Vita di Pericle - Riassunto Vite Parallele PDF

Title Vita di Pericle - Riassunto Vite Parallele
Author Costanza Serra
Course Storia greca
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

Vita di Pericle e di Fabio Massimo, Vite parallele di PLUTARCO - sintesi dettagliata dell'introduzione di Stadter e della vita di Pericle (manca la vita di Fabio Massimo) per corso monografico su Pericle - Università degli studi di Milano, Docente: M. Faraguna...


Description

VITA DI PERICLE, Plutarco PLUTARCO BIOGRAFO Plutarco nacque tra il 46 e il 48 d.C. da una famiglia benestante, a Cheronea, in Beozia. Rimase per tutta la vita legato alla sua terra natale, ma la pace che il dominio imperiale sapeva assicurare lo spinse a sottomettersi con rassegnazione ai funzionari romani. In Beozia un giovane non poteva che acquisire un’istruzione superficiale, perciò il padre di Plutarco mandò i figli ad Atene. Plutarco studiò retorica, imparando a padroneggiare la lingua scritta e quella parlata. Entrò poi nella scuola filosofica dell’Accademia, nella quale apprese la matematica (da Ammonio) e le discipline filosofiche: fu così che la filosofia lo avvinse definitivamente. Rimase ovviamente seguace dell’Accademia, ma non volle diventare decente. Per quanto riguarda le scienze naturali, egli preferiva la scuola peripatetica e strinse anche rapporti con la Stoà di Posidonio. Il padre di Plutarco cercò di coinvolgerlo nei suoi affari e lo mandò dal proconsole a Corinto e poi fino a Roma, dove soggiornò piuttosto a lungo . Plutarco si recò a Roma più di una volta, riuscì anche ad ottenere la cittadinanza romana (il padre doveva probabilmente avere delle conoscenze)...egli rimarrà comunque un greco, anche se il viaggio a Roma ebbe naturalmente un’importanza decisiva per la sua conoscenza del mondo, degli uomini e per il suo giudizio storico. Andò anche ad Alessandria, non lo immagineremmo se non fosse lui stesso a raccontarlo, perché non sembrò mostrare interesse per i Tolomei o per i membri del Museo. Si sposò presto: lui e la moglie si sposarono senza l’approvazione dei genitori, che erano in aperta inimicizia. In un dialogo egli scrisse dell’importanza del matrimonio e della spontaneità...in opposizione alla morale filosofica e al costume antico, secondo lui la donna aveva il diritto di innamorarsi e persino di prendere iniziativa. Il loro si dimostrò un buon matrimonio, allietato da molti figli e sorretto da sentimenti profondi. Con il matrimonio egli si stabilì definitivamente nella sua piccola patria, rinunciando ad ogni prospettiva di carriera altrove. Visse senza titoli, né professione, eppure la sua casa riceveva sempre diverse visite sia da Greci che da Romani. Verso la fine degli anni ‘90 assunse la carica vitalizia di uno dei due capi sacerdoti di Apollo Delfico e la mantenne fino alla morte. La maggior parte delle sue opere, fra cui le importanti Vite Parallele, furono scritte mentre era sacerdote. Compì occasionalmente persino studi di grammatica. Grammatici e medici facevano parte del suo ambiente e il loro modo di vedere le cose gli era famigliare, tanto che dalla medicina ricavò molte metafore. Egli era dell’idea che l’uomo debba mantenersi in buona salute, prima di tutto, grazie anche all’educazione e alla filosofia, intesa come “ragion p ratica”. Plutarco ha scritto anche di filosofia in senso stretto, ma nel complesso non ha fatto che tradurre nel suo stile personale alcune polemiche tardo-ellenistiche (ricordiamo che egli non fu e non volle essere un pensatore originale). Vastissima produzione letteraria che pochissimi sono stati in grado di abbracciare. Il centro della sua attività letteraria sta però negli scritti di filosofia morale, in questi più che altrove percepiamo l’azione educativa che Plutarco esercitò nella sua vita. Secondo lui uomini e donne, vecchi e giovani, devono e possono vivere la propria vita in modo retto e proficuo. Questo insegnamento non era astratto, ma sempre calibrato sulle condizioni in cui vivevano i Greci della sua epoca e del suo ambiente. A questo si aggiunge un linguaggio elegante, ma libero dalle preziosità del classicismo, con scorrevoli periodi lunghi eppure ben torniti (armoniosi)...costernati di metafore e passi di poesie. Le sue idee derivavano in grandissima parte della filosofia ellenistica e Plutarco non fu, né volle, essere un pensatore originale e questo vale per tutte le sue opere. Egli lesse tantissimo e lesse di cose svariate, dalle quali ricavò estratti rielaborandoli in appunti, di cui egli stesso parla...e ce ne sono giunti alcuni, evidentemente pubblicati dopo la sua morte (lasciati nello stato frammentario in cui si trovavano). È possibile che molta roba d’altri sia stata collocata sotto il suo nome. Possediamo solo una parte di quanto è autentico. Lo scopo delle Vite parallele (accostamento di un condottiero e politico Romano con uno Greco) è anche quello di suscitare l’interesse di lettori di entrambe le nazionalità. Vediamo così come già allora i due popoli si mescolassero, come in Grecia, i Romani intrattenessero rapporti paritari, più o meno durevoli, con i nobili notabili locali. In questo quadro Plutarco è il miglior rappresentante di parte greca: con la sua padronanza della lingua latina e con la sua approfondita informazione su culti e su costumi romani. Egli collocò le sue biografie al servizio del nuovo corso di governo di Traiano, un corso che Adriano intensificò poi fino a dare la 1

