LUIS DE Góngora Y Argote PDF

Title LUIS DE Góngora Y Argote
Author Daria De Broccoli
Course Letteratura spagnola i
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Riassunto da manuale senza l'analisi delle opere....


Description

LUIS DE GÓNGORA Y ARGOTE 1.LA VITA Leonor de Góngora (media nobiltà) + Francisco de Argote. 1561 Nasce a Granada, primogenito di una famiglia agiata. Fin da subito proteso verso il campo intellettuale. Prenderà la carriera ecclesiastica dietro decisione del padre, nella speranza di ereditare il posto di racionero (economo) del vescovado di Cordova per parte di zio materno. 1575 riceve gli ordini minori. 1576 Università di Salamanca dove si distingue per il suo ingegno ma anche per ricchezza, eleganza e ostentazione degli eccessi giovanili. Non conclude gli studi. 1580 pubblica la sua prima poesia. In seguito, la sua fama inizia a crescere esponenzialmente in concomitanza con la pubblicazione di romances, letrillas burlesche e satiriche. 1584 Cervantes lo loda nella Galatea. Nei suoi scritti risulta aggressivo e beffardo, con la battuta pronta, si dedica a temi bassi, descrivendo figurette e tipi, sbeffeggia i miti classi, sacri per ogni poeta di quel periodo. 1585 ottiene la carica di economo. Nonostante abbia preso gli ordini maggiori le sue intemperanze continuano; 1587 viene accusato presso il vescovo di non essere costante negli uffici sacri, di parlare in chiesa e sparlare in città = ‘’vive insomma da giovane scapestrato e si occupa di frivolezze’’. Viaggia per gli obblighi del suo ruolo, indizi di questi itinerari restano nelle sue poesie. 1603 Valladolid, sede della corte, incontra Quevedo (nei suoi primi passi verso il mondo letterario); da qui scatta una forte avversione tra i due poeti, che si concretizza , soprattutto in Quevedo, nella scrittura di feroci satire. Góngora viene ormai considerato uno tra i più colti cordovani. I suoi sonetti dimostrano la conoscenza della poesia italiana e latina e una cura squisita nell’imitatio in un costante processo di raffinamento, di ricerca di effetti sonori e ritmici, un processo retto da un’attenzione esasperata per la parola, la forma, il gioco verbale. Nonostante l’incarico fruttuoso e la situazione benestante della famiglia, la sua generosità lo porta a cedere parte del proprio reddito ai parenti, i gusti lussuosi e la passione per il gioco corrodono lentamente le sue finanze. 1605 per ottenere vendetta giuridica sull’uccisione di un nipote inizia un lungo e dispendioso processo che lo porterà più volte a Madrid. Desidera inserirsi nell’ambiente di corte, invia molti componimenti al marchese di Ayamonte, nel 1606 destinato al vice regno del Messico, G. spera di poterlo seguire nel nuovo mondo. Ma il marchese rinuncia e il poeta sente una forte frustrazione dovuta anche al processo andato male. 1610 Spera di accompagnare il conte di Lemos a Napoli, come membro della corte letteraria del viceré, ma sarà di nuovo deluso. In ogni occasione sublima le sue amarezze in componimenti perfetti ed equilibrati, riscattando il disinganno con ironia o appoggiano l’esperienza negativa su modelli classici. 1610-1620 periodo di approfondimento del suo lavoro letterario. Si ritira spesso nella sua tenuta in campagna, compone due commedie, probabilmente per testare in prima persona un genere in auge in quel periodo. [Las firmezas de Isabela, El doctor Carlino]; si dedica alla redazione di due poemi di ampio impegno: La fábula de Polifemo y galatea e Soledades (Solitudini) di cui compone la prima parte e l’inizio della seconda. L’amico Pedro de Cárdenas porta a Madrid copie dei due poemi, questi risollevano un’eco incredibile e un grande scandalo: si hanno intorno ai testi violente reazioni e difese entusiaste, giudicati divinamente unici in un momento per poi considerarli corruttori del bello scrivere, a causa delle costruzioni latineggianti, neologismi, complessità e novità della struttura. La richiesta di copie tuttavia è cospicua. 1617 Si trasferisce a Madrid. -> Sacerdote, cappellano di corte. 1618 Scrive la favola di Píramo y Tisbe, dove di nuovo infrange le regole e i codici in vigore, stravolgendo in

