Riassunto DI VITA- alfieri PDF

Title Riassunto DI VITA- alfieri
Author Erika Prosperanti
Course Letteratura italiana
Institution Università per Stranieri di Siena
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Riassunto per l'esame di Letteratura Italiana del Prof. Patat sul libro "Vita" di Alfieri ...


Description

RIASSUNTO VITA RIAS SUNTO DI VIT A (ALFIERI) Introduzione Alfieri spiega le ragioni per la scrittura dell’opera. Dichiara di non voler addurre scuse di falsa modestia, e che ogni biografia è scritta per amor proprio, qualità della quale sono forniti tutti gli uomini e in particolare poeti ed artisti in generale. Vi sono però alcuni elementi che mirano a guadagnare la benevolenza dell’interlocutore come, per esempio, quando vengono nominati i “pochi estimatori della sua opera”. Alfieri dice di scrivere per loro in quanto sa che le sue opere prima o poi verranno precedute da una biografia, di cui preferisce essere direttamente l’autore. Inoltre ammette che potrebbe omettere degli eventi, ma assicura che non scriverà falsità, cosa che invece potrebbe accadere se l’autore della sua biografia fosse uno scrittore al soldo degli editori. La biografia sarà organizzata in cinque parti, corrispondenti alle cinque fasi della vita: 1) Puerizia 2) Adolescenza 3) Giovinezza 4) Età adulta 5) Vecchiaia Al momento della stesura dell’introduzione, Alfieri dichiara di essere occupato nella scrittura della 4 sezione, e di aver notato di scrivere meno di getto di quanto accadesse nelle opere precedenti. Si scusa quindi con i lettori nel caso in cui trovino che si sta dilungando troppo e chiede loro di punire questo suo errore non leggendo, eventualmente, l’ultima parte, che trattando la vecchiaia dovrebbe essere quella di carattere più riflessivo. Altra particolarità della biografia è che parlerà esclusivamente del suo protagonista, nominando le persone intorno a lui solo in eventualità positive: scopo della biografia è lo studio di un uomo, e l’autobiografia è perciò il caso più lodevole di biografia perché l’autore non può conoscere nessuno meglio di se stesso. L’introduzione è chiusa da una dichiarazione stilistica: la scrittura sarà semplice in quanto l’argomento è personale e istintivo, al contrario di altre opere. Alfieri scrive l’autobiografia a 41 anni.

EPOCA PRIMA: PUERIZIA (0-9 anni) 1) Alfieri racconta brevemente della sua famiglia:  

Suo padre Antonio Alfieri era un nobile di Asti che non aveva mai lavorato e era in età avanzata quando sposa la madre di Vittorio e resta orfano quando è ancora dalla Balia a Ronciglione. Madre nobile di origine francese Monica Paillard di Tour non che aveva avuto figli da un primo marito e era rimasta vedova. Secondo matrimonio col padre di Alfieri che muore e si risposa (terza volta) con Giacinto Alfieri.

Alfieri riflette sulla fortuna di essere nato da genitori nobili (così da poter conoscere e criticare davvero la nobiltà) agiati (così da servire solo la verità e non avere padroni) e onesti per non vergognarsi di chi siamo. 2) Alfieri inizia con un ricordo dello zio che gli dà dei confetti e di cui lui si ricorda solo le scarpe squadrate. Proprio la vista di scarpe simili a quella dello zio fa tornare in mente a Vittorio il sapore dei confetti. Il secondo ricordo della prima infanzia è legato a una forte malattia che lo ha quasi fatto morire. Vi è poi la riflessione sulla sorella Giulia, la sorella prediletta, con la quale Alfieri vive ini casa del patrigno. Uno dei ricordi più brutti dell’infanzia e quindi la separazione da Giulia (quando ha 7 anni), che viene mandata a studiare in un convento di Asti. “TUTTI GLI AMORI DELL’UOMO, BENCHE’ DIVERSI, HANNO LO STESSO MOTORE” ovvero che ogni separazione dà sempre lo stesso tipo di sofferenza in quanto l’amore parte sempre alla stessa maniera. L’autore inoltre giudica la sua istruzione di casa dal sacerdote Don Vivaldi piuttosto ignorante e che anche i suoi genitori non erano persone colte in quanto secondo lui “un nobile non deve diventare dottore” mentre Alfieri ha sempre avuto una propensione verso lo studio e l’introspezione.

