Lezioni di giustizia amministrativa aldo travi dodicesima edizione 2016 PDF

Title Lezioni di giustizia amministrativa aldo travi dodicesima edizione 2016
Author Maria Pina Langella
Course Diritto amministrativo e governo del territorio
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunto del manuale di giustizia amministrativa ...


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Lezioni di giustizia amministrativa, Aldo Travi LEZIONI INTRODUTTIVE Premessa Nel diritto amministrativo sostanziale ciò che ha grande rilievo è la garanzia del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione. Nello stato più evoluto, il punto di equilibrio è ricercato attraverso il principio di legalità, il quale subordina il potere dell’amministrazione a regole predeterminate e comporta un’ampia riserva al legislatore per la disciplina dell’azione amministrativa autoritativa. Gli “istituti di giustizia amministrativa” svolgono un ruolo suppletivo e successivo, cioè, la loro utilità consiste nell’offrire un rimedio quando, nonostante tutto, il diritto sostanziale non sia stato osservato. Gli istituti della giustizia amministrativa L’espressione giustizia amministrativa designa alcuni istituti, non tutti di carattere giurisdizionale, diretti ad assicurare la tutela dei cittadini nei confronti dell’amministrazione. Nel nostro ordinamento quasi tutti questi strumenti sono stati elaborati per la tutela del cittadino che abbia subito un pregiudizio da un’attività amministrativa. Ancora oggi molti sono strumenti di tutela “successiva”, in quanto disciplinano la reazione del cittadino nei confronti di un’azione già svolta dall’amministrazione. L’intervento del cittadino nel procedimento amministrativo, invece, si colloca in una logica diversa. Ad esempio, le osservazioni del proprietario in una procedura espropriativa non sono istituti di giustizia amministrativa, ma strumenti di partecipazione al procedimento amministrativo. Questi ultimi sono diretti ad assicurare uno svolgimento corretto ed equilibrato della funzione amministrativa e non a rimediare a

vizi delle funzioni già esercitate. Parte della dottrina, nel porre in evidenza i caratteri tipici della giustizia amministrativa, ha preso in esame il rapporto tra gli istituti di giustizia amministrativa e i controlli sull’attività amministrativa. Anche i controlli sono previsti al fine di assicurare regolarità e correttezza dell’attività amministrativa e, in genere, riguardano un’attività già conclusa. In genere, si incentrano sulla verifica della legittimità di un atto e raramente sulla sua opportunità. La riforma del Titolo V Cost. ha soppresso il controllo regionale sugli atti degli enti territoriali e il controllo statale sugli atti delle Regioni. In altri ambiti, invece, i controlli sono rimasti, come ad esempio quelli effettuati dalla Corte dei Conti su alcuni atti dell’amministrazione statale. Anche i controlli possono portare all’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo. Tenendo conto di questi elementi di affinità, un criterio distintivo tra i controlli e gli istituti tipici della giustizia amministrativa sarebbe identificabile nel fatto che i controlli attuerebbero un interesse oggettivo (cioè l’interesse alla conformità dell’operato dell’amministrazione al diritto, o a regole tecniche, o a regole di efficienza), mentre gli istituti di giustizia amministrativa assicurerebbero in modo specifico l’interesse del cittadino. Ad ogni modo, gli istituti di giustizia amministrativa non si esauriscono negli strumenti di tutela “giurisdizionale” dei cittadini nei confronti dell’amministrazione. Quindi, la distinzione fra esso non può essere ricercata nei caratteri specifici della funzione giurisdizionale. Infatti, fra gli strumenti di giustizia amministrativa sono ricompresi anche i ricorsi amministrativi, con i quali la contestazione del cittadino è proposta ad un organo amministrativo e la decisione è presa con un atto amministrativo, senza alcun esercizio della funzione giurisdizionale. Non si ha attività assimilabile a quella del controllo. Le ragioni di un sistema di giustizia amministrativa

