Giustizia Sandel PDF

Title Giustizia Sandel
Author michela bazzoli
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Brescia
Pages 20
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riassunto del libro michael sande, circa 20 pag...


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Michael Sandel : Giustizia : il nostro bene comune CAPITOLO 1. FARE QUEL CHE E’ GIUSTO MAGGIORAZIONE SPECULATIVA DEI PREZZI: Nel 2004 l’uragano Charley si abbattè sulle coste della Florida, lasciando dietro a sé milioni di danni, centinaia di vittime e una grossa polemica sulla maggiorazione dei prezzi conseguente alla catastrofe. L’opinione pubblica fu protagonista di un’imponente ribellione, ma alcuni economisti sostenevano che quell’indignazione nasceva da un equivoco: nei prezzi maggiorati non vi è nulla di ingiusto, in quanto, se durante il medioevo il giusto prezzo dell’oggetto di scambio era dato dal valore intrinseco o dal valore fissato dalla tradizione, nelle moderne società di libero mercato i prezzi sono fissati dal rapporto fra domanda e offerta, più è alta la domanda, più sarà alta l’offerta, cioè il prezzo.. dunque non esiste il “giusto prezzo”. Crist, attorney general dello Stato della Florida, respinge il concetto che simili prezzi possano rispecchiare una vera libertà di mercato, in situazione di emergenza, infatti, i compratori sono sotto coercizione, sono, cioè, obbligati all’acquisto. Sowell, sostenitore del libero mercato, di contro, sostiene che i prezzi maggiorati servano ad aiutare gli abitanti della Florida, egli ragiona in questo modo: le accuse di speculazione nascono quando i prezzi superano i livelli a cui siamo abituati, ma questi livelli non sono intoccabili proprio perché si ricollegano all'incontro della domanda con l'offerta. Dover pagare prezzi più alti in queste circostanze ha il vantaggio di indurre i consumatori a limitare l’uso di questi beni e di incentivare i produttori a spostarsi e a produrre di più altrove. Dunque, secondo Sowell, tali prezzi non sono ingiusti, in quanto si limitano a riflettere il valore che i compratori e i venditori danno agli oggetti di scambio. Lo stesso sostiene Jacoby, un opinionista favorevole al mercato libero, egli infatti afferma che far pagare il prezzo che il mercato accetta non è speculazione. IL BENESSERE ,LA LIBERTA' E LA VIRTU' La tesi classica a favore del mercato libero poggia su due concetti: benessere e libertà . Benessere: – i mercati promuovono il benessere della società nel suo insieme fornendo gli stimoli per indurre le persone al lavoro per fornire beni che gli altri richiedono; Libertà: – i mercati rispettano la libertà individuale permettendo ai singoli di stabilire da sé quale valore debba essere attribuito alle cose scambiate, senza predeterminarlo arbitrariamente. Gli obiettori, fautori delle leggi anti-speculazione – rispondono argomentando il proprio punto di vista sulla base degli stessi due concetti: Benessere: – non è vero che l’imposizione di prezzi elevati nei periodi di crisi serve a promuovere il benessere della società nel suo insieme. Nel valutare il benessere generale si deve tener conto anche del disagio, sofferenze, di chi nell’emergenza si trova a non potere accedere a i beni primari, poiché non abbiente o ricco. Libertà: – in alcune condizioni il libero mercato non è veramente tale, chi compra sotto coercizione non ha nessuna libertà, perché gode di una gamma di possibilità ristretta. In realtà, per stabilire se le leggi anti-speculazione siano giustificate occorre, oltre che soppesare queste valutazioni su benessere e libertà, tener conto dell’opinione pubblica: quando essa appoggia le leggi anti-speculazione non si riferisce solo all'idea di benessere e alla libertà, ma soprattutto all’idea che speculazione equivalga ad avidità. L’avidità è un vizio un comportamento ingiusto, soprattutto quando rende ciechi davanti alle sofferenze

