Riassunti Prima Lezione Sulla Giustizia Penale PDF

Title Riassunti Prima Lezione Sulla Giustizia Penale
Course Procedura Penale
Institution Sapienza - Università di Roma
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PRIMA LEZIONE SULLA GIUSTIZIA PENALE DI GLAUCO GIOSTRAAL LETTOREGiudicare è un compito necessario perché una società non può lasciare privi di conseguenze comportamenti incompatibili con la sua ordinata sopravvivenza ed è impossibile perché non abbiamo mai la certezza di aver conseguito la verità.Il...


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PRIMA LEZIONE SULLA GIUSTIZIA PENALE

DI GLAUCO GIOSTRA

AL LETTORE Giudicare è un compito necessario perché una società non può lasciare privi di conseguenze comportamenti incompatibili con la sua ordinata sopravvivenza ed è impossibile perché non abbiamo mai la certezza di aver conseguito la verità. Il processo è un percorso conoscitivo al termine del quale un soggetto terzo giunge ad una conclusione che la comunità è disposta ad accettare come vera perché presa con il metodo ritenuto più affidabile per pronunciare una decisione giusta ed è un ponte tibetano che consente di passare dalla RES IUDICANDA (fatto da giudicare) alla RES IUDICATA (decisione sulla esistenza del fatto e sul suo rilievo penale). La RES IUDICATA vale pro veritate per l’intera collettività. Il processo deve cercare, acquisire e valutare i reperti materiali e mnestici che ogni fatto lascia nel mondo. Il legislatore deve affrontare e risolvere una serie di problemi. Esempio: chi può ricercare i reperti, con quali poteri, quali sono le conseguenze della inosservanza delle regole processuali, quando e quanto i diritti individuali (es libertà personale) cedono all’esigenza di accertare i reati, come si assumono le prove tra cui quelle dichiarative, quali regole e garanzie devono supportare la decisione finale, se la RES IUDICATA deve rimanere immutata per esigenze di certezza anche se emergono prove che ne dimostrano l’erroneità. Il processo per avere efficacia deve essere riconosciuto dalla collettività come la via meno imperfetta peer cercare di attingere alla verità. Solo così la sentenza si rende eticamente accettabile e socialmente accettata. “In questa nostra materia risulta molto più importante capire che sapere, avere un’intelligenza critica dei problemi piuttosto che apprendere tecnicismi e procedure.” Glauco Giostra CAPITOLO I: FUNZIONE E LIMITI DELLA GIUSTIZIA PENALE 1. GIUDICARE:UN COMPITO IMPOSSIBILE MA NECESSARIO

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Giudicare significa pronunciare il diritto (ius dicere). Per pronunciare il diritto bisogna conoscere in quali termini si è verificato un fatto e predicarne il significato giuridico se ne ha. Noi non siamo in grado di conoscere la verità. Neppure nelle scienze esatte perché spesso la verità di oggi è l’errore di domani e quindi sarebbe corretto esprimersi in termini di probabilità e di verità provvisorie. Con questo non si vuole dire che è sempre impossibile giungere alla verità. Talvolta la si consegue ma non ne abbiamo la certezza. Ma il fatto che non possiamo essere certi di conoscere la verità storica non ci esime di agire come se la conoscessimo. Una società non può lasciare privi di conseguenze comportamenti incompatibili con la sua ordinata sopravvivenza e se ritiene di annoverare tra questi alcuni fatti contro la persona (Es omicidio) o contro la proprietà (Es furto) è normale che pretenda di punire i soggetti che li pongano in essere. Vi è l’esigenza di stabilire un itinerario cognitivo al termine del quale un soggetto terzo che ha il compito di ius dicere giunge ad una conclusione che la collettività è disposta ad accettare come vera. L’imparzialità dell’organo giudicante è l’indifferenza ai possibili esiti decisori ed è una condizione imprescindibile per poter rendere giustizia. Se il giudice ha un interesse personale ad una determinata soluzione non potrà mai rendere giustizia. Chi è chiamato a ius dicere può essere portatore di molteplici interessi e pregiudizi. Per questo motivo ogni ordinamento civile prevede la ricusabilità del giudice sospectus cioè che abbia o sembri avere interesse a un determinato epilogo della vicenda giudiziaria. La condizione di terzietà del giudice è necessaria ma non sufficiente per avere la certezza che questo assolva la sua funzione in maniera obiettiva. Ogni persona chiamata a giudicare ha un vissuto, un patrimonio e un assetto culturale che ne influenzano la capacità di percepire, di valutare e di decidere. Anche contingenze biochimiche possono incidere sulla formazione del convincimento. Un paese civile può e deve regolare normativamente il percorso che va dal sospetto alla decisione secondo un protocollo formale oggi denominato processo. Il processo è un ponte tibetano che permette di passare dalla RES IUDICANDA (la cosa da giudicare) alla RES IUDICATA (la decisione) e per svolgere la funzione di coesione sociale deve essere percepito dalla collettività come