Gli istituti di giustizia amministrativa si caratterizzano per la loro separatezza rispetto agli strumenti ordinari di tutela del cittadino. In questo senso, la giustizia amministrativa si contrappone alla giustizia “comune”. Su quest’ultima campeggia l’autorità giurisdizionale ordinaria, considerata da sempre come il giudice per eccellenza. Alcuni modelli: Francia E’ radicato un sistema di contenzioso amministrativo nel quale le controversie fra il cittadino e l’amministrazione sono sottratte al giudice ordinario per essere devolute ad un giudice speciale. Si tratta di un giudice con uno stato giuridico diverso da quello dei magistrati ordinari, in quanto inquadrato nel Potere esecutivo e non gode delle garanzie previste per i magistrati ordinari. La sua giurisdizione è separata da quella ordinaria, ciò implica che non si può ricorrere al giudice ordinario contro la decisione del giudice speciale. Belgio Con la Costituzione del 1831 è stato stabilito che anche nei confronti dell’amministrazione il sindacato giurisdizionale fosse riservato al giudice ordinario. Regola poi superata nel secondo dopo guerra con l’introduzione del giudice speciale. Germania I giudici amministrativi sono autonomi dal potere amministrativo e sono collocati nell’ambito dell’ordine giudiziario, in quanto la giurisdizione amministrativa è intesa come giurisdizione sui diritti, a garanzia della pienezza della loro tutela giurisdizionale. Spagna Si è affermata una giustizia amministrativa affidata a giudici con competenze e organizzazione particolari, ma

appartenenti all’ordine giudiziario e soggetti allo stesso stato giuridico e allo stesso organo di autogoverno previsti per i giudici dei tribunali penali e civili. Si tratta di giudici non “speciali”, bensì “specializzati”. Italia Si è passati da un sistema di contenzioso amministrativo a un sistema di giurisdizione unica (1865), e poi ad un sistema articolato in una giurisdizione del giudice ordinario e in una giurisdizione del giudice amministrativo (1889). Negli ultimi decenni si è manifestata la volontà di maggiore omogeneità fra giudici amministrativi e giudici ordinari. In sintesi, due sono i motivi che vengono affrontati da ogni sistema di giustizia amministrativa: le ragioni di specificità dell’amministrazione nell’ordinamento giuridico (nello stato di diritto, anche l’amministrazione si presenta come autorità, come soggetto titolare di un potere) e l’esigenza di una tutela effettiva del cittadino anche nei confronti dell’amministrazione – autorità. Il primo motivo indirizza verso strumenti di tutela diversi da quelli ordinari. Invece, il secondo motivo ha indotto a considerare come modello la giustizia “comune”. Nel nostro paese è prevalso il primo motivo, il quale ha condotto ad individuare dei profili di specificità dell’amministrazione e della sua attività. Le origini della giustizia amministrativa: cenni al sistema francese La concezione dell’amministrazione come soggetto tipicamente diverso dagli altri si è affermata in un contesto liberale ispirato al principio di separazione dei poteri. Siamo nella Francia di fine XVIII secolo e degli anni della Rivoluzione, in cui si era affermata l’esigenza che il potere esecutivo, nel quale era inserita l’amministrazione, dovesse essere un potere distinto dagli altri anche se non superiore e che non poteva arrogarsi poteri del giudice ordinario, ma i suoi atti non dovevano neppure essere assoggettati al sindacato dei giudici.