burla il mito classico. 1612 Ascesa al trono di Filippo II, G. tenta di conquistare la benevolenza del Duca di Olivares. Necessita di denaro e resta senza protettori. Sempre più desideroso di ritirarsi a Cordova, deve restare a corte per tentare di ottenere un posto di canonico. Le sue lettere riflettono una serie di ristrettezze penose. 1626 Si ammala e perde la memoria degli avvenimenti recenti. Parte per Cordova e vi si rifugia lì. Muore il 29 maggio 1627, lasciando un testamento che è un elenco di debiti. Dopo poco uscirà il volume tramite Olivares -> Obras en verso del Homero espanol 1.1 Problemi testuali e di catalogazione Secondo una prassi ormai consolidata nel secolo d’oro: G. non pubblica le sue opere. Eccetto: 48 romances che appaiono nel Romancero General, 37 composizioni raccolte in Flores de poetas ilustres, tutte anteriori al 1605. La poesia di G. si diffonde per via manoscritta. Esce postuma l’anno dopo la sua morte. Dal 1630 iniziano ad essere pubblicate le sue raccolte. Le edizioni moderne si basano sul manoscritto detto Chacón, preparato dall’amico don Antonio Chacón, come regalo per il conte duca. Le poesie sono datate e ciò permette di studiare la traiettoria poetica di G., tuttavia dato l’alto destinatario, nel manoscritto mancano gran parte delle composizioni satiriche e tutte quelle che riguardano le polemiche contro Lope e Quevedo. La produzione di G. è stata classificata secondo criteri cronologici: -Prima epoca: in cui utilizza metri spagnoli brevi, o sonetti di tradizione petrarchista. Una poesia chiara e vicina la tradizione. -Seconda epoca: si dedica a composizioni più personali e elaborate, ai poemi ( Polifemo e Soledades), preziosi ed esoterici. Si deve a Dámaso Alonso l’aver fatto parziale giustizia del luogo comune di un Góngora chiaro/Góngora oscuro: attraverso un esame dei testi del primo periodo egli dimostra che i cultismi, allusioni ai miti, contrapposizioni, parallelismi, metafore, iperboli di difficile decifrazione già si presentavano nelle cosiddette composizioni ‘’facili’’. Quindi propone una divisione longitudinale e non trasversale tra composizioni di livello basso e poesie elevate per tono e concetti. In altre parole si tratta di due modalità di scrittura: una scettica rivolta alla parodia, che mette in ridicolo temi e situazioni; un’altra detta ‘’entusiasta’’ che esalta e abbellisce la realtà. Due piani che si ritrovano con continuità durante tutta la vita dell’autore, mentre il fattore variabile sarà l’accumulazione quantitativa dei tratti stilistici. In una letrilla del 1609 il poeta dà una sorta di sua definizione della poesia, vista come momento di competizione con le bellezze naturali, con il canto dell’usignolo, riferimento allusivo se non simboli che ricorre spesso in Góngora. (p.297) Il poeta (‘’strumento che attrae i sensi migliori’’) opera secondo due tonalità riassunte nella formula: ‘’lo artificioso que admira/y lo dulce que consuela’’: quindi abbiamo da una parte la poesia come opus mirabilis e dall’altra il valore edonistico della scrittura, attraverso una confortante ‘’facilità’’. 2.COMPOSIZIONI BURLESCHE, SATIRICHE, PARODIE. Al lato de ‘’lo dulce che consuela’’ = ovvero la letteratura d’evasione, si possono inserire le letrillas, dove tuttavia si ritroveranno temi, abitudini lessicali, usi retorici, comuni ai testi il cui fine è l’admiratio. txt pg 299,300 Secondo Jammes, qui Góngora mette alla berlina i valori consacrato di virtù, fedeltà, nobiltà, ma è comunque un luogo topico, di provenienza classica -> l’esaltazione della vita semplice, del ritiro spirituale di tipo oraziano. Questo tema viene riproposto nella forma del ‘’disprezzo della città e lode della campagna’’ e nella struttura della canzonetta = lo spoglia di ogni pomposità. I piaceri cantati sono

