Manlio bellomo societa e diritto nell italia medievale e moderna PDF

Title Manlio bellomo societa e diritto nell italia medievale e moderna
Course STORIA DEL DIRITTO ITALIANO (I E II MODULO)
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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riassunto del libro Manlio Bellomo...


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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “CARLO BO” – Urbino Facoltà di Giurisprudenza – Laurea Magistrale in Giurisprudenza

MITR StoI-II

Corso: Storia del diritto italiano I e II (10 CFU) Docente: Maria MORELLO

Manlio Bellomo

Società e diritto nell’Italia medievale e moderna II edizione - 2002

INTRODUZIONE

CAPITOLO I - L‟ITALIA FRA ORIENTE ED OCCIDENTE 1. Migrazioni di popoli in una Europa scarsamente popolata Nel corso del IV e V secolo instabili flussi demici portano intere popolazioni nordiche a vagare per l‟Europa e a raggiungere l‟Africa settentrionale. L‟Impero ne risulta sconvolto e comincia così la sua decadenza. Le popolazioni nordiche e orientali, e prime tra tutte quelle di origine germanica, sono per tradizione scarsamente abituate all‟idea di una stabile e duratura permanenza in una regione. È nelle armi, nella caccia, nei pinguini bottini di guerra che vedono gli strumenti e le prime fonti che quotidiano sostentamento. Scarsamente dedite all‟agricoltura, all‟artigianato e al commercio, queste popolazioni cominciano a intendere il valore di queste pacifiche attività a seguito del contatto con le popolazioni stanziali romane. 2. I nuovi popoli Fra le popolazioni che per lungo tempo avevano sostato oltre il limes dell‟impero romano e premuto su di esso, schiere di Sassoni lasciano le regioni centro-settentrionali dell‟Europa si congiungono con gli Angli, varcano la manica, occupano la Britannia, distruggono in gran parte le fierissime popolazioni locali e ne disperdono i resti. I Burgundi si muovono verso occidente e nella Gallia meridionale costituiscono un regno indipendente, le cui caratteristiche sono simili a quelle del regno visigotico. I Visigoti attaccano Roma nel 410, la saccheggiano, tentano una via verso il sud fino a Cosenza, risalgono velocemente la penisola per lasciarsela alle spalle e stanziarsi nella Gallia meridionale. Intorno al 418 fissano nel sud della Francia, a Tolouse, una prima base logistica e di governo, per poi occupare gran parte della penisola iberica (fatta eccezioni per le regioni occidentali bagnate dall‟Atlantico) e scegliere Toledo come capitale. I Franchi del ramo salico secolo danno vita, tra il V e VI, ad un regno che si estende oltre i territori dei regni dei Burgundi e Visigoti e fino alla manica. Con una serie di improvvise e fortunate lotte armate i Sali riescono a sopraffare le popolazioni vicine e a estendere i confini di quello che sarà un nuovo polo di attrazione e irradiazione politica e militare dal sec. VI ai secoli XI/XI, oltre che un 1

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regno dalle grandi fortune anche nei tempi successivi. Nel complesso, sotto la dinastia dei merovingi, ma più ancora sotto quella dei carolingi, il regno dei Franchi si pone come il centro europeo alternativo e più potente rispetto a Bisanzio e al suo sempre splendido impero e come il più robusto baluardo contro il dilagare degli arabi. Gli arabi, dopo aver travolto nel nord-Africa il regno dei Vandali, si affacciano minacciosamente sull‟Europa. Occupano e si stanziano nella penisola iberica, varcano i Pirenei ma sono fermati e battuti da Carlo Martello, presso Poitiers nel 732. Occupano per intero la Sicilia tra l‟827 e i primi decenni del X sec e la governano fino a metà del XI sec. In questo imponente teatro di sconvolgenti avvenimenti la capitale dell‟Impero d‟Occidente viene spostata a Ravenna perché città strategicamente più difendibile.

