Giustizia amministrativa, compendio Simone PDF

Title Giustizia amministrativa, compendio Simone
Course Diritto Amministrativo 1 - Ag 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Capitolo 11



La giustizia amministrativa  Sezione Prima Principi generali sulla tutela giurisdizionale 1. NozioNi GeNerAli L’espressione giustizia amministrativa indica quel complesso di mezzi concessi dall’ordinamento giuridico ai singoli per tutelare le posizioni giuridiche soggettive di cui risultino titolari nei confronti della P.A. Il sistema di giustizia amministrativa permette la coesistenza di tre principi fondamentali del nostro ordinamento: 1) 2) 3)

il principio della azionabilità in giudizio di tutte le lesioni di diritti soggettivi ed interessi legittimi (art. 24, comma 1, Cost.) anche se derivanti da atti e comportamenti della P.A. (art. 113, comma 1, Cost.); il principio dell’autonomia del potere giudiziario (art. 101 Cost.: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge»); il principio di legalità dell’azione amministrativa la cui conformità alla legge viene accertata dall’autorità giudiziaria.

2. il SiSteMA dellA tUtelA GiUriSdizioNAle iN itAliA Attualmente la giustizia amministrativa in Italia è organizzata secondo il sistema della doppia giurisdizione, nel seguente modo: — l’Autorità Giudiziaria ordinaria è competente a decidere delle violazioni di diritti soggettivi, con il potere di disapplicare l’atto amministrativo che risulti illegittimo, e di dichiararne la illegittimità; — l’Autorità Giudiziaria Amministrativa è competente a giudicare delle violazioni degli interessi legittimi (salvo alcuni casi eccezionali in cui giudica anche per violazioni di diritti: cd. casi di giurisdizione esclusiva) e ad annullare gli atti amministrativi illegittimi (cd. giurisdizione di legittimità), nonché, in alcuni casi tassativi, anche a sostituirli con altri atti o a riformarli in parte (sostituendo in tal caso la P.A.: cd. giurisdizione di merito); — i conflitti di giurisdizione tra A.G.O. e A.G.A. sono attribuiti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Oltre alla tutela giurisdizionale (ordinaria e amministrativa) i portatori di interessi hanno anche a disposizione dei mezzi di tutela amministrativa: i ricorsi amministrativi. 3. i Mezzi di tUtelA del PriVAto e lA NorMAtiVA di riferiMeNto Si è detto che il privato che si reputi leso dall’attività posta in essere dall’amministrazione, per poter difendere i propri interessi, può ricorrere sia alla tutela amministrativa, che non necessita dell’intervento di alcun giudice per essere realizzata, che alla tutela giurisdizionale (innanzi al giudice ordinario – G.O. - ovvero al giudice amministrativo – G.A.). Dal punto di vista della tutela amministrativa, la normativa di riferimento è, ancora oggi, il d.P.r. 24-11-1971, n. 1199, con il quale il legislatore ha dettato una disciplina organica dei ricorsi amministrativi (ricorso gerarchico, ricorso in opposizione e ricorso al Presidente della Repubblica). Sul versante della tutela giurisdizionale esperibile innanzi al G.A., invece, l’evoluzione normativa è stata più articolata e, attualmente, il testo normativo di riferimento per la disciplina del processo innanzi al giudice amministrativo è dato dal Codice del processo amministrativo, approvato con il d.lgs. 2-7-2010, n. 104.

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Libro II: diritto amministrativo

Il Codice ha riorganizzato il sistema giurisdizionale amministrativo nel senso di razionalizzare ed omogeneizzare la disciplina precedente, contenuta in numerosi testi normativi, aggiornandola secondo i principi giurisprudenziali affermatisi nel tempo, nell’ottica di avvicinare il processo amministrativo a quello civile. Il Codice del processo amministrativo è entrato in vigore il 16 settembre 2010.