3) Alfieri descrive alcuni piccoli avvenimenti decisivi per la formazione del suo carattere. Dato il dolore per la separazione dalla sorella Giulia, poco a poco la visita sempre meno spesso e, al contrario, visita spesso la vicina chiesa del Carmine per sentirvi la musica e la messa cantata e vi nasce un affetto innocente verso i novizi. Un altro avvenimento è il tentato suicidio mangiando dell’erba del giardino anche se si accorge di non sapere neanche il significato della morte. Risputa quest’erba e la madre si accorge a tavola della sua condizione mettendolo in castigo-> Alfieri afferma che essere lasciato solo per punizione ha favorito lo svilupparsi del suo carattere malinconico. 4) Si ha lo sviluppo dell’indole di Alfieri in questo passaggio e si descrive da piccolo come loquace, vivace, vergognoso, taciturno e più incline all’amore che alla forza. Si ricorda come terrorizzato dai castighi e ne ricorda uno in particolare dove veniva costretto ad entrare in casa con la reticella da notte in capo (questa punizione lo fece star male dal dolore e invoca il lettore dicendogli che gli uomini, più o meno, sono sempre bambini perpetui). La prima volta fu portato nella chiesa dei carmelitani dove si vergogna di essere visto dai novizi, la seconda è trascinato alla chiesa di San Martino che è molto più affollata e infatti Alfieri chiude gli occhi per tutta la durata della funzione. In entrambi i casi non ricorda precisamente il motivo della punizione ma solo la profonda sofferenza che gli ha causato. Un altro avvenimento è l’incontro con la nonna materna di Torino che insiste a farsi dire quale regalo desideri ma Alfieri, vergognandosi, preferisce non risponderle mentre dopo si scopre poi che aveva rubato alla nonna un ventaglio per regalarlo alla sorella. Alfieri non viene punito perché, come dice la madre e come conviene lui, chi ha poi delle proprietà come lui (in quanto nobile) si corregge automaticamente al rispetto della proprietà altrui e non ruba più. C'è poi il racconto della prima confessione, fatta con il confessore della madre, padre Angelo. Alfieri dice che in pratica è il sacerdote a guidarlo nella confessione, e a dirgli poi che per essere assolto come penitenza deve pentirsi pubblicamente davanti alla madre, cosa che lui, nonostante le insistenze di lei a pranzo, non riesce a fare. Alfieri spiega poi che solo più avanti negli anni ha capito che il prete aveva tradito il segreto confessionale rivelando alla madre la punizione e questo porterà l’autore a distanziarsi dal sacramento della confessione. 5) Ultima storia puerile (dell’infanzia): tratta di un fatto avvenuto mentre in casa sua si trova anche il fratello maggiore, figlio di primo letto di sua madre. Alfieri racconta inizialmente di avere sentimenti discordanti verso il fratellastro, poiché da una parte si tratta di invidia verso le capacità del fratello( è più libero, amato e ricco) e dall'altra di un sentimento di competizione con lui te lo spinge a migliorare. C'è quindi una prima riflessione sul fatto che spesso due sentimenti umani, l'uno negativo e l'altro positivo, possono partire dalla stessa situazione iniziale. Un pomeriggio i due fratelli stanno giocando a fare soldati prussiani e Alfieri si procurò una cicatrice sopra l’occhio. Costretto per alcuni giorni a portare una fasciatura, Alfieri ricorda di aver sempre precisato di essere procurata facendo degli esercizi militari: questo è per lui il primo esempio di vanità nella sua vita. L'anno dopo il fratello maggiore si ammala e morirà poco dopo, nello stesso tempo Alfieri, per decisione dello zio paterno che è anche suo tutore economico, viene mandato a Torino in accademia. Egli ricorda di essere in parte entusiasta di questa partenza, ma di aver molto sofferto quando è stato il momento di doversi veramente separare dalla madre. La sezione del libro dedicata all'infanzia si chiude con una riflessione sul fatto che chi la trovasse inutile si dovrebbe ricordare che ogni adulto è la continuazione di un bambino.