3. L‟Italia tra V e VI sec . Il crollo dell‟Impero d ‟Occidente Nel 476 a Ravenna, il magister militum Odoacre, della stirpe degli Eruli, depose l‟imperatore d‟occidente Romolo Augusto e ed inviò le insegne imperiali all‟imperatore d‟Oriente Zenone. Su incarico di quest‟ultimo Odoacre governò così l‟Italia con il titolo di patricius per gli italici e con quello di re per i barbari (Odoacre aveva infatti riunito l‟esercito dei barbari in armi in una grande assemblea e dall‟assemblea si era fatto proclamare re del suo popolo suoi uomini in armi. L‟imperatore accettò questo compromesso per non rinunciare ai suoi diritti sull‟Italia. Nel 488, tuttavia, proprio su incarico di Zenone, gli ostrogoti dal Danubio mossero verso l‟Italia e sotto la guida del loro re Teodorico abbatterono Odoacre e conquistarono il paese. 4. Istituzioni e leggi del regno gotico Teodorico, che aveva trascorso circa 10 anni della sua giovinezza a Costantinopoli come ostaggio, intendeva sviluppare la collaborazione far goti e romani, per salvare gli aspetti più importanti della civiltà di Roma; contemporaneamente, però, voleva stabilire il predominio dei goti su tutta la parte occidentale dell‟impero. Per realizzare il primo obiettivo affidò incarichi di grande rilievo a personaggi dell‟aristocrazia romana, come lo storico e letterato Cassiodoro, il filosofo Severino, il senatore Simmaco. La difesa del regno e la politica estera rimasero però di competenza del re e dei suoi Goti, ai quali fu distribuito 1/3 delle terre coltivabili; il secondo obiettivo – estendere l‟influenza dei Goti nell‟occidente romano - fu perseguito attraverso una serie di alleanze, in genere sancite da matrimoni, con le quali Teodorico legò a sé i Visigoti, gli Svevi, i Burgundi e i Vandali; questa politica garantì all‟Italia, dopo decenni di guerre e invasioni, quarant‟anni ininterrotti di pace. Per quel che riguarda le istituzioni del regno, i supremi poteri dello stato si concentravano a Ravenna. Lì v‟era un‟efficiente cancelleria, retta dal Questore del Sacro Palazzo, che curava i collegamenti con le magistrature del regno e anche tra queste e l‟imperatore d‟Oriente; teneva la corrispondenza; redigeva o faceva redigere gli editti del re, ne conservava e ne rendeva pubblici i testi. V‟era poi un Conte delle Sacre Elargizioni ed uno delle Private Elargizioni, con compiti – rispettivamente - nel campo delle finanze dello stato (piani finanziari e tributari, provvedimenti connessi) e nel campo del demanio e del patrimonio privato dello stato (amministrazione, 2

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riscossione dei fitti, spese per la conservazione e la gestione dei beni patrimoniali, etc.). A livello provinciale vi sono le antiche magistrature romane: un Prefetto al Pretorio di Ravenna per tutta l‟Italia, Sicilia esclusa, ed un Prefetto al Pretorio ad Arleas (per il tempo in cui la Provenza fa parte del regno gotico d‟Italia) con giurisdizione sulle regioni Occidentali. I tentativi di dare una struttura al regno gotico, compiuti principalmente da Teodorico, sono collegati ad uan produzione legislativa che ci è in gran parte ignota. Le Variae di Cassiodoro - che per un certo periodo fu Questore del Sacro Palazzo e come tale aveva l‟obbligo di registrare le disposizioni edittali di Teodorico e del successore Atalarico - riporta numerosi editti di Teodorico su materie isolate e l‟intero corpo di una breve e pretenziosa legge (in 12 capitoli) di Atalarico. Quanto al più famoso Edictum Theodorici Regis Italiae i dubbi avanzati da alcuni storici negli ultimi decenni sembrano veramente fondati: mentre si è nell‟incertezza assoluta quando si vuole identificarne l‟autore e precisarne l‟anno di composizione, è ormai quasi concorde opinione che l‟Edictum non sia di Teodorico. L‟Edictum ha fonti accertate: •

il Codex Teodosiano (438)



le Sentenze di Paolo



l‟Epitome di Gai.