Le criticità di alcune disposizioni codicistiche e la presenza di alcune incongruenze all’interno del testo sono state all’origine di una recente revisione legislativa del Codice, operata con il d.lgs. 15-11-2011, n. 195, che ha: — compiuto un coordinamento testuale e un miglioramento della precisione lessicale; — chiarito i rapporti tra il Codice del processo amministrativo ed il codice di procedura civile; — coordinato il testo vigente con sopravvenienze normative e chiarito quelle singole questioni processuali che fin dalle prime applicazioni pratiche del Codice erano emerse con evidenza. Sezione Seconda La tutela in sede amministrativa 1. PriNCiPi GeNerAli La tutela in sede amministrativa è attuata dalla stessa amministrazione, attraverso un procedimento amministrativo, che viene instaurato a seguito di un ricorso dell’interessato. Pertanto, non vi è alcun intervento giurisdizionale, né del giudice ordinario, né del giudice amministrativo. La funzione della tutela in sede amministrativa è quella di ricercare, se possibile, una soluzione alle controversie insorte nell’ambito dell’ordine amministrativo stesso e che coinvolgono interessi dell’amministrazione evitando il ricorso a mezzi giurisdizionali. 2. il riCorSo AMMiNiStrAtiVo Il ricorso amministrativo può definirsi come l’istanza (o reclamo) diretta ad ottenere l’annullamento, la riforma o la revoca di un atto amministrativo, rivolta, dal soggetto che vi abbia interesse, ad una autorità amministrativa nelle forme e con l’osservanza dei termini fissati dalla legge, affinché questa risolva «ex autoritate sua» la controversia che tale atto ha generato, nell’ambito dello stesso ordinamento amministrativo. I ricorsi amministrativi previsti nel nostro ordinamento sono: a) il ricorso gerarchico; b) il ricorso in opposizione; c) il ricorso straordinario al Presidente della repubblica. Principi comuni alle dette figure, sono: a) b)

l’obbligo di indicare nel provvedimento amministrativo l’autorità a cui si può ricorrere ed il termine entro il quale il ricorso deve essere proposto; l’obbligo dell’autorità cui è presentato il ricorso di esaminarlo e deciderlo.

3. Gli eleMeNti eSSeNziAli dei riCorSi AMMiNiStrAtiVi 1) i soggetti: possono presentare ricorso le persone fisiche, le persone giuridiche (pubbliche o private) e le associazioni non riconosciute. 2) l’interesse: il ricorso amministrativo non può essere proposto se non da chi, ritenendosi danneggiato dall’atto della P.A., abbia interesse all’annullamento (revoca o riforma) di esso. Quanto ai requisiti, l’interesse deve essere: diretto, personale, attuale. 3) l’oggetto può essere un atto amministrativo in senso soggettivo ed oggettivo (ricorsi impugnatori), oppure un comportamento della P.A. o un rapporto insorto tra la P.A. e un terzo o tra soggetti estranei all’amministrazione (ricorsi non impugnatori). Nel primo caso deve trattarsi di un atto emanato da un’autorità amministrativa nell’esercizio di una funzione amministrativa.

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4) i termini per il ricorso. Il ricorso deve essere presentato all’autorità competente nel termine perentorio fissato dalla legge (artt. 2 e 9 D.P.R. 1199/1971). Tale termine è di 30 giorni per il ricorso gerarchico o in opposizione e di 120 giorni per il ricorso al Presidente della Repubblica. 5) la forma del ricorso. Il ricorso deve essere redatto per iscritto su carta da bollo uso amministrativo, salvo i casi in cui la legge esplicitamente lo escluda (es. in materia di rapporti di lavoro). 6) Gli elementi del ricorso. Il ricorso deve contenere: a) b) c) d)

l’indicazione dell’autorità cui è diretto; gli estremi del provvedimento impugnato; i motivi del ricorso; la sottoscrizione del ricorrente.