preferenza ai Greci, in totale opposizione con il regime dei Flavi. N.B. Nelle Vite parallele non compare nessuno degli imperatori romani, né alcuno dei re successori di Alessandro (non vi è in lui alcun interesse nei confronti del culto dell’imperatore). Tutti i personaggi di cui racconta compaiono nella veste di uomini d’azione: i Romani avrebbero così imparato che, anche in tale campo, gli antichi Greci potevano essere alla loro altezza. Di esplicito si dice solo che questi uomini sono esempi (“è una rassegna di eroi”). Quando alcune coppie come Alcibiade-Coriolano e Demetrio-Antonio presentano dei caratteri di dubbia moralità allora lo scrittore si scusa apertamente di averli accolti fra gli “eroi”. Anche se chi legge una biografia spesso ha un interesse puramente storico, non bisogna dimenticare che Plutarco non è né vuol essere uno storico, ma un biografo e un filosofo. Limiti di Plutarco: mancanza di critica storica e con essa la capacità di calarsi in un’altra epoca e in un’anima rivolta a fini diversi. LA FORTUNA DI PLUTARCO E LE VITE Furono grandi ammiratori di Plutarco Montaigne (“è un filosofo che insegna la virtù”), in Inghilterra Shakespeare (la cui lettura di Plutarco offrì ispirazione per le tragedie Coriolano, Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra); in Germania Goethe, Schiller e in Italia D’Azeglio, Leopardi, Alfieri. Alla suggestione di Plutarco non si sottrassero neppure gli uomini di potere, principi assoluti come Enrico IV di Francia e Giacomo I d’Inghilterra e illuminati come Federico II di Prussia, rivoluzionari e repubblicani come Robespierre e Napoleone. Nell’800 tuttavia la scena cambia, l’entusiasmo per Plutarco si attenua soprattutto nell’ambito della cultura tedesca di ispirazione romantica, segnata dalla tendenza anticlassicistica e antiretorica. Nel corso del secolo l’affermarsi della storiografia scientifica attenua la differenza verso uno scrittore giudicato scarsamente attendibile come fonte storica e privo di rigore filologico-strutturale. Plutarco più volte dichiara di non voler scrivere storia, ma piuttosto mettere in evidenza il carattere di un eroe perché altri possono imparare da lui. Oggi il biografo Plutarco viene apprezzato soprattutto dallo storico per quello che gli offre e che non si trova altrove. Oggi sempre più numerosi contributi di studiosi hanno potuto dimostrare come Plutarco abbia attinto direttamente a molte delle fonti da lui citate (una delle frequenti accuse: non conoscere di prima mano pressoché nessuna delle fonti che cita e rifarsi a raccolte di aneddoti e riassunti ad uso delle scuole di retorica). Non poche notizie da lui citate e in passato ritenute semplici curiosità si sono rivelate esatte in base a reperti archeologici, topografici ed epigrafici. Oggi si indaga sulle semplificazioni, operazioni compiute da Plutarco, di situazioni storiche complesse e sulla “compressione” cronologica attuata al fine di perseguire determinati effetti d’insieme e ancora sulle ragioni che lo hanno condotto a scegliere certi eroe e ad escludere degli altri. Ci risulta che sono andate perdute una notevole parte delle opere plutarchee, in particolare delle Vite di singoli personaggi. Delle Vite parallele pare manchi solo una coppia (Epaminonda e Scipione l’Africano). Confrontando sistematicamente un Greco e un Romano, Plutarco intendeva contribuire alla comprensione reciproca tra i due popoli, le due culture, descritte nei loro aspetti comuni e nelle loro diversità. INTRODUZIONE: VITA DI PERICLE DI PLUTARCO - Stadter 1. Gli obbiettivi di Plutarco nello scrivere il PERICLE: Plutarco pone Pericle accanto a Fabio Massimo, il Temporeggiatore, nel X volume delle sue Vite Parallele. Il motivo di tale abbinamento non appare subito chiaro: - Pericle: imperialista ateniese, oratore dinamico, politico in una democrazia; - Fabio Massimo: dittatore romano, generale che sfiancò Annibale negandosi al combattimento, membro oligarchico del senato. Motivo del confronto: carattere dei due personaggi + fine morale dello scrittore. Le biografie di Plutarco si differenziano dalla pura narrazione storica per il rilievo conferito alle qualità morali dei protagonisti. L’intento principale della biografia è quello di portare il lettore a riflettere sulle buone azioni ed a ammirarle (“così come l’occhio si rafforza ammirando i colori” cit. Plutarco). La contemplazione ci fa ammirare le azioni e suscita in noi il desiderio di imitarle, di modellare la nostra vita conformemente alle virtù di coloro che le compiono. 2