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lo strumento meno imperfetto per cercare di attingere alla verità. La RES IUDICATA vale pro veritate per la collettività. La giustizia umana non può fondarsi sulla certezza di aver conseguito la verità ma ciò non esime dall’operare il massimo sforzo per cercare di conseguirla. Solo se sono rispettati i valori della comunità nel cui nome la giustizia viene amministrata, la sentenza si rende eticamente accettabile e socialmente accettata. “Se per comprendere la giustizia penale bastasse conoscere gli articoli del codice di procedura penale, essere stupidi non sarebbe necessario, ma aiuterebbe molto.” G.B. Shaw La giustizia penale può essere considerata la più fedele carta di identità di un popolo. 2. LA FUNZIONE DEL PROCESSO

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Lo storico ricostruisce un fatto del passato, non esercita un potere, l’eventuale inaffidabilità del metodo e delle conclusioni cui è giunto minerebbe solo la sua credibilità scientifica. Il giudice deve decidere se punire un suo simile limitandone la libertà e in alcuni ordinamenti barbari condannandolo a morte e la sua azione deve conformarsi a regole oggettive e condivise. Le regole processuali sono un recinto entro cui deve svolgersi l’attività di ricerca, di acquisizione e di valutazione delle prove, sulla base delle quali il giudice deve operare un feedback cognitivo per ricostruire un evento del passato. Noi pensiamo che il processo serva per accertare se un fatto del passato corrisponde alla descrizione normativa di un reato. Tuttavia l’accusatore deve selezionare i dati fattuali rilevanti per la fattispecie e cercare di dimostrarne il fondamento storico. Va precisato che non è il fatto l’oggetto dell’accertamento giudiziario e infatti una delle formule conclusive del processo è “assolto perché il fatto non sussiste”, ma è l’ipotesi (accusa) di una ricostruzione del fatto. L’ipotesi è formulata in base agli indizi e ai ricordi che ogni fatto lascia nel mondo circostante. L’investigazione penale deve rinvenire e raccogliere le tracce o vestigia facti sia nel mondo fisico (Es lettera o reperto biologico) sia nella memoria di un soggetto (es percezione visiva del testimone oculare o una confidenza ricevuta). In base agli elementi raccolti l’autorità inquirente potrà formulare un’accusa. Nella fase del giudizio si cerca di assemblare l’insieme degli elementi che parla di quel fatto per verificare se l’accusa si può considerare fondata al di là di ogni ragionevole dubbio. Più numerose sono le tessere di cui si dispone, maggiore è la possibilità di ricostruire il mosaico frantumato. Ma non tutti i mezzi per ottenere i reperti cognitivi possono essere ammessi, non tutto ciò di cui si viene a conoscenza può essere usato per decidere e non tutto ciò che può essere usato ha lo stesso rilievo probatorio o essere liberamente valutabile dal giudice. Il processo penale è governato da regole che disciplinano il percorso della conoscenza e che difendono il momento decisorio. Tra le tante verità possibili quella espressa dal processo rappresenta la migliore verità che una società è in grado di ottenere nel rispetto dei diritti dei consociati. Le invalidità processuali sono la nullità, l’inutilizzabilità e l’inammissibilità, rappresentano la reazione con cui l’ordinamento reagisce agli scostamenti dall’itinerario cognitivo adottato e saranno tanto più severe quanto più gravi sono le inosservanze. Inoltre dimostrano che l’ordinamento dopo aver elaborato il miglior percorso per cercare di raggiungere la verità non è disposto ad accettare strade alternative. Considerare irrilevante ogni deviazione dal modello sarebbe economicamente conveniente ma vorrebbe dire giudicare senza adottare le migliori regole conosciute per rendere giustizia. Gli ordinamenti adottano due metodi per stabilire se e quanto il discostamento dal percorso stabilito impedisca di giungere a una decisione condivisa e affidabile. Per alcuni è la legge a stabilire il vizio di forma e le conseguenze che derivano, per altri è il giudice ad apprezzare caso per caso la sussistenza del vizio, la gravità e il rimedio. Il nostro sistema ha optato per un sistema formale, nel quale il legislatore stabilisce ex ante le garanzie necessarie e gli effetti della loro inosservanza. In base al principio di tassatività ex arrt 177 cpp da un lato un atto difforme dallo schema normativo è invalido quando la legge lo qualifica tale anche se non ha causato un danno all’equo iter processuale, dall’altro un atto è valido nonostante sia difforme dallo schema normativo ed abbia avuto effetti negativi se la legge non ne prevede l’invalidità. Esempi del primo tipo sono la citazione se tra la data del rinvio a giudizio e il giudizio intercorre un tempo che potrebbe considerarsi sufficiente a preparare la difesa ma inferiore a quello prescritto o l’azione penale quando il fatto non è enunciato in forma chiara e precisa anche se dalle risultanze processuali risulta facilmente ricostruibile. Esempi del secondo tipo sono la mancata sottoscrizione da parte del PM del decreto di citazione davanti al giudice monocratico o la perquisizione domiciliare eseguita al di fuori degli orari stabiliti dalla legge.