EPOCA SECONDA: ADOLESCENZA (9-17) 1) Partenza dalla casa materna e ingresso nell’Accademia di Torino dove Alfieri vi descrive l’arrivo a casa dello zio. Racconta poi di essere stato chiuso fin da agosto, e quindi in anticipo, presso l'Accademia (perché era molto vivace) di cui segue la descrizione. L' Accademia è posta in un grande palazzo con quattro ali, al centro delle quali vi è un cortile. Tre ali sono dedicate agli studenti e agli ospiti dell'Accademia, mentre l'altra ospita il teatro reale. Alfieri spiega che non a tutti gli ospiti dell'Accademia è riservato lo stesso trattamento: vi sono infatti quelli come lui che devono seguire un rigido codice, ma anche ospiti più grandi che per esempio studiano all'università (forestieri e

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paggi) o fanno già parte dell'esercito e hanno quindi maggiori libertà. Alfieri riflette sul fatto che per coloro che, come lui, devono imparare una rigida disciplina non è certo d'aiuto vedere al loro fianco dei ragazzi che al contrario possono uscire andare a teatro tutte le volte che vogliono. Inoltre in questa scuola non veniva data nessuno massima morale e si era ritrovato spaesato tra conosciuti. Primi studi: Alfieri racconta dei suoi primi due anni all'Accademia. L'anno di scuola fatto in terza è per Alfieri un anno sprecato, in quanto si rende conto che sia lui, sia i compagni, sia l'insegnante (che ancora una volta è un sacerdote) sono ignoranti e quindi lui non trae nessun giovamento da quest'anno di studi. Per lui tutte le idee erano circoscritte, false e confusa e erano dei “perdigiorni che tradivano la gioventù”. L'anno successivo viene promosso alla cosiddetta Umanità, ovvero l'anno dedicato agli studi umanistici. Alfieri racconta di aver passato lunghe ore nella traduzione di Virgilio e di altre opere latine. Quello che lo sprona negli studi è, ancora una volta, la competitività con gli altri studenti. In particolare c'è uno studente bravo come o forse più di lui, con il quale si sente fortemente in gara. Tuttavia, questa ragazzo è bello e intelligente, e Alfieri in quanto amante del bello non può odiarlo veramente. Il ragazzo diventa anzi suo complice in alcune avventure giovanili. Per esempio Alfieri racconta di essersi procurato un'opera di Ariosto divisa in tre volumi. È certo di non averla né comprata, né rubata, bensì di aver barattato i libri con le sue porzioni di pollo della domenica. Il pollo è infatti la moneta con cui nel collegio i ragazzi si scambiano la merce per così dire scottante: l'opera stessa dell'Ariosto è per i due giovinetti un libro pieno di frasi oscure, quasi proibito, e una volta ritrovato dagli inservienti viene sequestrato e consegnato al rettore della scuola. Descrizione dei parenti che Alfieri ha a Torino in quanto l’Accademia l’aveva peggiorato in salute e fisico. Si tratta da una parte dello zio che era Governatore di Cuneo. Dall'altra c'è un architetto Alfieri, cugino del padre, che è l'unico parente con cui Vittorio ha davvero dei rapporti durante la sua permanenza a Torino. Lo zio viene ricordato come una persona di buon cuore e anche come un ottimo architetto, che ha fatto nascere anche nel nipote la passione per gli edifici ben fatti. Alfieri ricorda però come molte delle sue opere siano rimaste solo dei progetti su carta. Dello zio viene ricordato inoltre il vezzo di parlare toscano ovvero l'italiano reale, abitudine acquisita durante un viaggio a Roma. Al contrario il resto dei nobili torinesi parla spesso francese o dialetto perché l'italiano viene ancora considerato troppo distante. Continuazione dei non studi: prosegue il racconto degli anni in Accademia dedicato alla retorica: tanto gli insegnanti quanto il programma però sono insufficienti e l'autore ribadisce ancora una volta che gli anni in Accademia sono stati quasi inutili per la sua formazione infatti racconta che era riuscito a riottenere i tre tomi dell'opera di Ariosto, ma che non avendo ricevuto un’istruzione sufficiente non lo lesse più. Vi è poi una critica alla tecnica narrativa dell'Ariosto, che lascia spesso storie in sospeso per riprendere con i capitoli più avanti. Secondo Alfieri, questa tecnica non accende l'interesse del lettore ma spezza la sua suspense impedendogli poi di ritrovarla. Vi è poi la descrizione degli altri libri letti nella gioventù ma, data l’ignoranza che lo circondava, non poteva continuare a leggerli. Alfieri descrive poi il suo fisico durante gli anni della scuola: era un ragazzino emaciato, magro, tanto che i compagni lo chiamano carogna fradicia. Ad un certo punto un compagno prepotente si fa fare i compiti da lui ripagandolo con dei giocattoli, ma minacciando di picchiarlo se si fosse rifiutato. Alfieri inizialmente accetta, poi si stufa e invece di denunciare il compagno esegue il componimento, ma lo scrive male. Da questo Alfieri ricava un insegnamento importante, cioè che molte volte i rapporti umani sono governati dalla paura reciproca. Il capitolo si chiude con la descrizione della scuola di geometria e filosofia, quella che si fa l'esterno dell'Accademia, all'università, anche se tutte le lezioni sono inutili. Inverno 1762: Prosegue raccontando tanti piccoli avvenimenti della sua giovinezza. A questo punto ha 13 anni, e racconta che la sorella Giulia viene finalmente portata via dal convento di Asti e trasferita in un convento di Torino perché si era invaghita di un coetaneo e i parenti sperano con la lontananza di farglielo dimenticare e di averla consolata molto. C’è la descrizione delle prime