altrui. Le leggi anti-speculazione non possono mettere al bando l’avidità, ma possono limitarne le manifestazioni più sfacciate, castigando il comportamento avido anziché premiarlo. La società, contro l’avidità, afferma il valore di una virtù civile: il sacrificio condiviso in nome del bene comune. In nome della virtù, bisogna scegliere quali siano i giusti comportamenti da coltivare, quelle inclinazioni e quelle doti su cui si deve fondare una buona società. L’argomento della virtù però sembra che obblighi ad emettere un preciso giudizio, ( l'avidità è un vizio e lo Stato dovrebbe osteggiarla ) cosa che non accade quando si tratta di decidere sulla libertà o sul benessere. Ma a chi tocca giudicare qual è la virtù e qual è il vizio? In una società pluralista ci sono troppe idee diverse circa cosa è la virtù e cosa sia il vizio e dunque molti ritengono che il governo dovrebbe mantenersi neutrale, cioè nelle controversie circa la definizione di virtù e vizio, esso non dovrebbe incoraggiare i virtuosi ne osteggiare i viziosi. Dilemma: una società giusta deve adoperarsi a promuovere la virtù nei suoi cittadini? Oppure la legge dovrebbe rimanere neutrale così che i cittadini possano essere liberi di scegliere da sé il modo migliore per vivere? Questa è una questione che divide il pensiero politico moderno da quello antico. TRE IDEE DI GIUSTIZIA Chiedersi se una società sia giusta, equivale a chiedersi in che modo essa distribuisca le cose, i beni a cui i consociati conferiscono un certo valore ( il reddito, la ricchezza, le opportunità, i poteri.. ). Una società giusta è una società che distribuisce tali beni in modo giusto. Sono tre le teorie sulla giusta distribuzione, dunque sulla giustizia, ciascuna delle quali è connessa ad un’ideale ( e ad uno o più filosofi ) : Virtù: ( Aristotele ) Giustizia è dare a ciascuno ciò che merita. Per poter stabilire chi merita che cosa, dobbiamo determinare quali sono le virtù degne di essere onorate e premiate. Non possiamo stabilire quale sia una costituzione ( o una società ) giusta se prima non riflettiamo sua quale sia la forma di vita più desiderabile. Benessere: ( Bentham ) una società giusta è una società che punta al massimo del benessere per il massimo numero di consociati. Libertà: ( Kant e Rawls ) I principi di giustizia in base ai quali si definiscono i nostri diritti non dovrebbero fondarsi su nessun concetto di virtù o miglior forma di vita. Una società giusta rispetta la libertà di ciascuno di scegliere quella che, è, per sé, una vita buona. Le teorie che collegano la giustizia al principio di libertà sono a loro volta tante, ma tutte fanno appello al rispetto dei diritti individuali (anche se non sempre sono identificati univocamente quali siano i diritti più importanti) e delle libertà fondamentali. Distinguiamo: Libertari: sostengono che non ci debbano essere limiti imposti alla libertà degli individui consenzienti (in tema di economia e mercato) Egualitari: sostengono che i mercati privi di vincoli non sono né giusti ne liberi. Secondo loro devono essere poste delle regole di condotta capaci di compensare le disparità sociali ed economiche degli individui, in modo da offrire a ciascuno un'equa possibilità di riuscita. DILEMMI MORALI Gran parte dei dilemmi morali nasce dal contrasto fra più principi etici o dalla non consapevolezza del futuro, di come andranno le cose insomma. Ipotizzare un dilemma morale risulta utile per capire come orienteremmo la nostra azione davanti a situazioni di difficile risoluzione. Ad esempio, immaginiamo di trovarci su un tram lanciato a 100 km/h sulle rotaie, manomesso, dunque privo di freni, davanti a noi si apre un bivio: a destra

cinque uomini stanno svolgendo dei lavori di manutenzione,a sinistra solo uno. Da che parte svoltiamo? A sinistra risponderebbe chiunque, così da sacrificare una sola vita, ma salvarne cinque. Immaginiamo adesso di non trovarci ad alcun bivio, davanti al tram la strada è una sola e lì stanno i cinque uomini. In questo caso noi ci troviamo sulla collina di fronte, inermi davanti al tragico spettacolo. Ad un tratto ci accorgiamo di un uomo, che, se spinto tra le rotaie ( per assurdo ) fermerebbe il tram e i cinque lavoratori sarebbero salvi. Chi di noi spingerebbe l’uomo? Nessuno. Eppure il principio è lo stesso, in entrambi i casi si tratta di sacrificare una via per salvarne cinque. Cosa faremmo allora? Per arrivare a dipanare i nostri