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Questa scelta legislativa assicura uniformità di trattamento, consente alle parti ed al giudice di prevedere le conseguenze dei loro eventuali errori od omissioni, ma non permette di tarare la reazione dell’ordinamento al caso concreto. È possibile che il minor numero di giorni concesso per predisporre la difesa si sia rivelato ininfluente per la semplicità della RES IUDICANDA ed è possibile che la presenza del difensore di fiducia non avrebbe potuto cambiare gli esiti dell’atto. Ma la risposta dell’ordinamento è sempre uguale: l’atto viziato deve essere rinnovato come anche gli atti successivi che da quello dipendono. Da tempo la giurisprudenza sta cercando di limitare gli effetti negativi che derivano dalla rigorosa applicazione del sistema delle invalidità ravvisando la nullità solo in presenza di un reale pregiudizio. L’obiettivo è impedire alla parte di avvalersi delle proprie prerogative solo per ritardare o paralizzare il processo ed impedire che le sanzioni processuali operino quando le parti, il procedimento e il suo esito non abbiano subito danni dalla invalidità registrata. Per affermare che nel caso concreto aver concesso un termine inferiore a quello previsto dalla legge non ha causato nocumento, il giudice deve effettuare valutazioni che ne minano l’equidistanza. Rinnovare l’atto viziato non sarebbe problematico in un ufficio non oberato, mentre in uno con lavoro arretrato potrebbe comportare il rinvio del processo a data remota col rischio della prescrizione del reato. Quando il giudice si autoassegna il potere di valutare caso per caso se ciò che è viziato è anche nocivo, finisce per essere esposto a moltissime pressioni esterne. Su di lui incombono ansie, aspettative e speranze. 3. I LIMITI “VALORIALI” ALLA RICERCA DELLA VERITA’