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esperienze di Alfieri con il teatro comico e con la poesia. Lo zio Pellegrino Alfieri(architetto) porta Vittorio a vedere un'opera comica: lo impressionano il brio e la musica “malinconia straordinaria” Alfieri migliora di salute fisica e quando si trova a Cuneo dallo zio compone il suo primo sonetto in onore di una dama di cui suo zio era invaghito, e che affascinava anche lui; lo zio però ha condannato questo fatto poetico e lui stesso spiega che fino ai venticinque anni non avrebbe mai più scritto versi. Viene raccontato anche di una spada che lo zio avrebbe dovuto regalare da Alfieri, ma che non gli viene data perché ancora una volta si rifiuta di chiedere qualcosa al parente (come successe con la nonna). Vi è poi il racconto dell'ultimo anno di scuola, nel quale studia fisica ed epica, ma ancora una volta non viene tratto grosso giovamento dalle ore scolastiche. “Debolezza della mia compassione, infermità continue; ed incapacità d’ogni esercizio e, massimamente del ballo, e perché.” Lo zio viene nominato viceré della Sardegna e lascia il ragazzo con un nuovo tutore. Alfieri ha più libertà economica, anche perché non è più sotto la guida del servitore Andrea, che sfruttava la sua posizione per sottrargli dei soldi. Vi è poi il racconto degli ultimi anni di studi, che sono dedicati alla preparazione alla professione di avvocato. Nello stesso periodo Alfieri si ammala nuovamente di un problema alla testa, ed è costretto a portare una parrucca. Per adattarsi agli scherni che riceve per la sua capigliatura impara che reagire prima di essere attaccati è una delle cose migliori. Nella musica ha un certo talento ma non in quella scritta; è scarso invece nella scherma e nel ballo. La sua non propensione per la danza è procurata anche dal fatto di avere il maestro francese, nazionalità da lui odiata profondamente (ALFIERI-> MISOGALLO). L’autore ci racconta come le prime impressioni in età infantile non si cancellano mai più e difficilmente si indeboliscono negli anni. La prima cattiva impressione arriva con un incontro con la duchessa di Parma mentre era ancora ad Asti, e poi proprio l'incontro con questo suo maestro di danza che gli impediscono un ragionamento razionale. Morte dello zio paterno. Liberazione mia prima. Ingresso nel primo appartamento dell’Accademia. ). Avendo l'autore ormai quattordici anni diventa padrone delle sue ricchezze, e ha solo un curatore patrimoniale. Essendo così giovane e disponendo di così grande fortuna Alfieri si dedica all'ozio. Innanzitutto dichiara di non voler più studiare da avvocato e viene trasferito nel Primo Appartamento, ovvero la parte dell'Accademia dove vi sono soprattutto ragazzi francesi, inglesi che si dedicano solo minimamente allo studio. Chiede inoltre di poter essere indirizzato alla Cavallerizza ed imparare anche andare a cavallo; trascorre così molte delle giornate con alcuni compagni tra cavalcate, riposo e fare a modo suo. Racconta di spendere moltissimo denaro in abbigliamento e altre spese, ma di averne nel contempo tratto giovamento a livello di brio e sviluppo fisico, in quanto finalmente riesce a crescere in statura e a riconquistare i capelli. Ozio totale, contrarietà incontrate e fortemente sopportate. Vicino ai 15 anni Alfieri comincia a trovare pesante il fatto di essere sempre seguito da un servitore, e chiede più volte al direttore dell'Istituto di poter uscire da solo come fanno i suoi compagni (VUOLE LIBERTA’). Vedendosi negare la sua autorizzazione, prova più volte a uscire da sola senza permesso, e ogni volta viene messo in castigo. Il castigo più lungo dura tre mesi, durante i quali lui si rifiuta sia di chiedere scusa, sia di chiedere il permesso di uscire, e addirittura di mangiare con gli altri, riducendosi a non lavarsi a vivere vicino caminetto cucinandosi qualcosa che gli viene portato dagli amici, ai quali però non dice parola “VI SAREI MORTO MA PIEGATOMI MAI” Matrimonio della sorella, reintegrazione del mio amore. Primo cavallo. La sorella Giulia si sposa con il conte Giacinto di Cumiana. Dopo le nozze Alfieri riacquistata libertà rispetto ai compagni di accademia, un maggiore controllo delle sue finanze e anche il suo primo cavallo (vivissima emozione). Racconta però di essere sempre stato restio al vantarsi con gli amici del pomeriggio, quelli con cui va a cavalcare, che sono meno benestanti di lui. Detesta soverchiare chi già dall'inizio è minore di lui, mentre al contrario è forte il senso di competitività verso chi ritiene suo pari o superiore.