dubbi, dobbiamo analizzare la situazione, capire quale sia la nostra convinzione, estrapolarne il principio, constatare se esso si scontri con un diverso principio e dunque con la nostra idea iniziale, così da capire quale sia il principio che ha maggior rilevanza o il più appropriato da applicare al caso concreto. E’ proprio questo impulso a spingere verso la filosofia. Man mano che ci imbattiamo in situazioni nuove ci spostiamo dai giudizi ai principi e viceversa, rivedendo ciascuno alla luce dell'altro. La riflessione etica consiste appunto spostarsi dal mondo dell'azione a quello della ragione. Questo modo di procedere risale ai dialoghi di Socrate e alla filosofia morale di Aristotele,ma nonostante questa genealogia, tutto ciò si presta alla seguente obiezione: se la riflessione morale consiste nel ricercare una corrispondenza esatta fra i giudizi che diamo e i principi che affermiamo, com'è possibile che tale riflessione ci porti alla giustizia o alla verità morale? Perché si tratta di un'attività collettiva e non individuale: il viaggio interiore che ognuno di noi ha non porta a scoprire cosa sia la giustizia o quale sia il modo migliore di vivere. Per capire il significato di giustizia o di vita buona dobbiamo uscire dai nostri pregiudizi e abitudini di vita, dobbiamo elevarci. Quando la riflessione passa dall'etica a politica, cioè quando deve diventare una legge che regola le nostre vita, deve prima spogliarsi di cosa pensa la gente. CAPITOLO 2. IL PRINCIPIO DELA MASSIMA FELICITA': L'UTILITARISMO. Al 19°giorno di naufragio, i naufraghi tentano di effettuare un sorteggio per chi deve morire, ma il marinaio Brooks si oppone e così il capitano Dudley uccide il mozzo, che non aveva famigliari ed era sul punto di morire (perché aveva bevuto acqua dell'oceano). Si salvarono per questa uccisione e per 4 giorni mangiarono e bevvero il corpo, che poi venne portato con loro per una degna sepoltura. Furono processati e furono condannati a morte, ma successivamente la pena venne commutata in 6 mesi di detenzione. Dilemma: E' moralmente giusto uccidere il mozzo, anche in una situazione di necessità come questa? 4 L'argomento della difesa era improntato sull'utilitarismo: il sacrificio di uno per la salvezza degli altri tre. Obiezioni: - Ci si può chiedere se i vantaggi di uccidere il mozzo superino i costi; ucciderne uno per far sopravvivere gli altri tre, anche con tutti i vantaggi e benefici che porta il numero di vite salvate e la contentezza delle famiglie, attenua il rigore della norma che vieta l'assassinio. Il caso avrebbe attirato la tendenza a farsi giustizia da sé o avrebbe reso più difficile ai comandanti la ricerca del personale. - Uccidere e mangiare un mozzo, anche per tutti i vantaggi sopra evidenziati, dando per scontato che ce ne siano, è un male per ragioni che esulano dalla valutazione dei costi e benefici per la società: Non è ingiusto togliere la vita ad un uomo senza il suo consenso, anche se questo porta vantaggi agli altri? Qui si scontrano due modi di concepire la giustizia: il primo è quello basato sul rapporto tra costi e benefici e quindi utilitaristico, il secondo invece ci da indicazioni di come gli uomini debbano trattarsi tra di loro (il rispetto reciproco) e quindi quali siano i loro diritti individuali. I due principi sono contrastanti perché il primo si basa sulle conseguenze: l'importante è

raggiungere una situazione positiva per la società. L'altro, invece, non considera le conseguenze di beneficio per gli altri, ma pone una questione morale sul comportamento degli uomini:esistono diritti e doveri che dovremmo rispettare per ragioni indipendenti dalle ripercussioni sulla società. L'UTILITARIMO DI JEREMY BENTHAM (1748/1832). Studioso di filosofia morale, fu il riformatore delle leggi formulate dalla dottrina utilitaristica basata sul supremo principio dell'etica : accrescere al massimo l'utilità, in modo che nel bilancio complessivo il piacere superi il dolore. Secondo Bentham piacere e dolore sono i nostri supremi padroni, ci governano in tutto ciò che facciamo e ci condizionano perfino nella scelta di ciò che dovremmo fare, il criterio del bene e del