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Un paese civile non persegue la verità a ogni costo e riconosce che a questo obiettivo si può rinunciare se bisogna tutelare alcuni diritti primari dell’individuo. L’ordinamento deve bilanciare l’interesse alla protezione dei diritti fondamentali e l’interesse all’accertamento di fatti che possono costituire reato. Non siamo in grado di conoscere con certezza la verità ma l’accusato sa sia se colpevole sia se innocente come stanno le cose in relazione alla sua responsabilità per un certo accadimento. Di qui la tentazione di estorcergli la verità. In tempi cronologicamente non lontani ma culturalmente remoti si è ritenuta legittima la tortura, definita rigoroso esame per distinguerla dalla tortura punizione perché diretta ad eruendam veritatem. Spesso le sofferenze hanno indotto innocenti a confessare delitti mai commessi mentre criminali fisicamente forti hanno resistito alle sevizie dimostrando una falsa innocenza. Il reo confesso sollevava l’autorità inquirente dal compito di provarne la responsabilità e legittimava l’autorità giudicante agli occhi della collettività. Il nostro art 188 cpp bandisce qualsiasi tecnica anche se indolore ma idonea a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare. Esempi sono macchine o sieri della verità e procedure ipnotiche. Spesso l’ordinamento deve effettuare bilanciamenti quando per la natura dello strumento investigativo o per la fonte depositaria delle informazioni sono messi in gioco diritti fondamentali della persona. Esempi del primo tipo sono l’intercettazione delle comunicazioni o il prelievo coattivo di materiale biologico con strumenti efficaci ma lesivi della sfera individuale. In genere questi strumenti sono ammessi per accertare gravi reati e in presenza di determinati presupposti. Esempi del secondo tipo sono l’audizione delle persone informate sui fatti e questo è un mezzo di prova generalmente esperibile ma che deve interrompersi quado il depositario delle informazioni è vincolato a un segreto (confessionale, sanitario, defensionale, giornalistico) che non può o non vuole infrangere. Lo stato sopporta limiti all’accertamento dei reati affinchè il cittadino possa soddisfare le esigenze fondamentali della persona senza la paura di conseguenze penali. Il mancato rispetto dei limiti normativi imposti alla ricerca e all’assunzione della prova comporta l’inutilizzabilità dei risultati, ciò comporta un taglio del compendio probatorio che può pregiudicare la possibilità di accertare i fatti o di condannare i responsabili. Dovendo bilanciare la possibilità di punire il responsabile di un delitto tremendo e la necessità di rispettare la segretezza delle comunicazioni al di fuori delle intrusioni consentite dalla legge e autorizzate dal giudice, sarebbe difficile comprendere il favor del legislatore alla tutela della seconda esigenza. Se le cose stessero cosi ci sarebbe maggiore resistenza a condividere questa soluzione. In realtà se si permettesse al giudice di usare il contenuto delle conversazioni acquisite illegittimamente ci sarebbe non solo una violazione normativa ma la prassi di disporre intercettazioni a piacimento prenderebbe piede. L’ordinamento tollera il rischio di una mancata condanna per evitare un impoverimento della convivenza civile e mostra che la tecnica con cui si accerta la verità è un valore etico e sociale non inferiore allo scopo per cui è stata ideata. Ciò che interessa non è la scoperta della verità tramite un processo dal quale la civiltà esce umiliata (Cordero) ma è il raggiungimento di una verità giudiziaria che rispetti i diritti e la dignità dei soggetti coinvolti nel processo e che sia come la più prossima al vero.

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L’equilibrio tra l’accertamento dei reati e il rispetto dei diritti fondamentali cambia da paese a paese ed in base al senso di insicurezza della collettività perché più questo aumenta più la politica rinforza i poteri dell’autorità inquirente, riduce la tutela dei diritti individuali e sposta sull’accusato e non sulla società i rischi dell’errore. Quando è massimo l’allarme nei confronti di una manifestazione criminale, la magistratura conduce una guerra contro il nemico del momento. In questo caso la funzione giudiziaria non accerta più se l’ipotesi che si sia verificato un fatto è fondata bensì contrasta un fenomeno criminale. Così facendo non conta più il metodo ma solo il risultato raggiunto. C’è il rischio che i rapporti tra i poteri dello stato vengano compromessi perché quando la magistratura invece di assolvere al suo compito cognitivo restando indifferente all’esito persegue uno scopo, svolge un’attività politica di cui prima o poi dovrà rendere conto. 4. I LIMITI EPISTEMOLOGICI ALLA RICERCA DELLA VERITA’