quelli corposi della mensa, quelli del benessere corporale (vicinanza al braciere ecc.), e perfino il piacere della mancanza di occupazioni intellettuali. Le ultime tre strofe ripresentano rovesciati dei miti classici. Alla forza e alla pazzia dell’amore si preferisce il tino ribollente di mosto e un buon pasticcio dove affondare i denti. Anche le poesie scatologiche erano puro divertimento e come tali infastidivano profondamente Quevedo. Soggiorno di G. a Valladolid nel 1603 = dà luogo ad una sorta di corpus poetico escrementizio, ovvero troviamo una serie di sonetti dedicati al fiumicello Esgueva, diventato una specie di collettore di immondizie. Una serie di doppi sensi e barzellette riempie la nobile forma del sonetto. (Il fiume che piange lacrime noiose dai 3 occhi, di cui uno è l’occhio di dietro). Allusioni del genere si susseguono per tutti i sonetti. Questa tendenza umoristica si ritrova anche in sonetti con argomenti ‘’più seri’’, come il disinganno suscitato dalle delusioni personali. Quando il conte di Lemos partirà per Napoli senza invitare G. al suo seguito, egli si definirà come un ‘’higo’’ secco, sia in senso metaforico che propriamente letterale. Cercando di risollevare la sua delusione con questo tocco umoristico. Il rovesciamento del mito, invece, lo ritroviamo nei romances-parodia, ovvero vere e proprie riscritture della storia patria o della favola greca. -> ‘’Diez años vivió Belerma’’. Dissacrazione della leggenda. Riprende un tema comune nell’ambito cavalleresco ma capovolge i suoi temi fondanti, ribalta il senso d’amore che vuole trasmettere l’originale e sposta il valore sul bisogno del denaro. (Dieci anni visse Belerna, insieme ad un cuore morto, contenta ma sarebbero stati meglio dei soldi). La dissacrazione si fa più evidente nel confronto tra i due pg di Belerna e di doña Alda alla quale un destino simile sembra aver sortito un effetto contrario: donna Alda va a trovare Belerna, trovandola disperata ed in lacrime con in mano il cuore dell’amato avvolto in un panno sporco, le dice di smetterla di piangere e di ritrovare un amante tra gli uomini di chiesa. Qui abbiamo l’insinuazione dei primi elementi corporei con l’idea della sporcizia e del passare del tempo dettati dal panno sporco. Il processo di fisicizzazione si accentua alla fine quando viene ridicolizzato il dolore di Belerna in nome di un amore che sia attuale e non frutto di un ricordo, tanto che donna Alda invita l’amica ad abbandonare la causa cavalleresca e di scegliersi un nuovo amante. L’allusione finale del romance (vogliamo uomini armati, armati quando sono nudi), raccoglie varie allusioni erotico-militaresche sparse nei versi precedenti, poggia sulla duplice ambiguità: si costruisce sull’analogia fra armi guerriere e armi virili, ma anche sull’idea – strettamente legata al codice cavalleresco- di prova da superare. Prova che, sottilmente contestata dalle istigazioni all’infedeltà di donna Alda, viene alla fine del romance riscattata da lei stessa soltanto a livello fisico. Così la rivelazione della vedova, che avviene in un breve gioco di parole, rimanda a tutta una serie di messaggi impliciti e di facili analogie tra servizio d’amore e prestazione, fra coraggio e potenza virile, fra violenza fisica e ardore sessuale. Contrasti tra cavalieri e uomini di chiesa, che rappresentano effettivamente un vero conflitto esistente nel medioevo (cavalieri/chierici – religione d’amore/cattolica), che rimanda a quella società piena di vedove vogliose e preti intraprendenti ben conosciuta da G. Fondamentalmente con questa rilettura dei miti da parte di G., assistiamo ad una violenta rottura, tipicamente barocca, nell’autore, che converte il mito in pretesto per la decorazione e la burla, dominando i miti intoccabili del periodo anteriore. Quindi operando in modo cronologicamente coerente di utilizzazione ironica e rottura del mito, anche la modalità burlesca matura dal punto di vista stilistico, parallelamente a quanto accade per la produzione ‘’seria’’ e di maggiore impegno. 3. CODICE PETRARCHISTA E TRASGRESSIONE BAROCCA