male è legato al loro trono. Tutti noi ricerchiamo e rincorriamo il piacere e sfuggiamo dal dolore; l’utilitarismo, sostiene Bentham, non fa altro che cogliere questa evidenza e porla a fondamento della vita sociale politica. Anche della vita politica in quanto, non solo i singoli, ma anche il legislatore, nella scelta delle leggi da approvare o delle procedure da applicare, deve puntare al massimo dell’utilità per il massimo numero di consociati, effettuando un’operazione matematica: sommando tutti i benefici e sottraendo i relativi costi di una certa legge o procedura , il risultato sarà un beneficio superiore rispetto a quello che potrebbe produrre un’altra legge o procedura? Bentham difende il principio di dover puntare al massimo della felicità, sostenendo che non vi sono motivi validi per rifiutarlo. Gli uomini possono credere nell’esistenza di diritti assoluti o categorici ( che egli definisce stupidaggini sui trampoli ), ma in realtà non avrebbero nessun motivo per difenderli se non fossero convinti che il rispettarli porti al massimo del beneficio, se non altro a lungo andare. Dunque quando l’uomo esprime il proprio dissenso in merito al principio utilitaristico, lo fa in base a ragioni proprie del principio medesimo. Infatti, sostiene Bentham, ogni disputa morale correttamente intesta ha ad oggetto non il suddetto principio, ma le sue opportune applicazioni. Il principio utilitaristico, secondo il filosofo , doveva costituire la base per le riforme politiche. Egli stesso aveva ideato Panopticon : un progetto che prevedeva l’edificazione di una carcere dotata di torre centrale di controllo, gestita da privati e autofinanziata ( i carcerati erano costretti a lavorare ). Un altro progetto di Bentham era quello di “migliorare la gestione della miseria” fondando uno ospizio per i poveri autofinanziato, un progetto mirato a ridurre il numero dei mendicanti nelle strade. Quando una persona si imbatte in un mendicante ha due tipi di reazione: - se ha il cuore tenero; e quindi soffre per la loro situazione; - se ha il cuore duro: soffre per il disgusto. Dunque, in ogni caso, l'incontro con i mendicanti riduce l'utile della popolazione in genere e quindi il filosofo suggerisce di relegarli nel suddetto ospizio. Non trascura di prendere in esame la loro utilità. Pur riconoscendo che alcuni poveri sarebbero stati più felici continuando a mendicare, anziché dover lavorare in un ospizio, osserva però che per ogni mendicante felice e benestante ve ne sono altrettanti che sono ridotti in condizione di miseria e conclude che la somma delle sofferenze patite dalla collettività nel suo insieme supera ogni eventuale infelicità subita dai mendicanti trasferiti a forza nell'ospizio. Per invogliare le persone ad accompagnare i mendicanti nell'ospizio offre una ricompensa di 20 scellini e tali sono da mettere sul conto dello stesso mendicante “conto di emancipazione” in cui gli verrebbero addebitati anche tutte le spese per il suo mantenimento, compreso un assicurazione che in caso di morte anticipata pagherebbe il debito residuo. Il mendicante dovrebbe pagare il conto tramite il lavoro, così da non gravare sulla società e ridurne il benessere. CRITICHE all’UTILITARISMO: OBIEZIONE 1: I DIRITTI INDIVIDUALI. 6 Il difetto più lampante dell'utilitarismo è che non tiene conto, e quindi non rispetta i diritti dei singoli individui dato che tiene conto solo della

somma di soddisfazioni accumulate dalla collettività, può passar sopra ai singoli senza tanti complimenti. Per gli utilitaristi i singoli sono contano solo nel senso che si deve tener conto delle preferenze di ciascuno, accanto a quelle di tutti gli altri; questo però significa che la logica utilitaristica, se applicata in modo coerente, potrebbe giustificare certi modi di trattare le persone in totale contrasto con quelli che consideriamo i parametri fondamentali della decenza e del rispetto. Esempio: gettare i cristiani in pasto ai leoni,pratica ludica romana, giusta da un punto di vista utilitaristico, in quanto divertente e dunque stimolante la felicità e il benessere dei più. OBIEZIONE 2: UNA MONETA CORRENTE IN CUI ESPRIMERE TUTTI I VALORI