare e di quel narratore che non è attendibile, perché non riporta la verità, ma solamente un punto di vista distorto dalle credenze popolari e dall’ignoranza. Verga utilizza l’artificio dello straniamento, che consiste nell'adottare, per narrare un fatto e descrivere una persona, un punto di vista completamente estraneo all'oggetto. Infatti, anche se appare evidente che Malpelo è in grado di provare sentimenti buoni come l’amore verso il padre, l’amicizia con Ranocchio, la solidarietà e il senso di giustizia, tutto questo viene reso strano visto dalla prospettiva del narratore, pieno di pregiudizi, provocando nel lettore un senso di straniamento. La struttura del racconto può essere definita antifrastica, ovvero una tesi viene sostenuta, ma si fa intuire che potrebbe essere anche tutto il contrario di ciò che viene affermato. Un esempio concreto è che non si riesce a capire chi è il cattivo, se si tratta, quindi, di Rosso Malpelo, col suo astio e la sua cattiveria,

oppure della comunità, che giudica e perseguita un ragazzino. Rosso Malpelo, così, vive una lotta eterna per sopravvivere in un mondo in cui vince chi è più forte e prevarica gli altri, cosa che si nota perfettamente nel tipo di rapporto che instaura con Ranocchio, tra l’amicizia e il bullismo, tra amore e odio, valori in continuo contrasto in questa storia. Attraverso la storia di Rosso Malpelo, Verga esprime tutto il suo pessimismo, ovvero la sua concezione di una vita priva di speranze. Malpelo per primo non si ribella alle ingiustizie che subisce, perché gli sembrano inevitabili e, se sogna di ribellarsi, poi torna immediatamente a ciò che è reale. Il pessimismo espresso da Verga in Rosso Malpelo, quindi, è assoluto e non conosce vie d’uscita, portandolo a pensare che non essere mai nato sarebbe stato meglio.

CAVALLERIA RUSTICANA Cavalleria Rusticana è una delle novelle di maggior successo di Vita dei campi e fu pubblicata sul «Fanfulla della Domenica» del 14 marzo 1880. Il motivo dell’apprezzamento del pubblico è piuttosto chiaro, infatti sviluppa un tema ricorrente nella raccolta, ovvero quello del dramma di amore e gelosia, che mette bene in luce i meccanismi profondi della mentalità popolare, sui quali Verga indaga con la lente oggettiva del metodo verista. Dal punto di vista stilistico e letterario, Verga utilizza la narrazione impersonale di una voce collettiva anonima, che si traduce in espressioni tipiche del parlato, modi di dire dialettali (riprodotti in italiano da Verga), proverbi ed imprecazioni. La vicenda parla di Turiddu Macca, un giovane contadino siciliano che, ritornato dal servizio militare, scopre che la ragazza con cui era fidanzato, Lola, nel frattempo si è promessa sposa ad Alfio, un carrettiere molto più ricco di lui, che poi sposa. Preso dalla gelosia e dalla delusione, alimentate anche dalle chiacchiere del paese, Turiddu vuole vendicarsi e inizia a sedurre Santa, una ragazza che abita proprio di fronte a Lola. Quest'ultima spia i due amanti, rimpiangendo Turiddu, a tal punto che lo invita a casa sua di notte. Però Santa, sentendosi tradita, si vendica a sua volta, rivelando ad Alfio il tradimento della moglie. Alfio, così, sfida Turiddu per vendicare l'onore tradito: i due si affrontano in un duello sanguinoso, armati solamente di un coltello. Turiddu sa di essere nel torto, ma combatte con forza, rimanendo però ucciso. Cavalleria Rusticana rappresenta perfettamente due parti del mondo arcaico siciliano: da una parte c’è la forza brutale delle passioni, alle quali i protagonisti non sanno resistere, dall’altra ci sono le leggi economiche della Sicilia rurale, infatti vediamo la necessità di lavare col sangue, in duello, l’onta del tradimento, tipica legge non scritta della “Cavalleria Rusticana”. LA LUPA La Lupa fu pubblicata sulla «Rivista nuova di Scienze, Lettere e Arti» nel febbraio del 1880. È una novella cruciale per comprendere come la tematica amorosa sia un elemento di grande interesse del Verga verista. La storia è ambientata nella calda campagna siciliana, simbolo della bruciante passione, e la protagonista è Gna Pina ovvero la Lupa, una vedova che si