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La giustizia penale conosce sia limiti valoriali cioè imposti dall’ordinamento per tutelare diritti fondamentali dell’individuo sia limiti epistemologici cioè che dipendono dalla fallibilità dei nostri strumenti di conoscenza. Ci sono fonti di conoscenza che spesso contengono errori e potrebbero sviare nella ricerca della verità, ce ne sono altre alle quali sarebbe difficile rinunciare ma il cui uso deve presentare cautele. Spesso il legislatore processuale penale deve stabilire quali mattoni possono essere usati per costruire la sentenza e quale sia la loro portata. Esempio deve stabilire quale valore possa avere l’elemento probatorio acquisito unilateralmente dall’inquirente o dal difensore, se e quale rilevanza assegnare ad uno scritto anonimo, ecc. Ci sono limiti all’accertamento che sono a metà tra l’esigenza di tutela della persona e la garanzia di attendibilitàq della prova. Esempio la possibilità di riconoscere al prossimo congiunto dell’imputato la facoltà di non deporre perché da un lato si vuole evitare il conflitto interiore che l’interessato potrebbe provare dovendo scegliere tra il dovere di dire la verità e la volontà di non accusare un figlio o il coniuge, dall’altro si tutela il processo da contributi conoscitivi emotivamente troppo condizionati per essere affidabili. Si pensi al divieto di sottoporre il minorenne all’esame incrociato: da un lato si vuole tutelare il suo equilibrio psicologico, dall’altro si vuole evitare che dia risposte dettate da preoccupazioni diverse da quelle di dire la verità. Con l’evoluzione della civiltà giuridica aumentano le regole di esclusione e i limiti di utilizzabilità del materiale probatorio. Il sistema ritiene che un deficit di conoscenza sia preferibile a un deficit di affidabilità probatoria. In definitiva l’ordinamento preferisce non riuscire a condannare un colpevole piuttosto che rischiare di condannare un innocente. Talvolta il quadro probatorio è compatibile con più di una ricostruzione storica. E’ opportuno che il rischio dell’errore ricada sulla società nel senso che è meglio rischiare di assolvere un colpevole piuttosto che di condannare un innocente? E’ opportuno che il rischio dell’errore ricada sull’accusato nel senso che è meglio rischiare di condannare un innocente piuttosto che di assolvere un colpevole? Quando nuovi dati dimostrano che la decisione della giustizia è errata dobbiamo assicurare la certezza del diritto e lasciare che un innocente rimanga condannato e un colpevole rimanga accolto o dobbiamo tornare sulla decisione causando una situazione di cronica precarietà nei rapporti tra stato e cittadino e tra cittadini? 5. LA COLLETTIVITA’ DEVE POTER “VEDERE” COME VIENE AMMINISTRATA LA GIUSTIZIA IN SUO NOME DA PAGINA 24 A 28 La riconosciuta legittimazione del procedimento giurisdizionale e l’accettazione delle decisioni scongiurano il ricorso alla vendetta privata e l’affermazione della legge del più forte. Fondamentale è che le generalità dei cittadini si affidi alla giustizia amministrata in suo nome. Per riconoscersi nella propria giustizia il popolo deve poterla conoscere. Il diritto penale si manifesta nel momento processuale, a differenza di quello civile. Se costituiamo una società per azioni usiamo uno degli istituti giuridici in cui si articola il nostro ordinamento civile. Invece la norma penale vive solo quando viene violata o si ipotizza che sia stata violata. Il potere legislativo fissa le regole della convivenza e il procedimento per verificarne la violazione, un organo terzo applica le norme al caso concreto, la collettività controlla il modo in cui la giustizia è amministrata in suo nome e valuta questa amministrazione; se insoddisfatta cambia le regole che fissano i comportamenti di disvalore sociale o il procedimento per accertarne la commissione. Si può ritenere che la maggioranza parlamentare predispone una politica economica, estera o sociale, la società ne viene a conoscenza tramite i media, se i risultati sono soddisfacenti continua a supportare la maggioranza, altrimenti ne sostiene una diversa. A differenza di ogni altra attività statal...


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