Sono significativi due decreti. Il primo del 1789 con il quale venne affermato che le amministrazioni di dipartimento e di distretto non potevano subire interferenze nell’esercizio delle loro funzioni amministrative da alcun atto del potere giudiziario. Il secondo del 1790 con il quale venne sancito che le funzioni giurisdizionale erano distinte e separate da quelle amministrative e che i giudici non potevano interferire in nessun modo sugli atti amministrativi, né citare davanti a sé gli amministratori per contestare il loro operato. Tutto ciò, comunque, non comportava l’esclusione di ogni tutela per il cittadino. È proprio nel periodo della rivoluzione francese che si affermò il concetto di “responsabilità” dell’amministrazione nei confronti dell’assemblea legislativa: il Ministro (vertice dell’apparato amministrativo) poteva essere chiamato a rendere conto dell’operato dell’amministrazione e delle illegalità commesse, rispondendo politicamente di fronte ai cittadini. Inoltre, erano previste forme di controllo a garanzia della legalità degli atti amministrativi. Ad esempio, un rimedio specifico era dato dal ricorso gerarchico. Con esso il cittadino si rivolgeva all’organo gerarchicamente sovraordinato a quello che aveva emanato l’atto lesivo e richiedeva la verifica della legalità dell’atto. Per rendere più attento l’esame del ricorso gerarchico venne istituito che i ricorsi fossero decisi dalle autorità competenti dopo aver acquisito il parere di organi consultivi. Fra questi ultimi il più importante fu il Consiglio di Stato. Quest’ultimo operava come un organo consultivo del Governo. Riguardo ai ricorsi, il Consiglio di Stato formalmente esprimeva un parere al Capo dello Stato, al quale spettava emanare la decisione. Verso la fine del XVII secolo, fu riconosciuta formalmente la competenza a decidere il ricorso (“justice déléguée) al Consiglio di Stato, senza più la necessità di una sanzione dal Capo dello Stato. La giustizia amministrativa in Italia: caratteri generali Il modello francese appena visto comunque non ha

comportato l’esclusione di ogni competenza del giudice ordinario per controversie tra cittadino e amministrazione. Anche in Francia determinate controversie, infatti, erano demandate al giudice ordinario, o perché relative a rapporti nei quali l’amministrazione compariva come soggetto di diritto comune, o perché riguardanti posizioni di libertà o particolari diritti del cittadino. Questa previsione di competenze del giudice ordinario ha comportato l’istituzione di un organo che potesse decidere, nei casi controversi, se la vertenza spettasse al giudice ordinario o a quello speciale, il Tribunale dei Conflitti. L’assetto della giustizia amministrativa italiana è stato a lungo influenzato dal modello francese. Solo nella seconda metà dell’Ottocento si sono affermate tendenze diverse. In particolare, dopo l’istituzione nel 1889 del Quarta sezione del Consiglio di Stato, il rapporto fra il giudice ordinario ed il giudice amministrativo è stato orientato sulla base della distinzione tra le posizione qualificate del cittadino nei confronti dell’amministrazione. A fondamento del riparto tra le due giurisdizioni vi è la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi (art. 103 Cost.). Infine, dal 1877, in caso di conflitto o questioni di giurisdizione, è demandato alla Cassazione il compito di decidere a quale giudice (ordinario o speciale) spetti la controversia. LE ORIGINI DEL NOSTRO SISTEMA DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA La giustizia amministrativa nel Regno di Sardegna In seguito all’Unità (1865), le vicende concernenti la giustizia amministrativa vennero determinate dai caratteri e dai problemi propri dell’ordinamento del Regno di Sardegna. Carlo Alberto, con un editto del 1831, costituì un Consiglio di Stato, con funzioni consultive, articolato in 3 sezioni: sezione dell’Interno, sezione di Giustizia, Grazia ed affari ecclesiastici, sezione di Finanza. Sempre con lo stesso editto venne stabilito che il parere del Consiglio di Stato dovesse essere acquisito obbligatoriamente prima