Operazioni di destrutturazione e di risemantizzazione operate da G. all’interno dei suoi scritti. Per osservare questi fenomeni si possono prendere in esame alcuni dei suoi sonetti, catalogati come ‘’encomiastici’’ dove G. utilizza un motivo che aveva avuto grande riscontro letterario: quello della donna che si pettina. Motivo che si innesta sul tema della chioma della donna amata, aggiungendo alla contemplazione statica la descrizione del movimento -> tipica propensione barocca. Due sonetti vengono presi in considerazione, del 1607 e 1620: il primo dedicato alla figlia del marchese di Ayamonte, doña Brianda de la Cerda, fu scritto quando si credeva che il marchese sarebbe andato in Messico; il secondo allude alla procrastinata consumazione delle nozze tra Isabella di Borbone e Filippo IV. txt 307/308. G. utilizza questo tema in un gioco di variatio o di auto imitazione a distanza di più di dieci anni, ripetendo la prima quartina praticamente identica. Appare un parallelismo rigoroso: prima il sole e il pettine si situano in posizione speculare rispetto ai capelli e alla mano per essere vinti da essi in splendore e bianchezza. Più avanti nel sonetto viene svelata la luce degli occhi, per poi inserire il gioco encomiastico. Nel secondo sonetto le terzine danno voce a Filippo III (Fileno) che si lamenta del lento scorrere delle ore e invoca Amore: la sua felicità non potrà compiersi se l’innamoramento (dovuto alle frecce del dio Amore) non sarà favorito dalle ali del suo veloce corso. txt 309/310. Questo rapporto di allusione ed elusione di G. rispetto alle proprie fonti e ai modelli contemporanei e previi appare in un altro famoso sonetto: ‘’Mientras por competir con tu cabello’’, che ripropone il tema della fugace bellezza femminile e del carpe diem: (txt 314 o dispensa). Su questo sonetto si sono esercitati a più riprese molteplici commentatori e glossatori. Il sonetto si pone come ‘’un fascio di elementi preesistenti, fortemente codificati, sui due piani della forma dell’espressione e della forma del contenuto’’. Si individua quindi una serie di testi spagnoli ed europei, contemporanei e dell’antichità classica, che hanno come tema il carpe diem e che rivelano certe somiglianze tra di loro. Si tratta di un microsistema di forte coesione, con costanti tanto sintattiche e sintattico ritmiche (subordinata temporale anteposta e anaforica, esortazione, altra subordinata o coordinata temporale= quanto lessicali- semantiche. In tutti il codice petrarchista delle metafore di fiori e metalli preziosi per le fattezze della donna bella funziona intorno ai tre semi: oro/colore/luce. Evidenziamo una successione delle fasi temporali dell’’ora’’ e del ‘’poi’’: che ritroviamo nei livelli oppositivi di gioventù (bellezza) / vecchiaia (bruttezza) – godimento/frustrazione. Il sonetto non si limita a rovesciare, annulla; distrugge da dentro tutta l’impalcatura formale e tematica che trova nella tradizione. Il significato – non il tema- del sonetto non è il ‘’carpe diem’’ è il nulla, perché non c’è nulla per cui dire ‘’carpe’’. Non è a caso che mientras – iniziale e ripetuto quattro volte- sia il perfetto anagramma di mentiras. 4. CONDENSAZIONE E COMMISTIONE NEI POEMI. Il processo di risemantizzazione tanto attribuito a G. lo ritroviamo in maniera evidente nella composizione del Polifemo e nella silva delle incompiute Soledades. La Fábula de Polifemo Y Galatea, composta da 63 ottave, utilizza un mito molto utilizzato durante il XVI secolo, che racchiude in sé il contrasto tra il tema della bellezza e quello dell’orrido. I meccanismi formali che mantengono questo tema sono: le metafore di metafore, che proiettano la bellezza della ninfa in una progressione iperbolica, a partire dal piano petrarchista; un’insistenza di immagini basse e realistiche se non degradate che rompono quel piano e gli fanno acquistare un certo risalto.