È indirizzato a romani e barbari; è di formazione italiana, o per lo meno in Italia ha assunto, per manipolazioni o rifacimenti, la veste che ci è pervenuta ( che può essere benissimo una fra tante); è composto da un giurista che ha la cultura tipica del V sec. Poiché poi non è ricordato né nelle Variae di Cassiodoro né da Giustiniano nella sua Pragmatica Sanctio nel punto in cui l‟imperatore, estendendo all‟Italia nel 554 la sua compilazione legislativa, abroga espressamente gli editti di Atalarico, Amalasunta e Teodato, deve essere attribuito a un privato o – come è più probabile – a un magistrato, salvo non spostare fuori dall‟Italia la sua promulgazione ufficiale per opera di un re burgundo, visigoto oppure provenzale. Chiunque sia l‟autore, i contenuti ne documentano una decisa linea politica intesa a difendere le condizioni dei potenti ceti agrari e delle magistrature integrate con essi. In tal senso parlano chiaro due divieti contenuti nell‟editto: a) il divieto al fisco di colpire i contribuenti con imposizioni tributarie arbitrative diverse da quelle previste dalle leggi; b) il divieto di privilegi che possano sacrificare a vantaggio del potere politico le ragioni dei privati e il connesso principio secondo cui debba valere una “legge comune” per chi ha il potere (militare e politico) e per i privati (che hanno ricchezza). Alla morte di Teodorico gli succedette il giovane nipote Atalarico, sotto la reggenza della madre Amalasunta. La morte di Atalarico, seguita dall‟uccisione di Amalasunta per opera del marito Teodato, legato ai goti più ostili all‟impero, fornì a Giustiniano (che nel 527 era stato eletto imperatore a Costantinopoli) fornì a Giustiniano il pretesto per intervenire: egli rivendicò i diritti dell‟Impero sull‟Italia e si presentò come il liberatore della penisola dai barbari. Iniziò così, nel 535, la c.d. guerra gotica, una guerra di sterminio che insanguinò l‟Italia per quasi vent‟anni, sino al 553, anno della confitta dei goti e della fine del loro regno. Tra il 553 e 554 l‟Italia tornò sotto il governo di Bisanzio. 3

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5. Il diritto dei nuovi regni occidentali: dall‟attività dei privati alle “codificazioni” rege. Nel quadro della graduale scomparsa dell‟impero anche fuori dalla penisola italiana si sperimentano processi normativi che rivelano un continuo intrecciarsi tra l‟opera di privati, che compilano più o meno modeste antologie (epitomi) e l‟opera di sovrani che rivestono con l‟autorità della corona alcune di tali antologie.Già negli ultimi secoli dell‟impero romano d‟Occidente si era andata perdendo l‟originaria distinzione, propria del mondo romano tra dottrina (iura) e legislazione (leges), sopratutto per le idee e gli sviluppi impliciti nella c.d. “legge delle citazioni”, che è una costituzione di Valentiniano III e di Teodosio II del 426. Questa contribuiva a ridurre la ricchissima eredità della giurisprudenza romana dell‟età classica a cinque esclusive auctorictates: a Papiniano, Paolo, Ulpiano, Gaio e Modestino. Nel 438 vi era stato il tentativo di Teodosio e Valentiniano di ridurre a unità le variegate situazioni locali, e i tentativo aveva preso corpo nella promulgazione di quell‟imponente compilazione legislativa nota come “codice di Teodosio”, valido per tutto l‟impero, che costituzionalmente è unitario pur essendo politicamente diviso. In 16 libri il Codice Teodosiano contiene leges generali (o equiparate alle generali) da Costantino allo stesso Teodosio II, e ciascuno dei 16 libri è suddiviso in titoli all‟interno dei quali le leges si succedono in ordine cronologico. Netta è all‟interno dell‟opera la prevalenza del diritto pubblico: sono infatti disciplinati per la prima volta – oltre alle fonti del diritto (con gerarchia fra leges, generali o particolari, e fra leges e iura) – l‟amministrazione civile e militare, i rapporti fra stato e chiesa e le questioni di fede. Da quando il Codice Teodosiano entra in vigore (1° gennaio 439) è vietato usare, nei processi e nella prassi in genere, le leges in testi diversi da quelli accolti nel Codice, che sono sempre scorciati e talvolta interpolati a scopo di chiarezza e aggiornamento. Del testo originario circolarono nelle terre d‟Europa solo stralci più o meno ampi, e oggi gran parte del testo è principalmente conoscibile solo ricomponendo quanto ne è sopravvissuto nelle legislazioni volute da alcuni re barbari, specialmente da Alarico II, re dei Visigoti, per le terre della penisola iberica. Non aiutano certamente le condizioni delle scuole di diritto della parte occidentale dell‟impero, in piena crisi e attente al massimo a tramandare regole acquisite da tempo, pure senza intenderne appieno i ricchi e variegati significati, e anzi talvolta modificandole per ignoranza o per opportunità. Le antologie (epitomi) del diritto romano che cominciano a diffondersi nelle regioni dell‟impero d‟occidente presentano per tutto il peridodo del Tardo Impero natura ambigua: sono opere di ignoti iurisperiti, opere anonime, scarsamente innovative, significative soltanto per il modo con cui si guarda agli scritti della giurisprudenza romana. Sono talvolta adoperate anche come strumenti di governo sociale, come norma della convivenza umana, ed alcune di esse sono infatti incorporate in alcune delle legislazioni ufficiali che i re barbari danno ai loro regna (l‟es. più evidente è la Lex Romana Visigothorum, promulgata nel 506 da Alarico II re dei Visigoti, e perciò detta anche Breviarum Alarici/ Breviarium alariciarum). 6. Il diritto nei nuovi regni occidentali Tradizionalmente si fa iniziare il Medioevo con la data della caduta dell‟Impero romano (476). Alla fine della romanità come entità politica non corrisponde però una repentina scomparsa dell‟elemento romano: forte è l‟influenza dei vinti sui barbari vincitori. La compresenza, che si tradurrà poi in fusione, tra componente romana e componente germanica delle nuove entità 4