L'utilitarismo si propone come una scienza etica, fondata sull'idea di misurare, addizionare,calcolare la felicità. Valuta le preferenze senza giudicarle, in quanto le preferenze di ciascuno hanno pari importanza, e da questo spirito di neutralità che trae la sua attrattiva maggiore, mente il suo impegno a fare della scelta morale una scienza informa di sé gran parte del ragionamento economico dei nostri giorni. Per riuscire a sommare le preferenze, è necessario misurarle con una scala di valori unica. Ma è possibile che tutti i beni morali siano espressi in un unica moneta corrente del valore, senza che nel passaggio ci si perda qualcosa? La seconda obiezione sostiene che non tutto può essere valutato con una scala unica, vi sono beni non materiali dal valore inestimabile, primo fra tutti, la vita. Esempi: I governi e le Spa utilizzano l'analisi di costi e benefici in termini monetari per poi metter a confronto varie ipotesi di scelta. - I benefici del cancro polmonare: la PHILIPS MORRIS ricava molti profitti in Repubblica Ceca e il governo, preoccupato dell'aggravarsi della spesa sanitaria, ha ipotizzato l'imposizione di una tassa sul consumo del pacchetto di sigarette; per disincentivare tale aumento ha fatto uno studio per verificare costi e benefici nel bilancio pubblico statale. E'vero che aumentano i costi questi individui ma muoiono prima e lo Stato ne ricava tutta la mancata prestazione successiva in termini sanitari e di mantenimento dell'individuo. Tali studi dimostrano la mancanza di sensibilità di etica basata su costi e benefici di tipo utilitaristico. Cinica noncuranza della vita umana. I benthaniani non si preoccupano di questo studio, in quanto sostengono che si basano parzialmente sul principio utilitaristico, infatti non tengono conto del benessere sociale e individuale [oltre al dolore delle famiglie in lutto] che dovrebbero sommarsi negativamente al beneficio di risparmi dello Stato. 7 La vita umana: è possibile darle valore in termini economici? L'esplosione dei serbatoi di carburante: il difetto della ford pinto degli anni 1970, consisteva in un mancato schermo del serbatoio che in caso di tamponamento faceva esplodere l'auto con la conseguente morte del conducente e dei suoi viaggiatori.Aveva attribuito 200.00 dollari per ogni vittima e 67.000 dollari per ogni ustionato e aveva convenuto che era meglio rischiare di pagare circa 180 possibili casi di esplosione piuttosto che rimettere in sicurezza tutte le auto in circolazione. Fu processata e venne indetto di pagare 2,500 milioni di dollari al querelante. La stima della vita umana non era stata fatta dalla Ford ma era di terza[era uno studio dell'ente nazionale per la sicurezza del traffico]. Anche qui i benthaniani non si preoccupano di questa critica, in quanto sostengono che si basano parzialmente sul principio utilitaristico, perché non tiene conto del fatto che una persona non vorrebbe morire per 200.000 dollari e manca la parte del dolore della vittima, della mancata felicità a vivere. - Dolore a pagamento: uno studioso Thorndike ha cercato di dimostrare un assunto dell'utilitarismo, ossia è possibile tradurre i nostri desideri e avversioni, in apparenza disparati , in un a valuta corrente espressa in termini universali: piacere e dolore. Sottopose un sondaggio un gruppo di giovani mantenuti dal sussidio statale chiedendo loro di stabilite la cifra in denaro che avrebbero preteso di accettare di vivere determinate esperienze.

- JOHN STUART MILL Vissuto nel periodo 1806-1873, riteneva che fosse possibile superare entrambe le critiche all'utilitarismo. Egli cercò di rendere la dottrina utilitaristica più umana e meno calcolatrice, cercando di conciliare il principio utilitaristico con i diritti individuali e le libertà fondamentali. Egli sostiene che lo stato non ha alcun diritto di interferire con la sfera di libertà dei consociati, in quanto ciascun individuo è chiamato a rispondere delle proprie azioni solo se reca un danno all’altro, diversamente, come scrive Mill, è sovrano assoluto su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente. Ogni qual vo...


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