innamora di Nanni, ovvero un contadino molto più giovane di lei, che vuole chiedere in moglie Maricchia, sua figlia. La Lupa, pur di ottenere l'oggetto della sua passione, costringe la figlia al matrimonio così da poter vivere nella stessa casa dell'amato. Gna Pina, quindi, sfrutterà le ore pomeridiane per sedurre Nanni che, convocato dalle forze dell’ordine a seguito della denuncia di sua moglie per giustificare il suo ripetuto adulterio, non potrà che confessare la propria disperazione di fronte alla Lupa e alla tentazione che lei rappresenta. Nanni, quindi, diventa succube della passione irrefrenabile per una donna, che agli occhi dei paesani assume i tratti di una creatura quasi satanica. La carica sessuale e la aggressività della protagonista sconvolgono e spaventano la comunità di paese, piena di tabù e di convenzioni date dalla mentalità arcaica. Per questo motivo, la donna che incarna la passione rappresenta tutto ciò che è peccato. Per Nanni, l’unico modo di fuggire a questa relazione morbosa è quello di eliminare l’oggetto del desiderio. Quindi, questa tragedia rurale si conclude con l'uccisione della Lupa, andata incontro a Nanni, accettando la sua fine. L'omicidio della Lupa a colpi di scure rappresenta una purificazione collettiva: la comunità ha eliminato così il diverso, ma la tentazione non è superata, ma solo eliminata dalla vista. Con questo femminicidio viene ristabilito l'ordine arcaico e patriarcale violato dalla Lupa che, ai tabù, ha preferito la libertà di essere sé stessa. L’AMANTE DI GRAMIGNA L’Amante di Gramigna è una novella pubblicata con il titolo “l’amante di Raja” sulla «Rivista minima» di Salvatore Farina, nel febbraio del 1880. È la storia dell’amore fatale tra Peppa e il brigante Gramigna, sullo sfondo della Sicilia rurale del tempo. È preceduta da una prefazione che, insieme con Fantasticheria, costituisce il nucleo teorico fondamentale di Vita dei campi e della poetica del verismo. La vicenda è ambientata nella vallata del Simeto, un fiume siciliano che attraversa la provincia di Catania. Al centro degli eventi, c’è il bandito Gramigna, che ormai da due mesi è braccato dalle forze dell’ordine, che lo inseguono ovunque senza successo. Gramigna è un personaggio tanto temuto quanto affascinante e la sua fama si diffonde ovunque. Peppa, invece, è una delle più belle ragazze di Licodia e promessa sposa di compare Finu, ma rinuncia a questo un vantaggiosissimo matrimonio perché è innamorata di Gramigna, pur non avendolo mai visto. La madre di Peppa si dispera, invocando addirittura l’intervento del prete per scacciare dalla mente della figlia la passione per Gramigna ma, la ragazza, quando scopre che il bandito è sotto assedio e i carabinieri stanno per catturarlo, fugge di casa e raggiunge Gramigna nel suo nascondiglio. Peppa si guadagna poi la fiducia del bandito, che decide di tenerla con sé. I due fuggono insieme, finché una notte le forze dell’ordine attaccano Gramigna e, dopo averlo gravemente ferito, lo conducono in paese, per mostrarlo come un trofeo alla popolazione. Però, la cattura di Gramigna corrisponde alla disgrazia per Peppa e la sua famiglia. Infatti, la madre è costretta a vendere quasi tutti i propri bene per le spese del processo, mentre la ragazza, nella considerazione popolare, è ormai additata come una ladra, compromessa anche dal fatto di aver avuto un bambino dal famoso

criminale. Dopo la morte della madre, Peppa si trasferisce col figlio i...


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