L’interesse morale, per Plutarco, è più importante che la conoscenza del passato. La premessa del loro accoppiamento biografico è che essi, per Plutarco, appaiono degni di ammirazione e di imitazione. Plutarco desidera modellare l’attività politica dei suoi contemporanei su quella di Pericle (Consigli sulla vita pubblica). Ai tempi di Plutarco, uomini greci venivano ammessi alla carriera equestre/senatoriale nell’amministrazione imperiale romana (le tensioni/rivalità fra le famiglie cittadine mettevano a dura prova chi era attivo in politica, chiunque se ne occupasse sapeva di non poter modificare in alcun modo le condizioni della vita politica e doveva provvedersi delle qualità necessarie a resistere e a trionfare sulle pressioni esterne). Plutarco perciò raccomanda a Menemaco, membro dell’élite locale, le virtù politiche che si ritrovano nella figura di Pericle: pacato autocontrollo (praotes), dignità, integrità, estraneità a scandali e a fatti di corruzione politica, grande capacità oratoria...tutto questo per il controllo del demos, irrazionalmente pretenzioso di benefici sempre maggiori. Come Pericle, Menemaco deve delegare i suoi poteri, così da permettere ad altri di svolgere ruoli attivi. Un buon autocontrollo di fronte ai nemici allenta le tensioni e i conflitti velenosi. L’uomo politico deve riconoscere i limiti posti al suo potere; deve essere consapevole che i cambiamenti importanti richiedono tempo e autorità e che l’onesta e il disinteresse nel maneggiare il denaro hanno una grande importanza per ottenere un buon nome e la fiducia del popolo (l’obbiettivo non deve essere quello di arricchirsi). L’uomo politico non solo deve avere un comportamento virtuoso, ma deve anche esercitare il potere (sebbene non sia necessario che abbia una magistratura). Caratteristica più marcata di Pericle e Fabio (per cfr.) è la praotes, autocontrollo, mitezza d’animo, rettitudine, capacità di sopportare (le stoltezze del popolo e dei colleghi di governo). Praotes: (def. Aristotele) punto medio fra passione e apatia. (Episodio di Pericle seguito e insultato fino a casa, tutto il giorno da un cittadino. Pericle sopporta con pazienza e arrivato sulla porta di casa lo fa riaccompagnare da un suo schiavo alla propria dimora). Fabio: frena i Romani bramosi di entrare in lotta con Annibale e la temerità irrazionale e il sarcasmo di Minucio, magister equitum. Pericle: contrasta l’avventatezza di Tomilde in Beozia; trattiene il demos dalle conquiste in Egitto, Sicilia, Africa e Italia; tiene il popolo nelle mura quando i Peloponnesiaci sono nell’Attica. N.B. Per Plutarco, i primi anni della guerra del Peloponneso sono i migliori della vita di Pericle. 2. Struttura e tecniche retoriche: Nella tradizione, la figura di Pericle è molto stigmatizzata, è visto come un demagogo parassita (specialmente nell’ambito delle scuole filosofiche), es. Platone: per la sua sottomissione al demos e per avere reso la gente “avida e codarda, loquace e pigra”(Gorgia). Plutarco, invece, considera le azioni di Pericle basate sulla virtù. Plutarco, infatti, utilizza le regole della retorica per l’organizzazione, la selezione e l’enfasi nel presentare gli atti e gli aneddoti della vita di Pericle. Plutarco accentra le sue argomentazioni sulle qualità di Pericle uomo di stato e circa il problema di come egli usò il potere politico. Questione che il lettore è portato a considerare: Pericle utilizzò il suo potere da aristocratico (con i migliori intenti, come dice Tucidide) o da demagogo (Platone)? (cap. 9): punto focale della strategia retorica di Plutarco per intaccare la tradizione ostile a Pericle. Nella Vita, le parti sono composte al fine di favorire il processo di persuasione. I contenuti dei primi capitoli sono suddivisi in: famiglia (3, 1-2), nascita (3, 3), aspetto (3, 3-7), istruzione (cap. 4), carattere (cap. 5 e 6). L’attenersi ad una sequenza strettamente cronologica, tuttavia, è poco significativo (Steidle). La complessità del Pericle risulta dall’integrazione di tre diversi modelli strutturali: quello cronologico, quello per argomento, quello retorico. • Lo schema cronologico segue una sequenza approssimativa: nascita, la rivalità con Cimone e Tucidide di Melesia, le guerre (cap. 21-35), il richiamo, la morte. Tuttavia molti sono episodi discussi al di fuori dell’ordine cronologico (es. costruzioni pubbliche e legge sulla cittadinanza). • La divisioni per argomenti crea un ordine diverso: materiale introduttivo, carattere, carriera politica, lotta per il potere, qualità di governatore (gestione demos, onestà e grandezza d’animo), qualità di generale (prudenza, preveggenza e successo), le g uerre di Samo e del Peloponneso, la vita di famiglia, il richiamo e la morte. 3