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politiche che sorgono sulle macerie dell‟Impero romano, fa sì ad esse sia dato l‟appellativo di regni romano-barbarici. Con tale espressione si intende designare proprio quei regni sorti in seguito alle prime invasioni germaniche dell‟occidente romano. Tali entità si caratterizzano per una componente statuale assai debole. Al vertice dell‟ordinamento v‟è il sovrano, la cui funzione principale è quella di guidare l‟esercito in battaglia; egli non è assolutamente produttore di leggi, ma piuttosto un custode delle consuetudini e vigila affinché vengano rispettate. Prerogativa pubblicistica del monarca è lo ius dicere, amministrare la giustizia: inizia da qui la tradizione medievale del rex iudex (a lungo i giudici amministreranno la giustizia su delega del monarca). Accade comunque assai raro che una controversia vada a giudizio, questo perché popolazioni germaniche hanno la tendenza a risolvere le controversie per lo più in ambito privato. Lo strumento di risoluzione principale è la composizione pecuniaria: tutto e tutti hanno un prezzo ed esso varia a seconda della posizione occupata nella scala sociale. L‟influsso romano, che è presente, più o meno intensamente, in ogni aspetto della vita sociale, politica e culturale, è particolarmente sensibile nell‟ambito giuridico. L‟eredità del diritto romano viene accolta dai nuovi venuti, i quali però non si limitano ad un passivo recepimento, ma si adoperano per una sua rielaborazione. Si tratta, più che altro, di una semplificazione. I barbari in origine non sono muniti di leggi scritte (tramandavano oralmente i loro usi giuridici1); venuti a contatto con quelle romane i re barbarici comprendono che per trasformare un‟orda in un popolo, per costruire un vero e proprio Stato, occorrono delle leggi scritte. Consci della grande tradizione romanistica, essi reputano opportuno attingere dalle fonti romane; il tessuto normativo romano, tuttavia, risulta troppo evoluto e assai complesso per i popoli barbarici, la cui rozza mentalità non abbisogna che di poche e semplici leggi. D‟altra parte, però, sono anche necessarie delle leggi per regolare i rapporti tra barbari e Romani. E quest‟ultimi non accettano certo di sostituire il loro raffinato sistema con le arcaiche e incivili consuetudine germaniche. Nel 506 Alarico II, re dei Visigoti, fa comporre la Lex Romana Wisigothorum, nota anche come Breviarium Alaricianum. Si tratta di una compilazione legislativa contenente per la gran parte costituzioni del Codex teodosiano e altre successive; tramanda anche l‟Epitome Gai, frammenti delle Sentenziae di Paolo, qualche costituzione tratta dai c.d. codici Gregoriano ed Ermogeniano, un brano dei Libri responsorum di Papiniano. Oggi si discute se la compiilazione sia stata realizzata con deliberato carattere legislativo o se, invece, sia stata in origine opera didascalica, utile guida a i giudici. In ogni caso la Lex Romana Wisigothorum si affiancò ad un complesso normativo già esistente, la Lex Visigothorum, un piccolo codice emanato da re Eurico un trentennio prima. A lungo gli storici hanno creduto che la Lex Romana Wisigothorum fosse stata emanata in virtù del principio di personalità del diritto*, e che fosse quindi rivolta ai romani residenti nel regno, mentre la Lex 1