dell’adozione di certi atti. Con un editto del 1842 venne poi istituito un vero e proprio sistema di contenzioso amministrativo. Questo sistema si fondava sulla distinzione tra controversie riservate all’amministrazione (per le quali era esclusa qualsiasi tutela davanti al giudice ordinario ed era ammesso un solo ricorso a un’autorità amministrativa) e controversie di “amministrazione contenziosa” (per le quali era prevista la possibilità di un ricorso in primo grado a un Consiglio di intendenza e in secondo grado alla Camera dei Conti). Nel 1847 venne poi stilato un elenco delle materie per quali era ammesso il ricorso al Consiglio di intendenza e alla Camera dei Conti, lasciando però aperto il dubbio sul valore esemplificativo o tassativo dell’elencazione. Alcune controversie rimasero comunque riservate alla giurisdizione del giudice ordinario e fra esse un significato particolare assumevano le questioni attinenti il diritto di proprietà. La giurisprudenza riconobbe al Consiglio di intendenza e alla Camera dei Conti il carattere di organi giurisdizionali. Il ruolo di questi giudici fu subito oggetto di dibattiti, soprattutto dopo che lo Statuto Albertino enunciò come regola la riserva della funzione giurisdizionale al giudice ordinario. Nonostante ciò una serie di decreti del 1859 confermarono il sistema di contenzioso amministrativo. Qual è il quadro delineatosi nel 1860? Non ogni attività amministrativa era soggetta ad un sindacato giurisdizionale. In particolare, era esclusa da qualsiasi tipo di sindacato la cd “amministrazione economica” (espressione che designa l’attività amministrativa non puntualmente disciplinata da norme di legge o da regolamenti e rimessa alla valutazione dell’amministrazione). In questi casi, il cittadino poteva ottenere tutela solo nell’ambito della stessa amministrazione per mezzo dei ricorsi gerarchici. - In alcune materie elencate dalla legge la tutela dei cittadini nei confronti dell’amministrazione era demandata ai “giudici ordinari del contenzioso

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amministrativo”, cioè al sistema nei Consigli di Governo e nel Consiglio di Stato. Ad essi spettavano, in particolare, le controversie sui contratti di appalto dell’amministrazione, quelle sul trattamento economico dei dipendenti degli enti locali, ecc… . - In altre materie specificatamente individuate da leggi speciali, la tutela dei cittadini era demandata a “giudici speciali del contenzioso amministrativo. “Speciali” nel senso di diversi da quelli del punto precedente, in quanto avevano una competenza minore. Era il caso delle controversie in materia di contabilità pubblica e delle controversie in materia di pensione, rispettivamente demandate alla Corte dei Conti e al Consiglio di Stato - Negli altri casi la competenza spettava al giudice ordinario, cioè ai giudici civili Da questo quadro emerge come il Consiglio di Stato fosse giudice speciale del contenzioso amministrativo, in unico grado, in materia di pensioni e giudice ordinario del contenzioso amministrativo, in grado di appello, per le vertenze indicate nel secondo punto. Un sistema di questo tipo lasciava ampio spazio ai conflitti. Questi potevano essere “positivi” – autorità di ordini diversi rivendicano la stessa competenza – e “negativi” – autorità di ordini diversi escludono entrambe la propria competenza in vertenze che spettavano o all’una o all’altra –. La disciplina per la loro risoluzione fu introdotta nel 1859, la quale, fra l’altro, dettò anche una definizione di conflitto (“Vi è conflitto quando l’autorità giudiziaria si occupa di questioni riservate alle determinazioni dell’autorità amministrativa, o quando un tribunale ordinario si occupa di una questione riservata ai tribunali del contenzioso”). Le decisione dei conflitti era assunta con decreto reale, previo parere del Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Consiglio dei ministri. La necessità del decreto reale trova ragione nello stesso Statuto Albertino, il quale riconduceva al Re sia la funzione giudiziaria che quella amministrativa; però, era evidente che la decisione effettiva spettasse al

Ministro dell’interno. In questo modo il sistema sanciva una prevalenza dell’autorità amministrativa su quella giurisdizionale. Ai giudici ordinari del contenzioso amministrativo (secondo punto) non erano conferiti poteri di annullamento rispetto agli atti amministrativi dedotti in giudizio. Ciò, però, non era inteso come una sorte di limite rispetto al modello di tutela. Infatti, il giudice ordinario del contenzioso amministrativo riteneva di poter esercitare un potere di interpretazione degli atti amministrativi e, inoltre, quando per la decisione assumeva rilevanza una valutazione sull’atto e sulla sua legittimità, il giudice del contenzioso si riteneva legittimato a rilevare la nullità dell’atto o la sua inefficacia. In ogni caso, il giudice prescindeva dall’atto quando esso risultava in contrasto con la legge. Il declino dei Tribunali del contenzioso amministrativo Immediatamente dopo la riforma del 1859 furono sottratte alla giurisdizione dei giudici ordinari del contenzioso amministrativo alcune vertenze precedentemente di loro competenza. In particolare, fu sottratto lo il contenzioso fiscale. A sostegno del sistema del contenzioso amministrativo vi erano tre ordini di considerazioni: Tutela dell’interesse pubblico 2) Esclusione delle garanzie di inamovibilità ed imparzialità previste per i giudici ordinari 3) Specialità del diritto dell’amministrazione 1)