4. il riCorSo GerArCHiCo A) Nozione Può definirsi come quel rimedio di carattere generale consistente nella impugnativa di un atto non definitivo proposta dal soggetto interessato davanti all’organo gerarchicamente sovraordinato a quello che ha emanato il provvedimento impugnato. Con riferimento al rapporto di gerarchia, che intercorre fra l’organo che ha emanato il provvedimento e quello al quale si ricorre, si distingue: — il ricorso gerarchico proprio. La gerarchia che viene in considerazione come presupposto di tale ricorso è la gerarchia esterna, che deve essere intesa come «il rapporto intercorrente fra organi individuali di grado diverso appartenenti allo stesso ramo dell’amministrazione per effetto del quale l’organo inferiore è subordinato al superiore»; — il ricorso gerarchico improprio. È un rimedio di carattere eccezionale previsto in alcuni casi in cui non esiste alcun rapporto di gerarchia. In particolare, il ricorso gerarchico improprio è un ricorso ordinario proposto ad: — — — —

organi individuali avverso deliberazioni di organi collegiali e viceversa; organi collegiali avverso deliberazioni di altri organi collegiali; organi statali avverso provvedimenti di altro ente pubblico; orani statali avverso provvedimenti di organi di vertice.

B) la mancata decisione del ricorso: il cd. silenzio-rigetto La P.A. ha l’obbligo giuridico di decidere sul ricorso gerarchico che le viene presentato. Tuttavia il legislatore ha prospettato anche l’eventualità che la P.A. non sia in grado di adempiere a tale obbligo per mancanza di personale, di tempo o per altri motivi. L’art. 6 del D.P.R. 1199/1971 ha stabilito che decorsi novanta giorni dalla presentazione del ricorso senza che la P.A. abbia comunicato all’interessato la decisione dello stesso, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti e l’interessato può proporre ricorso giurisdizionale davanti al giudice amministrativo competente o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica , direttamente avverso l’atto impugnato in sede gerarchica. 5. il riCorSo iN oPPoSizioNe È un ricorso amministrativo atipico, rivolto alla stessa autorità che ha emanato l’atto, anziché a quella superiore gerarchicamente. Non è un rimedio di carattere generale ma è eccezionale, utilizzabile solo nei casi tassativi in cui la legge lo ammette, e per i motivi da essa previsti. Può essere proposto sia per motivi di legittimità che di merito, e sia a tutela di interessi legittimi che di diritti soggettivi. Il termine per la sua proposizione è quello generale di 30 giorni dalla notifica o emanazione dell’atto impugnato, ma la legge può prevedere, nei singoli casi, termini diversi.

Parte Prima - Teoria

Capitolo XI: la giustizia amministrativa

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Libro II: diritto amministrativo

6. il riCorSo StrAordiNArio Al PreSideNte dellA rePUBBliCA Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica costituisce un rimedio di carattere generale contro i provvedimenti definitivi. Esso è denominato straordinario non già nel senso di ricorso eccezionale, ma nel senso che può proporsi solo quando non è esperibile il ricorso gerarchico. Come il ricorso gerarchico, il ricorso straordinario può essere proposto per la tutela sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi; inoltre, ai sensi dell’art. 7, comma 8, del Codice del processo amministrativo, tale ricorso è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa. Il ricorso straordinario: a) b) c)

d) e)