Infine sia lo schema cronologico che quello per argomento vengono adattati alle esigenze della retorica, che dà enfasi ai fattori essenziali del ritratto del personaggio: base filosofica oratoria di Pericle, prontezza nel risolvere la disputa con Cimone, programma grandioso di costruzioni, connessione fra la sua politica aristocratica e la sua onestà e abilità come oratore. Plutarco dovette inoltre adoperarsi per confutare le obiezioni della tradizione anti-p ericlea, ad esempio sulle cause della guerra del Peloponneso.

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

Formazione di Pericle (3-6) Sfondo della carriera politica (7-8) Lotta per la supremazia del potere nella città (9-14) Visione d’insieme di Pericle come monarca aristocratico (15-17) Abilità come generale e stratega: sguardo d’insieme (18-23) Pericle come comandante: le grandi imprese (24-35) Vita privata (36) Richiamo, 429 (37) Malattia e morte, autunno 429 (38) Valutazione generale della sua grandezza (39)

Tale struttura organizzativa trae origine da intenti morali e retorici (non motivi di narrazione storica). Pur attenendosi ad uno schema ricorrente in tutte le biografie, Plutarco usò la sezione iniziale sulla famiglia, l’aspetto e le influenze educative per introdurre elementi atti a illuminare la personalità di Pericle. Il padre e il prozio rappresentano modelli di leadership militare e civile: Santippo vinse i persiani a Micale; Clistene espulse i tiranni ed instaurò la democrazia. La formazione culturale di Pericle la si deve soprattutto ad Anassagora, il quale gli trasmise un alto senso morale, temperanza e padronanza di sé. Allo stesso tempo compaiono svariati accenni a una opposizione politica: lo scherno dei poeti comici, l'ostracismo di Damone, la critica di Ione, l’interpretazione di Lampone il veggente al prodigio dell'ariete con un solo corno (che alludeva alla rivalità tra Pericle e Tucidide di Melesia). Quesito di fondo: come Pericle abbia esercitato il potere. Una risposta è già adombrata nel riferimento a Santippo, Clistene e Anassagora: ciò ci impedisce di considerare Pericle un semplice demagogo. Tale considerazione è rafforzata quando (2ª sezione) ci viene detto che Pericle non era demotikos, bensì egli vedeva nell’alleanza con il demos l’unico mezzo per conseguire sicurezza e potere. La sua condotta come uomo politico fu sempre seria e responsabile e la sua abilità come oratore fu sempre per il bene della polis. Plutarco usa la retorica per presentare Pericle al lettore come uno straordinario uomo di stato (rispondendo in maniera positiva alla domanda posta al cap. 9). Da qua, Plutarco è pronto per prendere in considerazione “i veri e propri fatti” per scoprire le cause della metabole (cambiamento/variazione) di Pericle, il suo passaggio da un tipo di politica ad un atro. Nel farlo, egli ammette che Pericle appoggiò inizialmente le iniziative per le quali fu criticato (spartizione di terreni/contribuzioni a spettacoli/distribuzione di sussidi), ma ne offre una giustificazione razionale. In effetti, quando tratta della rivalità con Cimone e Tucidide prende in esame