Questi argomenti erano tutti criticati dagli oppositori dei modelli di contenzioso amministrativo. Questi sostenevano l’esigenza che anche le controversie fra il cittadino e l’amministrazione fossero assegnate al giudice ordinario. Ritenevano che solo un giudice estraneo all’amministrazione e dotato di tutte le garanzie previste per i giudici ordinari avrebbe potuto assicurare l’imparzialità necessaria per una decisione. L’imparzialità era necessaria dal momento in cui una parte in causa era proprio

l’amministrazione. La legge 20 marzo 1865, n. 2248 Il dibattito “giudice speciale o giudice ordinario” condusse all’approvazione di una legge che abolì i giudici ordinari del contenzioso amministrativo: la legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E (legge di abolizione del contenzioso amministrativo). Questa legge abolì le discipline degli Stati preunitari e permise l’unificazione dell’ordinamento amministrativo italiano. Era costituita da sei testi normativi, designati come “allegati”: allegato A – “Legge sull’amministrazione comunale e provinciale” - allegato B – “Legge sulla sicurezza pubblica” - allegato C – “Legge sulla sanità pubblica” - allegato D – “Legge sul Consiglio di Stato” - allegato E – “Legge sul contenzioso amministrativo” - allegato F – “Legge sui lavori pubblici”

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I temi della giustizia amministrativa sono affrontati negli allegati D ed E. L’allegato D disciplinava l’assetto del Consiglio di Stato. Non prevedeva particolari garanzie di indipendenza né per quanto riguarda la nomina dei suoi dipendenti né per quanto riguarda la loro inamovibilità. Fu confermata la sua articolazione in tre sezioni e si previse la possibilità che queste operassero collegialmente in adunanza generale. Inoltre, venne prevista anche la possibilità per il Presidente del Consiglio di Stato di formare delle Commissioni speciali per l’esame di questioni particolari. Vennero assegnate al Consiglio di Stato competenze consultive e in alcuni casi il suo parere era obbligatorio. In particolare, il parere era prescritto relativamente alle proposte di regolamenti generali di Pubblica Amministrazione e ai ricorsi fatti al Re contro la legittimità di provvedimenti amministrativi sui quali siano esaurite e non

possano proporsi domande di riparazione in via gerarchica. Nella normativa sul Consiglio di Stato si faceva riferimento al ricorso al Re, designato come ricorso straordinario perché poteva essere proposto solo dopo l’esaurimento dei rimedi ordinari, cioè dei ricorsi gerarchici. Questo formalmente risultava coerente con il dettato dello Statuto Albertino e non rappresentava uno strumento di tutela giurisdizionale, né comportava l’esercizio da parte del Sovrano di poteri tipici dei giudici speciali. In alcune ipotesi tassative il Consiglio di Stato esercitava, inoltre, funzioni giurisdizionali, come giudice speciale. In questi casi il procedimento aveva carattere tipicamente contenzioso e la decisione poteva comportare l’annullamento dell’atto amministrativo. Infine gli venne assegnata una competenza di rilievo istituzionale: la risoluzione dei conflitti fra amministrazione e autorità giurisdizionale. L’allegato E, designato come “legge di abolizione del contenzioso amministrativo”, disponeva la soppressione dei c.d. giudici ordinari del contenzioso amministrativo (art. 1). Assetto della giustizia amministrativo da esso emergente: -

l’art. 2 assegnò al giudice ordinario tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faceva questione di un dirit...


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