In virtù del principio della personalità del diritto, gli uomini liberi che appartenevano al medesimo sistema politico osservavano, nella disciplina dei loro rapporti interpersonali, le norme fissate dall‟ordinamento della propria natio (della propria cultura o civiltà, diremmo oggi). Collegato a tale principio fu l‟uso delle professiones iuris: dichiarazioni con cui le parti di un negozio giuridico indicavano il diritto “nazionale” secondo cui vivevano ed in base al quale intendevano vincolarsi, ed eventualmente, sottoporsi a giudizio. In virtù del principio della territorialità del diritto, invece, in un territorio posto sotto il controllo di una autorità sovrana, ove vige un certo diritto, tutti gli individui sono sottoposti a quel diritto

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Wisigothorum fosse rivolta soltanto ai Goti. In realtà, le due leges stavano in un rapporto di genus et species: il popolo visigoto, da sempre più interessato alla guerra che alla civiltà, aveva forti difficoltà ad utilizzare la Lex Romana Wisigothorum. È assai probabile che i visigoti facessero uso della Lex Wisigothorum per risolvere situazioni semplici, e usassero invece la Lex Romana Wisigothorum per risolvere situazioni complesse. La Lex Romana Wisigothorum ebbe un‟influenza duratura nel territorio della Gallia (divenuta ormai regno dei Franchi) e anche nell‟Italia longobarda dell‟alto medioevo: terre queste rimaste estranee al diritto giustineaneo. Vi sono poi altre compilazioni di più modesto signficato storico: • la Lex Romana Burgundionum, emanata nel regno burgundo (forse da re Gundobado, nel 516), la quale attinge da fonti romane (Codex Teodosiano, codici Gregorianoed Ermogeniano, Sentenziae di Paolo, Epitome Gai), esposte in forma parafrasata; rispetto alla legislazione visigota, si tratta tuttavia di un complesso normativo più modesto e grossolano. •

La Lex Romana Raetica-curiensis dei secoli VIII-IX circa

Nel regno franco, sotto Clodoveo (481-511), compare il Pactus legis Salicae, un piccolo codice contenente prevalentemente norme sulla composizione pecuniaria delle dispute; una sorta di tariffario, che fissa una pena pecuniaria per ogni reato, teso a evitare il ricorso a forme violente di vendetta privata (faida). In Italia, il regno ostrogoto produce due editti, uno maggiore, attribuito a Teodorico, e uno minore, attribuito ad Atalarico, ma di questi si è già parlato. 7. La cultura giuridica d’oriente e la compilazione giustineanea. Mentre in Occidente la tradizione giuridica di roma va impoverendosi fino a esser rappresentata da epitomi private e pubbliche derivate da testi mal conosciuti, in oriente la situazione appare decisamente migliore. Scuole importanti sono attive nel V sec. ad Alessandria, Atene, Antiochia e Cesarea, ma su tutte si impongono quella di Costantinopoli (Istanbul) e quella di Berito (Beirut); e ancora nei primi decenni del VI sec. l‟attività delle scuole è fiorente. Nei 38 anni di regno, Giustiniano - imperatore a Costantinopoli (odierna Istanbul) dal 527 al 565 persegue con tenacia un obiettivo di unità nella fede, nel territorio, nel diritto, secondo la consolidata concezione assolutistica del potere derivante da Dio. Nella fede, l‟unità non è raggiunta, malgrado i suoi costanti sforzi di conciliazione, anche sul piano teologico, con i cristiani professanti dottrine ritenute non ortodosse, spec. con i cristiani monofisiti. Nel territorio, l‟unità è perseguita con l‟azione politica e militare che mira soprattutto a riconquistare l‟Italia e altre aree dell‟impero d‟Occidente, caduto da un cinquantennio sotto il dominio dei cd. barbari; mentre, sul confine orientale, ci si sforza di mantenere a peso d‟oro (alla lettera) una fatico...


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