10) Primo amoruccio. Primo viaggetto. Ingresso nelle truppe. Primo innamoramento verso la cognata di alcuni suoi amici. Passione per la ragazza si manifesta con una malinconia profonda e ostinata (ricerca dolorosa dell’oggetto amato, non poterlo sentir nominare) La subordinazione militare (cui è destinato in quanto figlio primogenito di una famiglia aristocratica) però, non fa per lui in quanto la disciplina militare non era adatta all’animo di un futuro poeta tragico. Decide quindi di intraprendere un primo viaggio a Roma e Napoli. Ha solo diciassette anni e per poter partire deve riuscire a ingannare suo cognato, il marito della sorella, presso la quale vive. Intraprende perciò il viaggio con tre amici dell'Accademia, un inglese, un belga, in olandese. Con la partenza verso questo viaggio si conclude la sezione dedicata all'adolescenza, che Alfieri riconosce come totalmente inutile in quanto è stata solo infermità, ozio e ignoranza.

EPOCA TERZA: GIOVINEZZA (10 anni di viaggi e dissolutezze) 1) Primo viaggio. Milano, Firenze, Roma. Alfieri parla del suo primo viaggio in Italia con due amici. Con loro ci sono anche tre servitori, un aio (precettore) e anche Francesco Elia, un anziano ed esperto servitore del suo defunto zio. La prima tappa del viaggio è Milano, che ad Alfieri non piace (svogliato e ignorante) in quanto molto più disordinata di Torino. Alla biblioteca ambrosiana gli viene dato anche un manoscritto di Petrarca, che però Alfieri riconosce di non aver punto apprezzato. Proseguono poi tra Parma e Mantova, due città che vengono visitate solo di sfuggita. La prima lunga tappa è Firenze dove trova interessante solo la tomba di Michelangelo perché capisce che i grandi avevano lasciato qualcosa di concreto dietro. Alfieri si vergogna perché, nonostante sia nella patria del toscano, preferisce imparare l'inglese (idea della ricchezza inglese vs. Italia morta) e inoltre continua a voler utilizzare la ridicola u alla francese di Torino. Crede sempre più nella sua perfezionata ignoranza in quanto parlava/pensava/leggeva sempre in francese ( -> misogallo). Il viaggio prosegue poi con brevi tappe a Lucca, Pisa, e Livorno: quest'ultima è la città che più piace all'autore, sia per la somiglianza con Torino, sia per il mare che per lui sempre un elemento affascinante. Si ferma anche a Siena e gli piace perché vera e parte per Roma, città di cui Alfieri apprezza molto poco, ad eccezione di alcuni elementi architett...


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