può avere ad oggetto soltanto atti definitivi; da ciò consegue che prima di proporre il ricorso straordinario deve essere esperito il ricorso gerarchico se l’atto non è, per natura o per legge, definitivo; è proponibile solo per motivi di legittimità (incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge) e non anche per motivi di merito; è alternativo al ricorso giurisdizionale amministrativo, nel senso che chi ha proposto ricorso al T.A.R. non può più proporre il ricorso straordinario e viceversa chi ha scelto la via del ricorso straordinario non può più impugnare davanti al giudice amministrativo né l’atto né la decisione sul ricorso. La regola dell’alternatività ha la funzione di evitare che sullo stesso atto amministrativo intervengano due pronunce, una giustiziale e amministrativa ed una giurisdizionale, diverse e che il Consiglio di Stato si pronunci, pertanto, due volte sullo stesso atto attraverso il parere obbligatorio in sede di ricorso straordinario e come giudice di appello in sede di ricorso giurisdizionale. Il criterio dell’alternatività comporta che deve essere consentita la scelta fra le due forme di tutela non solo al ricorrente, ma anche al controinteressato, che non può subire passivamente una scelta altrui (VIRGA): a tale finalità risponde la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, che è un istituto previsto a tutela dei controinteressati intimati, ai quali sia stato, cioè, notificato il ricorso. Costoro, pur dopo l’impugnazione dell’atto con ricorso straordinario, possono ancora scegliere, e, quindi, o aderire alla via scelta dal primo ricorrente, oppure chiedere, con opposizione (notificata al ricorrente e all’autorità che ha emanato l’atto impugnato), proposta entro 60 gg. dalla notifica del ricorso straordinario, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale (art. 10 D.P.R. 1199/1971); deve essere notificato, a pena d’inammissibilità, ai controinteressati a cura del ricorrente e su quest’ultimo incombe l’onere della loro identificazione; l’art. 3 della L. 205/2000 ha esteso anche al ricorso straordinario il rimedio cautelare della sospensione del provvedimento impugnato laddove esso provochi danni gravi ed irreparabili.

Il procedimento per il ricorso straordinario al p.d.R. Il ricorso deve essere presentato entro 120 gg. dalla data di notifica o comunicazione dell’atto o dalla piena conoscenza di esso. Il contraddittorio deve essere instaurato dallo stesso ricorrente. L’istruttoria del ricorso è compiuta dal Ministero competente, e cioè dal Ministero che sovraintende alla materia alla quale è da ricondurre l’atto impugnato. Istruito il ricorso, il Ministero lo trasmette al Consiglio di Stato per il relativo parere, che è obbligatorio. Ai sensi dell’art. 14 D.P.R. 1199/1971, come modificato dall’art. 69 l. 69/2009, il ricorso straordinario è deciso con decreto del Presidente della repubblica, su proposta del Ministro competente, conforme al parere, obbligatorio e vincolante, del Consiglio di Stato. Il decreto decisorio del Presidente della Repubblica, pur ponendosi su di un piano alternativo rispetto alla tutela giurisdizionale, ha pur sempre natura amministrativa. La decisione sul ricorso straordinario, pur non avendo attitudine ad acquisire efficacia formale e sostanziale di cosa giudicata, ha comunque carattere cogente e, pertanto, determina in capo all’autorità amministrativa l’obbligo di eseguirla, vincolandola quanto ai contenuti, limiti e ad ogni conseguente statuizione. Avverso il decreto presidenziale che decide il ricorso, ove la decisione riguardi una questione di competenza del G.A., sono ammessi due mezzi di impugnazione: a) revocazione: contro il decreto è ammesso ricorso per revocazione allo stesso Presidente della Repubblica nei casi previsti dall’art. 395 del c.p.c.; b) impugnazione innanzi al giudice amministrativo: l’impugnabilità della decisione del ricorso straordinario è, però, circoscritta ai soli vizi di forma e del procedimento, essendo impedita la valutazione di contestazioni che comportino un qualsivoglia riesame del giudizio formulato dal Consiglio di Stato in sede consultiva.

Capitolo XI: la giustizia amministrativa

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1. il G.o. e l’AMBito dellA GiUriSdizioNe ordiNAriA Il sistema della giurisdizione ordinaria è costituito dal complesso delle Corti e dei Tribunali ordinari, che hanno il compito di amministrare la giustizia civile (sui diritti soggettivi) e penale e sono circondati da particolari garanzie d’indipendenza. La disciplina fondamentale in materia di giurisdizione del G.O. nei confronti della P.A. resta ancora oggi quella contenuta nell’art. 2 della L. 20-3-1865, n. 2248 — allegato E (cd. legge di abolizione del contenzioso amministrativo – L.A.C.), per il quale «sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la Pubblica Amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa». Rientrano, quindi, nella competenza del G.O.: a) b)

c) d)