solo alcuni aspetti selezionati della vicenda. Non è mai Pericle a iniziare le ostilità: le distribuzioni di denaro ai cittadini sono una contromossa alla demagogia di Cimone; le cleruchie (e non solo, anche le feste e il programma di costruzioni pubbliche), servono a contrastare la minaccia di Tucidide alla sua posizione politica. Importante: i mezzi usati da Pericle per ottenere il potere trovano giustificazione nel loro valore intrinseco e nel modo in cui egli gestì quel potere una volta acquisito. Il resoconto delle rivalità fra Pericle e i suoi oppositori viene presentato per mettere in evidenza le capacità di uomo di stato che Pericle rivelò persino mentre si batteva per ottenere e mantenere il potere nella città. La parte centrale della Vita, oltre all’operato di Pericle, spazia fino al 454 (battaglia di Cheronea, spedizione di Pericle nel golfo di Corinto). Pericle curò i mali della città con l’oratoria, usandola come un medico farebbe con le medicine. Pericle per 40 anni si accostò al denaro con onestà, dimostrò ambizione per la città e prudenza in questioni militari. Il momento saliente in questa sezione è la vittoria di Samo, criticata dagli oppositori di Pericle, ma considerata importante da Plutarco. 4

Il momento più glorioso della carriera politica di Pericle è la condotta durante guerra del Peloponneso. Plutarco non approva il rifiuto di Pericle di abrogare il decreto di Megara, perché per Plutarco è un errore per Greci combattere contro Greci; ma una volta iniziata la guerra, egli descrive le azioni di Pericle con ammirazione. Pericle resiste alla foga irrazionale della folla, agli incitamenti degli amici e agli insulti degli avversari. Con il rifiuto di combattere contro Sparta in Attica, egli mette in salvo la città. Gli atti di Pericle si accordano con quelli che Plutarco considera gli ideali più alti dell’arte di governo, ponendo la calma del filosofo e il bene dello stato al di sopra degli interessi personali. Soprattutto Pericle dimostra praotes (virtù che Plutarco considera fondamentale in Pericle). L’ultima parte della Vita continua a rivelarci le virtù del personaggio, così come le vedeva Plutarco, sebbene compaiono anche alcune avvisaglie della sua debolezza (es. piangere al funerale del figlio Paralo, supplicare l'assemblea di legittimare il figlio avuto da Aspasia). Plutarco mette in risalto il controllo di Pericle nel suo dolore, il riconoscimento da parte del demos delle sue capacità di comando e la valutazione di Pericle stesso della propria grandezza sul letto di morte (autoencomio). La struttura della Vita dall’inizio alla fine viene usata come mezzo di persuasione. La retorica è riflessa anche nelle tecniche utilizzate da Plutarco: selezione - amplificazione - evocazione di ethos e di pathos. La narrazione è resa incompleta dalla scarsezza di fonti e dai criteri narrativi adottati. Importante: esclusione di personaggi politici contemporanei e di quasi tutto il contesto storico di Pericle...ma anche notizie sulla famiglia di Pericle vengono omesse (es. notorietà dei figli, ...


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