L’iperbato, spesso violento, la sintassi complessa con numerosi incisi, apposizioni, costruzioni assolute, sono gli ostacoli volontariamente frapposti alla lettura, l’‘’oscurità’’ che ne deriva è enfatizzata dai latinismi. Ma si tratta di processi funzionali all’esaltazione delle contrapposizioni. Prima strofa, commento di Dámaso Alonso: p317 o vedi dispensa. L’alternativa tra i due miti (la piana siciliana considerata come sede della fucina di Vulcano o tomba delle ossa di Tifeo, testimonianza del suo sacrilego desiderio) è espressa attraverso la formula ‘’a, cuando no, b’’ -> ovvero l’utilizzo di formule più o meno atrofizzate= uno dei tratti che caratterizzano di più la lingua poetica di G. A questa costruzione corrispondono dal punto di vista fonico i suoni argentini con predominio di e e di a nei primi due versi, che descrivono il mare, a contrasto con i vv. 4-5 dove il buio antro della caverna è evocato tramite il predominio dei toni scuri (o e u) = Luce vs buio ‘’La poesia inizia con un violento contrasto cromatico’’. E nel lessico ecco i neologismi (lilio, ceruleo, purpureo, o argenta) che contrastano con parole basse come (greña ‘’zazzera’’, bostezo ‘’sbadiglio’’, mordaza ‘’bavaglio’’). Il contenuto stesso della favola di Polifemo obbliga la poesia (e praticamente tutto il barocco) ad essere già tematicamente iperbolico da un lato per la sazietà tecnica (perché bisogna potenziare l’espressività ormai logorata e consunta); ma anche per un’interna, germinale necessità non spiegabile con le epoche precedenti: perché qualcosa di gigantesco, qualcosa di polifemico si agita, cercando la sua espressione in quei primi anni del Seicento. L’espressione che cerca è il mondo moderno. Le Soledades dovevano constare di quattro parti ma G. non andò oltre un frammento della seconda, finito già nel 1613-14; si è a lungo speculato su questa interruzione, domandandosi se non furono anche le pesanti polemiche che seguirono la diffusione del testo manoscritto a togliere interesse e slancio al poeta per concludere l’opera. Il contenuto è molto semplice: un giovane e misterioso peregrino, respinto dall’amante, approda naufrago a una riva. Viene soccorso da alcuni pastori, assiste ad una festa di nozze, dove un vecchio lamenta l’ambizione che spinge a viaggiare: infatti suo figlio è morto in mare. La seconda Soledad inizia con scene di pesca e d’amore, per interrompersi dopo 975 versi. Questa sorta di ‘’inconsistenza’’ dell’argomento (e la mera funzione del protagonista di osservatore, testimone) porta ad una serie di rimproveri nei confronti dell’autore. In particolare ricordiamo la polemica di Jáuregui nel suo ‘’Antídoto contra las Soledades’’, dove critica la trama per essere inconsistente e il protagonista per essere semplicemente un osservatore che non compie nessuna azione e del quale non sappiamo nulla. Poi critica anche il titolo in quanto ‘’Solitudini’’ starebbero ad indicare una persona che è sola, non come accade al protagonista del racconto. Ovviamente per amore della polemica non prende in considerazione gli ulteriori significati che il termine può avere in spagnolo: non solo rappresenta un luogo disabitato e condizione di solitudine fisica e spirituale, ma indica anche un senso di deprivazione, malinconia, nostalgia che derivano dalla perdita di qualcosa o di qualcuno. Ma il titolo di G. va molto più in là. Ovvero, l’autore arriva con una serie di collegamenti a creare il concetto di silva= selva e selva= soledad. (p.320). CONTINUARE!!! 5. L’ESPERIMENTO DELLA COMMEDIA. Tra Il 1610 e il 1620, Góngora esperimenta anche il genere teatrale. Compone ‘’Las firmezas de Isabela’’ (La fedeltà di Isabella), che circolerà manoscritta e sarà stampata nel 1617. G. era appassionato di teatro e freqeuntava spesso attori e attrici, ma come si sa, non resta traccia di un passaggio della sua commedia sui palcoscenici contemporanei, anzi molti indizi nel testo denunciano mancanza di dimestichezza col genere. Molti sottolineano invece la perfezione formale dell’opera, definendola commedia dai versi belli ed eleganti, dalla trama articolata e regolata secondo le regole. Ma

tuttavia riconoscono che però il risultato di questa opera non è dei più felici, nonostante questo non lo si vuole chiamare del tutto ‘’errore’’ da parte di Góngora. Quali sono le ragioni? A livello superficiale si darebbe la ‘’colpa’’ ad una dizione eccessivamente ornata e ad una trama troppo complessa, ma la cosa va approfondita e vista da vicino. Góngora racconta gli amori di due coppie: Isabella e Camilo – Marcelo e Violante, che per una serie di avvenimenti vedranno allontanarsi il lieto fine. Abbiamo una doppia coppia con interferenze incrociate, molto simile al tipo calderoniano. L’impedimento che si prese...


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