«le cause per contravvenzioni»: sono, cioè, di competenza del G.O. tutte le violazioni della legge penale. Questo principio è stato, successivamente, confermato e rafforzato dalla Costituzione Repubblicana; «tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico» (causa petendi). Sono di competenza del G.O., infatti, tutte le controversie relative all’esistenza ed alla lesione di un diritto soggettivo. Fanno eccezione le materie attribuite alla competenza esclusiva del T.A.R.; «comunque vi possa essere interessata la P.A.». E cioè sia essa parte attrice nel senso che promuove il giudizio, che convenuta in quanto è chiamata in giudizio; «ancorché siano stati emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa». Pertanto, la giurisdizione del G.O. non è preclusa dal fatto che la P.A. abbia emanato un atto d’autorità: ciò trova conferma negli artt. 4 e 5 della legge abolitrice del contenzioso, che disciplinano i poteri del G.O. in presenza di un atto amministrativo, e nell’art. 113 Cost., che espressamente prevede la cognizione del G.O. per gli atti amministrativi lesivi di diritti.

2. i liMiti dellA PoteStà del GiUdiCe ordiNArio Nei CoNfroNti dellA P.A. Se il legislatore ha voluto attribuire al G.O. la giurisdizione in materia di diritti soggettivi anche nei confronti della P.A., ha, però, previsto dei limiti ai suoi normali poteri, in ossequio al fondamentale principio della separazione dei poteri. Quando parte in causa sia una P.A., i poteri del G.O. incontrano i seguenti limiti, espressamente previsti dagli artt. 4 e 5 della L.A.C.: a) il G.O. deve limitarsi a conoscere gli effetti dell’atto in relazione all’oggetto dedotto in giudizio; non può, cioè, conoscere dell’atto amministrativo — in sé e per sé — con effetti erga omnes, ma solo in funzione della pronunzia sul rapporto dedotto in giudizio; b) può estendere il suo sindacato soltanto alla legittimità dell’atto amministrativo; non potrà, perciò, indagare sulla opportunità e sulla convenienza dell’atto né potrà sindacare l’esercizio del potere discrezionale da parte della P.A.; c) non può incidere sull’atto amministrativo: non può né annullarlo o revocarlo né modificarlo; d) quando ha accertato che effettivamente il diritto del privato è stato leso dall’atto illegittimo, dichiara tale illegittimità senza, però, che sul punto si formi il giudicato (in termini tecnici si parla di accertamento incidentale) e disapplica l’atto; giudica cioè prescindendo dall’atto (come se l’atto non fosse mai stato emanato); e) non può in nessun caso imporre alla P.A. comportamenti positivi, ma può solo condannarla al risarcimento dei danni cagionati al privato. 3. le AzioNi AMMiSSiBili Nei CoNfroNti dellA P.A. Tenuto conto dei limiti suddetti, si deduce che non tutte le azioni esperibili nelle controversie tra privati possono esser proposte contro la P.A.

Parte Prima - Teoria

Sezione Terza La tutela giurisdizionale ordinaria

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Libro II: diritto amministrativo

Esaminando le diverse categorie di azioni elaborate nel diritto processuale abbiamo le: a)

b)

c)

d)

azioni dichiarative. Sono quelle dirette al mero accertamento di uno stato di fatto o di una situazione di diritto ed hanno lo scopo di eliminare incertezze e dissensi fra le parti, procurando una prova pubblica ed inconfutabile dello stato di fatto giuridicamente rilevante. Tali azioni sono sempre ammesse nei confronti della P.A.; azioni costitutive. Tendono ad ottenere dal giudice una sentenza (costitutiva, appunto) che, accertati determinati elementi, costituisca, modifichi o estingua un determinato rapporto giuridico. La dottrina e la giurisprudenza ritengono ammissibili le azioni costitutive quando non incidono sui poteri pubblici della P.A.; azioni di condanna. Sono quelle a seguito delle quali il giudice, accertato l’obbligo di una delle parti o un suo comportamento antigiuridico produttivo di responsabilità, ordina alla medesima una prestazione diretta a ristabilire l’equilibrio giuridico violato. La prestazione ordinata alla parte soccombente può consistere nel pagamen...


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