Herzberger Lezioni di architettura PDF

Title Herzberger Lezioni di architettura
Author Sofia Canali
Course Architettura e composizione architettonica 2
Institution Politecnico di Milano
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Summary

Riassunto libro ...


Description

Lezioni di architettura - Herman Herzberger

Nella prima parte del libro l’autore si interroga sui concetti di Pubblico e Privato analizzandoli in seguito attraverso elementi più specifici e ridotti. In termini spaziali definiamo pubblica un’area con un alto grado di accessibilità la cui responsabilità è ritenuta collettiva mentre avrà accezione di privata nel caso in cui abbia un’accessibilità ridotta ad un piccolo gruppo o ad una persona, che avranno poi il compito di controllarla e mantenerla. La distinzione fra pubblico e privato molto spesso non risulta fortemente definita in quanto dipende anche dal grado di rivendicazione territoriale che l’utente mette in atto sull’area. Ci sono casi i cui quindi questi due concetti si fondono. Il progettista ha il compito di conferire un carattere definito rispetto a questi aspetti già in partenza, esprimendone le differenze attraverso l’articolazione della forma, dei materiali, della luce, del colore, quindi più in generale degli spazi progettati. Questo carattere impresso dall’architetto viene poi affidato all’utente, a chi ha la responsabilità di tale spazio. Il primo, attraverso la progettazione, deve stimolare il secondo a sviluppare un senso di appartenenza, coinvolgimento e conseguente responsabilità verso l’ambiente a lui destinato in modo tale da passare da semplice utente ad abitante. Aree con differenti funzionalità e vocazioni territoriali vengono messe in connessione e dialogano attraverso degli spazi intermedi (in-between) che costituiscono delle soglie. La soglia per eccellenza è quella dell’ingresso dell’abitazione, luogo nel quale vanno a sovrapporsi la realtà pubblica della strada e quella privata della casa. Questo ambiente deve essere pensato in termini architettonici per esprimere un senso di ospitalità e per accompagnare lo scenario di benvenuto e arrivederci. Gli spazi intermedi devono essere progettati per evitare divisioni territoriali troppo nette, andandosi a definire come elementi di transizione, nei quali l’accessibilità è garantita sia in termini pubblici che privati a prescindere dal dominio vigente in termini amministrativi. La comunità sviluppa un senso di personale responsabilità nei confronti di uno spazio pubblico se esso presenta la giusta conformazione, che invita ogni individuo a identificarsi con lo spazio, ad entrare in stretta relazione con esso fino a sentire l’esigenza di contribuire al suo sviluppo e mantenimento. La strada è considerata uno spazio pubblico ma negli anni questa accezione ha perso significato, è mutata in quanto gli assi stradali non sono più luoghi per azioni, relazioni, celebrazioni, non rappresentano più spazi vissuti dagli abitanti attraverso le interazioni sociali. Questa trasformazione è dipesa da molti fattori economici e sociali ai quali come progettisti non possiamo opporci, in ogni caso è possibile mirare alla riscoperta della strada come spazio vivibile che interagisca fortemente con gli spazi privati e con la città nel suo complesso.

Nella seconda parte vengono esposti i concetti di “competenza” e “prestazione”, riconoscendo il primo come la conoscenza che un individuo ha del suo linguaggio e il secondo come l’applicazione e l’uso di tali conoscenze in situazioni concrete. In termini architettonici questi due principi vengono tradotti rispettivamente coma la capacità della forma di essere interpretata e la successiva interpretazione di essa in una specifica situazione. Forma ed uso devono essere considerate nella progettazione nella loro reciprocità. La forma determina l’uso e l’esperienza e allo stesso tempo viene da loro determinata. Attraverso numerosi esempi l’autore cerca di esplicitare come la struttura, la forma possa essere interpretata in modi diversi, rendendosi disponibile ad ospitare molteplici funzioni, a seconda delle varie circostanze, senza cambiare sotto l’influenza di un nuovo uso. Successivamente viene presentato il concetto di trama e ordito: osservando un tessuto si può notare come l’ordito costituisca la base alla quale poi verrà aggiunto del colore, una fantasia, una grana attraverso la trama per formare un insieme indivisibile. In termini architettonici questo può essere tradotto l’identificazione di una formula, un tema strutturale di base che fornisca un criterio comune a tutte le soluzioni e interpretazioni che le verranno aggiunte, senza però privarle di una libertà individuale. La progettazione dovrebbe garantire un margine d’interpretazione, senza legare i risultati architettonici a un fine inequivocabile. Lasciare quindi la possibilità alle costruzioni di suscitare relazioni specifiche adatte a specifiche situazioni, che non corrisponde ad un criterio di neutralità ma bensì di polivalenza. Flessibilità e polivalenza sono quindi le parole chiave per un’architettura che possa durare nel tempo adattandosi alle esigenze spaziali degli utenti, i quali avranno l’opportunità di interpretare e utilizzare lo spazio nel modo più adatto ai loro scopi. Il progettista ha il ruolo di mostrate e incentivare tutte le capacità e possibilità connesse a un determinato spazio. Nell’ultima parte del volume si portano avanti ragionamenti analoghi concentrandosi sul fatto che un oggetto progettato deve risultare efficiente e per essere tale deve adattarsi a tanti scopi diversi. Gli spazi quindi devono essere pensati in modo tale da non essere sprecati, andando a sfruttare anche tutte le occasioni di irregolarità. Il dimensionamento di essi dipende dagli usi e dalle attività che si svolgeranno al loro interno e dalla distanza/prossimità che tali scopi richiedono fra gli utenti. Per progettare e dimensionare un ambiente in modo corretto bisogna basarsi sull’uso finale perché sarà esso a indicare le giuste proporzioni da rispettare. Optare per un sovradimensionamento, come molti architetti sono soliti fare in assenza di restrizioni stringenti, non porta ad un’utilizzazione vantaggiosa degli spazi. Quest’ultimi devono essere articolati in modo tale da creare dei luoghi ovvero delle unità spaziali la cui dimensione appropriata permetta loro di accomodare le trame delle relazioni personali fra gli utenti. Uno spazio molto articolato avrà unità spaziale minima altrettanto piccola e quindi facilmente gestibile. La connotazione di piccola deve essere intesa come “non più grande del

necessario”. Se il progettista è in grado di articolare lo spazio aumenterà la possibilità d’uso ed espanderà le capacità di esso e conseguentemente lo spazio sembra espandersi. Qual’ è la giusta dimensione? Quella che permette il massimo sfruttamento. I luoghi che si definiscono all’interno di un edificio devono permettere all’utente di prendere liberamente una posizione verso gli altri, senza che l’ambiente costruito imponga o neghi un contatto sociale. Per fare ciò occorre avere la consapevolezza della nostra profonda influenza su tali rapporti e ricercare il giusto equilibrio fra vista e segregazione, fra muri e aperture, fra privacy e condivisione. Oltre al contatto all’interno dell’edificio bisogna considerare la connessione di quest’ultimo con l’esterno. La vista non è l’unico senso stimolato dall’architettura perché l’esperienza dello spazio abbraccia elementi che vanno al di là della pura percezione visiva....


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